ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge 26
 gennaio 1983, n. 18 (Obbligo da parte  di  determinate  categorie  di
 contribuenti  dell'imposta  sul  valore  aggiunto  di  rilasciare uno
 scontrino fiscale mediante l'uso di speciali registratori  di  cassa)
 promossi  con  le  seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa l'8 luglio
 1989 dalla Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emilia sul
 ricorso  proposto  da Di Luca Girolamo contro l'Intendenza di finanza
 di Reggio Emilia, iscritta al n. 628 del registro  ordinanze  1989  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 51, prima
 serie speciale, dell'anno 1989; 2) ordinanza emessa l'8  luglio  1989
 dalla  Commissione  tributaria  di  primo  grado di Reggio Emilia sul
 ricorso proposto da Serri Giovanni contro l'Intendenza di finanza  di
 Reggio  Emilia,  iscritta  al  n.  629  del registro ordinanza 1989 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica,  n.  51,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  marzo 1990 il giudice
 relatore Vincenzo Caianiello.
    Ritenuto che nel corso di due giudizi proposti avverso la chiusura
 (rectius: la sospensione  delle  licenze)  di  esercizi  commerciali,
 disposta  in conseguenza di piu' violazioni dell'obbligo di emissione
 dello scontrino fiscale da  parte  degli  esercenti,  la  Commissione
 tributaria  di  primo  grado  di  Reggio Emilia, con due ordinanze di
 identico contenuto emesse l'8 luglio 1989, ha sollevato questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 2 della legge 26 gennaio 1983
 n. 18, (Obbligo da parte di  determinate  categorie  di  contribuenti
 dell'imposta  sul valore aggiunto di rilasciare uno scontrino fiscale
 mediante l'uso di speciali registratori di cassa), per contrasto  con
 l'art. 3 della Costituzione, perche', a differenza di quanto previsto
 dalla disciplina relativa alla ricevuta fiscale, la  norma  impugnata
 non  reca la punibilita' del destinatario dello scontrino fiscale per
 la violazione  dell'obbligo  di  conservazione  dello  stesso  e  non
 prevede  che  il  commerciante trasgressore sia sentito personalmente
 prima  dell'emissione  del  provvedimento  sanzionatorio  consistente
 nella sospensione della licenza;
      che,  ad  avviso del giudice a quo, la diversita' di trattamento
 tra le due fattispecie non si giustificherebbe perche', nei  casi  di
 omissione  o  irregolare  rilascio  delle  ricevute o degli scontrini
 fiscali, si verterebbe in situazioni complementari tra di loro,  come
 e'  dimostrato  dalla previsione dell'art. 5 del d.l. 16 aprile 1987,
 n. 142, che  consente  l'opzione  per  il  rilascio  di  scontrino  o
 ricevuta fiscale;
      che,  inoltre, per effetto della norma denunciata si avrebbe una
 limitazione del diritto di difesa in violazione  dell'art.  24  della
 Costituzione,  perche' colui che emette lo scontrino fiscale non puo'
 opporre agli agenti accertatori la testimonianza del cliente, per  la
 mancanza  di  una  norma  che,  cosi'  come  avviene nelle ipotesi di
 rilascio di ricevuta fiscale, lo coinvolga nel sistema sanzionatorio;
      che non si sono costituite le parti private;
      che  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, intervenuto in
 entrambi i giudizi, ha chiesto che la  questione  sia  dichiarata  in
 parte inammissibile e, comunque, infondata;
      che,   secondo   la  difesa  dello  Stato,  il  giudice  a  quo,
 sottoponendo al sindacato della Corte l'intero art. 2 della legge  n.
