IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  85/1984
 proposto da Lucci Paolo rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Giovanni
 Spadea ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Milano, via
 Pinamonte da Vimercate, 2,  contro  il  Ministero  della  difesa,  in
 persona    del    Ministro   pro-tempore   rappresentato   e   difeso
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Milano e domiciliato  ope
 legis   presso   la   medesima  in  Milano,  via  Freguglia,  1,  per
 l'annullamento del provvedimento (d.m. 27 ottobre 1983, n. 4232)  con
 cui  il  Ministro  della difesa ha irrogato al ricorrente la sanzione
 disciplinare  di  stato  della  cessazione  dalla  ferma  per  motivi
 disciplinari con collocazione in congedo illimitato;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 statale intimata;
    Viste  le  memorie  prodotte  dalle parti a sostegno delle proprie
 difese;
    Uditi,  alla  pubblica  udienza  del  30 gennaio 1990, relatore il
 dott. Carmine Spadavecchia, l'avv. Spadea per il ricorrente e  l'avv.
 dello Stato G. Onano per il Ministero intimato;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Il  sig.  Paolo  Lucci,  gia'  sergente  dell'Aeronautica in ferma
 volontaria, in servizio presso la prima regione aerea di  Milano,  e'
 stato  posto  in  congedo  illimitato  a  seguito di provvedimento di
 cessazione  della  ferma   per   motivi   disciplinari,   consistenti
 nell'avere  lo  stesso  offeso  l'onore  ed  il  prestigio  di  altro
 ufficiale di grado piu' elevato in presenza di altri militari  e  per
 avere successivamente rivolto minacce all'offeso.
    Il  provvedimento  e' stato adottato dal Ministro della difesa con
 decreto 27 ottobre 1983, n. 4232, ai sensi degli articoli 40, lettera
 c),  e  63  lettera  b),  della  legge 31 luglio 1954, n. 599, previa
 inchiesta  formale   disposta   dall'autorita'   militare   dopo   la
 definizione  del  procedimento  penale  relativo  agli  stessi fatti,
 concluso con sentenza  di  improcedibilita'  dell'azione  penale  per
 mancanza di richiesta.
    Con  ricorso  notificato  il  24  dicembre  1983  il ricorrente ha
 impugnato il  citato  decreto  ministeriale  formulando  le  seguenti
 censure:
      1)  violazione  dell'art.  64  della  legge  n. 599/1954, per la
 genericita' della contestazione degli addebiti,  la  mancanza  di  un
 compiuto  accertamento  dei fatti materiali e l'omessa indicazione di
 elementi a supporto dell'asserita gravita' degli addebiti;
      2)   violazione   dell'art.   66   della  stessa  legge  perche'
 l'autorita' militare che ha disposto l'inchiesta  avrebbe  omesso  di
 presentare  al  Ministero  della difesa la proposta sulla sanzione da
 irrogare;
      3)  violazione  del  giusto  procedimento,  delineato  da  norme
 interne della stessa Amministrazione, per essere  stato  precluso  al
 ricorrente  di  prendere  visione  ed  estrarre  copia  dei documenti
 dell'inchiesta e di depositare difese scritte;
      4)  illegittimita'  costituzionale  degli articoli 64 e 66 della
 legge n. 599/54, a fronte degli articoli 3, 24 e  52,  ultimo  comma,
 della   Costituzione,   in   quanto  tali  norme,  non  disciplinando
 compiutamente il procedimento disciplinare, priverebbero  l'inquisito
 di idonee garanzie difensive diversamente da quanto avviene per tutti
 i pubblici dipendenti e - nello stesso ordinamento militare -  per  i
 procedimenti diretti all'irrogazione di sanzioni militari di corpo;
      5) illegittimita' costituzionale dell'art. 63 della legge citata
 rispetto all'art. 25  della  Costituzione  per  mancata  tipizzazione
 delle  infrazioni  perseguibili  ed  omessa correlazione delle stesse
 alle corrispondenti sanzioni disciplinari;
      6)  eccesso di potere per inutilizzabilita' in sede disciplinare
 della  sentenza  di  proscioglimento  processuale  resa  dal  giudice
 militare,  nonche'  per  difetto  di  motivazione sui fatti materiali
 accertati,  in  relazione  a  quelli  contestati,  sull'inquadramento
 giuridico  degli  stessi,  sulla  ritenuta gravita' delle infrazioni,
 sulle  circostanze   addotte   a   discolpa   dell'inquisito,   sulla
 proporzionalita'  della  sanzione  inflitta,  che si assume incongrua
 rispetto alla modestia della vicenda consistente in un futile alterco
 tra sottufficiali non in servizio;
      7)  eccesso  di potere per contradditorieta' tra l'instaurazione
 del procedimento disciplinare e la mancata richiesta del procedimento
 penale.
