Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Emilia-Romagna,
 in  persona  del  presidente  della  giunta  regionale   pro-tempore,
 autorizzato  con deliberazione della giunta regionale 29 maggio 1990,
 n. 2466, rappresentata e difesa, come da mandato a margine, dall'avv.
 Giandomenico  Falcon  di  Padova,  con domicilio eletto presso l'avv.
 Luigi Manzi di Roma, via Confalonieri, 5, contro  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  per  la  dichiarazione  che non spetta allo
 Stato, ai sensi degli artt. 117, primo comma,  e  118,  primo  comma,
 della  Costituzione, e della legislazione ordinaria di attuazione, il
 potere  di  modificare  con  circolare  ministeriale  il  riparto  di
 competenza  tra  Stato  e  regioni  in  materia  di  vigilanza  sulle
 attivita' formative, assegnando al Ministero del lavoro, e  per  esso
 agli  ispettorati  del  lavoro  i  relativi  compiti  di  verifica  e
 controllo sulle azioni  di  formazione  professionale  di  competenza
 regionale,  anche  non aventi portata nazionale o pluriregionale, con
 riferimento alla circolare dello stesso Ministero del  lavoro  del  2
 aprile  1990,  prot.  n.  0266/Segr/90  ("Vigilanza  sulle  attivita'
 formative. Istruzioni sulle verifiche e controlli del  Ministero  del
 lavoro effettuate attraverso gli ispettorati del lavoro"), comunicata
 alla  ricorrente  regione  in  data  26  aprile  1990,  nonche'   per
 l'annullamento  della predetta circolare del Ministero del lavoro del
 2 aprile 1990, prot. n. 0266/Segr/90,  per  violazione  degli  stessi
 articoli  della  Costituzione,  e  della  legislazione  ordinaria  di
 attuazione, in quanto essa modifica  il  riparto  di  competenza  tra
 Stato  e  regioni  in materia di vigilanza sulle attivita' formative,
 assegnando al Ministero del lavoro, e per esso agli  ispettorati  del
 lavoro i relativi compiti di verifica e controllo anche per le azioni
 di formazione di portata solo regionale,  con  cio'  illegittimamente
 invadendo le prerogative costituzionali della regione.
                               F A T T O
    La  circolare  impugnata  concerne,  come  detto  in  premessa, la
 vigilanza sulle  attivita'  formative,  e  contiene,  in  particolare
 "istruzioni  sulle  verifiche  e  controlli  del Ministero del lavoro
 effettuate attraverso gli ispettorati del lavoro".
    Solo  in prima apparenza essa puo' apparire rispettosa del riparto
 costituzionale delle attribuzioni tra Stato  e  regioni,  cosi'  come
 fissato   dalla  Costituzione  e  dalla  legislazione  ordinaria  che
 specificamente disciplina la materia (artt. 35 e  41  del  d.P.R.  24
 luglio  1977, n. 616, legge 21 dicembre 1978, n. 845, legge-quadro in
 materia di formazione professionale):   infatti,  non  e'  errata  la
 distinzione  che  essa  opera tra il settore nel quale, a norma della
 disciplina vigente, operano fondamentalmente le  regioni,  mentre  al
 Ministero  spettano  compiti "concorrenti", e gli ambiti in cui opera
 una riserva di competenza al Ministero  (anche  se  non  sono  esatte
 tutte  le  assegnazioni  al settore ministeriale "esclusivo" compiute
 dall'allegato 2); ed e' pure giustificato ricordare (in relazione  al
 settore  regionale)  che,  come  stabilito da codesta eccellentissima
 Corte costituzionale nella sentenza n.  216/1987, in caso  di  azioni
 di  formazione  professionale  di  portata nazionale o pluriregionale
 poste in essere da enti di diritto pubblico ed ammesse  a  contributo
 del  Fondo  sociale europeo "spetta allo Stato eseguire controlli per
 campione rappresentativo, congiuntamente alle regioni  interessate  e
 certificare  l'esattezza  di  fatto  e  contabile  delle  indicazioni
 contenute  nelle  domande  di  pagamento  del  saldo  del  contributo
 concesso".
