LA CORTE D'APPELLO Letti il ricorso, gli atti ed il parere del p.g. relativi al minore Mosimann Fre'de'ric Wolfgang, nato a Pompaples il 12 marzo 1975; O S S E R V A 1. - Il caso sottoposto a questa Corte e' assai singolare. Mora Patrizio, nato in Svizzera ma cittadino italiano, sposa in Svizzera la cittadina elvetica Mosimann Hedwige, la quale acquista la cittadinanza italiana per matrimonio. La Mosimann ha gia' un figlio, Wolfgang, che e' nato il 12 marzo 1973 e che porta il cognome della madre. Il Mora adotta il figlio biologico della moglie con provvedimento svizzero 30 luglio 1977, il quale pronuncia l'adozione del minore da parte del Mora e della Mosimann. I due coniugi chiedono a questa corte la delibazione del provvedimento adozionale, precisando che intendono trasferirsi in futuro in Italia e che l'ultimo loro domicilio in Italia e' stato a Bolzano Novarese. 2. - L'adozione elvetica del figlio biologico di una donna da parte del marito della donna stessa e' un tipo di adozione che si muove nella stessa direzione seguita dall'art. 44, lett. B), della legge 4 maggio 1983, n. 184. La delibazione del provvedimento svizzero appare quindi, a prima vista, un corollario logico e giuridicamente praticabile. Senonche' c'e', qui, una grossa difficolta'. Il provvedimento adozionale svizzero pronuncia l'adozione del minore non soltanto da parte del coniuge della madre, ma altresi' da parte della madre stessa: la quale, pertanto, pur essendo madre biologica, viene, in forza dell'adozione, a veder sostituito giuridicamente il rapporto di filiazione biologica con il rapporto di filiazione adottiva: o, quanto meno, viene a veder sovrapposto al primo rapporto il secondo rapporto. Un fenomeno di questo genere non sembra consentito dalla legislazione civile italiana, ed anzi puo' venir considerato - alla stregua di quest'ultima - come contrario all'ordine pubblico italiano. Quest'ultimo, infatti, da', si', spazio ampio ed incisivo al rapporto adozionale, ma fa prevalere il rapporto adozionale sul rapporto di filiazione biologica soltanto nel caso in cui la filiazione biologica dia luogo ad uno stato di abbandono o nel caso in cui il rapporto di filiazione biologica venga distrutto per morte dei genitori biologici. La legge italiana non conosce dunque un caso in cui il genitore biologico diventi genitore adottivo: anzi, nell'art. 293 del c.c. stabilisce che i figli nati fuori del matrimonio non possono essere adottati dai loro genitori. Cio' porterebbe con naturalezza alla reiezione della istanza di delibazione. E sarebbe, questa, la soluzione piu' piana e piu' semplicistica, non potendosi ovviamente delibare il provvedimento svizzero solo pro parte e dovendosi invece o delibarlo nella sua interezza o respingere l'istanza di delibazione. Tuttavia pare a questa Corte che il caso meriti un maggiore approfondimento. 3. - Nell'ottica della legislazione svizzera la previsione di un'adozione del minore, nel caso di specie, da parte di entrambi i coniugi si ispira al principio della parita' fra coniugi: la legge tende a parificare, a livellare il tipo di rapporto dei due coniugi col minore al fine di evitare che un coniuge (quello che non e' genitore biologico) possa trovarsi, come genitore adottivo, in una condizione di inferiorita' (giuridica e morale) rispetto al genitore biologico nei rapporti col minore inserito nel nucleo familiare. L'attribuzione ad entrambi i coniugi della qualifica di genitore adottivo eviterebbe disparita' di trattamento nell'ambito del nucleo familiare e creerebbe un identico rapporto giuridico tra il minore e i due componenti la coppia "genitoriale". Si tratta di un'esigenza avvertita assai diffusamente a livello di legislazioni europee. Tant'e' vero che anche la legislazione civile inglese contiene una disciplina analoga a quella svizzera e prevede che, in un caso del genere, il minore diventi figlio adottivo di entrambi i coniugi. E la legislazione austriaca recepisce la stessa esigenza attraverso un'altra soluzione tecnica, cioe' erigendo ad adozione legittimante l'adozione del minore da parte del coniuge del genitore del minore stesso. Viene allora spontaneo domandarsi se una legislazione civilistica come quella italiana che non consente la suddetta parificazione tra i coniugi non venga a trovarsi in contrasto con il principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi sancito dall'art. 29 della Costituzione. 