IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Il  pretore  di  Termini  Imerese,  con funzioni di giudice per le
 indagini preliminari;
    Vista l'opposizione a decreto penale di condanna per il reato p. e
 p. dagli artt. 56 e 515 del c.p., avanzata dall'imputato:
    Coniglio  Giuseppe,  nato  a  Gratteri  il  1ยบ  maggio  1959,  con
 contestuale richiesta di giudizio abbreviato;
    Preso  atto  della  mancata  prestazione del consenso da parte del
 p.m., entro il  termine  previsto  dall'at.  464,  primo  comma,  del
 c.p.p.;
    Rilevata la definibilita' del processo allo stato degli atti;
    Rilevata  la omogeneita' di disciplina concernente l'introduzione,
 nell'ambito  dell'opposizione  a  decreto  penale  di  condanna,  del
 giudizio abbreviato e dell'applicazione della pena ai sensi dell'art.
 444 del c.p.p.;
    Ritenuto  che la norma di cui all'art. 464, primo comma del c.p.p.
 rimanda all'art. 446, sesto comma del c.p.p., per quanto concerne  la
 necessita'  di  motivazione del dissenso del p.m., circa il cosidetto
 "patteggiamento";
    Ritenuta  l'applicabilita'  della disposizione di cui all'art. 448
 del c.p.p., al giudizio successivo all'opposizione, potendo, in  tale
 sede,  il  giudice  valutare  la fondatezza del dissenso espresso dal
 p.m.;
    Rilevata  la  mancata previsione dell'obbligo da parte del p.m. di
 motivare  il  proprio  dissenso  circa  la  richiesta   di   giudizio
 abbreviato;
    Rilevata  la  impossibilita'  per  il  giudice del dibattimento di
 sindacare tale dissenso e di procedere, qualora lo ritenga infondato,
 alla riduzione di pena di cui all'art. 442 del c.p.p.;
                             O S S E R V A
    La  norma  di  cui  all'art.  464  del  c.p.p.,  non prevedendo la
 posibilita' che il  giudice  possa  valutare  la  ragionevolezza  del
 dissenso  espresso  dal p.m., in relazione alla richiesta di giudizio
 abbreviato proposta dall'imputato, sembra apparire in  contrasto  con
 gli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.
    In  relazione  all'art. 3 della Costituzione, tale norma da' luogo
 ad una ingiustificata disparita' di trattamento tra  l'imputato  che,
 in  fase  di  opposizione  a  decreto penale di condanna, abbia fatto
 richiesta di applicazione della pena,  ai  sensi  dell'art.  444  del
 c.p.p.  e  l'imputato  che, invece, abbia fatto richiesta di giudizio
 abbreviato, non potendo, infatti, disconoscersi che,  pur  avendo  ad
 oggetto  l'instaurazione  o meno del giudizio abbreviato, il dissenso
 del  p.m.  riguardo  tale   ultima   richiesta   determina   notevoli
 conseguenze  di  natura sostanziale, in relazione alla determinazione
 del  quantum  della  pena.  Sempre  in  relazione  all'art.  3  della
 Costituzione  si  rileva  che, nell'ottica del nuovo processo penale,
 non puo' piu' riconoscersi al p.m.,  in  nessun  stato  e  grado  del
 procedimento,  una  posizione  di supremazia sull'imputato, quale, in
 concreto sembra essere quella  risultante  dalla  mancata  previsione
 della   possibilita'   di  sindacato  nei  confronti  dell'immotivato
 dissenso del p.m.
    In  relazione  all'art.  24, secondo comma, della Costituzione, la
 norma in esame appare lesiva del principio secondo cui la  difesa  e'
 un diritto inviolabile del cittadino, poiche', il p.m. con il proprio
 dissenso  esprime  una  valutazione  negativa  circa   la   richiesta
 dell'imputato,  senza  che,  tale giudizio, di natura si' processuale
 ma, come gia' ricordato, con notevoli conseguenze sostanziali,  possa
 trovare un adeguato vaglio di merito da parte dell'organo giudicante.
    Le   considerazioni  sopra  esposte  trovano  conforto  in  quanto
 affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 66 e 183 del
 1990, che, sempre in tema di cosidetti giudizi abbreviati atipici, ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt.  247  dlv.  28
 luglio  1989  n. 271 e 452, secondo comma, del c.p.p., nella parte in
 cui non prevedono che il p.m. debba, in caso di  dissenso,  circa  la
 richiesta  di giudizio abbreviato, enunciare le ragioni e nella parte
 in cui non prevedono che il giudice, quando, a dibattimento concluso,
 ritiene   ingiustificato   il  dissenso  del  p.m.,  possa  applicare
 all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442,  secondo
 comma, del codice di procedura penale del 1988.