    Ma  il  fatto  e' che la circolare non si tiene affatto nei limiti
 indicati,  e  che  l'apparenza  di   rispetto   del   riparto   delle
 attribuzioni  regionali  e  statali stabilito dalla normativa vigente
 cessa subito a un esame approfondito del suo  contenuto  dispositivo:
 dal  quale  si  evince  che  i  controlli  statali  -  affidati dalla
 circolare stessa agli ispettorati  del  lavoro  -  hanno  in  realta'
 portata  generale,  ovunque  vi  sia  un  finanziamento statale, sono
 diretti ed operativi, e si sovrappongono  in  larghissima  misura  ai
 poteri   regionali   di   controllo,  comportando  una  inammissibile
 ingerenza nell'esercizio delle potesta' amministrative  regionali  in
 materia di formazione professionale.
    In  primo  luogo, infatti, e' la stessa circolare ad enunciare (p.
 2) che "scopo dichiarato"  della  direttiva  e'  di  "assicurare  una
 efficace sorveglianza mediante l'assunzione di controlli gestionali e
 verifiche  tecnico-contabili  di  rendicontazione...   da   compiersi
 all'inizio,  nel  corso  e  al  termine dell'attivita' di formazione,
 attuata  da  operatori  pubblici  e  privati";  tale   attivita'   di
 controllo,  che  come  si vede e' penetrante ed onnicomprensiva, e si
 traduce in una diretta e materiale presenza nella gestione dei corsi,
 e'  rivolta ad "accertare la regolare utilizzazione delle sovvenzioni
 concesse".
    In  questi  termini,  l'ambito  del  possibile  controllo  diretto
 statale  nella  circolare   non   e'   individuato   -   come   nella
 giurisprudenza  di  codesta  Corte costituzionale - in relazione alla
 portata almeno interregionale dell'azione formativa, ma semplicemente
 dalla  presenza  di  un finanziamento statale: come conferma lo scopo
 affermato (alla stessa p. 2) di "vigilare ai fini  del  conseguimento
 degli obiettivi formativi negli interventi finanziati dallo Stato".
    Nella  stessa  direzione  induce  la  distinzione  apoditticamente
 introdotta   dalla   circolare   (p.   3)   tra   gli   "accertamenti
 tecnico-contabili"  e  l'"attivita'  di  sorveglianza  in senso lato"
 (comprensiva, come viene pure  detto,  della  "prevenzione  in  vista
 delle   sanzioni  per  eventuali  irregolarita'"  e  della  "verifica
 periodica della pertinenza e  congruita'  delle  azioni  cofinanziate
 dallo   Stato   e   dalla   Comunita'),  e  soprattutto  la  seguente
 affermazione, che la vigilanza spetterebbe in generale al  Ministero,
 mentre  la competenza delle regioni sarebbe "normalmente sostanziata"
 dagli "accertamenti tecnico-contabili".
    Sulla  base  di  tali  premesse, sembra evidente che le istruzioni
 relative alle  attivita'  di  controllo,  che  formano  il  contenuto
 specifico  della  circolare  (p. 4 e segg.) non riguardano affatto le
 sole attivita' formative eccezionalmente riservate allo  Stato  dalla
 legislazione  vigente,  e  nemmeno  quelle  regionali che hanno pero'
 portata  nazionale  o  interregionale,  ma  in   generale   qualunque
 attivita'  formativa,  anche  nell'ambito di una sola regione, che si
 svolga  in  regime  di  cofinanziamento  con  fondi  statali   o   di
 derivazione comunitaria.
    E poiche' una parte molto rilevante dell'attivita' formativa delle
 singole regioni si svolge  in  tale  regime  di  cofinanziamento,  ne
 deriva  che  la circolare pretende di istituire un controllo diretto,
 penetrante e generalizzato, degli  organi  ministeriali,  centrali  e
 periferici, sulla formazione professionale regionale tout court.