    Si  e'  costituito in giudizio il Ministero della difesa deducendo
 l'infondatezza del ricorso.
    Con  sentenza  parziale  n.  212  in  data  25  maggio 1990 questo
 tribunale ha:
      respinto le censure sub 1), 2) e 3) concernenti la contestazione
 degli  addebiti,  la   regolarita'   dell'istruttoria,   l'iniziativa
 propositiva  del  comandante  di  corpo  in  ordine  alla infliggenda
 sanzione,  il  rispetto   delle   garanzie   difensive   riconosciute
 all'inquisito dalla vigente normativa;
      respinto,    per    manifesta   infondatezza,   l'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art.  63  della  legge  31  luglio
 1954,  n.  599,  in relazione all'art. 25 della Costituzione (censura
 sub 5), sul rilievo  che  il  principio  di  tipicita'  dell'illecito
 disciplinare  non  e'  assistito da garanzia costituzionale, restando
 affidata all'amministrazione - salvo il sindacato giurisdizionale  di
 legittimita'  -  la  scelta,  tra  quelle  tipizzate  ex  lege, della
 sanzione  piu'  congrua  rispetto  alla  natura  ed   alla   gravita'
 dell'illecito commesso;
      respinta,    per    manifesta   infondatezza,   l'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale degli artt. 64 e 66 della stessa  legge
 n.  599/1954,  in  relazione  agli  artt.  3,  24  e 52, ultimo comma
 (censura sub 4), sul rilievo che, seppure  le  norme  denunciate  non
 contengono   alcuna  previsione  diretta  in  ordine  alle  attivita'
 difensive esplicabili dall'inquisito, a cio' ha  tuttavia  provveduto
 la  normativa ministeriale di attuazione (d.m. 15 settembre 1955), la
 quale, in piena sintonia con i principi dell'ordinamento in  materia,
 assicura  all'inquisito  garanzie  difensive  non  inferiori a quelle
 assicurate nel corrispondente procedimento a carico  degli  impiegati
 civili dello Stato.
    Il  giudizio  non  e' stato definito in quanto l'esame dei residui
 motivi  postula  la  preliminare   soluzione   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  sollevata dal ricorrente con la censura
 sub 4) sotto un profilo che il  collegio  ritiene,  per  ragioni  che
 seguono, rilevante e non manifestamente infondato.
                             D I R I T T O
    1.   -   La   difesa  del  ricorrente  eccepisce  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 66 della  legge  31  luglio  1954,  n.  599,
 (stato    dei    sottufficiali    dell'Esercito,   della   Marina   e
 dell'Aeronautica),  a  fronte   dell'art.   3   della   Costituzione,
 denunciando  una  disparita'  di  trattamento tra militari, a livello
 legislatorio,  in  ordine  all'esercizio  del  potere   sanzionatorio
 disciplinare di stato e di corpo.
    Osserva a tal fine che l'art. 15 della legge 11 luglio 1978 n. 382
 (norme  di  principio  sulla  disciplina  militare)  prescrive,   per
 l'irrogazione   di   sanzioni  disciplinari  di  corpo,  in  regolare
 procedimento disciplinare che contempla (secondo comma)  la  garanzia
 della difesa tecnica.
