ha pronunciato la seguente
                                 SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 35, commi 2Œ,
 3Œ, 4Œ e 7Œ della legge 24  novembre  1981,  n.  689  ("Modifiche  al
 sistema  penale"),  in  relazione  all'art. 22, comma 1Πdella stessa
 legge, promosso con ordinanza emessa il 30 gennaio 1990  dal  Pretore
 di  Lecco  nel  procedimento civile vertente tra il Comune di Lecco e
 l'Ispettorato Provinciale del Lavoro di Como, iscritta al n. 207  del
 registro  ordinanze  1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso del giudizio di opposizione proposto dal Comune di
 Lecco  contro  l'ordinanza-ingiunzione  emessa  dall'Ispettorato  del
 lavoro  provinciale  di  Como  per  la violazione dell'obbligo di cui
 all'art. 4, quinto comma, del d.l. 6 luglio 1978, n. 352,  convertito
 in  legge  4  agosto 1978, n. 467, il Pretore di Lecco, con ordinanza
 del 30 gennaio 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e  24
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 35, secondo, terzo, quarto e settimo comma, della legge  24
 novembre  1981, n. 689, nella parte in cui non prevedono "un adeguato
 coordinamento fra riti processuali esperibili  a  fronte  di  ipotesi
 peculiari del genere di quelle in esame".
    Ad  avviso  del  giudice a quo, la diversita' di giudice e di rito
 processuale  prevista  dalle  norme  denunciate,  a  seconda  che  le
 violazioni  in  materia di previdenza obbligatoria punite con la sola
 ammenda comportino o no, direttamente o  indirettamente,  l'omissione
 totale  o  parziale del versamento di contributi o premi, urta contro
 il principio di eguaglianza  e  il  diritto  di  difesa,  soprattutto
 considerando  che,  ove  fossero  emessi  due  distinti provvedimenti
 ingiunzionali per la medesima condotta illegittima, correlati l'uno a
 violazioni   ex  secondo  e  terzo  comma  dell'art.  35,  l'altro  a
 violazioni ex settimo comma, il giudice del lavoro potrebbe  trovarsi
 vincolato   dal  giudicato  sull'esistenza  del  rapporto  di  lavoro
 formatosi nell'altro  procedimento  mediante  semplice  ordinanza  di
 convalida  emessa  a  norma  dell'art.  23, quinto comma, per mancata
 presentazione dell'opponente.
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato,  chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in
 subordine, infondata. Inammissibile per difetto di motivazione  sulla
 rilevanza   della   questione,  non  essendo  fornite  nell'ordinanza
 indicazioni specifiche circa la fattispecie oggetto  del  giudizio  a
 quo.  Infondata,  perche' la diversita' dei riti processuali previsti
 dalle    norme    impugnate     e'     razionalmente     giustificata
 dall'opportunita'di riservare le procedure proprie delle controversie
 di lavoro e previdenziali all'opposizione a ingiunzioni intimate  per
 violazioni  degli  obblighi  di  previdenza  in senso stretto (omesso
 versamento, totale o parziale, di contributi o premi).
    Nemmeno   puo'   prospettarsi,   ad  avviso  dell'Avvocatura,  una
 violazione del diritto di  difesa,  ne'  con  riguardo  all'art.  22,
 ultimo  comma,  dato  che  il doppio grado di giurisdizione non e' un
 principio costituzionalizzato, ne' per la possibilita'  di  conflitto
 tra  giudicati  ipotizzato  dal  giudice  remittente,  la quale e' di
 ordine meramente teorico e non pratico.
                         Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Lecco dubita della legittimita' costituzionale,
 in riferimento agli artt. 3 e 24 della  Costituzione,  dell'art.  35,
 secondo, terzo, quarto e settimo comma, della legge 24 novembre 1981,
 n. 689, nella parte in cui non prevede un adeguato coordinamento  tra
 i  diversi  riti  processuali  applicabili  ai giudizi di opposizione
 contro ordinanze-ingiunzioni, a seconda che riguardino violazioni  in
 materia   di   previdenza  obbligatoria  comportanti  direttamente  o
 indirettamente  omissione  totale  o  parziale  del   versamento   di
 contributi o premi oppure altre violazioni.
