IL TRIBUNALE Ha pronunciato, all'udienza del 23 maggio 1990, la seguente ordinanza; Sulle eccezioni preliminari sollevate dalla difesa di Perrelli Antonino; Sentito il pubblico ministero; O S S E R V A 1. - Sull'eccezione di nullita' del decreto che ha disposto il giudizio immediato per violazione dell'art. 453. 1 del c.p.p. La difesa ha eccepito la nullita' del decreto di citazione sul rilievo che non vi sarebbe stato il prelievo che non vi sarebbe stato il previo interrogatorio da parte del pubblico ministero ai sensi del primo comma dell'articolo citato. L'eccezione e' infondata. La legge richiede, come condizione di ammissibilita' del giudizio immediato, anche il "previo interrogatorio" dell'indagato, ma non richiede che l'interrogatorio sia effettuato dal p.m. la ratio della normativa va individuata, infatti, nella necessita' di un dibattito in sede di udienza preliminare in tutti que casi in cui vi e', a giudizio del p.m., una prova evidente di responsabilita', la quale deve essere confrontata con le dichiarazioni che rende l'indagato nell'interrogatorio che la legge richiede, e cio' per garantire il dispiegarsi dell'attivita' difensiva dell'indagato, che potrebbe, eventualmente, giungere ad intaccare l'evidenza della prova ritenuta esistente dal p.m. Poiche' il giudizio immediato puo' essere esperito sia nei confronti dell'indagato arrestato in flagranza, sia nei confronti dell'indagato a piede libero, si ricava che l'interrogatorio di cui parla la legge nel secondo caso non potra' essere che quello effetuato direttamente dal p.m. in sede di indagini preliminari, mentre nel primo caso puo' essere quello reso al g.i.p. in sede di convalida dell'arresto, quando abbia avuto ad ogggetto anche i fatti di causa. Nel caso in specie, e' appunto avvenuto questo, e validamente, pertanto, e' stato ritenuta sussistente la condizione richiesta dalla legge per l'instaurazione del giudizio immediato. 2. - Sull'eccezione di nullita' del decreto che dispone il giudizio immediato per violazione dell'art. 455 del c.p.p., sul rilievo che il decreto sarebbe stato emeso in data successiva al quinto giorno rispeto a quello della richiesta del p.m. Si rileva che la richiesta stessa e' pervenuta all'ufficio del g.i.p. in data 24 marzo 1990, come si evince sia dall'annotazione in calce alla richiesta, con timbro del tribunale, sia dal provvedimento di assegnazione al g.i.p. dott. Rossotti in pari data. Il decreto di citazione e' stato emesso in data 27 marzo 1990. 3. - Sull'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 444 del c.p.p. in relazione all'art. 163, terzo comma del c.p., per violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza. La difesa sostiene che non sarebbe ragionevole la scelta del legislatore di previsione dell'applicabilita' del rito speciale solo nei casi in cui e' possibille irrogare la pena massima di anni due di reclusione, e cio' in quanto: una delle ragioni, se non la fondamentale, per cui sarebbe stato previsto l'istituto del c.d. patteggiamento, sarebbe individuabile nella possibilita' di dare la sospensione condizionale della pena, che costituirebbe sempre l'incentivo al ricorso a tale istittuto; la sospensione condizionale della pena puo' essere data all'infraventunenne e all'ultrasettantenne oltre ai limiti di pena di anni due di reclusione (anni due e mesi sei). Sicche' verrebbe meno, senza un motivo ragionevole, nel caso prospettato (che e' quello di imputato infraventunenne al momento del fatto), l'ultriore possibilita' deflattiva del rito dibattimentale che la legge assegna ai riti speciali, tra cui quello di cui all'art. 444 del c.p.p. La questione appare manifestatamente infondata, in quanto non risulta che il legislatore abbia voluto agganciare la possibilita' di ricorso all'istituto considerato a quella di concessione della condizionale. Cio' perche', da un lato, il dato letterale e sistematico non consente di ravvisare un legame necessario tra due istituti, dovendosi invece ritenere che il limite sia ancorato soprattutto alla considerazione della gravita' del fatto e della corrispondente sanzione, con cio' individuandosi un limite alla disponibilita' discrezionale delle parti di "trattenere sulla pena irroganda. Si tratta di una scelta del legislatore che non pare censurabile sotto il profilo della ragionevolezza, anche se essa puo' avere influenza sull'effetto deflattivo che il nuovo codice si propone con i riti speciali. Del resto, se il legislatore avesse voluto agganciare tale effetto a tutti i casi in cui sia concreto concedibile la sospensione condizionale, se l'avrebbe detto espressamente, cioe' avrebbe detto a chiare lettere che il "patteggiamento" poteva avvenire in tutti i casi in cui si poteva concedere il beneficio di cui all'art. 163 del c.p. (cosi' come fece nell'art. 253 del codice previgente, quale limite all'emissione