ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153  ("Revisione  degli
 ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale") e
 1, quarto comma del d.l. 1Πmarzo 1985, n. 44, convertito nella legge
 26  aprile  1985, n.  155 ("Proroga della fiscalizzazione degli oneri
 sociali e degli sgravi  contributivi  nel  Mezzogiorno  ed  immediate
 misure   in   materia   previdenziale"),  promossi  con  le  seguenti
 ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 10 maggio 1989 dalla Corte di Cassazione
 sui  ricorsi  riuniti  proposti  dall'I.N.A.I.L.  contro  la   s.p.a.
 A.V.I.R.,  iscritta al n. 92 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  11,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1990;
      2)  ordinanza  emessa il 24 gennaio 1990 dal Tribunale di Novara
 nei procedimenti civili riuniti vertenti tra l'I.N.A.I.L. e la s.p.a.
 Ing.  C. Olivetti ed altra, iscritta al n. 268 del registro ordinanze
 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  21,
 prima serie speciale, dell'anno 1990;
      3) ordinanza emessa il 23 gennaio 1990 dalla Corte di Cassazione
 sul ricorso proposto dall'I.N.P.S. contro la s.p.a. Credito Italiano,
 iscritta  al  n.  289  del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale
 dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  di  costituzione dell'I.N.A.I.L., dell'I.N.P.S.,
 della s.p.a. A.V.I.R., della s.p.a. Credito Italiano e  della  s.p.a.
 Ing.  C.  Olivetti, nonche' gli atti di intervento del Presidente del
 Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1990 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  gli  avvocati  Pasquale  Napolitano per l'I.N.A.I.L., Fabio
 Fonzo  per  l'I.N.P.S.,  Rosario  Flammia,  Giuseppe  Guarino,  Carlo
 Mezzanotte  e  Salvatore  Trifiro'  per  la  s.p.a. A.V.I.R. e per la
 s.p.a. Credito Italiano e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi  per
 il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
     1.  -  Nel  giudizio  sul  ricorso proposto dalla s.p.a. A.V.I.R.
 contro la sentenza del  Tribunale  di  Milano  che,  accogliendo  una
 domanda  dell'INAIL,  aveva  incluso  nella  base  imponibile  per il
 calcolo dei contributi di previdenza  sociale  i  contributi  versati
 dalla  detta  societa'  al  Fondo  libero  pensioni, associazione non
 riconosciuta costituita per integrare le pensioni erogate dall'INPS e
 dall'INPDAI  ai  dipendenti  di  imprese dell'industria del vetro, la
 Corte di Cassazione, con ordinanza del 15 dicembre 1989, n.  713,  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 12 della
 legge  30  aprile 1969, n. 153, e dell'art. 1, quarto comma, del d.l.
 1Πmarzo 1985, n. 44, convertito nella legge 26 aprile 1985, n.  155,
 "se  interpretato  nel senso che non siano esclusi dalla retribuzione
 imponibile i contributi versati dal datore  di  lavoro  a  favore  di
 regimi  di  previdenza  complementare  diversi dal Fondo nazionale di
 previdenza per gli impiegati delle  imprese  di  spedizione  e  delle
 agenzie marittime".
    Il  citato  decreto legge ha interpretato autenticamente l'art. 12
 della legge n. 153 del 1969 "nel senso che sono  esclusi  dalla  base
 imponibile  dei  contributi  di  previdenza e di assistenza sociale i
 contributi versati al Fondo nazionale di previdenza per gli impiegati
 delle  imprese  di  spedizione e delle agenzie marittime". Poiche' si
 discosta dalla giurisprudenza consolidata della  Cassazione,  rimasta
 ferma  per gli altri fondi previdenziali integrativi o complementari,
 la norma  impugnata,  nel  significato  imperativamente  attribuitole
 dalla sopravvenuta interpretazione autentica, costituisce, secondo il
 giudice  a  quo,  elemento  rivelatore  di  concreta   irrazionalita'
 diversificando  il  trattamento  di  situazioni  omogenee. Invero, la
 funzione  previdenziale  comune  ai  diversi  regimi  di   previdenza
 complementare  o  integrativa, alla quale la Corte di legittimita' ha
 sempre  negato  rilevanza  ai   fini   della   determinazione   della
 retribuzione imponibile, viene ora riconosciuta rilevante dalla norma
 impugnata, ma soltanto in favore di un determinato  fondo  e  non  di
 tutti. Percio' la norma viola il principio di eguaglianza.
