ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 30 ottobre 1989 dal Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Guida Nunzio ed altri, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1990; 2) ordinanza emessa il 15 novembre 1989 dal Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Mancini Maurizio ed altri, iscritta al n. 240 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990; 3) ordinanza emessa il 3 novembre 1989 dalla Corte d'appello di Ancona nel procedimento penale a carico di Notari Cristiano ed altri, iscritta al n. 271 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro; Ritenuto che il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 30 ottobre 1989 (Reg. ord. n. 214/90) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. questione di legittimita' costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) nella parte in cui limita l'ammissibilita' del giudizio abbreviato ai soli procedimenti nei quali non siano state compiute le formalita' d'apertura del dibattimento di primo grado; che analoghe questioni di legittimita' costituzionale del sopracitato art. 247 nella parte in cui non consente l'applicabilita' del giudizio abbreviato ai procedimenti in corso all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nei quali siano gia' state compiute le formalita' d'apertura del dibattimento ed ai procedimenti che alla medesima data si trovino in fase d'appello, sono state sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., rispettivamente dal Tribunale di Ancona con ordinanza del 15 novembre 1989 (Reg. ord. n. 240/90) e dalla Corte d'Appello di Ancona con ordinanza del 3 novembre 1989 (Reg. ord. n. 271/90); che nei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni sollevate dal Tribunale di Napoli e dalla Corte d'Appello di Ancona siano dichiarate infondate e che la questione sollevata dal Tribunale di Ancona sia dichiarata inammissibile per mancanza di motivazione in ordine alla prospettata violazione dell'art. 25 Cost. e per il resto infondata; Considerato che, per l'identita' o analogia delle questioni sollevate, i giudizi possono essere riuniti; che questa Corte, con la sentenza n. 277 del 1990, ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) nella parte in cui limita l'ammissibilita' del giudizio abbreviato ai procedimenti in corso alla data d'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nei quali non siano state compiute le formalita' d'apertura del dibattimento di primo grado; che, in particolare, nella citata sentenza, la Corte ha fra l'altro sottolineato l'"inscindibile unita' finalistica" della disposizione impugnata, osservando che la riduzione della pena in tanto e' consentita in quanto e' diretta a sollecitare la richiesta, da parte dell'imputato, dell'attivazione d'un istituto inteso ad assicurare la rapida definizione del maggior numero di processi; divenuto, invece, impossibile, con l'apertura del dibattimento, raggiungere le finalita' che il legislatore si prefigge, diventa conseguentemente e razionalmente impossibile all'imputato realizzare il c.d. "diritto" alla riduzione della pena; che, questo essendo lo scopo dell'istituto del giudizio abbreviato (esclusione della fase dibattimentale) e' del tutto razionale che, per i procedimenti in corso all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, tale istituto sia reso applicabile soltanto quando il suo scopo sia interamente perseguibile; che, la precitata sentenza ha altresi' aggiunto che irrazionale sarebbe semmai l'applicabilita' del giudizio abbreviato dopo l'apertura del dibattimento; giacche' in tal caso i benefici concessi all'imputato non sarebbero piu' giustificati ne' dallo scopo (ormai impossibile) d'eliminare la fase dibattimentale ne' dal rischio assunto dall'imputato (il quale si troverebbe, invece, nella comoda situazione di decidere dopo che il pubblico ministero ha gia' offerto le sue prove e comunque dopo aver potuto valutare l'andamento del dibattimento stesso); che, pertanto, non e' producente il confronto fra imputati per i quali il dibattimento sia stato o non sia stato ancora aperto, proprio perche' si tratta di situazioni oggettivamente diverse; che le ordinanze in esame non adducono profili o argomenti nuovi o comunque tali da poter indurre la Corte a modificare il proprio orientamento; che, pertanto, le sollevate questioni di legittimita' costituzionale vanno dichiarate manifestamente infondate; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.