IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale a carico di Fiorattini Luigi imputato del reato di cui all'art. 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, per avere esercitato un impianto elettrico ricetrasmittente (C. B. Herver Nort 926 B) senza essere in possesso della relativa autorizzazione, osserva quanto segue. La pena edittale minima prevista da detta norma incriminatrice e' quella di mesi tre di arresto e L. 300.000 di ammenda. Tale pena risulta irragionevolmente sproporzionata all'entita' del fatto reato in esame, cosi' da travolgere radicalmente la finalita' di rieducazione assegnata alla pena dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione e per il cui perseguimento e' essenziale che il reo senta la congruita' della sanzione inflittagli. Detto principio costituzionale concerne l'intero sistema sanzionatorio, e non solo la fase dell'esecuzione, cosicche' criterio primario della determinazione legislativa della pena edittale e' quello della proporzionalita' della pena al disvalore del fatto illecito, criterio che nello Stato di diritto rappresenta il limite logico del potere punitivo. La valutazione dell'interesse protetto dalla norma (tesa a garantire la funzionalita' di servizi essenziali per la vita del paese e ad impedire il disordine e la sopraffazione nel campo considerato), alla luce della gerarchia dei valori desumibili dalla Costituzione (che impone di positivizzare nella legge i valori da essa espressi) induce a ritenere che il legislatore, nell'ambito del potere discrezionale di determinazione della pena affidatogli non abbia rispettato il limite della ragionevolezza. Ne' soccorre al recupero di proporzionalita' della pena, il criterio complementare ed eccezionale della prevenzione generale, valutato il contenuto lesivo dell'illecito, di non primaria rilevanza. Ma il sistema sanzionatorio in questione evidenzia pure un ingiustizia di tipo relativo, sotto un duplice profilo. A seguito della sentenza della Corte costituzionale 15 novembre 1988, n. 1030, e per le motivazioni ivi esposte, appare ben piu' grave il comportamento di chi abusivamente eserciti un impianto radioelettrico soggetto a concessione rispetto a quello di chi senza autorizzazione istalli un apparecchio di debole potenza. Del tutto irragionevolmente, viceversa, ed in violazione del principio di uguaglianza, la norma in esame sottopone ad identica sanzione i due diversi tipi di abuso. Ancora, l'ingiustizia emerge ove si confronti il comportamento sanzionato dalla fattispecie di cui all'art. 195 citato e quello, penalmente irrilevante, di chi irradia via etere in difetto di autorizzazione, trasmissioni televisive in ambito locale. L'anomala congiuntura (risalente al 1976), gia' segnalata dalla sentenza della Corte costituzionale 30 luglio 1984, n. 237, perdendo un qualsiasi carattere di temporaneita', ha assunto i connotati di vera e propria opzione legislativa, quanto meno sotto il profilo, appunto, del penalmente irrilevante. La Consulta nel ritenere "peculiare, anomala e necessariamente contingente (la) situazione determinatasi nel settore dell'emittenza radiotelevisiva privata" (sentenza n. 826/1988) si assume il rischio di confondere i propri convincimenti con gli orientamenti del legislatore che, nei fatti, appaiono ben diversi. Un recupero di identita' non puo' che avvenire attraverso pronuncie che tengano conto dell'unico panorama legislativo: quello vigente. Pure in relazione alla dedotta opzione il minimo edittale dell'art. 195 cit. risulta non proporzionato all'effettivo disvalore del comportamento sanzionato. L'eccezione di costituzionalita' illustrata e' rilevante nel presente giudizio dato che, avendo l'imputato avanzato istanza ex art. 444 del c.p.p., indicando come pena base il minimo edittale, il giudicante e' chiamato ad applicare la norma citata sotto l'aspetto sanzionatorio.