    Uguale  garanzia  non  e'  prevista  a  favore  dei  sottufficiali
 passibili ( ex art. 63  della  legge  n.  599/54  cit.)  di  sanzioni
 disciplinari   di  stato:  il  che  comporterebbe  una  irragionevole
 discriminazione dipendente esclusivamente dal tipo di sanzione cui il
 militare e' soggetto.
    2.   -  La  questione  e'  rilevante,  giacche'  il  provvedimento
 sanzionatorio impugnato in questa sede e' stato assunto in  esito  ad
 un  giudizio  disciplinare in cui l'inquisito non ha potuto avvalersi
 della assistenza di un difensore: assistenza invero non prevista  per
 i sottufficiali passibili delle sanzioni disciplinari di cui all'art.
 63, lettera a), b) e c) - ne' dalla legge n. 599/1954 ne' dal decreto
 ministeriale  di  attuazione  (d.m.  15  settembre 1955), neppure con
 carattere facoltativo.
    Il  riscontro  del  denunciato vizio procedurale, scaturente dalla
 mancata nomina di  un  difensore  all'inquisito,  postula  dunque  la
 previa  verifica  di legittimita' costituzionale della norma (o delle
 norme) che tale specifica garanzia non prevedono; si che il  giudizio
 non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla soluzione della
 prospettata questione di costituzionalita'.
    3.0. - Questa appare al collegio non manifestamente infondata, sia
 pure per un ordine di ragioni piu' articolato di  quanto  non  emerga
 dal  succinto  svolgimento  dell'eccezione  di  parte,  meritevole di
 essere integrata con considerazioni ulteriori volte a sostanziare  il
 dubbio  di  irrazionalita' della disciplina legislativa che regola la
 fattispecie.
    Il  dubbio nasce, in prima battuta, dal raffronto, sul piano delle
 garanzie difensive, tra il trattamento normativo previsto dalla legge
 11  luglio  1978,  n.  382,  per  i  militari  sottoposti  a sanzioni
 disciplinari di corpo e la disciplina dettata dalla legge  31  luglio
 1954,  n. 599, per i sottufficiali passibili di sanzioni disciplinari
 di stato;  in  seconda  battuta,  dalla  considerazione  del  diverso
 trattamento  che  la  legge n. 599/1954 cit. riserva, all'interno del
 proprio ambito applicativo, ai sottufficiali in  ferma  volontaria  o
 rafferma,  secondo  che  la  cessazione  dalla  ferma  per  motivi di
 sciplinari sia accompagnata o meno dalla perdita del grado.
    3.1.  -  In  ordine  al  primo profilo va rilevato che la legge 11
 luglio 1978, n. 382, recante "norme  di  principio  sulla  disciplina
 militare",  premesso  (art.  13, primo e secondo comma) che il potere
 sanzionatorio nel campo della disciplina e' attribuito  all'autorita'
 militare  e  che  la  violazione  dei  doveri  di disciplina militare
 comporta sanzioni disciplinari di stato e di corpo, stabilisce (terzo
 e  quarto comma) che le sanzioni disciplinari di stato siano regolate
 per legge e le  sanzioni  di  corpo  dal  regolamento  di  disciplina
 militare nei modi e limiti fissati dai successivi artt. 14 e 15.
    L'art.  14  enumera  e  tipizza le sanzioni disciplinari di corpo:
 richiamo, rimprovero, consegna, consegna di rigore.
    L'art.  15  prevede  (primo  comma)  che nessuna sanzione di corpo
 possa essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza  che
 siano  sentite  e  vagliate  le  giustificazioni addotte dal militare
 interessato.
    Il  secondo  comma  prosegue  in  questi termini: "Non puo' essere
 inflitta la consegna di rigore se non e' stato sentito il  parere  di
 una commissione di tre militari, di cui due di grado superiore ed uno
 pari grado del militare che ha commesso la mancanza. Quest'ultimo  e'
 assistito  da un difensore da lui scelto fra i militari dell'ente cui
 appartiene o, in mancanza, designato d'ufficio".
