L'assemblea  regionale siciliana, nella seduta del 28 luglio 1990,
 ha approvato il disegno di legge n. 802-845, dal titolo "Nuove  norme
 per  l'assunzione  presso  l'amministrazione  regionale e gli enti ed
 istituti sottoposti al controllo della regione. Norme in  materia  di
 personale", comunicato a questo commissariato dello Stato, ai sensi e
 per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 31
 luglio 1990.
    Il  legislatore regionale, con la legge teste' approvata, modifica
 ed integra il sistema di procedure concorsuali  per  l'assunzione  di
 personale  nell'amministrazione  della  regione  e negli enti da essa
 dipendenti, cosi' come delineato dalla precedente  l.r.  12  febbraio
 1988,  n.  2,  adeguandolo  ai  principi della legislazione nazionale
 nella materia.
    Al  riguardo  si  ritiene opportuno, in via preliminare, porre nel
 dovuto rilievo che il legislatore regionale,  laddove  disciplina  le
 modalita'  di  assunzione  del  personale  dipendente dalla regione o
 dagli enti da essa vigilati e dagli enti locali (comuni e  province),
 opera   in  regime  di  competenza  legislativa  esclusiva  ai  sensi
 dell'art. 14, lettere o) e q) dello statuto speciale.
    Per   quanto  attiene,  invece,  alla  normazione  in  materia  di
 personale delle unita' sanitarie locali,  la  competenza  legislativa
 della  regione  siciliana  trova  i  suoi  limiti  nell'art. 17 dello
 statuto speciale.
    Codesta   ecc.ma   Corte,   inoltre,   con   giurisprudenza  ormai
 consolidata, ha ulteriormente delimitato  l'ambito  della  competenza
 legislativa  regionale in materia di igiene e sanita', considerandola
 come meramente attuativa della normativa statale  relativamente  allo
 status giuridico del personale del servizio sanitario nazionale.
    Alla  luce  di  quanto  esposto,  la norma, contenuta nell'art. 10
 della  legge  di  cui  trattasi,  da'  adito  a  rilievi  di   natura
 costituzionale.
    Il  legislatore  regionale, in tale disposizione, infatti, prevede
 l'applicazione,  anche  nei  confronti  del  personale  delle  unita'
 sanitarie  locali  dell'Isola,  dell'art.  9  della legge regionale 9
 agosto 1988, n. 21,  e  successive  modificazioni,  che  testualmente
 recita: "Il terzo comma dell'art. 219 dell'ordinamento amministrativo
 degli enti locali approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16,
 e'  sostituito  con  i  seguenti:  'Qualora,  nei  ventiquattro  mesi
 successivi all'approvazione della graduatoria,  si  verifichino,  per
 rinuncia,  decadenza,  dimissioni, morte o per qualsiasi altra causa,
 vacanze di  posti  nei  relativi  ruoli  organici,  l'amministrazione
 procede  alla  loro  copertura  mediante  la  nomina  dei concorrenti
 inclusi nella graduatoria e dichiarati  idonei  che,  per  ordine  di
 merito,  seguono  immediatamente  i  vincitori;  sono esclusi i posti
 istituiti  o  trasformati  successivamente  alla  approvazione  della
 graduatoria.
    I  posti  di cui al precedente comma sono quelli di pari qualifica
 funzionale e professionale'".
    Orbene, siffatta disposizione, richiamata, non si sa bene in forza
 di quale specifica  tecnica  giuridica,  dal  legislatore,  e'  stata
 modificata  dall'art.  6  del  disegno di legge, oggetto del presente
 ricorso, che dilata ulteriomente - sino a  36  mesi  -  la  validita'
 delle suddette graduatorie.
    Giova  a  questo  punto  rammentare  che il legislatore nazionale,
 all'art. 13 del d.P.R. n. 761/1979, aveva determinato in un  anno  la
 validita' delle graduatorie in questione e che l'art. 9, quindicesimo
 comma, della legge 20 maggio 1985, n. 207, ne  aveva  temporaneamente
 prorogato la validita' sino ad un biennio; e che, in ultimo, la legge
 29 dicembre 1988, n. 554, all'art. 5, sesto comma, ha prorogato  sino
 al  31  dicembre  1990  la  validita'  delle  disposizioni  contenute
 nell'art. 9 della sopra citata legge n. 207/1985.
