IL TRIBUNALE
    Riunito  in  camera di consiglio udita l'eccezione di legittimita'
 costituzionale sollevata  dal  pubblico  ministero  nel  procedimento
 penale a carico di Rocca Fiorenzo ed altri;
    Uditi i difensori degli imputati;
                             O S S E R V A
    L'eccezione  appare  accoglibile.  E' infatti pacifico che il p.m.
 e', nel nuovo processo penale, una parte processuale a pieno  titolo,
 che,  anzi,  somma  ai  poteri  caratteristici della parte (poteri di
 impulso, d'eccezione, ecc.) quelli dell'organo di giustizia  (compiti
 di  ricerca delle prove anche nell'interesse dell'indagato - art. 358
 del c.p.p.).
    Il  suddetto  inquadramento  della figura del rappresentante della
 pubblica accusa  e'  stato,  anzi,  ulteriormente  evidenziato  nella
 recentissima  pronuncia della Corte costituzionale (nota, allo stato,
 solo attraverso gli organi di stampa) con  la  quale  si  e'  sancito
 l'obbligo  del  p.m.  di  motivare  il  diniego  di  adesione al rito
 abbreviato eventualmente domandato dall'imputato.
    Cio'  considerato, appare irragionevolmente discriminatorio negare
 alla pubblica accusa il potere  di  richiedere  la  celebrazione  del
 processo ai sensi degli artt. 438 e segg. del c.p.p., alla quale puo'
 avere un evidente interesse sia per motivi  interni  al  processo  in
 corso  (ad  esempio,  interesse  ad uno svolgimento del processo allo
 stato degli atti,  atteso  l'ipotizzabile  rischio  di  indebolimento
 dibattimentale  delle ragioni dell'accusa), sia per motivi (anch'essi
 costituzionalmente garantiti, art. 97 della  Costituzione)  attinenti
 al buon funzionamento ed all'imparzialita' dell'amministrazione della
 giustizia (ad  esempio,  perseguimento  di  finalita'  deflattive  di
 ordine  processuale, pur riconosciuto al p.m. dal legislatore in sede
 di disciplina dell'applicazione della pena su richiesta delle parti).
    In  tale  ambito  inoltre  non puo' sottacersi l'importanza che la
 legge processuale penale conferisce al  p.m.,  come  gia'  enunciato,
 anche  ai fini della tutela della posizione dell'imputato, tutela che
 potrebbe essere  vanificata  in  caso  di  insufficiente  difesa  (ad
 esempio,   difensore   d'ufficio   officiato   nell'immediatezza  del
 dibattimento) dalla  mancata  previsione  della  richiedibilita'  del
 giudizio abbreviato da parte del p.m. In altre parole, se e' vero che
 il p.m. riveste, nell'attuale processo penale, la figura di una parte
 in posizione quanto meno di parita' con le altre parti processuali, e
 volta al perseguimento di finalita' che possono anche coincidere  con
 quelle  riconosciute  alla  difesa,  non  e' palesemente infondato il
 ritenere costituzionalmente illegittimo, per violazione  dell'art.  3
 della Costituzione, il disposto degli articoli 247 del d-l. 28 luglio
 1989, n. 271, e 438, e segg. del  c.p.p.,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  la  possibilita'  per  il  p.m.  di richiedere al giudice la
 celebrazione del giudizio abbreviato.
    Peraltro,  la  suddetta  eccezione  e'  altresi'  non irrilevante,
 essendo il presente processo definibile allo stato degli atti, e  non
 avendo  la  difesa  formulato  istanza  per  la  celebrazione di riti
 alternativi.