    2.  -  Nel  giudizio davanti alla Corte si e' costituita la s.p.a.
 AVIR, concludendo per una dichiarazione  di  incostituzionalita',  la
 quale,  in  base  alla  ratio  generalizzante  sottesa  alla legge di
 interpretazione autentica, ne estenda l'efficacia a tutti i regimi di
 previdenza complementare.
    Si  e'  pure  costituito  l'INAIL  chiedendo  che la questione sia
 dichiarata inammissibile e comunque infondata. Secondo l'Istituto, la
 norma  impugnata  appartiene  al  sistema  della previdenza pubblica,
 essendo stata emanata in considerazione della natura di ente pubblico
 del  Fondo nazionale di previdenza per gli impiegati delle imprese di
 spedizione e delle agenzie marittime, onde si spiega che i contributi
 versati al Fondo dai datori di lavoro non debbano essere assoggettati
 a contribuzione in favore di altre forme di previdenza sociale.
    Questa  linea  di  difesa  e'  ribadita  in una memoria depositata
 nell'imminenza dell'udienza di discussione, nella quale l'Istituto si
 diffonde  poi in considerazioni critiche in merito al recente d.l. 24
 aprile 1990, n. 82,  peraltro  non  convertito  in  legge,  che,  con
 analoga interpretazione autentica dell'art. 12 della legge n. 153 del
 1969, esonerava da contribuzione previdenziale i contributi datoriali
 alle Casse per gli edili.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo, come l'INAIL,
 per  l'inammissibilita'  o  comunque  l'infondatezza della questione.
 Anche l'Avvocatura contesta la  dedotta  omogeneita'  di  situazioni,
 osservando   che   la  norma  interpretativa  ha  inteso  palesemente
 differenziare le prestazioni della previdenza pubblica rispetto  alle
 prestazioni integrative o complementari di quella privata, sulla base
 di una valutazione discrezionale ancorata pro-tempore  alle  maggiori
 garanzie e sicurezze che offre il primo regime rispetto al secondo.
    4.  -  La  questione  e' stata nuovamente sollevata dalla Corte di
 cassazione, con dispositivo parzialmente diverso,  nel  giudizio  sul
 ricorso proposto dall'INPS contro la sentenza del Tribunale di Milano
 confermativa della sentenza del Pretore che, accogliendo  la  domanda
 della  s.p.a.  Credito Italiano, ha accertato negativamente l'obbligo
 di contribuzione all'INPS sulle somme versate al Fondo  aziendale  di
 previdenza  per  il  personale  dipendente,  istituito  allo scopo di
 erogare pensioni dirette e di riversibilita'.
    Diversamente  dalla prima ordinanza, la quale impugna il combinato
 disposto dell'art. 12 della legge n. 153  del  1969  e  dell'art.  1,
 quarto  comma, del d.l. n. 44 del 1985, la seconda ordinanza, in data
 23 gennaio 1990, impugna, sempre in riferimento all'art. 3 Cost.,  il
 solo  art.  12  della  legge n. 153 del 1969, "ove tale disposizione,
 specie dopo l'entrata in vigore dell'art. 1, quarto comma,  del  d.l.
 1Π marzo 1985, n. 44, convertito nella legge 26 aprile 1985, n. 155,
 debba essere interpretata nel  senso  che  non  siano  esclusi  dalla
 retribuzione  imponibile  i contributi versati dal datore di lavoro a
 favore di  regimi  di  previdenza  complementare  diversi  dal  Fondo
 nazionale di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione
 e delle agenzie marittime".