    Che   le   istruzioni  riguardino  in  generale  le  attivita'  di
 formazione con cofinanziamento statale  e'  ulteriormente  confermato
 dal  paragrafo relativo alle "procedure specifiche di controllo" (ove
 prevedono controlli statali sui progetti regionali speciali ai  sensi
 degli  artt.  26 della legge n. 845/1978 e 36 del d.P.R. n. 616/1977,
 oltretutto a torto considerati dall'allegato 2 della  circolare  come
 appartenenti  al  settore esclusivo statale) e dal paragrafo relativo
 al "coordinamento della vigilanza" (p. 5 e segg.), ove,  proprio  per
 gli  ambiti  in  cui  il  ruolo  statale  e' "concorrente", si affida
 addirittura agli ispettorati regionali un compito di "coordinamento e
 di  indirizzo"  degli  stessi controlli regionali, rivolto ad evitare
 "situazioni di concorrenza  o,  peggio,  di  contrasto  tra  Stato  e
 regioni".
    Dunque, la circolare non limita affatto la sua portata alle azioni
 aventi rilevanza nazionale o interregionale, ma la estende a tutte le
 azioni  di  formazione,  delle  singole regioni, al cui finanziamento
 partecipi  anche  lo  Stato  (o  gli  organismi  comunitari),  con  i
 controlli  diretti  e  penetranti descritti nel paragrafo dedicato al
 "contenuto  dell'attivita'  di  vigilanza.  Sopralluoghi   in   corso
 d'opera.  Riscontro  di  conformita' al progetto approvato" (p. 4), e
 nel   paragrafo   dedicato   alle   "verifiche    tecnico-contabili",
 comprensive  anch'esse  di  sopralluoghi e altre attivita' dirette di
 controllo (p. 4 e segg.).
    Nel   significato   e  con  l'ampiezza  illustrata,  tuttavia,  la
 circolare qui impugnata risulta anche, per cio' stesso, illegittima e
 lesiva dell'autonomia costituzionale delle regioni, ed in particolare
 della ricorrente regione Emilia-Romagna, per i seguenti motivi di;
                             D I R I T T O
    1.  -  Illegittima attribuzione al Ministero del lavoro ed ai suoi
 organismi periferici di funzioni  costituzionalmente  spettanti  alle
 regioni.
    La  potesta' legislativa e amministrativa in materia di formazione
 professionale (o di "istruzione artigiana e  professionale")  compete
 alle regioni, norma degli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma,
 della Costituzione.
    Nella  legislazione  ordinaria,  la  materia  e' oggi disciplinata
 (oltre che dagli artt. 35 e 41 del d.P.R. 24  luglio  1977,  n.  616)
 dalla  legge  21  dicembre  1978,  n. 845 (legge-quadro in materia di
 formazione professionale), la  quale  ribadisce  -  ovviamente  -  la
 titolarita' regionale delle relative funzioni.
    Allo  Stato,  l'art.  18  riserva  specifici  compiti, che debbono
 necessariamente essere svolti al livello nazionale.  Tra  questi,  vi
 sono  anche  alcuni  eccezionali  compiti per cosi' dire "operativi",
 cioe' consistenti nella diretta erogazione di attivita' di formazione
 professionale   (quali   "l'istituzione  ed  il  finanziamento  delle
 iniziative  di  formazione  professionale  dei  lavoratori   italiani
 all'estero  alla  cui  vigilanza e gestione provvedono gli uffici del
 Ministero  degli  affari  esteri"  e  "la   predisposizione   ed   il
 finanziamento  delle  attivita' formative del personale da utilizzare
 in programmi d'assistenza tecnica e cooperativa con i paesi in via di
 sviluppo",  previsti  rispettivamente dalle lettere d) e e) del primo
 comma, o la formazione del personale delle  amministrazioni  statali,
 gia' prevista come funzione statale dall'art. 40 del d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616). Ed e' ovvio che in relazione a tali attivita' lo Stato
 dispone anche dei connessi poteri di vigilanza e controllo.