4. - A prima vista la risposta piu' immediata parrebbe essere una risposta negativa. Il rapporto biologico e' in rerum natura, e' un dato di realta' che non puo' venire distrutto o manomesso dall'ordinamento giuridico (fatta eccezione per il caso di abbandono o per caso analogo); il rapporto adozionale, invece, e' un rapporto "simbolico", costruito dall'ordinamento in funzione del principio adoptio imitatur naturam. Ma da un esame approfondito il discorso risulta piu' complesso. Se e' vero che il rapporto adozionale e' un rapporto "simbolico", e' altresi' vero che anche il rapporto di filiazione biologica ha delle valenze simboliche: esso, infatti, non acquista efficacia giuridica se non in presenza di atti che appartengono al piano del simbolico. Il rapporto biologico acquista efficacia giuridica, e vale quindi ad inserire il bambino in un determinato contesto familiare, soltanto se esista - a seconda dei casi - un riconoscimento, o un matrimonio che fa scattare la presunzione di paternita' o maternita' naturale. In altre parole: per creare una genitorialita' giuridicamente rilevante, il rapporto biologico non e', di per se', sufficiente; deve essere integrato da gesti o da atti simbolici a cui l'ordinamento attribuisce rilevanza giuridica. Ed allora esistono, propriamente, due reti simboliche: quella che riguarda la filiazione biologica e quella che riguarda la filiazione adottiva. In entrambi i casi cio' che colloca il bambino nella realta' familiare in quanto figlio, cio' che lo situa nella societa' civile con un suo cognome non e' il semplice dato di realta': e' un "fattore di responsabilita'", che e' diversamente configurato dalla legge a seconda che si tratti di filiazione biologica o di filiazione adottiva, ma che e' comune ad entrambe le filiazioni. 5. - Nella concreta regolamentazione della rete simbolica attinente al rapporto biologico e della rete simbolica attinente al rapporto adozionale l'ordinamento civilistico italiano rivela una netta tendenza a svalutare il dato di realta' rispetto al fattore di responsabilita' proprio della rete simbolica adozionale. La prevalenza del dato simbolico adozionale e' chiarissima nel disposto dell'art. 11, settimo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, il quale stabilisce che, intervenuta la dichiarazione di adottabilita' e l'affidamento preadottivo, il riconoscimento e' privo di efficacia; e aggiunge che il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita' e' sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva. Sulla stessa linea si pone la sentenza 31 gennaio 1990, n. 44, della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato illeggittimo l'ultimo comma dell'art. 44 stessa legge ("In tutti i casi l'adottante deve superare di almeno diciotto anni l'eta' di coloro che intende adottare") nalla parte in cui, limitatamente alla lett. B) del primo comma, non consente al giudice di ridurre l'intervallo di 18 anni di eta' quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell'unita' familiare. Anche qui, dunque, la norma e' stata adeguata alle esigenze del simbolico-adozionale, superando il principio adoptio imitatur naturam e privilegiando il superiore interesse dell'unita' familiare. 6. - Invece, nell'aspetto che qui si rileva, l'art. 44, lett. B, continua a privilegiare il dato biologico, sancendo una diversita' di filiazione, una disparita' tra i coniugi che, prima ancora del principio dell'unita' familiare, vulnera il principio della uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Invero l'adozione ex art. 44, lett. B), a differenza di quella austriaca, non e' un'adozione legittimante e costituisce una anomalia che non e' neppure giustificabile col ricorso all'art. 293 del c.c. Qui infatti, il discorso e' diverso da quello dell'art. 293 del c.c.: quest'ultimo tende ad evitare che un rapporto di filiazione meramente naturale (e quindi illeggittima) possa venire legittimato al di fuori dei canali espressamente previsti e utilizzando in modo arbitrario e distorto l'istituto dell'adozione, la cui ratio e' totalmente diversa. Se ne conclude che l'art. 44, lett. B), nel senso piu' sopra illustrato, costituisce una disposizione che non e' manifestamente infondato ritenere che contrasti col principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi sancito dall'art. 29 della Costituzione. La questione e' senza dubbio rilevante del presente procedimento poiche', ove fondata, potrebbe aprire, nel caso di specie, la possibilita' di una delibazione oggi preclusa. La delibazione disciplinata dagli artt. 796-801 del c.p.c. trova infatti un ostacolo insuperabile nell'art. 44, lett. B), la cui disposizione limitativa non consente, come si e' detto, di dichiarare efficace in Italia il provvedimento svizzero di cui trattasi.