    Le   argomentazioni   sono   analoghe   a   quelle  dell'ordinanza
 precedente,  con  maggiore  enfasi  sul  profilo  del  contrasto  col
 principio di ragionevolezza.
    5. - Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituiti il Credito
 italiano e l'INPS, il  primo  concludendo  per  l'accoglimento  della
 questione, il secondo chiedendo che essa sia dichiarata infondata.
    Nell'atto  di  costituzione,  integrato  da  una memoria difensiva
 depositata nell'imminenza di discussione, la parte privata  concentra
 la  sue  diffuse  argomentazioni  anzitutto sulla contestazione della
 giurisprudenza   della   Cassazione,   secondo   cui   la    funzione
 previdenziale  dei  contributi  datoriali  versati ai fondi aziendali
 integrativi e' irrilevante ai fini dell'interpretazione dell'art.  12
 della   legge  n.  153.  Tale  orientamento,  si  osserva,  e'  stato
 costantemente respinto sia dalla giurisprudenza di  merito,  e  cosi'
 pure dalle sentenze di primo e secondo grado pronunciate nel giudizio
 a quo, sia dalla prassi amministrativa, sia infine anche  da  qualche
 sentenza  della  Cassazione.  La  lettera  dell'art. 12, primo comma,
 usando il termine "lavoratore" e  il  verbo  "ricevere"  al  presente
 indicativo, manifesta l'intenzione del legislatore di includere nella
 "retribuzione  imponibile"  tutto  (ma  anche  solo)  cio'   che   il
 lavoratore   riceve  attualmente  e  concretamente  dal  datore  come
 corrispettivo del lavoro, restando escluse quindi le somme versate  a
 titolo di contribuzione a fondi speciali di previdenza.
    Questa interpretazione e' confortata sia dalla nuova norma fiscale
 introdotta nel testo unico delle imposte sui  redditi  approvato  con
 d.P.R.  22  dicembre  1986,  n.  917, che all'art. 48, secondo comma,
 lett. a), esclude dal reddito  imponibile  da  lavoro  dipendente  "i
 contributi  versati  dal  datore di lavoro e dal lavoratore ad enti o
 casse aventi esclusivamente fine  previdenziale  o  assistenziale  in
 conformita'  a  disposizioni  di  legge, di contratto collettivo o di
 accordo o regolamento aziendale", sia dai  lavori  preparatori  della
 legge  di  conversione  del d.l. n. 44 del 1985, dai quali la ragione
 della non assoggettabilita' ai contributi di previdenza sociale delle
 somme versate al Fondo di previdenza degli impiegati delle imprese di
 spedizione e delle agenzie marittime e' riposta nella "loro natura di
 contribuzione  previdenziale".  Tale  essendo  la  ratio della norma,
 resta chiarito che l'interpretazione autentica investe il primo comma
 dell'art.  12  della  legge  n. 153 del 1969, di guisa che, di fronte
 alla portata generale della ratio, appare arbitraria e irrazionale la
 restrizione  della  conseguenza  che  ne  discende ai soli contributi
 versati al Fondo speciale ripetutamente nominato.
    Secondo l'INPS, invece, l'art. 1, quarto comma, del d.l. n. 44 del
 1985 si riferisce, innovandolo, al secondo comma dell'art. 12:  sotto
 veste  di norma di interpretazione autentica, esso aggiunge una nuova
 voce all'elenco tassativo  delle  eccezioni  alla  regola  del  primo
 comma.  La  norma  si giustifica in ragione della peculiare finalita'
 istituzionale del Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese
 di  spedizione  e  delle agenzie marittime, la cui prestazione ha una
 funzione integrativa del  trattamento  di  fine  rapporto,  e  quindi
 natura retributiva.
    Quanto  all'argomento  tratto ex adverso dall'art. 2117 cod. civ.,
 l'Istituto lo contesta osservando che la funzione  previdenziale  dei
 fondi  aziendali  speciali  e'  riconosciuta  dalla Cassazione solo a
 quelli sostitutivi del regime generale, non a quelli complementari.