    Per  le  violazioni  della  prima  specie l'art. 35, quarto comma,
 attribuisce la competenza al  pretore  in  funzione  di  giudice  del
 lavoro  del  luogo  in  cui ha sede l'ufficio dell'ente o dell'organo
 statale che ha emanato  l'ordinanza,  e  assoggetta  il  giudizio  di
 opposizione  alla  disciplina prevista dal codice di procedura civile
 per le controversie previdenziali  (artt.  442  ss.),  integrata  dal
 richiamo  di  alcune norme contenute negli artt. 22 e 23 della stessa
 legge n. 689. Per le violazioni non comportanti evasioni contributive
 e'  competente,  ai  sensi del settimo comma, il pretore del luogo in
 cui e' stata commessa la violazione  e  il  giudizio  di  opposizione
 procede  secondo il rito ordinario regolato dagli artt. 22 e 23 della
 legge citata, i quali  prevedono,  tra  l'altro  (con  norma  analoga
 all'art.  647  c.p.c.,  salva  la diversita' del presupposto di fatto
 della sanzione, determinata dall'essere  qui  l'opposizione  proposta
 con ricorso e non con citazione), che, se l'opponente non si presenta
 alla prima udienza senza  comunicare  un  legittimo  impedimento,  il
 pretore  convalida  con  ordinanza il provvedimento opposto (art. 23,
 quinto comma).
    2.   -   L'Avvocatura   dello   Stato   eccepisce  preliminarmente
 l'inammissibilita' della questione sul riflesso che la sua  rilevanza
 non e' adeguatamente motivata dal giudice a quo. L'eccezione non puo'
 essere  accolta:  sebbene  non   fornisca   una   descrizione   della
 fattispecie   oggetto   del   giudizio   principale,  l'ordinanza  di
 rimessione consente tuttavia di ricostruirla.  Dalla  motivazione  si
 arguisce:  a)  che  il medesimo accertamento ispettivo ha rilevato la
 violazione dell'obbligo di cui all'art. 4, primo comma, del  d.l.  n.
 352  del  1978  (omessa  denuncia  all'I.N.P.S. di un certo numero di
 lavoratori), e conseguentemente anche la violazione  dell'obbligo  di
 cui  all'ultimo  comma del medesimo art. 4 (omessa consegna a ciascun
 lavoratore di copia della denuncia); b) che, mentre l'Ispettorato del
 lavoro ha provveduto senza indugio a intimare l'ordinanza-ingiunzione
 per la seconda violazione, si e'  verificato  invece  un  ritardo  da
 parte  dell'I.N.P.S.  nell'emissione  della distinta ordinanza di sua
 competenza per la prima.
    Poiche'    nel   procedimento   di   opposizione   all'ingiunzione
 dell'Ispettorato, regolato dall'art. 23 della legge n. 689 del  1981,
 e'  stata  eccepita  l'inesistenza dei pretesi rapporti di lavoro, il
 Pretore ha ritenuto di sospendere il giudizio fino a quando  non  sia
 risolta  la questione di legittimita' costituzionale della disciplina
 processuale differenziata prevista dall'art. 35,  la  quale  consente
 che  nelle  circostanze  sopra  esposte  la  pregiudiziale  circa  la
 sussistenza del  rapporto  presupposto  dalla  norma  che  si  assume
 violata  sia decisa con un modus procedendi diverso da quello proprio
 delle controversie di lavoro.
    3. - La questione non e' fondata.
