ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.80- bis T.U. 15
 giugno 1959, n. 393 (Codice della strada), in  relazione  agli  artt.
 321,  253,  262  e  263  del codice di procedura penale, promosso con
 ordinanza emessa il 16 gennaio 1990 dal G.I.P. presso la  Pretura  di
 Forli'  nel  procedimento  penale  a  carico  di Iacovelli Luciano ed
 altra, iscritta al n. 154 del registro ordinanze  1990  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  15,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1990.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 giugno 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  16  gennaio  1990  il Giudice delle
 indagini preliminari presso la Pretura di Forli' sollevava  questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.80-bis, comma secondo, del
 d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (Codice  della  strada)  in  riferimento
 all'art. 3, comma primo, della Costituzione;
      che,  secondo  il  giudice rimettente, fra i casi regolati dalla
 norma denunciata e le fattispecie di  sequestro  contemplate  in  via
 generale  dal  nuovo codice di procedura penale vi sarebbe disparita'
 di trattamento senza alcuna razionale giustificazione;
      che, in particolare, lamenta il giudice a quo che, mentre l'art.
 321 cod. proc. pen. attribuisce al g.i.p. la competenza  a  disporre,
 su richiesta del p.m., il sequestro preventivo (quale sostanzialmente
 appare quello previsto dall'art. 80- bis cod. strad.),  quest'ultimo,
 invece,   obbliga   ad   attuarlo  ufficiali  ed  agenti  di  polizia
 giudiziaria;
      che,  a  fronte  poi  della  richiesta  di restituzione avanzata
 dall'interessata,  a'  sensi   dell'art.   262   cod.   proc.   pen.,
 sorgerebbero  - secondo l'ordinanza - ulteriori problemi: sia perche'
 non si giustificherebbe la permanenza di un sequestro che non riveste
 gli  estremi  di cautela probatoria, sia perche' in realta' si tratta
 di un sequestro preventivo,
      che,  pertanto,  riconosce il giudice essere mancante "del tutto
 la materia oggetto di una  pronuncia  del  g.i.p.,  in  relazione  ai
 termini per i quali e' stato sollecitato il suo intervento (art. 263,
 comma quarto, cod. proc. pen.)";
      che,   tuttavia,   egli   ritiene  che  sussista  la  denunciata
 disparita' di trattamento che giustifica la sollevata questione,
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che  ha
 chiesto declaratoria d'infondatezza della questione;
    Considerato  che  il  sequestro  di  cui  all'art.  80- bis, comma
 secondo,  cod.strad.  possiede  essenzialmente  natura  di  carattere
 "preventivo",  come  riconosce l'ordinanza, in quanto mira ad evitare
 che la libera disponibilita' del veicolo possa aggravare o  protrarre
 le  conseguenze  del  reato,  o  comunque agevolare la commissione di
 altri reati, proprio come previsto dall'art. 321 cod. proc. pen.;
      che la permanenza di tale particolare sequestro nell'ordinamento
 si evince peraltro chiaramente ex  art.  229  delle  Disposizioni  di
 coordinamento  che,  disponendo  la continuazione dell'osservanza dei
 termini piu' brevi, previsti da leggi o decreti, per la  trasmissione
 del  verbale  di sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria e per
 la successiva convalida, implicitamente riconosce la coesistenza  dei
 sequestri  disciplinati da leggi penali diverse dal codice con quelli
 contemplati nello stesso codice di procedura penale;
      che,  d'altra  parte,  il  veicolo  sequestrato  rappresenta pur
 sempre "corpo di reato" a' sensi dell'art. 253,  comma  secondo  cod.
 proc.  pen. giacche', attraverso il suo illecito affidamento da parte
 di uno degli imputati, l'altro ha potuto  commettere,  mediante  esso
 mezzo, il reato di guida senza patente;
      che, se e' vero che, a' termini dell'art. 321, primo comma, cod.
 proc. pen., la competenza ad emettere il provvedimento  di  sequestro
 preventivo  appartiene al g.i.p. su richiesta del pubblico ministero,
 e' pur vero, pero', che, per il disposto di cui all'art. 354, secondo
 comma,  allorquando  il  pubblico ministero non possa tempestivamente
 intervenire (com'e' il caso della flagranza del reato), gli ufficiali
 di  polizia  giudiziaria "sequestrano il corpo del reato e le cose ad
 esso pertinenti" (ultimo inciso del secondo comma) ed  anzi,  per  il
 disposto  di  cui  all'art.  113  delle  norme  di  coordinamento, il
 sequestro  puo'  essere  eseguito  anche  dagli  agenti  di   polizia
 giudiziaria nei casi di particolare necessita' ed urgenza;
      che,  in  tal  caso, come previsto dall'art. 355, secondo comma,
 cod. proc. pen., e' proprio il pubblico ministero competente  per  la
 convalida  del  sequestro,  sicche' nella specie questa e' tutt'altro
 che irrilevante, come invece ritiene l'ordinanza;
      che  conseguentemente  non esiste sostanziale incompatibilita' o
 differenziato  trattamento  fra  l'ipotesi  di   sequestro   prevista
 dall'art.  80-bis, comma secondo, cod. strad. e la fattispecie di cui
 al combinato disposto degli artt. 321,  354,  secondo  comma,  ultimo
 inciso e 355 commi primo e secondo, cod. proc. pen.;
      che,  avverso  la  convalida del sequestro da parte del pubblico
 ministero, e contro lo stesso decreto di sequestro preventivo  emesso
 dal  giudice,  non  esiste  altro  rimedio, a' sensi degli artt. 355,
 terzo comma, e 322 cod. proc. pen., se non la richiesta di riesame;
      che  la  legge  processuale prevede un unico caso di "revoca" da
 parte del g.i.p., allorquando, cioe', risultano mancanti,  anche  per
 fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilita' del sequestro;
      che  la parte interessata si e' avvalsa, invece, della procedura
 ex art. 262 cod. proc. pen., prevista per le restituzioni in caso  di
 "sequestro  a  fini di prova", e cio' mentre aveva invano esperito la
 richiesta di riesame che il Tribunale aveva respinto;
      che,  pertanto,  il g.i.p. doveva soltanto trarre le conseguenze
 da siffatta anomala situazione processuale,  anziche'  sollevare  una
 questione  di  legittimita'  costituzionale che appare manifestamente
 destituita di fondamento;