IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letti tutti gli atti di causa; A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 12 marzo 1990; PREMESSO E CONSIDERATO In data 11 dicembre 1989, il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Massa depositava nella cancelleria richiesta di archivazione in ordine al presente procedimento penale, nel quale tale Dalle Luche Alfredo era stato sottoposto ad indagini per i reati di cui all'art. 638 del c.p. e 612, secondo comma, in relazione all'art. 339 del c.p. Con ordinanza, depositata in cancelleria in data 13 gennaio 1990, questo stesso giudice disponeva l'archiviazione per il reato di cui all'art. 638 del c.p., mentre ordinava al p.m. di formulare l'imputazione in relazione al reato di minaccia aggravata. Effettuati dal p.m. gli adempimenti previsti dagli artt. 555 e segg. del c.p.p., l'imputato formulava richiesta di giudizio abbreviato, sulla quale il rappresentante dell'ufficio requirente esprimeva il proprio consenso. Fissata l'udienza, il difensore, in limine litis, ha osservato a verbale che la fattispecie e' del tutto analoga a quella prevista dall'art. 34, n. 2, del c.p.p. (incompatibilita' per avere emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare) ed ha rilevato che, comunque, il magistrato designato avrebbe dovuto astenersi ai sensi dell'art. 36, lett. h), del c.p.p. (per gravi ragioni di convenienza); ha invitato, pertanto, questo giudice a porre l'attenzione anche sulla legittimita' costituzionale delle norme di che trattasi, con riferimento agli artt. 3 e 77 della Costituzione. Avendo il difensore affermato, in primo luogo, che esisterebbe un motivo di astensione, il giudicante ritiene di dover pregiudizialmente affrontare la relativa questione. A tal riguardo si osserva che gli istituti dell'astensione e della ricusazione, in quanto aventi gli effetti di distogliere procedimenti giurisdizionali dal loro giudice precostituito per legge (anche le tabelle di attribuzione degli affari tra i componenti di ogni ufficio sono approvate con d.P.R.), sono da considerarsi di carattere eccezionale; pertanto, le norme che disciplinano gli istituti stessi non sono suscettibili di interpretazione analogica. Dal che discende l'impossibilita' di invocare l'applicazione dell'art. 34 del c.p.p.; ne' si ravvisano gli estremi per l'applicazione dell'art. 36, lett. h), del c.c.p., perche' le "gravi ragioni di convenienza" hanno una rilevanza solamente soggettiva (e' significativo, al riguardo, che tale ipotesi e' prevista solo come motivo di astensione e non di ricusazione). Venendo, cosi', a considerare l'art. 34, n. 2, del c.p.p., si rileva che, nella formulazione della norma, si prevede, come causa di incompatibilita' a partecipare al giudizio, il compimento di determinati atti. Sul punto va osservato che, nel concetto di "giudizio", non puo' non essere ricompresa qualsiasi deliberazione conclusiva di una fase giurisdizionale, che implichi una decisione nella responsabilita' penale. La norma e' evidentemente formulata con riguardo allo svolgersi fisiologico del procedimento, nel quale, la richiesta di giudizio abbreviato puo' essere formulata, nel procedimento davanti al tribunale, fino a che siano compiute per la prima volta le conclusioni nell'udienza preliminare (quindi in un momento antecedente al provvedimento conclusivo) e, nel procedimento davanti al pretore fino al quindicesimo giorno da quello della notifica del decreto di citazione. Me se il g.i.p., provvedendo sulla richiesta di archiviazione, ordina di formulare l'imputazione, mentre, nel giudizio davanti al tribunale e' prevista la successiva fissazione dell'udienza preliminare, con la conseguente eventuale assunzione di sommarie informazioni, nel giudizio pretorile, venendo a mancare tale filtro, lo stesso giudice che ha deciso non sussistere gli estremi per l'archiviazione (ritenendo cioe' che gli elementi acquisiti siano idonei a sostenere l'accusa in giudizio), si trova a dover esprimere un giudizio sulla colpevolezza o l'innocenza dell'imputato, sulla base degli stessi atti. La discrasia e' evidente. Si tratta ora di stabilire se una tale disarmonia sia compatibile con i principi che la Costituzione esprime. In primo luogo si osserva che l'art. 2 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, imponeva al legislatore delegato di attuare, nel processo penale, i caratteri del sistema accusatorio; sistema accusatorio che implica il concetto di netta separazione tra l'ufficio requirente e quello giudicante. Del resto, pur nella vigenza del precedente codice, vi era incompatibilita' tra