ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, delle norme di attuazione del Piano urbanistico provinciale, approvato con legge della Provincia di Trento 9 novembre 1987, n. 26 (Approvazione del piano urbanistico provinciale), promosso con ordinanza emessa il 12 ottobre 1989 dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento sul ricorso proposto dalla s.p.a. Porto Arco contro il Sindaco del Comune di Arco, iscritta al n. 75 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di costituzione della s.p.a. Porto Arco, nonche' l'atto di intervento della Provincia autonoma di Trento; Udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi gli Avvocati Ivone Cacciavillani per la s.p.a. Porto Arco e Fabio Lorenzoni per la Provincia autonoma di Trento. Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio promosso dalla Porto Arco s.p.a. nei confronti del Comune di Arco per l'annullamento di un provvedimento del sindaco di Arco contenente il diniego della concessione edilizia relativa alla costruzione di una strada, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, prima parte, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26, in connessione con il secondo comma dello stesso art. 9 e con le inerenti previsioni delle planimetrie del piano medesimo, per violazione dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Secondo il giudice a quo, poiche' il piano urbanistico provinciale e' assimilato al piano territoriale di coordinamento e poiche', dunque, dovrebbe esser vincolante per le sole amministrazioni pubbliche, e non anche per i privati, sorge il dubbio che l'art. 9, terzo comma, della legge impugnata sia in contrasto con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione, laddove esclude che nelle aree di protezione dei laghi siano consentite trasformazioni urbanistiche per la realizzazione di nuove attrezzature ricettive permanenti o temporanee. Infatti, dovendosi negare che la disposizione impugnata si limiti a esplicitare una qualita' gia' ontologicamente propria dei beni identificati quali "aree di protezione dei laghi", ricorrerebbe in ipotesi un vincolo direttamente operativo e temporalmente illimitato di destinazione a fini di utilizzazione sociale, che, precludendo qualsiasi intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia a fini privati, integrerebbe gli estremi di un'espropriazione senza indennizzo. Un ulteriore profilo d'illegittimita' costituzionale e' ravvisato dal giudice a quo nella addotta lesione, da parte dello stesso art. 9, comma terzo (prima parte), del principio del giusto procedimento, al quale dovrebbe esser riconosciuta rilevanza costituzionale in relazione ai procedimenti comportanti vincoli o limiti per i privati. Ad avviso del giudice rimettente, la partecipazione dei privati al procedimento di formazione del piano urbanistico provinciale secondo le modalita' previste dalla legge urbanistica provinciale (legge prov. 2 marzo 1964, n. 2) sembrerebbe adeguata fintantoche' il predetto piano adempia alle proprie funzioni istituzionali. Ma, allorquando quest'ultimo contenga vincoli immediatamente operativi verso i privati, dovrebbero essere previste piu' efficaci garanzie procedimentali - come, ad esempio, l'onere di motivazione - idonee a recuperare, sul terreno procedimentale, la perdita di effettivita' delle tutela giurisdizionale conseguente alla forma legislativa data all'atto di approvazione. Tanto piu' cio' varrebbe, secondo il giudice a quo, in un caso, come quello in discussione, nel quale i privati hanno avuto pregressi affidamenti giustificati da precedenti scelte pianificatorie del comune, del comprensorio e della provincia. 2. - Si e' costituita in giudizio la Porto Arco s.p.a. aderendo alle conclusioni formulate nell'ordinanza di rimessione. 3. - E' intervenuta anche la Provincia autonoma di Trento eccependo, in primo luogo, l'inammissibilita' della questione per irrilevanza e, comunque, la sua infondatezza. Secondo la Provincia, infatti, la sentenza richiesta dal giudice a quo potrebbe colpire l'indeterminatezza del vincolo e non il vincolo in se', sicche' la parte privata potrebbe giovarsi della decisione stessa soltanto dopo che sia decorso il termine oltre il quale i vincoli non seguiti dagli atti necessari per la loro esecuzione decadono. Per la stessa Provincia, la questione sarebbe inammissibile anche in relazione al secondo dei profili sollevati, non potendosi ritenere costituzionalizzato il principio del giusto procedimento. La Provincia ritiene, comunque, che la questione non sia fondata, in quanto le limitazioni previste dalla disposizione impugnata, oltre a non costituire vincoli assoluti di immodificabilita', dovrebbero essere ricondotte alla materia della tutela ambientale piuttosto che a quella urbanistica, sicche' dovrebbe essere esclusa l'indennizzabilita' dei relativi vincoli. Obiettivo assolutamente primario della disposizione stessa sarebbe l'integrita' delle aree considerate e, in relazione a questo, sarebbero previsti i limiti di utilizzazione sociale, allo stesso modo in cui avviene, del resto, nel decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431. Quanto alla pretesa lesione del principio del "giusto procedimento", la Provincia, oltre a negare che secondo la giurisprudenza di questa Corte debba esser considerato coperto da garanzia costituzionale, ricorda che, come il vecchio piano di coordinamento, il piano urbanistico provinciale solo "di norma" contiene vincoli diretti esclusivamente alle amministrazioni competenti, ben potendo anche prevedere limiti per i privati. Ne', sempre secondo la Provincia, si potrebbe parlare di affidamenti pregressi, poiche' questi, se mai, deriverebbero da atti comunali o comprensoriali, e non provinciali. Infine, conclude la stessa Provincia, occorrerebbe aver presente che questa Corte ha gia' considerato non incostituzionale una legge che nella disciplina del procedimento di formazione del piano urbanistico non prevedeva le osservazioni degli interessati. 4. - In prossimita' dell'udienza la Porto Arco S.p.a. ha presentato una memoria, con la quale - dopo aver ricordato che il piano di lottizzazione che prevedeva la realizzazione della strada era stato approvato con atto provinciale del 19 settembre 1986, n. 2946/22, e dopo aver precisato che la variante contenente il diniego di costruzione della medesima era scaturita da un'autonoma scelta della Giunta provinciale in assenza delle osservazioni dei terzi e del parere della Commissione urbanistica - insiste sulla asserita violazione del principio del giusto procedimento, sotto forma di violazione del principio generale dell'ordinamento, in base al quale ogni previsione urbanistica specificamente afferente a un'area dovrebbe esser preceduta da un "momento partecipativo". Considerato in diritto 1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento ha sottoposto a questa Corte il dubbio che l'art. 9, terzo comma, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale di Trento, approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26 (Approvazione del piano urbanistico provinciale), nella parte in cui esclude nelle aree di protezione dei laghi trasformazioni edilizie e urbanistiche dirette alla costruzione di nuove attrezzature ricettive permanenti o temporanee, possa contrastare con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione sotto un duplice profilo: a) perche' prevedrebbe vincoli d'inedificabilita' temporalmente illimitati e immediatamente operativi nei confronti dei privati, tali da configurare illegittimamente un'espropriazione senza indennizzo a carico dei proprietari delle aree interessate ai vincoli; b) perche' lederebbe il principio del giusto procedimento, il quale, ad avviso del giudice a quo, esige che, ove il piano urbanistico provinciale sia approvato con legge e contenga limiti immediatamente operativi verso i privati, siano previste a favore di questi ultimi idonee garanzie procedimentali, quali, ad esempio, la possibilita' di osservazioni da parte dei terzi e un'adeguata motivazione delle scelte compiute. 2. - Vanno preliminarmente respinte le eccezioni di inammissibilita' prospettate dalla Provincia autonoma di Trento. La difesa della Provincia sostiene che la questione sia, innanzitutto, irrilevante, in quanto, riguardando essa l'indeterminatezza del vincolo, l'eventuale pronunzia di accoglimento potrebbe esplicare i propri effetti soltanto dopo che sia decorso il termine quinquennale oltre il quale, in base ai principi generali vigenti in materia, la durata del vincolo dovesse considerarsi illegittima. In realta', questa argomentazione non puo' essere accolta. E', infatti, giurisprudenza da tempo consolidata che la rilevanza di una determinata questione va valutata, non gia' in relazione agli ipotetici vantaggi di cui potrebbero beneficiare le parti in causa, ma, piuttosto, in relazione alla semplice applicabilita' nel giudizio a quo della legge di cui si contesta la legittimita' costituzionale e, quindi, alla influenza che sotto tale profilo il giudizio di costituzionalita' puo' esercitare su quello dal quale proviene la questione. Analizzata alla stregua di tali principi, la questione e' indubbiamente rilevante. L'eccezione di inammissibilita' va respinta anche sotto il profilo della presunta inesistenza del parametro costituzionale, conseguente al fatto che il giudice a quo ha addotto la violazione di un principio, quello del giusto procedimento, che, secondo la Provincia di Trento, non sarebbe costituzionalizzato. In realta', ai fini della corretta individuazione del parametro del giudizio di legittimita' costituzionale, l'art. 23, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte), esige che il giudice a quo indichi nell'ordinanza di rimessione "le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate". Cio' significa che, quando il giudice, come nel caso in questione, indica con precisione l'articolo o la parte di articolo della Costituzione di cui sospetta la violazione (nella specie: art. 42, terzo comma, della Costituzione), sussistono gli estremi perche' si riconosca l'ammissibilita' della questione sotto l'aspetto considerato. Ne' puo' rilevare, sempre ai fini dell'ammissibilita', che il giudice a quo dia alla disposizione indicata come parametro costituzionale un'interpretazione della cui correttezza si puo' dubitare, poiche' questa Corte non e' certo tenuta ad applicare nel giudizio di legittimita' costituzionale il parametro invocato nello stesso significato che ad esso abbia eventualmente dato il giudice rimettente. 