    Le procedure per infliggere la consegna di rigore, la composizione
 e la nomina della commissione consultiva, la nomina ed i compiti  del
 militare  difensore  sono  oggetto  di piu' dettagliata disciplina da
 parte degli artt. 66, 67 e 68 del regolamento di disciplina  militare
 approvato  con d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545, ai sensi della legge n.
 382/1978.
    In  sintesi,  al  militare  incorso  in  un  illecito disciplinare
 passibile di consegna di rigore - sanzione di  corpo,  non  incidente
 sullo  status  del  medesimo  -  e'  assicurata  la  garanzia  di  un
 procedimento disciplinare che  contempla  l'audizione  di  un  organo
 consultivo  ad  hoc,  nonche' la presenza necessaria di un difensore,
 scelto dall'interessato o nominato d'ufficio.
    3.2.  -  Analoga  garanzia  non  e' prevista dalla legge 31 luglio
 1954, n. 589, per i sottufficiali passibili di sanzioni  disciplinari
 di stato (art. 63: sospensione dall'impiego; cessazione dalla ferma o
 dalla rafferma; sospensione dalle attribuzioni del grado; perdita del
 grado per rimozione).
    Relativamente alle anzidette sanzioni il procedimento disciplinare
 delineato dagli artt. 64 e seguenti si articola in una duplice  fase:
 necessaria, la prima; eventuale, la seconda.
    La prima fase e' volta all'accertamento dell'illecito disciplinare
 mediante "inchiesta formale" (art. 64). Essa e' affidata - giusta  la
 disciplina  di dettaglio contenuta nel capo IV, sezione I del d.m. 15
 settembre 1955, recante disposizioni per  i  giudizi  disciplinari  a
 carico  dei  sottufficiali in attuazione della legge n. 599/1954 - ad
 un ufficiale inquirente, cui compete la contestazione degli addebiti,
 la  conduzione  dell'istruttoria,  con  escussione  dei  testimoni  e
 fissazione di termini all'inquisito per  l'esercizio  delle  facolta'
 difensive  a  lui  spettanti  (visione  degli  atti, presentazione di
 discolpe, ecc.), la redazione di una relazione riepilogativa e di  un
 rapporto finale con le proprie conclusioni e proposte.
    Compete  infine  al  Ministro,  su  proposta dell'autorita' che ha
 disposto   l'inchiesta,   l'irrogazione   di   una   delle   sanzioni
 disciplinari di stato di minor gravita' (art. 66).
    La  seconda  fase  (eventuale)  ha  luogo  nell'ipotesi  in cui il
 Ministro o l'autorita'  che  ha  disposto  l'inchiesta  ritengano  il
 sottufficiale  passibile di perdita del grado (per compimento di atti
 incompatibili con il suo stato) e  ne  dispongano  il  deferimento  a
 commissione di disciplina (art. 67).
    Di quest'ultima la legge regola nomina, composizione, convocazione
 (artt. da 69 a 72).
    L'art.  73,  per quanto qui piu' specificamente interessa, dispone
 che "il sottufficiale puo' farsi assistere da un ufficiale difensore,
 da   lui   scelto   o  designato  dal  presidente  della  commissione
 disciplina".
    Alla seduta di quest'ultima ed alle modalita' di svolgimento della
 stessa e' dedicato l'art. 74, che prevede l'intervento dell'inquisito
 e del suo difensore.
    In  conclusione:  nella  disciplina  della  legge  n.  599/1954 al
 sottufficiale in ferma  volontaria  il  quale  commetta  un  illecito
 disciplinare  sanzionabile  con  la  cessazione  dalla  ferma  -  che
 comporta la risoluzione del rapporto di servizio - non e'  assicurato
 ne'  l'intervento della commissione di disciplina ne' l'assistenza di
 un difensore: intervento ed assistenza previsti (ma  la  seconda  con
 carattere  meramente  facoltativo)  nel solo caso di deferimento alla
 commissione di disciplina per un illecito suscettibile di comportare,
 in aggiunta alla sanzione espulsiva, la perdita del grado.