    Gli  altri compiti dello Stato non sono invece operativi nel senso
 ora detto, ma sono di varia natura, talora di  carattere  "normativo"
 (come la "la disciplina dell'ordinamento delle fasce di mansioni e di
 funzioni professionali omogenee e ai fini dei  rapporti  contrattuali
 di  lavoro"  e  la  "la  definizione...  dei requisiti tecnici per il
 riconoscimento dell'idoneita' delle strutture  e  delle  attrezzature
 adibite  alla  formazione  professionale" di cui alle lettere a) e l)
 dell'art. 18 della legge n. 845/1978), o  di  collegamento  ("con  le
 regioni   sotto   il   profilo   delle   reciproche   informazioni  e
 documentazioni",secondo la lett. b); con il Fondo sociale  europeo  e
 con  gli altri organismi esteri, secondo la lett. c), o di studio (v.
 lett. f).
    Inoltre,  ed  in  particolare,  l'art.  18 della legge n. 845/1978
 affida allo Stato alcuni compiti di finanziamento o di  finanziamento
 integrativo:  cosi'  gli spetta - oltre che "l'inoltro alla Comunita'
 economica  europea,  o  ad  altri  organismi  internazionali"  -   il
 "finanziamento integrativo dei progetti formativi ammessi al concorso
 dei  fondi  comunitari   o   internazionali"   (lett.   g),   nonche'
 "l'assistenza   tecnica   e  il  finanziamento  delle  iniziative  di
 formazione professionale, d'intesa con le regioni e tramite esse, nei
 casi  di rilevante squilibrio locale tra domanda e offerta di lavoro"
 (lett. h).
    Dunque,  vi  sono  specifiche  ipotesi  nelle  quali  attivita' di
 formazione professionale di competenza  regionale  sono  cofinanziate
 dallo  Stato  (iniziative  ammesse al finanziamento del fondo sociale
 europeo) o finanziate dallo stesso (profetti  speciali  di  cui  alla
 lett.  h).  Ma e' agevole constatare che in nessun caso e' attribuito
 allo Stato un ptoere di controllo diretto ed operativo: meno che mai,
 come  vorrebbe  la  circolare,  il  potere  di  effettuare "controlli
 gestionali e verifiche  tecnico-contabili  di  rendicontazione...  da
 compiersi  all'inizio,  nel  corso  e  al  termine  dell'attivita' di
 formazione attuata da operatori pubblici e privati".
    S'intende  che  lo Stato, in quanto finanziatore o cofinanziatore,
 potra' richiedere  alla  regione  la  documentazione  piu'  idonea  a
 dimostrare  la  regolarita'  delle domande, nonche', a rendiconto, la
 documentazione  piu'  idonea  a  dimostrare  la   regolarita'   della
 gestione,  ivi  compreso, se si vuole un rendiconto sulle verifiche e
 sui controlli compiuti. Ma ogni attivita' diretta ed  operativa,  ivi
 compreso  l'effettuazione  dei controlli da svolgersi in loco, spetta
 necessariamente ed esclusivamente alla regione.
    Il  ruolo  di finanziatore, infatti, non attribuisce allo Stato la
 titolarita'  della  funzione  finanziata,   che   rimane   ovviamente
 regionale.  Ed  anche  sul  piano  della prassi, lo Stato si limita a
 raccogliere e trasmettere agli organi comunitari  i  progetti,  cosi'
 come le regioni li hanno formati.
    Se  in questo caso il finanziamento passa per un canale apposito e
 separato, anziche' attraverso il fondo comune,  cio'  e'  in  ragione
 delle  specifiche  esigenze di finanziamento di progetti destinati ad
 essere valutati e finanziati anche in sede comunitaria, e  non  certo
 perche'  l'attivita'  di  formazione  non  rimanga, secondo le regole
 costituzionali, attivita'  di  competenza  regionale  (s'intende,  in
 quanto  non  si  tratti  di  azioni che coinvolgono piu' regioni, nei
 termini fissati dalla sentenza di  codesta  Corte  costituzionale  n.