    6.  -  Anche  in  questo giudizio e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei Ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  dello  Stato,
 formulando,  con identica motivazione, le conclusioni gia' dedotte in
 merito alla prima ordinanza di rimessione.
    7.  - La medesima questione, nei termini in cui e' stata formulata
 dalla prima delle ordinanze sopra riferite, e'  stata  sollevata  dal
 Tribunale  di  Novara,  con ordinanza del 24 gennaio 1990, emessa nel
 corso di un giudizio di rinvio conseguente a due sentenze della Corte
 di  cassazione che hanno affermato il principio di diritto per cui, a
 seguito dell'ampliamento della  nozione  di  retribuzione  imponibile
 disposto  dall'art.  12  della  legge  n.  153  del  1969,  le  somme
 corrisposte a qualsiasi titolo ai lavoratori, con le  sole  eccezioni
 tassativamente  previste  dallo  stesso  articolo,  sono  soggette  a
 contribuzione previdenziale ove sussistano la  condizione  soggettiva
 della  loro provenienza dal datore di lavoro e quella oggettiva della
 dipendenza dell'erogazione dal rapporto di lavoro.
    In  questo  terzo  caso  il  giudizio principale e' stato promosso
 dall'INAIL contro la s.p.a. Ing. C. Olivetti  e  la  s.p.a.  Olivetti
 Prodotti   Industriali,   dalle   quali  pretende  il  pagamento  dei
 contributi previdenziali sulle somme versate al Fondo di Solidarieta'
 Interna, istituito in conformita' di accordi sindacali.
    Le    argomentazioni    dell'ordinanza    di   rimessione   e   le
 controargomentazioni dell'INAIL e dell'interveniente  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato dall'Avvocatura dello Stato,
 sono analoghe a quelle precedentemente esposte.
    La s.p.a. Ing. C. Olivetti si e' costituita con atto depositato il
 15 giugno 1990, e quindi fuori termine.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  di cassazione e il Tribunale di Novara ritengono
 contrastante con l'art. 3 della Costituzione, sia  sotto  il  profilo
 del  principio  di eguaglianza, sia sotto il profilo del principio di
 ragionevolezza, il combinato disposto dell'art.  12  della  legge  30
 aprile  1069,  n. 153, e dell'art. 1, quarto comma, del d.l. 1Πmarzo
 1985,  n.  44,  convertito  nella  legge  26  aprile  1985,  n.  155,
 interpretato nel senso che non sono esclusi dalla base imponibile per
 il calcolo dei contributi di previdenza e  di  assistenza  sociale  i
 contributi  versati  dal  datore  di  lavoro  a  favore  di regimi di
 previdenza complementare diversi dal Fondo  nazionale  di  previdenza
 per  gli  impiegati  delle  imprese  di  spedizione  e  delle agenzie
 marittime.
    2.  -  I  tre giudizi instaurati dalle ordinanze dei giudici sopra
 nominati hanno per oggetto la medesima  questione;  occorre  pertanto
 disporne la riunione affinche' siano decisi con unica sentenza.
    3.  -  Va preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilita'
 opposta dall'INAIL e dall'Avvocatura dello  Stato  sul  riflesso  che
 l'art.  1,  quarto  comma, del d.l. n. 44 in realta' non incide sulla
 nozione di retribuzione imponibile di cui all'art. 12,  primo  comma,
 della legge n. 153 del 1969, ma intende soltanto chiarire che in tale
 nozione non rientrano i contributi versati dai datori  di  lavoro  in
 favore  del  Fondo nazionale di previdenza ivi nominato, in quanto si
 tratta di un "ente pubblico previdenziale".