    Da  cio' deriva chiaramente che, stando al dettato del legislatore
 regionale,  in  Sicilia  le  graduatorie  dei  concorsi,  banditi  ed
 espletati   dalle   uu.ss.ll.,   avrebbero   una   validita'  diversa
 (triennale) rispetto al restante territorio nazionale,  configurando,
 cosi', un travalicamento dei limiti posti alla competenza legislativa
 della regione nella materia del trattamento  giuridico  ed  economico
 del  personale  sanitario, cosi' come definito a termini dell'art. 47
 della legge n. 833/1978 e del d.P.R. n. 761/1979.
    D'altra parte, come peraltro prima accennato, codesta ecc.ma Corte
 ha piu' volte ribadito (sentenze nn. 1061/1988, 1127/1988, 122/1990 e
 181/1990)   che  compete  esclusivamente  allo  Stato  il  potere  di
 disciplinare lo  status  giuridico  del  personale  delle  uu.ss.ll.,
 rimanendo  alla  regione  soltanto una competenza di attuazione della
 normativa statale.
    Nella  fattispecie  in  esame,  pero',  il  legislatore  regionale
 siciliano non ha "attuato" alcuna  disposizione  statale,  bensi'  ha
 "innovato"  la vigente normativa dello Stato, esorbitando percio' dai
 limiti postigli e dall'art. 17, lett. b), dello  statuto  speciale  e
 dalle leggi statali di riferimento.
    Altra disposizione del provvedimento legislativo in argomento, che
 offre motivo di censura, sul piano della legittimita' costituzionale,
 e'  quella  contenuta  nell'art.  13,  che  cosi' dispone: "I giovani
 immessi nei ruoli della  pubblica  amministrazione,  ai  sensi  della
 legge  regionale 2 dicembre 1980, n. 125, e successive modificazioni,
 vengono mantenuti o riammessi  in  servizio,  senza  pregiudizio  dei
 diritti  dei  terzi,  nell'ipotesi  in  cui gli atti relativi al loro
 avviamento al lavoro siano stati annullati in sede  giurisdizionale".
    Come  puo'  evincersi dal testo del sopra riportato articolo ci si
 trova in presenza di un'assunzione disposta  ope  legis  prescindendo
 dal  possesso  di  alcuno  dei requisiti prescritti, in via generale,
 dalla legge, facendo esclusivamente eccezione ad eventuali pregiudizi
 di diritti nei confronti di terzi.
    E'  fuor  di ogni ragionevole dubbio, che i soggetti destinatari e
 "beneficiari" di siffatta norma non siano  regolarmente  in  possesso
 dei  requisiti  richiesti  per  l'accesso al pubblico impiego, atteso
 che, nei loro  riguardi,  e'  stata  emessa  sentenza  dell'autorita'
 giudiziaria che ne ha disposto l'allontanamento dal servizio.
    E'  pur  vero  che  la regione siciliana ha competenza legislativa
 esclusiva per quanto attiene alla discipina dello status giuridico ed
 economico  del  proprio  personale;  ma  cio'  non  puo'  esimere  il
 "magnanimo" legislatore siciliano dal rispetto dei principi posti dal
 vigente  ordinamento  giuridico  (regionale  e statale), a fondamento
 della disciplina dell'accesso al pubblico impiego.
    La  norma  in  questione, che neppure consente all'amministrazione
 regionale di verificare e di valutare le capacita'  e  l'idoneita'  a
 prestare  servizio  alle proprie dipendenze dei soggetti interessati,
 per quanto detto, si pone in contrasto con i principi  costituzionali
 di cui agli artt. 51 e 97.
    Incidentalmente,  si  ritiene  opportuno porre in rilievo anche la
 violazione dell'art. 81, quarto  comma,  della  Costituzione,  atteso
 che,  per  l'ipotesi  di  riammissione  in servizio dei dipendenti in
 precedenza licenziati, il legislatore regionale  non  ha  previsto  i
 mezzi  finanziari  per  fare  fronte  alla  nuova spesa derivante dal
 provvedimento stesso.