ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9, sesto (rectius: settimo) comma, e 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e successive modifiche e integrazioni, promosso con ordinanza emessa il 13 ottobre 1986 dalla Commissione tributaria di primo grado di Treviso sul ricorso proposto dalla s.r.l. "M.d.M." contro l'Ufficio II.DD. di Montebelluna, iscritta al n. 185 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale dell'anno 1990; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di un giudizio proposto contro il provvedimento di irrogazione della sanzione prevista dall'art. 47 del d.P.R. n. 600 del 1973 - per avere un soggetto, sostituto di imposta, presentato tempestivamente la dichiarazione prescritta dall'art. 7 dello stesso decreto, ma ad ufficio incompetente (Ufficio imposte dirette di Treviso), e per essere tale dichiarazione pervenuta a quello competente (Ufficio imposte dirette di Montebelluna) oltre il termine di cui all'art. 9, ultimo comma, del medesimo decreto presidenziale con la conseguenza di essere considerata omessa - la Commissione tributaria di primo grado di Treviso, con ordinanza del 13 ottobre 1986 (pervenuta a questa Corte il 20 marzo 1990), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 9, sesto comma (rectius: settimo comma) e 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per violazione dell'art. 3 della Costituzione; che il giudice a quo ritiene che verrebbe riservata una ingiustificata disparita' di trattamento a due fatti sostanzialmente identici, poiche', nell'un caso, l'erroneo invio della dichiarazione dei redditi (modelli 740, 750 e 760) ad ufficio incompetente, pur nel rispetto dei relativi termini e dell'obbligo del versamento della imposta dovuta, una volta che la dichiarazione sia pervenuta all'ufficio competente oltre il mese dalla data di scadenza e sia, di conseguenza, considerata omessa, e' punito ai sensi dell'art. 46, primo comma, del d.P.R. n. 600, con una pena pecuniaria da un minimo di L. 50.000 ad un massimo di L. 500.000, in considerazione del fatto che "non sono dovute imposte"; nel secondo caso, invece, l'erroneo invio della dichiarazione del sostituto d'imposta (modello 770), sempre ad ufficio incompetente ma previa effettuazione delle ritenute e versamento all'erario di quanto dovuto, nel caso che il documento fiscale sia pervenuto all'ufficio competente con ritardo superiore al mese dalla scadenza, e' sanzionato ai sensi del successivo art. 47, con la pena pecuniaria da due a quattro volte l'ammontare delle ritenute; che, pertanto, sempre ad avviso del giudice a quo, la stessa infrazione di carattere meramente formale - essendo stati in entrambi i casi assolti gli obblighi tributari e rispettati i termini di presentazione delle dichiarazioni, sia pure ad uffici incompetenti - verrebbe cosi' punita in modo macroscopicamente diverso; che, nella stessa ordinanza, il giudice della rimessione denuncia altresi' il sesto (rectius: settimo) comma dell'art. 9 citato - secondo cui "le dichiarazioni presentate con ritardo superiore al mese si considerano omesse a tutti gli effetti, ma costituiscono titolo per la riscossione delle imposte dovute... e delle ritenute indicate dal sostituti di imposta" - poiche' la norma, in maniera contradditoria, mentre riconosce per lo Stato l'esistenza di un titolo per la riscossione delle ritenute, nello stesso tempo nega al contribuente la possibilita' di far valere lo stesso titolo per dimostrare l'avvenuto adempimento dell'obbligo tributario, cosi' operando una ingiustificata discriminazione tra Erario e sostituto d'imposta; che non si e' costituita la parte privata e che e' invece intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, sostenendo genericamente la inammissibilita' o, in subordine, la infondatezza della questione, sulla quale questa Corte si sarebbe gia' piu' volte pronunciata (da ultimo ord. n. 103 del 1990 e, prima, ordd. n. 490 del 1987 e n. 212 del 1989); Considerato che, successivamente alla ordinanza di rimessione, e' entrato in vigore il decreto legge 2 marzo 1989, n. 69 (convertito con modificazioni nella legge 27 aprile 1989, n. 154), il quale all'art. 21 nel testo modificato dalla legge di conversione dispone (comma 3), che: "sono considerate valide" (tra l'altro) "lett. b) le dichiarazioni di cui al titolo I del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, considerate omesse perche' pervenute all'ufficio competente oltre i termini previsti dalla legge, a condizione che siano state presentate, ancorche' ad ufficio incompetente, entro il 31 dicembre 1988" e (comma 4) che "non si applicano le pene pecuniarie previste: a) dall'art. 46, primo comma, e dall'art. 47, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per le dichiarazioni di cui al comma 3, lett. b)"; che il giudizio a quo verte sulla sanzione applicata ai sensi dell'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, per l'avvenuta presentazione della dichiarazione di un sostituto di imposta ad ufficio incompetente; che, di conseguenza, si rende necessario restituire gli atti al giudice della rimessione perche' accerti, alla stregua della sopravvenuta normativa, se la questione sollevata sia ancora rilevante nel giudizio principale.