3. - La questione di costituzionalita' sollevata dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento non e' fondata. Il giudice a quo sospetta la violazione dei principi costituzionali in materia di indennizzabilita' dei limiti espropriativi (art. 42, terzo comma, della Costituzione) ad opera dell'art. 9, terzo comma, prima parte, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26, movendo dalla premessa che la disposizione impugnata, pur rientrando in un piano che non dovrebbe porre vincoli ai privati, conterrebbe nondimeno limiti immediatamente ablativi di facolta' comprese nel diritto di proprieta' senza prevedere alcun indennizzo. In realta', questa premessa non puo' essere condivisa. A norma dell'art. 6 della legge provinciale 2 marzo 1964, n. 2 (Ordinamento urbanistico della Provincia di Trento), il piano urbanistico provinciale stabilisce, per la totalita' del territorio della provincia stessa, "le direttive per assicurare unita' di indirizzo e organicita' di sviluppo alla pianificazione urbanistica di grado subordinato; stabilisce, altresi', la localizzazione delle strutture e infrastrutture e determina i vincoli per la soluzione territoriale dei problemi generali concernenti la valorizzazione del territorio provinciale". Sulla base di tale definizione, lo stesso articolo prevede che fra gli oggetti essenziali del piano urbanistico provinciale rientrino tanto "l'indicazione delle zone di valorizzazione turistica e paesaggistica", quanto l'individuazione delle "zone da riservare a destinazione speciale di pubblico interesse o da sottoporre a vincoli particolari" (v. art. 6, secondo comma, lett. b e d). E' chiaro, dunque, che il piano urbanistico provinciale deve considerarsi equivalente al vecchio piano territoriale di coordinamento, nel senso che e' l'atto piu' generale della complessa catena di pianificazione territoriale prevista nella Provincia di Trento, avente come sua funzione primaria, non gia' la posizione di vincoli immediatamente applicabili ai privati, ma la predisposizione di indirizzi organici per l'utilizzazione del territorio e la valorizzazione dell'ambiente, ai quali dovranno conformarsi le amministrazioni pubbliche nell'ulteriore opera di pianificazione (v. sent. n. 1164 del 1988). A questi caratteri, delineati in astratto dalla legge prov. n. 2 del 1964, si attiene il piano urbanistico provinciale approvato con la legge prov. n. 26 del 1987. Esso, infatti, mentre all'articolo impugnato (art. 9 delle norme di attuazione) individua le aree di protezione dei laghi sottoposte a vincolo paesaggistico, all'art. 1, quinto comma, delle stesse norme di attuazione, allegate alla legge provinciale appena citata, stabilisce che, in attesa che gli strumenti urbanistici subordinati vengano adeguati al piano urbanistico provinciale, le prescrizioni in essi contenute, ove siano incompatibili con le disposizioni del predetto piano ivi indicate (fra le quali e' compreso l'art. 9), s'intendono sospese. In altre parole, per un verso, la norma di attuazione del piano urbanistico provinciale ora citata presuppone chiaramente che quel piano e, in particolare, l'impugnato art. 9, non abbiano un carattere immediatamente vincolante nei confronti dei privati, ma contengano, piu' semplicemente, indirizzi rivolti alle autorita' pianificatorie subordinate; e, per altro verso, l'art. 9, non diversamente da quanto dispone l'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, stabilisce per le aree di protezione dei laghi situate nella Provincia di Trento un vincolo di destinazione, correlato alla protezione del paesaggio (v. relazione illustrativa, allegato b, approvata con la legge prov. n. 26 del 1987), vo'lto a imprimere "un certo carattere a determinate categorie di beni identificabili a priori per caratteristiche intrinseche" (v. cosi' sent. n. 56 del 1968, nonche' sentt. nn. 79 del 1971, 9 del 1973, 202 del 1974, 106 e 245 del 1976, 648 del 1988). Per l'uno e per l'altro degli aspetti ora considerati, si puo' concludere che, in relazione all'art. 9, terzo comma, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale, approvato con legge prov. n. 26 del 1987, mancano i presupposti per poter inquadrare le disposizioni ivi contenute all'interno della problematica dei vincoli espropriativi. Sicche' deve ritenersi non fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal giudice a quo in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sotto il profilo della indennizzabilita' dei vincoli previsti dalla norma impugnata. 4. - Per gli stessi motivi ora enunciati, viene meno la possibilita' di ipotizzare eventuali lesioni del principio del giusto procedimento, pur a voler concedere che quest'ultimo sia deducibile dall'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Questa Corte, infatti, ha gia' precisato (v. sent. n. 143 del 1989) che, in ogni caso, l'applicabilita' di quel principio e' limitata ai procedimenti implicanti vincoli nei confronti dei privati, sempreche', ovviamente, non siano di natura "conformativa".