 216/1987).
    Del tutto arbitaria e priva di ogni fondamento giuridico e' poi la
 distinzione  che  la   circolare   vorrebbe   introdurre,   tra   gli
 "accertamenti  tecnico-contabili"  (nei  quali  sarebbe  "normalmente
 sostanziata  dagli  accertamenti"  la  competenza  delle  regioni)  e
 l'"attivita'  di sorveglianza in senso lato" (comprensiva, come viene
 pure detto, della "prevenzione in vista delle sanzioni per  eventuali
 irregolarita'"   e  della  "verifica  periodica  della  pertinenza  e
 congruita' delle azioni cofinanziate dallo Stato e dalla  Comunita'),
 la  quale  spetterebbe  in  generale  al ministero. Una simile teoria
 stravoge del tutto arbitrariamente ed illegittimamente il riparto  di
 compiti  fissato dalla Costituzione e dalle leggi, e si traduce nella
 sottrazione alle regioni di una parte rilevante  della  materia  loro
 attribuita.
    Si  puo'  solo  aggiungere  che  essa  contraddice  anche a quanto
 stabilito  con  la  sentenza  di  codesta  Corte  costituzionale   n.
 216/1987,  nella  quale  semmai (sempre per le sole azioni di portata
 nazionale e  pluriregionale)  sono  le  certificazioni  contabili  ad
 appartenere  allo  Stato,  mentre "il profilo sostanziale risiede nel
 preventivo controllo": e se tale controllo spetta  anche  allo  Stato
 (ma  non  solo  ad esso) per le azioni pluriregionali e nazionali, e'
 evidente che esso spetta integralmente alle regioni per le azioni  di
 portata regionale.
    Ne'  una  speciale  competenza  statale  per  i controlli potrebbe
 dedursi - secondo quanto la circolare pare  adombrare  al  punto  c),
 della  premessa  -  dalla normativa comunitaria, e specificamente dai
 due regolamenti nn. 2052 e 4253 del 1988.
    Se  infatti  e'  vero che i due regolamenti, ed in particolare gli
 artt. 23 e 25 del secondo, prevedono  misure  di  controllo  adottate
 dagli  "Stati  membri",  e'  anche  vero - ed e' ovvio - che con tali
 disposizioni la normativa comunitaria si riferisce  allo  Stato  come
 insieme,  e non intende affatto attribuire una competenza specifica e
 particolare  allo  Stato  come  persona  del  diritto  interno.  Cio'
 d'altronde  e'  esplicito  nello  stesso art. 23, ove si dice che gli
 Stati  effettuano  i  controlli  "conformemente   alle   disposizioni
 legislative regolamentari e amministrative nazionali" (secondo comma,
 primo periodo).
    Insomma,  la  normativa comunitaria prevede i controlli, ma per la
 disciplina del loro svolgimento si rimette  alla  normativa  interna:
 normativa  che  per  l'Italia e' posta - oltre che dalle disposizioni
 costituzionali - dalla legge n. 845/1978, il cui contenuto si e' gia'
 illustrato.   Dunque,  dalla  normativa  CEE  non  puo'  dedursi  una
 competenza statale anziche' regionale per i controlli sulle attivita'
 formative   regionali;   mentre  sul  piano  interno,  la  competenza
 regionale discende  dal  riparto  di  attribuzioni  sopra  illustrato
 operato dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dalla legge n. 845/1978.
    Si  noti,  comunque,  che nella disciplina comunitaria i controlli
 "nazionali" (nel senso indicato) non sono affatto gli unici, dato che
 la   normativa   comunitaria  si  preoccupa  di  assicurare  appositi
 controlli comunitari svolti - oltreche' da appositi  comitati  -  con
 amplissimi poteri di verifica ed ispezione anche diretta dalla stessa
 commissione CEE, per mezzo di propri agenti.
