IL TRIBUNALE
                             O S S E R V A
    Con  decreto  penale  di  condanna  del  6  aprile  1990  Vittorio
 Talacchini e' stato condannato alla pena di  L.  500.000  di  ammenda
 nonche'  alle  pene  accessorie di legge, ai sensi dell'art. 2, comma
 30, della legge n. 17 del 1985 per fatto accertato in  Varese  il  10
 ottobre  1989;  a  seguito  di  tempestiva opposizione l'opponente ha
 richiesto il giudizio abbreviato ai  sensi  degli  artt.  461,  terzo
 comma,  e  438  e  segg.  del  c.p.p.;  il  g.i.p.   presso il locale
 tribunale ha fissato con decreto del 13 febbraio 1990 il termine  del
 5  marzo 1990 entro il quale il p.m. in sede avrebbe potuto esprimere
 il proprio consenso.
    Cio' premesso, considerato;
      che  nella specie, degli atti processuali emerge che il p.m. non
 ha espresso il consenso  nel  termine;  che  da  tale  omissione  non
 discende alcuna nullita' del decreto di giudizio immediato, bensi' la
 inevitabile conseguenza prevista  dall'art.  464,  primo  comma,  del
 c.p.p.  dell'emissione  del  decreto  di  giudizio  immediato, con la
 conseguente  preclusione  per   l'imputato   di   benefici   connessi
 all'applicazione  del  "rito  abbreviato";  tanto  piu'  che  non  e'
 applicabile al caso di specie il disposto del 1ยบ comma dell'art.  458
 del  c.p.p.,  che  disciplina  il  giudizio  abbreviato vincolato dal
 procedimento  conseguente  all'apposizione  al  decreto   penale   di
 condanna;
      che l'art. 464, primo comma, appare pertanto riscontrato con gli
 artt. 3, 24, 101, secondo comma, e 111 della Costituzione, in quanto:
        a)  realizza  una disparita' di trattamento ha reputato per il
 quale il p.m. abbia espresso eventualmente consenso e quello  per  il
 quale abbia omesso - seppure implicitamente - di formularlo;
        b)  la  richiesta  di  rito  speciale  formulata dall'imputato
 nell'atto di  opposizione  viene  sottratta  ad  ogni  sindacato  del
 giudice;
        c)  il  potere  attribuito  al  p.m.  di  non  esprimere alcun
 consenso,  con  le   indicate   conseguenze,   sopprime   il   potere
 giurisdizionale  del giudice, al quale resta preclusa la possibilita'
 di applicare la diminuzione di pena di cui al rito abbreviato;
        d)  il  semplice silenzio del p.m. - costituente provvedimento
 implicito  di  rigetto,  rifiuto  di   motivazione   -   esclude   la
 possibilita' di ogni controllo da parte del giudice;
      che  la  questione di costituzionalita' sollevata di ufficio dal
 tribunale  e'  rilevante  giacche'  la  disposizione   impugnata   fa
 discendere   per   l'imputato   la   perdita  dei  benefici  connessi
 all'applicazione  del  rito  abbreviato  (non  ultimo  quello   della
 riduzione della pena) da un mero "silenzio rigetto" del p.m.;