    3.3.  -  In  questo  quadro,  ed  assumendo  per  ora come tertium
 comparationis l'art. 15 della legge n. 382/1978, non puo' sfuggire la
 grave  discrasia  di  un  sistema che appresta un insieme di garanzie
 procedurali e difensive di piu' ampia  portata  -  consistenti  nella
 acquisizione  del  parere  di un organo collegiale e nella assistenza
 necessaria  di  un  difensore  -  in  relazione   ad   una   sanzione
 disciplinare  di  minore  gravita'  (consegna di rigore), che per sua
 natura   spiega   ed   esaurisce   i   propri   effetti   nell'ambito
 dell'ordinamento  militare  senza  incidere  sulla  prosecuzione  del
 rapporto; laddove siffatte garanzie sono precluse in modo assoluto  o
 previste   in  forma  parziale  ed  attenuata  riguardo  ad  illeciti
 disciplinari suscettibili di sfociare in misure  di  ben  piu'  grave
 momento, consistenti in sanzioni di stato anche a carattere espulsivo
 e degradatorio.
    Giova  rimarcare,  per quanto specificamente concerne la posizione
 del sottufficiale in ferma volontaria esposto per motivi disciplinari
 alla sanzione della cessazione dalla ferma (art. 63, lett. c), che il
 potere decisionale del Ministro si esercita (cfr. art. 64) sulla base
 della  proposta  dell'autorita' militare che ha disposto l'inchiesta,
 la quale a sua volta si radica sulle conclusioni e proposte formulate
 dall'ufficiale  inquirente,  il cui rapporto finale costituisce nella
 normalita' dei casi  la  sola  reale  motivazione  del  provvedimento
 sanzionatorio,  motivato - come nella fattispecie - per relationem ad
 esso.
    Manca   pertanto   nella   formazione  della  decisione  l'apporto
 effettivo e  bilanciato  di  organi  istituzionalmente  investiti  di
 funzioni diversificate e contrapposte, non prevedendo l'art. 66 della
 legge n. 599/1954 ne' il parere di un organo collegiale (che offre le
 maggiori  garanzie  di  ponderatezza  derivanti  dal  confronto delle
 opinioni)  ne'  l'assistenza  necessitata  di  un  difensore:  misure
 presenti  invece  nel procedimento disciplinare preordinato dall'art.
 15 della legge n.  382/1978  ad  una  sanzione  di  corpo  di  minore
 gravita'.
    Cio'   da  corpo  al  sospetto  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 66 della legge n. 599 cit. per violazione dell'art. 3 della
 Costituzione,  che  appare  al  collegio  vulnerato  proprio  in quel
 criterio di logicita' e di ragionevolezza che e' sotteso al  precetto
 costituzionale  di  eguaglianza:  sembra invero irrazionale che in un
 ambito omogeneo, qual e' quello  delle  violazioni  della  disciplina
 militare,   seppure  regolato  da  fonti  normative  distinte,  siano
 predisposte misure  procedurali  meno  garantiste  nei  confronti  di
 militari  esposti a sanzioni disciplinari piu' gravi, incidenti sullo
 stato  dei  medesimi   con   effetti   di   quiescenza   (sospensione
 dall'impiego)  o  addirittura di risoluzione (cessazione dalla ferma)
 del rapporto.
    3.4.  -  Va  poi  rilevata  -  per  venire  al  secondi profilo di
 possibile incostituzionalita'  accennato  all'inizio  della  presente
 disamina  -  una  ulteriore  anomalia riscontrabile all'interno della
 stessa legge n. 599/1954: anomalia derivante dal fatto  che  militari
 della stessa categoria (sottufficiali in ferma volontaria o rafferma)
 passibili della medesima sanzione espulsiva (cessazione dalla  ferma)
 sono  sottoposti a procedure disciplinari differenziate secondo che a
 detta sanzione  si  accompagni  o  meno  la  perdita  del  grado  per
 rimozione ex art. 60, primo comma, n. 6.