 18  del 1983 senza specificazione delle singole disposizioni, mira ad
 ottenere  una  pronuncia  di  carattere  additivo  sotto  un  duplice
 profilo:  della  introduzione  di una sanzione pecuniaria a carico di
 coloro che non richiedono o non conservano lo scontrino fiscale cosi'
 com'e'  previsto per la ricevuta fiscale - e della introduzione di un
 onere di previa audizione del trasgressore nel corso del procedimento
 amministrativo di sospensione della licenza commerciale;
      che,  ad  avviso dell'interveniente, la questione sarebbe per il
 primo profilo inammissibile, in  quanto  l'obbligo  di  accettare  lo
 scontrino  fiscale e di conservarlo per un breve tratto di tempo e di
 spazio gia' esisterebbe a carico del destinatario, dovendosi ritenere
 che  costituiscano  illeciti sanzionati sia il rifiuto della presa in
 consegna  dello  scontrino  fiscale  emesso  ed   offerto,   sia   il
 consapevole  concorso  del destinatario nella mancata emissione dello
 stesso;
      che,   a   sostegno   della   eccezione   di   inammissibilita',
 l'Avvocatura generale dello Stato afferma altresi' che  gli  obblighi
 strumentali  di  tenuta,  redazione e conservazione di documenti sono
 posti dal legislatore a presidio di  interessi  pubblici  e  non  per
 rafforzare il diritto di difesa dell'imprenditore commerciale;
      che,  nel  merito,  e  relativamente  ad  entrambi i profili, la
 stessa avvocatura ritiene che non sia giustificato elevare a  tertium
 comparationis la normativa particolare relativa alla ricevuta fiscale
 e che il diritto  di  difesa  non  subisca  limitazioni  per  effetto
 dell'assenza  di un obbligo specifico, a carico dei destinatari degli
 scontrini, di "esibire" il documento, sia perche' sussiste sempre  la
 possibilita'    di   autodifesa   del   trasgressore   in   sede   di
 verbalizzazione della infrazione, sia perche' la censura si riferisce
 ad  un'empirica  possibilita'  di  addurre  circostanze  in  una sede
 pre-giudiziaria, donde la infondatezza della questione.
    Considerato che le ordinanze di rimessione prospettano la medesima
 questione e che, pertanto,  i  giudizi  possono  essere  riuniti  per
 essere decisi con unica pronuncia;
      che,  in relazione all'oggetto dei giudizi a quibus, occasionati
 dalla impugnativa di ordinanze con le quali  e'  stata  disposta,  ai
 sensi  del  quarto  e  del  quinto  comma  dell'art. 2 della legge 26
 gennaio  1983,  n.  18,  la  sospensione  di  licenze   di   esercizi
 commerciali,   la   questione  di  legittimita'  costituzionale,  pur
 proposta nei confronti dell'intero art.  2  citato,  deve  intendersi
 necessariamente  circoscritta  al  quarto  ed  al  quinto comma dello
 stesso art. 2, perche' nell'ambito  di  questo  sono  soltanto  dette
 disposizioni  a  costituire il presupposto normativo in base al quale
 sono state emanate le ordinanze di sospensione delle licenze, oggetto
 dei giudizi a quibus;
      che,  pertanto,  in  relazione  a  tale  oggetto  la prospettata
 questione e'  irrilevante  per  la  parte  in  cui  essa  investe  il
 procedimento  di irrogazione delle pene pecuniarie in caso di mancata
 emissione dello  scontrino  fiscale,  procedimento  disciplinato  dal
 primo,  secondo  e terzo comma dell'art. 2 citato, di cui si e' fatta
 applicazione ai fini della irrogazione delle pene  pecuniarie,  cioe'
 di  un antecedente che, pur costituendo il presupposto necessario per
 la sospensione della licenza, e' ormai divenuto inoppugnabile in sede
 di  irrogazione  di  questa  ulteriore  misura  che  consegue  a  tre
 violazioni gia' in precedenza accertata e autonomamente definite, per