    E'  questa  la  ratio  apparentemente  addotta  nella relazione al
 disegno di legge n. 2610 presentato alla Camera  dei  deputati  il  2
 marzo  1985,  per  la conversione in legge del decreto n. 44, dove la
 "non assoggettabilita'  a  contribuzione  previdenziale  delle  somme
 versate  al detto Fondo" non viene giustificata in base a un concetto
 di "retribuzione imponibile"  diverso  e  piu'  ristretto  di  quello
 fissato   dalla   Cassazione,   bensi'  "attesa  la  loro  natura  di
 contribuzione previdenziale", cioe' (secondo il  senso  fatto  palese
 dal  contesto)  di  contribuzione  dovuta a un istituto di previdenza
 pubblica.
    Una   simile   giustificazione,   oltre   che  incoerente  con  la
 qualificazione  del  provvedimento  come  legge  di   interpretazione
 autentica, e' in se' insostenibile. Ammesso che il Fondo in questione
 sia un ente pubblico, come ha ritenuto il d.P.R. 1Πaprile  1978,  n.
 237,  certo  non  e'  un  "ente  pubblico previdenziale". Invero esso
 ripete la sua fonte costitutiva dal contratto collettivo  28  gennaio
 1936,   mentre  la  costituzione  e  la  disciplina  delle  forme  di
 previdenza pubblica sono riservate alla legge. Ed e' appena  il  caso
 di  ricordare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. le
 sentenze  citate  nell'ordinanza  n.  87  del  1984),   i   contratti
 collettivi corporativi non hanno acquistato forza di legge in seguito
 al d.lgs.lt. 23 novembre 1944, n. 369, che li ha mantenuti in  vigore
 a tempo indeterminato.
    Pertanto,  non  solo  sul piano dell'interpretazione oggettiva, ma
 nemmeno su quello dell'interpretazione storica  si  puo'  condividere
 l'affermazione  dell'Avvocatura dello Stato secondo cui "con la norma
 denunciata il legislatore  ha  inteso  palesemente  differenziare  le
 prestazioni  della  previdenza  pubblica  rispetto  alle  prestazioni
 integrative o complementari di quella privata". Il Fondo in questione
 e'  una  forma  di  previdenza  volontaria, non di previdenza sociale
 obbligatoria in senso proprio.
    4. - La questione non e' fondata.
    I  giudici  remittenti cadono in contraddizione quando, dopo avere
 riconosciuto nell'art. 1, quarto comma, del decreto del 1985 una vera
 norma  di  interpretazione  autentica,  soggiungono  che  la  portata
 dell'intervento normativo sul significato dell'art. 12, primo  comma,
 della  legge  n.  153  del  1969  e' limitata ai contributi datoriali
 versati al Fondo nazionale di  previdenza  per  gli  impiegati  delle
 imprese  di spedizione e delle agenzie marittime. La duplice premessa
 da essi assunta, la  quale  attribuisce  natura  interpretativa  alla
 norma  in esame e funzione di previdenza integrativa al Fondo da essa
 contemplato, non puo' produrre se non la conclusione, sostenuta dalle
 parti   private,   che   la  non  assoggettabilita'  a  contribuzione
 previdenziale delle somme versate al Fondo e' disposta dalla legge in
 applicazione  di  un  principio  estensibile  a  tutti i fondi aventi
 funzione analoga, cioe' ha un valore esemplificativo, non  limitativo
 della portata dell'intervento.
    Poiche'  questa conclusione sopravanza chiaramente le possibilita'
 ermeneutiche consentite dal tenore del testo legislativo  e,  d'altra
 parte, non e' pensabile che il legislatore sia caduto nell'assurdo di
 imporre una interpretazione  dell'art.  12  piu'  stretta  di  quella
 fissata  dalla  Cassazione  e  poi di precluderne l'applicabilita' ai
 regimi di previdenza integrativa  diversi  da  quello  indicato,  non
 rimane  altra soluzione se non quella di ammettere che il citato art.
 1, quarto comma, e'  in  realta'  una  norma  innovativa,  munita  di
 efficacia  retroattiva,  la  quale  deroga  al  criterio  generale di
 determinazione della "retribuzione imponibile" a beneficio  esclusivo
 del Fondo in soccorso del quale e' intervenuta.