le funzioni di g.i. che aveva pronunziato o concorso a pronunziare un provvedimento conclusivo della formale istruzione e quelle di membro del collegio. E del tutto analogo e' il caso di che trattasi, nel quale questo giudice, esprimendo giudizio sull'esercizio negativo dell'azione, ha determinato la chiusura della fase investigativa, esprimendo una prognosi favorevole sulla sostenibilita' dell'accusa; e', poi, questo stesso giudice ad essere chiamato ad emettere un giudizio sulla responsabilita' penale. Un tale meccanismo pare non abbia nulla a che vedere con i principi del sistema accusatorio e, pertanto, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p., in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione appare non manifestamente infondata. Ne' puo' revocarsi in dubbio, ad avviso di questo giudice, che il legislatore delegato avrebbe dovuto attuare concretamente i caratteri del sistema accusatorio; infatti, sebbene l'art. 2 della legge 16 febbraio 1987, dettasse 105 principi, di attuazione di tali caratteri, va da se', che l'attuazione concreta di tali principi e la formulazione delle norme di dettaglio, avrebbe dovuto rispettare la direttiva di fondo, contenuta nella prima parte dell'articolo stesso, che imponeva l'adozione del sistema accusatorio. Ma questo giudice ritiene di dover sollevare la questione sotto altro e diverso profilo. L'indipendenza del giudice e', infatti, un valore costituzionalmente garantito non solo con riferimento alla magistratura come ordine autonomo ed indipendente, ma anche in quanto prerogativa di ogni singolo magistrato, in ogni momento dell'esercizio delle sue funzioni. E, benche' non ci sia motivo di meraviglia se la stessa persona che, nella fase di controllo sull'esercizio dell'azione, abbia ordinato di formulare l'imputazione, successivamente, quale giudice, ritenga di non poter giudicare allo stato degli atti ovvero addirittura ritenga di dover assolvere il prevenuto, non si puo' ignorare che il solo sospetto che il giudice si sia formato un convincimento prima del giudizio toglie serenita' alla funzione, con conseguente limitazione del valore dell'indipendenza e della imparzialita'. Invero, la mancata previsione, tra le cause di incompatibilita' dell'ipotesi in questione non solo lede quel concetto di "terzieta'" del giudice che e' l'elemento piu' significativo dei caratteri del sistema accusatorio, ma, ingenerando, il sospetto di un giudizio precostituito, interagisce negativamente sui diritti dei "destinatari" della funzione. Il valore dell'indipendenza ha, infatti, un caratere essenzialmente strumentale, in quanto volto a garantire l'effettivita' di altri valori, quali quello dell'imparzialita' e quello della terzieta'. E, ad avviso di questo giudice, in specialmodo dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, i valori della "terzieta'" e dell'indipendenza devono considerarsi connaturati allo "status" di giudice con tali caratteri di essenzialita' che il loro venir meno pone seri dubbi sulla possibilita' di una corretta esplicazione della funzione giurisdizionale. Esiste, quindi, il fondato sospetto che il sistema vigente, non garantendo, in casi come quello di specie, un giudizio imparziale, da parte di un magistrato diverso da quello che si e' gia' pronunziato sull'idoneita' degli elementi raccolti a sostenere l'accusa in giudizio, violi gli artt. 25 e 101 della Costituzione della Repubblica, in quanto essi riconoscono e garantiscono il diritto di ciascuno ad avere un giudice indipendente ed imparziale, oltre che individuato sulla base di criteri obbiettivi e predeterminati. Ad avviso di questo giudice, infatti, i principi di cui all'art. 25 della Costituzione, se letti in relazione a quelli contenuti nell'art. 101 della Costituzione stessa, non possono piu' essere intesi in senso solamente formale, dovendsi per "giudice naturale precostituito per legge", intendere anche quel magistrato il quale abbia tutti i requisiti che ne sostanziano lo status di giudice. Infine, ad avviso di quest'ufficio, il sistema introdotto dal c.p.p. del 1988, assoggettata a diverso trattamento situazioni del tutto analoghe, perche', nel procedimento di pretura, pone, per il giudice che abbia emesso il decreto penale, un obbligo di astenersi dallo svolgere le funzioni di giudicante, pur quando l'imputato abbia chiesto o il giudizio abbreviato (argomento ex art. 34, n. 2, del c.p.p. e 565, n. 2, del c.p.p.), mentre non prevede tale obbligo per il giudice che abbia ordinato di formulare l'imputazione. E cio' con conseguente violazione anche dell'art. 3 della Costituzione.