ha pronunciato la seguente
                                 SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 450- bis del
 codice di procedura penale previgente, promosso con ordinanza  emessa
 il  13  marzo 1990 dal Tribunale di Milano, nel procedimento penale a
 carico di Dal  Torrione  Giovanni  Carlo,  iscritta  al  n.  338  del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
                           Ritenuto in fatto
   Con  ordinanza  13  marzo  1990  il  Tribunale  di Milano sollevava
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  450-  bis  c.p.p.
 1930  con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
    Lamenta  il  Tribunale,  in  relazione alla situazione processuale
 sottoposta al suo esame, che le persone  prosciolte  in  istruttoria,
 con  sentenza  non  piu' soggetta ad impugnazione, non possano essere
 liberamente sentite nei procedimenti penali dov'erano state  imputate
 dello  stesso  reato  o  di un reato connesso. Ne' tanto meno possono
 essere  sentite  come  testi,  stante  l'espresso  divieto  contenuto
 nell'ultima parte dell'art. 348 stesso codice.
    Secondo  il  Tribunale,  il  legislatore  del nuovo codice avrebbe
 seguito ben diversa disciplina: e l'ordinanza cita in  proposito  gli
 artt. 197 e 210 c.p.p. vigente.
    E  poiche'  la situazione del codice abrogato sarebbe per tal modo
 lesiva del diritto di difesa, in quanto preclude all'imputato di  far
 sentire  persona  che  potrebbe  essere in grado di sciogliere i nodi
 della sua imputazione, si chiede alla Corte di eliminare  la  patente
 illegittimita'.
    L'ordinanza  non  lo  dice,  ma  evidentemente  deve  trattarsi di
 processo nato sotto il codice abrogato che, alla data di  entrata  in
 vigore del nuovo codice, si trovava nelle condizioni, di cui all'art.
 241 disp. transitorie, per proseguire con l'applicazione delle  norme
 anteriormente vigenti.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Secondo il Tribunale di Milano, l'art. 450- bis c.p.p. 1930,
 che richiama le disposizioni dell'art. 348- bis  stesso  codice,  non
 consentirebbe   la  libera  audizione  delle  persone  prosciolte  in
 istruttoria, con sentenza non  piu'  soggetta  ad  impugnazione,  nei
 procedimenti penali nei quali erano state imputate dello stesso reato
 o di reato connesso. Cio'  determina  grave  violazione  dei  diritti
 della   difesa,   consacrati   nell'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione, in quanto impedisce all'imputato di far sentire persone
 che,  proprio  per  la  posizione che hanno avuto nei fatti di cui e'
 processo, sono spesso le sole in grado  di  riferire  su  circostanze
 essenziali  ai fini del decidere.  Situazioni aggravate dal fatto che
 le stesse persone tanto meno possono essere sentite  come  testimoni,
 stante  l'esplicito divieto contenuto nell'ultimo comma dell'art. 348
 c.p.p. 1930.
    L'ordinanza,  indicando  la  ben  diversa  disciplina  seguita dal
 legislatore del nuovo codice di procedura, integrata dagli artt.  197
 e    210   c.p.p.   vigente,   chiede   alla   Corte   di   eliminare
 l'illegittimita', manifesta essendo la rilevanza della questione.
    2. - Nessun dubbio effettivamente sul piano della rilevanza, visto
 che  l'imputato  chiede  insistentemente  la  libera  audizione   del
 coimputato  del  reato connesso, prosciolto in istruttoria, asserendo
 che questi sarebbe in grado di  riferire  sulla  sostanza  dei  fatti
 contestati  ad  esso imputato, in quanto a quell'epoca aveva ruolo di
 direttore  delle  vendite  nella  societa'  a  favore   della   quale
 l'imputato  aveva  rilasciato  la  dichiarazione d'intenti per cui e'
 processo.
    Ma la questione non e' fondata.
    Intanto  non  e'  vero che il legislatore del codice attuale abbia
 dettato disciplina diversa da quella risultante  dagli  artt.  348  e
 348-  bis  c.p.p.  1930,  richiamato  quest'ultimo dall'art. 450- bis
 impugnato.