   Non  si  puo'  dire  che  quest'altra  conclusione non incide sulla
 valutazione   di   fondatezza   della    sollevata    questione    di
 costituzionalita', ma soltanto sposta il riferimento all'art. 3 Cost.
 dal profilo dell'irrazionalita' al profilo dell'irragionevolezza,  in
 quanto    ingiustificatamente   discriminatrice.   L'irragionevolezza
 dell'eccezione disposta in  favore  del  detto  Fondo  potra'  essere
 addotta  a fondamento di una questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1, quarto comma,  del  d.l.  n.  44  del  1985,  rivolta  a
 ottenere    il   ripristino   della   normativa   generale   ritenuta
 ingiustificatamentederogata da quella particolare; non puo',  invece,
 fondare   un   incidente  di  costituzionalita'  diretto  a  ottenere
 l'estensione della norma particolare mediante impugnazione  dell'art.
 12  della  legge  n.  153  del  1969  nella parte in cui assoggetta a
 contribuzione previdenziale le somme versate dai datori di  lavoro  a
 fondi  di  previdenza  complementare diversi da quello specificamente
 esentato. E' insegnamento costante di questa Corte che  il  principio
 di  eguaglianza  non  puo'  essere invocato quando la disposizione di
 legge, da cui  viene  tratto  il  tertium  comparationis,  si  riveli
 derogatoria  rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo, e
 percio'  insuscettibile   di   estensione   ad   altri   casi,   pena
 l'aggravamento,  anziche'  l'eliminazione, dei difetti di coerenza di
 esso (cfr. sentenze nn. 46 del 1983, 6 e 769 del 1988).
    Nella   specie   l'accoglimento   della  questione  non  solo  non
 eliminerebbe la lamentata sperequazione di  trattamento,  che  invece
 riuscirebbe  aggravata  dall'estensione a tutti i fondi di previdenza
 integrativa di una norma eccezionale dal cui  beneficio  resterebbero
 escluse  altre  forme  di  previdenza  volontaria, ma produrrebbe una
 nuova e piu' grave ragione di contrasto dell'art. 12 della  legge  n.
 153  del  1969  con  i principi costituzionali. La previdenza privata
 integrativa  deve  essere  incoraggiata,  anche  in  ossequio  a  una
 direttiva  della  Comunita'  economica  europea,  ma  il principio di
 solidarieta' (art. 2 Cost.) non consente che  il  suo  finanziamento,
 soprattutto  se  alimentato  da  redditi  medio-alti, sia interamente
 esentato da contribuzione alla previdenza pubblica.
    Non  si  puo'  richiamare  in contrario, sul riflesso della natura
 parafiscale  dei  contributi  alla  previdenza  sociale,  l'art.  48,
 secondo  comma,  lett.  a), del testo unico delle imposte sui redditi
 (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917),  in  tema  di  determinazione  del
 reddito da lavoro dipendente, il quale esclude dal reddito imponibile
 i  contributi  versati  dal  datore  di  lavoro  a   enti   o   casse
 previdenziali,  compresi  i  fondi privati di previdenza integrativa.
 Valutate sul piano giuridico-formale, le norme messe a confronto  non
 sono omogenee perche' l'art. 12 della legge n. 153 del 1969 definisce
 la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti dal datore di
 lavoro, e in minor misura anche dal prestatore, agli enti pubblici di
 previdenza e di assistenza sociale, mentre il citato art. 48 lett. a)
 delimita   la  base  imponibile  per  la  determinazione  del  debito
 d'imposta del lavoratore verso lo Stato. Se  poi  la  valutazione  si
 sposta  sul piano economico, dove i contributi dei datori di lavoro a
 enti o casse aventi  funzione  previdenziale  sono  considerati  essi
 stessi  retribuzione, cioe' elementi del complessivo trasferimento di
 ricchezza dagli imprenditori ai lavoratori, l'art. 48 contraddice  la
 pretesa  di  esonero  totale di tali contributi da contribuzione alla
 previdenza pubblica: in  senso  economico  l'esonero  disposto  dalla
 norma  fiscale  e'  soltanto  parziale,  considerato  che saranno poi
 colpite dal prelievo fiscale le prestazioni erogate dai detti enti  o
 casse  ai  lavoratori che ne abbiano maturato il diritto, mentre tali
 prestazioni  non  saranno  gravate  da  obblighi   di   contribuzione
 previdenziale.
