ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988 e dell'art. 247 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1989 dal tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Severin Giovanni, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1990. Udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1990 il giudice relatore Giovanni Conso. Ritenuto che il tribunale di Pisa, con ordinanza del 29 novembre 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25 e 102 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 438 del codice di procedura penale del 1988 e dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie dello stesso codice (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), "nei limiti in cui il diniego immotivato del P.M. non ammette sindacato giurisdizionale e preclude l'applicazione all'imputato, se riconosciuto colpevole, della diminuente prevista dall'art. 442 comma 2 c.p.p., pur nell'ipotesi in cui lo stato degli atti oggettivamente consenta l'utile esperimento del giudizio abbreviato, non apparendo necessarie, ai fini del convincimento, ulteriori acquisizioni probatorie"; Considerato che l'ordinanza di rimessione e' stata emessa prima delle formalita' di apertura del dibattimento di primo grado relativo ad un procedimento gia' in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale; che, per quanto riguarda i "procedimenti in corso" a quella data, la possibilita' di far luogo al giudizio abbreviato e' appositamente disciplinata dall'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), con la conseguenza che l'art. 438 del nuovo codice non potrebbe ricevere diretta applicazione nei giudizio a quo, data l'autonomia della disciplina transitoria rispetto alla corrispondente disciplina codicistica (v. sentenza n. 66 del 1990, ordinanze n. 173 e n. 174 del 1990); che questa Corte, con sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), proprio "nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988". Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.