del mandato di cattura). Peraltro, come giustamente rilevato dal p.m., che non vi sia correlazione tra i due istituti e' dimostrato dal fatto che il patteggiamento e' ammeso per pena detentiva fino a due anni, "sola o congiunta a pena pecuniaria", cosa che non consentirebbe, in caso di imputati ultraventunenni, la concessione della condizionale perche' la pena pecuniaria, a mente dell'art. 163 del c.p., va calcolata anche ai fini della determinazione del tetto massimo dei due anni ( ex art. 163, primo comma). Cio' a ulteriore conferma che il limite dettato dall'art. 444 del c.p.p. e' stato fissato in base a criteri autonomi ed oggettivi (gravita' del reato e della relativa sanzione comminanda) e non con riferimento alla situazione soggettiva dell'imputato. 4. - Sulla questione di leggittimita' costituzionale dell'art. 458 del c.p.p., per violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, alla quale si e' associato il p.m. La difesa ha eccepito che si costituisce violazione del diritto di difesa il fatto che a norma dell'art. 458 del c.p.p. il termine di sette giorni per proporre richiesta di giudizio abbreviato o di applicazione della pena ai sensi dell'art' 444 del c.p.p. decorra dalla data di notifica all'imputato del decreto di citazione nel giudizio immediato e non della notifica dell'avviso al difenssore, della data del giudizio. L'eccezione appare fondata, in quanto - dati i ristretti termini entro i quali il diritto dell'imputato di chiedere taluno dei riti speciali - viene nella pratica vanificato il diritto alla assistenza tecnica del difensore in fattispecie che masimamente la richiedono. Infatti, anche se - come appare giusto - la richiesta in questione va proposta dallo stesso interessato, non par dubbio d'altro canto che proprio ai fini di una scelta meditata di uno dei riti speciali l'assistenza tecnica del difensore sia essenziale per le conseguenze che la scelta stessa comporta (ad esempio potrebbe non convenire alla posizione dell'imputato chiedere un giudizio abbreviato, che comporta una valutazione allo stato degli atti, se egli ha da proporre argomentazioni a suo favore ma desumibili da ulteriori argomenti, come una prova testimoniale non ancora effettuata, o da produzioni documentali in suo possesso; oppure l'imputato non esercita il diritto entro il termine di sette giorni non essendosi reso conto della convenienza di ricorrere al giudizio abbreviato o al "patteggiamento" nel caso di una sicura condanna). Trattandosi pertanto di scelte strategiche o tattiche, che dir si voglia, appare inconcepibile in un sistema giuridico che vuole essere rispettoso dei diritti della difesa non assicurare la difesa tecnica dell'indagato o imputato in una scelta che diviene irreversibile circa il rito da adottare, con tutte le conseguenze che la scelta stessa comporta. Appare quindi palesemente violato l'art. 24 secondo comma della Costituzione, l'addove l'esercizio di un diritto dell'imputato viene sottoposto a termine di decadenza, la cui decorrenza viene sganciata dalla conoscenza dei necessari presupposti da parte difensore tecnico: l'art. 458 del c.p.p. viola il principio perche' fa decorrere il termine di sette giorni dalla notifica all'imputato, e non difensore. Peraltro, in applicazione della norma che si ritiene non legittima, nel caso di specie il g.i.p. ha negato il giudizio abbreviato che il difensore aveva chiesto, ritualmente, si, dopo sette giorni dalla notifica del decreto di citazione all'imputato, ma entro sette giorni dalla notifica dell'avviso dell'udienza al difensore stesso. Sicche' la questione appare anche rilevante. Infatti in caso di declaratoria di illegittimita' costituzionale, sara' il g.i.p. a dover decidere sulla richiesta di giudizio abbreviato, per il quale in quella sede il p.m. aveva espresso gia' il suo consenso. 5. - Sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare. In attesa della decisione della Corte costituzionale, la difesa ha chiesto che l'imputato venga rimesso in liberta' oppure posto in stato di arresti domiciliari. Ritiene il tribunale che permangono, allo stato, le esigenze cautelari di cui alla lettera c), dell'art. 274 del c.p.p. che avevano giustificato l'emissione del provvedimento. Cio' alla luce delle specifiche modalita' del fatto di cui e' processo, ed in particolare della flagrante detenzione di circa cinquanta grammi di eroina a non lieve percentuale di purezza, fatto sintomatico presumibile di inserimento a livello non basso in ambienti di spaccio di stupefacenti. Cio' comporta la formulazione di un giudizio prognostico non tranquillante, malgrado la giovane eta' e l'incertezza dell'imputato. Conseguentemente non appare adeguata, stante l'elevato grado delle esigenze cautelari prospettate, la misura ottenuta di custodia, stante la sporadicita' e l'insufficienza dei controlli ad essa connaturata.