IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Proc. pen. n. 1654/89 r.g.n.r. - proc. pen. n. 138/90 r.g.g.i.p. Atti relativi alle indagini preliminari sul conto di: La Rocca Carmelo Francesco n. a Palagonia (Catania) il 23 gennaio 1938 ivi residente via Concordia, 24 eletto dom. c/o avv. F. Sciabica del foro di Catania; imputato del reato di cui all'art. 589, primo e secondo comma del c.p. perche', per imprudenza, negligenza, imperizia, con inosservanza delle norme sulla circolazione stradale (art. 107 del codice della strada), conducendo l'autocarro FIAT 691 targato CT 314764 senza prestare sufficientemente attenzione all'autovettura Mercedes 250 t.ga CS 427658, che lo precedeva nella marcia, non avvedendosi tempestivamente che quest'ultima si fermava, omettendo opportuna distanza di sicurezza, non ponendo in essere una efficace manovra atta ad evitare la collisione cagionava il tamponamento dell'autovettura e lesione personali seguite a morte, a Scorza Antonio, trasportato sull'autovettura medesima, fatto avvenuto in Ancona il 20 marzo 1989 - Decesso avvenuto in Ancona il 31 marzo 1989. Dif. di fiducia: avv. F. Sciabica del foro di Catania; avv. F. Tentinno del Foro di Ancona studio legale in Senigallia; avv. Antonio Borgognoni del Foro di Ancona. Parti offese costituitesi parte civile: coniugi Scorza Francesco e Pisani Ida e in nome proprio e quali esercenti la potesta' parentale sulla prole minorenne Scorza Natalino, Scorza Giuseppe, Scorza Archiropita, Scorza Paolo; difesi dall'avv. M. Scaloni, di fiducia del foro di Ancona; R.C. Compagnia di assicurazione Lloyd Internazionale (non comparso). All'esito dell'odierna udienza preliminare 11 maggio 1990; Premesso che nella concreta fattispecie l'imputato e il p.m. hanno chiesto al giudice l'applicazione di pena detentiva, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, ex art. 444, primo comma del nuovo c.p.p.; Preso atto che la norma in questione non fa parola della presenza della parte civile che non ha quindi alcuna facolta' di interloquire al riguardo; Ritenuto che ex art. 444 gia' citato cio' non comporta di per se' alcuna questione di incostituzionalita', in quanto la parte civile e' pur sempre titolare di un interesse privato, anziche' pubblico, all'accertamento della verita' materiale, al contrario del p.m. parte pubblica che puo' addirittura raccogliere elementi di prova a favore dell'indagato o dell'imputato; poiche' quindi ragionevolmente, salvo eccezione che conferma la regola, la parte civile non potrebbe che opporsi all'applicazione della pena su richiesta congiunta del p.m. e della parte privata-imputato; Poiche' al contrario si pone questione di incostituzionalita' relativamente all'art. 445, primo comma del nuovo c.p.p. laddove statuisce che "anche quando e' pronunciata dopo la chiusura del dibattimento la sentenza non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza e' equiparata ad una sentenza di pronuncia di condanna", apparendo la formulazione della norma e soprattuto del detto riferito periodo lessicale palesemente contraddittoria, con annesso contrasto fra il concetto della non efficacia in quei giudizi di danno che si instaurano ovviamente dopo l'applicazione della pena su richiesta, ed il concetto della pronuncia di condanna, che dovrebbe al contrario apparire determinante; Poiche' del resto il legislatore nella formulazione dell'art. 444 ha inteso semmai deflazionare il dibattimento in presenza di una sostanziale confessione di reita', senza tuttavia vincolare passivamente il Giudice (quale che sia) alla concorde volonta' delle parti, consentendo all'organo giudicante di dissentire al riguardo o nel senso di pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 laddove risulti l'evidenza al riguardo, nonche' di dissentire parimenti laddove la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti non siano corrette, il tutto quandi in sede di un quid pluris che va ben oltre il tema della deliberazione formale; Ritenuto quindi che la parte civile viene discriminata nel futuro giudizio civilistico dalla non vincolativita' della sentenza di condanna, che non puo' certo definirsi contrattata, risultando il patteggiamento mero punto di incontro della volonta' delle parti, assogettato come si e' gia' detto al controllo del giudice, e tale discriminazione comporta abnormemente che l'attore del processo civile deve ex novo raggiungere la prova sull'an debeatur, mentre in caso contrario dovrebbe raggiungerla limitatamente al quantum, ben potendosi, non soltanto in teoria ma anche in concreto, pervenire nel giudizio civile a risultati addirittura apposti, in modo diametrale, alla condanna in sede penale, il tutto paradossalmente, come gia' accennato, di fronte ad una sostanziale ammissione di reita' da parte dell'imputato; Poiche' quindi, ad un primo sommario esame, risultano violati gli artt. 2 e 3 della Costituzione, e piu' specificamente l'art. 24 della Costituzione laddove definisce la difesa diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento; Poiche' in sintesi detta eccezione iussu iudicis si appalesa, allo stato degli atti, non manifestamente infondata e rilevante ai fini decisori nel presente giudizio di merito;