    Parrebbe  logico,  considerato  che  in entrambi i casi ne risulta
 pregiudicata la sorte del rapporto, che l'illecito disciplinare venga
 comunque  ricondotto alla cognizione della commissione di disciplina;
 cognizione  che  dell'inchiesta  formale  -  preordinata  alla   mera
 acquisizione   di  elementi  istruttori  -  costituisce  il  naturale
 sviluppo anche nel settore dell'impiego civile, ove essa e'  prevista
 con  carattere  di  generalita'  salvo  che per gli illeciti di minor
 conto (cfr. art. 107 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3).
    4.  -  Le  suesposte  considerazioni consentono di individuare gli
 strumenti idonei a ricondurre a coerenza  il  sistema,  depurando  la
 legge n. 599/1954 del sospetto vizio di incostituzionalita'.
    Osserva  in  proposito  il  collegio  che  seppure  e' la legge n.
 382/1978 ad offrire  la  misura  della  irrazionalita'  del  sistema,
 riguardato  in  una  prospettiva  globale,  la  frattura  non  sembra
 sanabile  sic  et  simpliciter  mediante  una  mera   operazione   di
 trasposizione  dell'art.  15  secondo  comma di detta legge nel corpo
 dell'altra.
    A  parte  la discutibilita' in generale di siffatti trapianti, non
 puo' trascurarsi  la  considerazione  che  le  leggi  in  esame,  pur
 attenendo  alla  medesima  materia (sanzioni disciplinari a carico di
 militari), ne disciplinano settori diversi e con modalita' non sempre
 suscettibili  di  reciproca integrazione: del resto lo stesso art. 13
 della legge n. 382/1978 intende che siano tenute distinte le sanzioni
 disciplinari  di  stato  e quelle di corpo, affidandone la rispettiva
 regolamentazione a fonti diversificate.
    E'  peraltro  dato  di  osservare come la stessa legge n. 599/1954
 offra i rimedi idonei allo scopo: gia' essa prevede infatti, sia pure
 limitatamente   ad  una  ipotesi  particolare,  il  giudizio  di  una
 commissione di disciplina e la nomina (sia pure soltanto facoltativa)
 di un difensore.
    Trattasi di istituti che trovano il loro parallelo rispettivamente
 nel parere della commissione consultiva e nella  difesa  obbligatoria
 previsti  dall'art. 15, secondo comma, della legge n. 382/1978 per la
 sanzione di corpo della consegna di rigore.
    Essi   appaiono   dunque  perfettamente  idonei  a  correggere  la
 ravvisata disuguaglianza sol  che  ne  venga  allargato  l'ambito  di
 applicazione:  del  primo  (giudizio della commissione di disciplina)
 estendendolo  all'ipotesi  di  cessazione  dalla  ferma  per   motivi
 disciplinari;  del  secondo (assistenza di un difensore) nel senso di
 rendere la nomina del difensore obbligatoria anziche' facoltativa.
    5.   -   In  conclusione,  appare  al  collegio  rilevante  e  non
 manifestamente   infondata,   in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale della legge
 31 luglio 1954, n. 599 per quanto concerne:
      gli  artt.  66  e  67 nella parte in cui non prevedono che venga
 sottoposto  al   giudizione   di   commissione   di   disciplina   il
 sottufficiale  passibile  della sanzione di stato di cui all'art. 63,
 lett. b) (cessazione dalla ferma per motivi disciplinari);
      l'art. 73, primo comma, nella parte in cui non prevede che detto
 sottufficiale debba essere assistito da un difensore da lui scelto o,
 in mancanza, designato d'ufficio;
      dell'art.  74,  primo  comma,  nella  parte  in  cui non prevede
 l'intervento obbligatorio del  difensore  nominato  dall'inquisito  o
 d'ufficio nel corso della seduta disciplinare.