 cui  il  relativo  procedimento  non  puo' piu' costituire oggetto di
 sindacato;
      che   e'   l'ulteriore   autonoma   questione   di  legittimita'
 costituzionale  ad  investire  direttamente  le  disposizioni  (commi
 quarto  e  quinto dell'art. 2 cit.) che disciplinano il procedimento,
 oggetto di sindacato nei  giudizi  a  quibus,  di  irrogazione  della
 misura  della sospensione della licenza, perche' con questa questione
 si lamenta che tali disposizioni non prevedono l'onere  di  audizione
 del  trasgressore prima della irrogazione di detta misura, cosi' come
 - ad avviso del giudice rimettente - sarebbe invece prescritto per le
 ipotesi  soggette  al  regime della ricevuta fiscale, con conseguente
 lesione del principio di uguaglianza;
      che detta questione e' manifestamente infondata,perche' non puo'
 elevarsi  a  tertium   comparationis   la   disciplina   relativa   a
 quest'ultimo  regime  che ha una sua peculiare fisionomia connessa al
 suo carattere di maggior  rigore  rispetto  a  quella  propria  dello
 scontrino  fiscale,  tanto  e'  vero  che  le modifiche apportate dal
 decreto legge 1Πottobre  1982,  n.  697  al  regime  predetto  hanno
 aggiunto,  alla  originaria previsione della misura della sospensione
 in  dipendenza  di  "tre  distinte  violazioni...  nel  corso  di  un
 quinquennio"  (disciplina, questa, omologa rispetto a quella relativa
 allo scontrino fiscale, dettata dal quarto comma  dell'art.  2  della
 legge n. 18 del 1983), l'ulteriore concorrente ipotesi di irrogazione
 della  medesima  misura  "qualora  sia  stato  notificato  avviso  di
 irrogazione  di  pena  pecuniaria...",  e  quindi  anche per una sola
 violazione, per cui solo per tale seconda  ipotesi,  nella  quale  la
 irrogazione e' lasciata alla valutazione discrezionale dell'autorita'
 amministrativa, e' prevista la previa audizione dell'interessato;
      che  la  supposta  identita' delle due situazioni non e' affatto
 confermata - come invece si sostiene nelle ordinanze di rimessione  -
 dal  legislatore, nel momento in cui ha riconosciuto all'esercente il
 diritto di opzione nel rilascio di uno dei due documenti fiscali;
      che,  infatti,  sulla  base  (non  gia' dell'art. 5 del d.-l. 16
 aprile 1987 n.  142,  pur  richiamato  dal  giudice  a  quo,  ma  non
 convertito in legge, bensi') del testo dell'art. 5 del d.-l. 4 agosto
 1987, n. 326 - come risultante dalla sua conversione in legge  (legge
 3  ottobre  1987,  n.  403)  ed altresi' dal suo confronto con quello
 emanato dal Governo, che e' diverso da quello poi convertito  -  deve
 escludersi che si tratti di una opzione generalizzata;
       che  deve,  invece,  ritenersi  che  si  sia  in presenza della
 possibilita' per alcune categorie di contribuenti, gia'  assoggettate
 all'obbligo dello scontrino fiscale, di optare, ove lo ritengano piu'
 conveniente, per il regime  della  ricevuta  fiscale,  con  tutte  le
 conseguenze  che  questo  assoggettamento  comporta,  dal  che non e'
 consentito dedurre che si sia in presenza  di  regimi  identici  che,
 come tali, esigano una identita' di disciplina per quanto concerne il
 procedimento di irrogazione  della  misura  della  sospensione  della
 licenza;
      che,  invece,  si  tratti  di regimi sostanzialmente differenti,
 tali da giustificare la censurata diversita' di  disciplina,  risulta
 proprio  dalla  necessita'  di  una  formale  opzione  da  parte  del
 contribuente per il passaggio dall'uno  all'altro  (art.  5,  secondo
 comma,  del d.-l. n. 326 del 1987, convertito con modificazioni nella
 legge n. 403 del 1987).
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.