    5. - Un'altra ragione piu' radicale, rilevabile dalla fattispecie,
 concorre a rendere improponibile il confronto dei fondi di previdenza
 integrativa di cui e' causa col Fondo di previdenza per gli impiegati
 delle imprese di spedizione e delle agenzie marittime, allo scopo  di
 estendere ai primi il provvedimento legislativo intervenuto in favore
 del secondo.
    Questo  fondo,  secondo  l'art.  2  dello  statuto,  si  limita  a
 "rimborsare agli iscritti che cessino dall'attivita' professionale, o
 ai  loro  aventi diritto, una somma pari all'ammontare dei versamenti
 effettuati a nome e loro favore, piu' gli interessi netti  maturati".
 Non  si  tratta dunque di un fondo di previdenza integrativa in senso
 tecnico, avente funzione complementare dei trattamenti  pensionistici
 erogati   dalla   previdenza  pubblica,  ma  piuttosto  di  un  fondo
 integrativo del trattamento di fine rapporto, corrisposto dal  datore
 di  lavoro,  il  quale  puo' chiamarsi "fondo di previdenza" solo nel
 senso in cui il  trattamento  di  fine  rapporto  si  definisce  come
 retribuzione  differita  in  funzione  previdenziale.  Piu'  volte la
 Cassazione,  anche  a  sezioni  unite,  ha  statuito  che  "un  conto
 individuale,  integrante,  insieme con l'indennita' di anzianita', il
 trattamento di quiescenza e costituito da versamenti mensili in parte
 del  datore  e  in  parte  del prestatore di lavoro, non ha carattere
 assistenziale, ne' previdenziale, ma retributivo" (cfr.  Cass.,  sez.
 un.,  n.  3850 del 1975 e, n. 1717 del 1984; nonche', con riferimento
 specifico al Fondo in questione, Cass. n. 5980 del 1978 e n. 1136 del
 1974).
    In  definitiva, l'art. 1, quarto comma, del d.l. n. 44 del 1985 si
 palesa  privo  di  incidenza   sulla   questione   se   la   funzione
 previdenziale sia o no irrilevante nell'interpretazione dell'art. 12,
 primo comma, della legge n. 153 del 1969. Le somme versate dai datori
 di lavoro al Fondo per il quale il decreto e' stato emanato non hanno
 funzione previdenziale, ma sono quote di retribuzione accantonate, di
 guisa  che sarebbero soggette a contribuzione previdenziale qualunque
 soluzione si accogliesse di quella questione. Esonerandole, la  legge
 in esame, sotto la falsa etichetta di legge interpretativa (applicata
 per  imprimere  forza  retroattiva  al  provvedimento),  ha  aggiunto
 all'elenco delle somme escluse
 di  cui  al  secondo  comma  dell'art.  12  una  nuova voce che si e'
 ritenuto  di  giustificare  per  lo  "stretto  legame  esistente  tra
 l'indennita' di anzianita' e le prestazioni del predetto Fondo" (cfr.
 il parere espresso dal Ministero  del  lavoro  -  Direzione  generale
 della  previdenza  e  assistenza  sociale  in  una lettera in data 25
 novembre 1983 indirizzata  all'INPS).  Quale  che  sia  il  grado  di
 plausibilita'  di  questa  ratio,  collegata al n. 3 dell'elenco, che
 esclude  dalla  retribuzione  imponibile  le  somme  corrisposte   al
 lavoratore  a  titolo  di  indennita'  di  anzianita',  al suo ambito
 potenziale di operativita' rimangono estranei i fondi  di  previdenza
 integrativa.