    Fondamentale, in questo senso, e' ancora l'art. 23 del regolamento
 CEE 19 dicembre 1988, n. 4253, secondo il quale "funzionari o  agenti
 della   commissione  possono  controllare  in  loco,  in  particoalre
 mediante sondaggio, le  azioni  finanziate  dai  fondi  strutturali",
 anche con "controlli in loco senza preavviso" (secondo comma).
    Sicche'  del  tutto incongrua - oltreche' superflua - si rivela la
 previsione di un ulteriore livello istituzionale di controllo.
    D'altronde,  l'esattezza della rimostranza regionale e' confermata
 dalla giurisprudenza di codesta  Corte  costituzionale,  che  con  la
 sentenza  n.  216/1987,  gia'  ricordata,  ha  stabilito  che solo in
 relazione ad "azioni di formazione professionale di portata nazionale
 o  pluriregionale  poste  in  essere  da  enti di diritto pubblico ed
 ammesse a  contributo  da  parte  del  Fondo  sociale  europeo"  puo'
 spettare allo Stato eseguire controlli per campione rappresentantivo,
 congiuntamente alle regioni interessate e certificare l'esattezza  di
 fatto  e  contabile  delle  indicazioni  contenute  nelle  domande di
 pagamento del saldo del contributo concesso.
    Con cio' e' stato chiaramente fissato il limite delle attribuzioni
 statali,  coerentemente  con  le  ragioni  (la  portata  nazionale  o
 pluriregionale  delle  attivita') che stanno a fondamento di esse. Ma
 tale limite risulta sostanzialmente e  profondamente  superato  dalla
 circolare   impugnata:  che  non  limita  i  controlli  statali  alle
 attivita'  aventi  portate  nazionale  o  interregionale,  e  neppure
 prevede  che  i  controlli  siano  svolti congiuntamente alle regioni
 interessate.
    2.  -  Illegittimita'  della circolare per violazione dell'art. 40
 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nonche' dell'art. 18  della  legge
 21 dicembre 1978, n. 845.
    Dunque,   risultano   violate   dalla   circolare  le  prerogative
 costituzionali della regione; ma risultano anche  violate  le  stesse
 norme  di legge ordinaria che disciplinano oggi la materia: norme che
 dovrebbero venire esse in  primo  luogo  modificate,  se  si  volesse
 mutare  i  compiti  riservati  allo  Stato  - s'intende nei ristretti
 limiti  in  cui  lo  possa  eventualmente   consentire   il   riparto
 costituzionale  di  competenze,  e non certo con il tipo di ingerenza
 previsto nella impugnata circolare.
    Anche   sotto   questo  profilo  una  circolare  ministeriale  non
 costituirebbe  comunque  uno  strumento  giuridicamente   idoneo   ad
 intervenire,  alterandolo,  nell'ordine  delle  competenze  stabilite
 dalla legislazione ordinaria attuativa del disegno costituzionale.  A
 cio',  infatti, occorrerebbe una nuova disciplina legislativa, che si
 tenesse  pur  sempre,  come  detto,  nei  limiti  della  legittimita'
 costituzionale.
    Tale  sola  ragione sarebbe gia' di per se' sufficiente - se anche
 non vi fossero le altre sopra illustrate - a dimostrare il  carattere
 illegittimo,    ed   invasivo   delle   competenze   legislative   ed
 amministrative regionali  in  materia  di  formazione  professionale,
 dell'atto  impuganto,  e dei poteri di controllo (e di coordinamento)
 da esso previsti.
    Ne'  la circolare potrebbe essere giustificata qualificandola come
 atto di indirizzo e coordinamento: sia perche'  permarrebbe  il  gia'
 rilevato  contrasto  con  la normativa costituzionale e primaria, sia
 perche'  comunque  mancherebbe  ad  essa  il  necessario   fondamento
 legislativo,  secondo  il  requisito primo di legalita' degli atti di
 indirizzo, come stabilito da codesta Corte costituzionale  sin  dalla
 sentenza n. 150/1982.