    In  realta', l'art. 197 c.p.p. vigente esclude dalla testimonianza
 le persone imputate dello stesso reato o in un procedimento connesso,
 anche  se  prosciolte  o condannate, salvo che il proscioglimento sia
 avvenuto  con  sentenza  divenuta  irrevocabile.  E'  vero   che,   a
 differenza  dell'art.  348  del  codice  abrogato, qui non si fa piu'
 cenno a proscioglimento "pronunciato in  giudizio",  ma  e'  sfuggito
 evidentemente  al Tribunale rimettente che il successivo art. 648 del
 codice di procedura penale vigente chiarisce  che  sono  irrevocabili
 "le sentenze pronunciate in giudizio", contro le quali non e' ammessa
 impugnazione diversa dalla revisione o, se l'impugnazione e' ammessa,
 quando e' inutilmente decorso il termine per proporla.
    Anche  per  il  nuovo  codice,  percio',  le persone prosciolte in
 istruttoria non sono ammesse a testimoniare nei  processi  dove  sono
 state  coimputate  nello  stesso  o in procedimenti connessi (a norma
 dell'art. 12).
    Quanto  poi  agli  artt.  348-  bis  del c.p.p. del 1930 e 210 del
 codice attuale, essi contengono  la  stessa  disciplina.  Le  persone
 indicate,  infatti,  sono citate secondo le norme sulla citazione dei
 testimoni, ma le loro garenzie, in ambo  gli  articoli,  sono  quelle
 spettanti  agli  imputati, giacche' hanno diritto di essere assistite
 da un difensore (se del caso nominato d'ufficio) e non sono tenute  a
 rispondere: che', anzi, di cio' debbono essere avvertite.
    E'  vero  che l'art. 348- bis non lo precisa esplicitamente, ma si
 evince  facilmente  dal  fatto  che  "si  applicano  le  disposizioni
 concernenti l'interrogatorio dell'imputato".
    Unica  effettiva  differenza, percio', e' nella definizione data a
 questa  particolare   audizione;   che   l'art.   348-   bis   chiama
 "interrogatorio",  mentre  l'art.  210  parla  piu'  correttamente di
 "esame" stante il significato tecnico che ambo i codici attribuiscono
 all'espressione "interrogatorio".
    3.  -  Il vero e' che ne' l'una ne' l'altra disposizione esclude i
 prosciolti, e comunque prosciolti, da tale libera audizione. Nell'uno
 e  nell'altro  ordinamento il divieto per i prosciolti in istruttoria
 riguarda soltanto la testimonianza, ma non l'audizione libera.  E  si
 intende   facilmente   il   perche'.   La   sentenza  istruttoria  di
 proscioglimento e' - com'e' noto -  una  sentenza  allo  stato  degli
 atti:  qualora  sopravvengano  nuove  prove  (art. 402 c.p.p. 1930) o
 nuove fonti di prova (art. 434 cod.proc.pen. vigente),  l'istruttoria
 puo'  essere  riaperta  (ipotesi  del  codice del 1930) o la sentenza
 istruttoria di proscioglimento puo' essere revocata (artt. 434 e  436
 c.p.p.  vigente).  Il  principio secondo cui nemo tenetur se detegere
 esclude, percio', che  il  prosciolto  in  istruttoria  possa  essere
 sottoposto   ad  esame  testimoniale,  nel  quale  sarebbe  tenuto  a
 rispondere e avrebbe l'obbligo di dire la  verita'.  La  possibilita'
 che   un   tale  esame  lo  esponga  al  pericolo  della  "riapertura
 dell'istruzione"  o  della  "revoca  della  sentenza  istruttoria  di
 proscioglimento"   o,   in  alternativa,  a  un  processo  per  falsa
 testimonianza, ha indotto il legislatore a stabilire un  divieto  che
 e' principio garentistico di civilta' processuale.
    Tutto   questo,   invece,   non   puo'   verificarsi   nel   corso
 dell'audizione libera, sia essa quella del codice precedente o quella
 dell'attuale,   perche'  il  prosciolto  in  istruttoria  liberamente
 interrogato, a' sensi dell'art. 438- bis c.p.p. 1930, o esaminato  a'
 termini  dell'art.  210 c.p.p. vigente, non e' tenuto a rispondere, e
 non ha comunque l'obbligo di dire la verita', salvo che sulla propria
 identita' personale.
    La  Corte  di  Cassazione  lo  ha  affermato anche di recente, con
 decisioni dell'anno 1989, con le  quali  ha  messo  in  luce  che  la
 limitazione  posta per la testimonianza dal comma terzo dell'art. 348
 "non e' posta ne' puo' ritenersi sottintesa nell'art. 348- bis c.p.p.
 1930".