    L'articolazione    del    regime    processuale   dell'opposizione
 all'ordinanza-ingiunzione   prevista   dalle   norme   impugnate   e'
 razionalmente giustificata dalla diversa natura dell'illecito nei due
 generi di violazioni distinti dalla  legge  (il  primo  a  sua  volta
 suddistinto  in  due  specie).  Solo  l'opposizione  alle ingiunzioni
 fondate sull'accertamento amministrativo  di  violazioni  comportanti
 l'omesso pagamento di contributi o premi da' luogo a una controversia
 previdenziale in senso stretto, alla quale deve essere  riservata  la
 disciplina  processuale  degli  artt.  442  ss.  c.p.c.  e, con essa,
 mantenuto il doppio grado  del  giudizio  di  merito.  Per  le  altre
 violazioni  di  carattere  meramente  formale,  il  cui  accertamento
 presenta minori difficolta', appare piu' conveniente all'economia dei
 giudizi  l'applicazione  della  piu'  agile  procedura regolata dagli
 artt. 22 e 23 della legge n. 689. Puo' bensi'  accadere,  come  nella
 specie,  che una violazione del secondo tipo sia conseguenziale a una
 violazione del primo tipo, e che a causa del  ritardo  dell'emissione
 dell'ordinanza-ingiunzione  da  parte  dell'I.N.P.S., dovuto a scarsa
 tempestivita' di inoltro del rapporto dell'autorita' ispettiva  o  ad
 altri   intralci   burocratici,   la  questione  pregiudiziale  circa
 l'esistenza di un rapporto di lavoro, dalla quale dipende l'esistenza
 delle   contestata   evasione  contributiva,  sia  sollevata  non  in
 opposizione a tale contestazione,  ma  nel  giudizio  di  opposizione
 contro  l'ingiunzione  precedentemente emessa dall'Ispettorato per la
 violazione,  contestualmente  accertata,  di  un  obbligo  di  natura
 formale.  Ma  contro  la razionalita' di una disciplina normativa non
 fornisce argomento il rilievo che in certe circostanze  di  carattere
 eccezionale  essa  puo'  risultare  distorta  a  causa di disfunzioni
 dell'attivita'   amministrativa   rimediabili   con   una    migliore
 organizzazione e una maggiore efficenza. Ne' si puo' trarre argomento
 dalla possibilita' di giudicati contraddittori, la quale  formalmente
 non sussiste, essendo diverso l'oggetto dei due giudizi.
    4.  - Nemmeno e' ravvisabile una violazione del diritto di difesa.
 Non per quanto riguarda i mezzi di prova, che' anzi l'art. 23,  sesto
 comma, ammette la prova testimoniale con maggiore larghezza dell'art.
 421 c.p.c., applicabile nel giudizio di opposizione alle  ingiunzioni
 emesse  dall'I.N.P.S.;  ne'  a  cagione  dell'inappellabilita'  della
 sentenza (art. 23, ultimo comma), atteso che il  doppio  grado  della
 giurisdizione  di  merito  non  e'  un  principio  costituzionalmente
 garantito.
    Non  vale  infine  osservare  che il giudice del lavoro, investito
 dell'opposizione all'ordinanza ingiuntiva per violazioni del tipo  di
 cui  all'art.  35, secondo e terzo comma, potrebbe trovarsi vincolato
 sul  punto  dell'esistenza  del  rapporto  di  lavoro  dal  giudicato
 formatosi  nel  giudizio  precedente  mediante  semplice ordinanza di
 convalida del provvedimento opposto, ai sensi  dell'art.  23,  quinto
 comma.  A  parte  il carattere puramente teorico dell'argomento, tale
 possibilita' essendo esclusa nella specie perche' l'opponente  si  e'
 presentato   alla  prima  udienza,  va  obiettato  che  il  giudicato
 costituito dalla detta ordinanza fa stato  limitatamente  all'obbligo
 di  adempiere  la  sanzione  pecuniaria  irrogata  dal  provvedimento
 opposto, mentre ad ogni altro effetto non impedisce  che  l'esistenza
 del rapporto di lavoro possa essere rimessa in discussione.