IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza ai sensi dell'art. 1 della
 legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge
 11 marzo 1953, n. 87, per i seguenti
                                 MOTIVI
    1)  Con  ricorso  depositato  il 2 febbraio 1990, Mario Cardillo e
 Matteo Mauro Albanese, premesso di essere stati nominati  periti  dal
 giudice istruttore del tribunale di Lucera e di aver conseguentemente
 depositato una perizia contabile l'ufficio  istruzione  del  medesimo
 tribunale, hanno proposto ricorso ai sensi dell'art. 11 della legge 8
 luglio 1980, n. 319 ed art. 29 della legge 13 giugno  1942,  n.  714,
 nei  confronti del decreto del giudice istruttore del 25 gennaio 1990
 con il quale era stato loro liquidato  il  compenso  per  l'attivita'
 espletata rispettivamente di L. 8.783.600 oltre spese documentate.
    Hanno  assunto  i  ricorrenti che l'opera da loro svolta era stata
 molto complessa e laboriosa, poiche' avevano esaminato n. 1003  bolle
 di  acompagnamento, risultate alterate, classificandole a seconda del
 tipo di alterazione riscontrata, per un valore complessivo  accertato
 di L. 3.857.000.000.
    A  loro  avviso  il  giudice  istruttore,  nel  liquidare  il loro
 compenso ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352,  non
 solo  si sarebbe attenuto al minimo tabellare, ma avrebbe compiuto la
 liquidazione sulla base di un valore massimo accertato di un miliardo
 e non di quello effettivo.
    Al  contrario,  nella  specie,  avrebbe  dovuto  tenersi conto del
 disposto dell'art. 1 del d.P.R.  ora  richiamato;  inoltre,  l'ultimo
 scaglione di valori previsto dal successivo art. 2 non avrebbe potuto
 considerarsi insuperabile, poiche' diversamente  l'articolo  medesimo
 sarebbe  stato  contrastante  sia  con  l'art. 1 che con il principio
 desumibile dell'art. 2233 del  c.c.  secondo  il  quale  il  compenso
 dell'opera deve essere commisurato all'importanza della stessa.
    I  ricorrenti  hanno  pertanto  chiesto  al  tribunale che venisse
 liquidato il loro compenso sulla scorta delle loro  osservazioni,  da
 calcolarsi sul valore dai medesimi accertato.
    I  dottori  Cardillo  ed  Albanese  sono  successivamente comparsi
 dinanzi al tribunale in camera di consiglio, insistendo sul  ricorso.
    2)  Pregiudizialmente,  osserva  il  tribunale che il procedimento
 instaurato dai ricorrenti  rientra  pacificamente  nella  nozione  di
 "giudizio" di cui all'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Invero, esso ha l'attitudine a risolvere, dinanzi ad una autorita'
 giurisdizionale,  una  controversia  su  diritti  soggettivi,  e   si
 conclude  con  un  provvedimento  di  carattere definitivo, idoneo ad
 incidere "con l'efficacia propria del giudicato" sui medesimi diritti
 (Cass. 18 dicembre 1987, n. 9438).
    3)  Il tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione
 di costituzionalita' dell'art. 2 del d.P.R. 27 luglio 1988,  n.  352,
 in  relazione  all'art.  3,  primo  comma,  e  36, primo comma, della
 Costituzione nella parte  in  cui  non  prevede  scaglioni  di  cifre
 superiori  a lire un miliardo per stabilire l'ammontare dell'onorario
 per la  perizia  o  consulenza  tecnica  in  materia  amministrativa,
 contabile e fiscale.
    3.1)  La  norma in questione, infatti, espressamente prescrive che
 per  tali  perizie  o  consulenze  tecniche,  all'esperto  spetti  un
 onorario  a percentuale calcolato per scaglioni; per lo scaglione "da
 L. 500.000.000 fino  e  non  oltre  1.000.000.000"  va  applicata  la
 percentuale dallo 0,3% allo 0,6%.
    La   formulazione   della   norma  prescrive  chiaramente  che  la
 percentuale ivi prevista possa essere solo fino ad un valore di  lire
 un  miliardo, che costituisce la cifra ultima ed insormontabile sulla
 quale calcolare la percentuale medesima  questa,  al  contrario,  non
 potra' essere applicata per valori superiori.
    In  tal  senso  depone,  in  particolare, l'espressione "... e non
 oltre", contenuta nella norma, che il legislatore non  avrebbe  avuto
 ragione d'introdurre se non avesse voluto limitare quella percentuale
 e quella cifra massima, entrambe ora esaminate.
    3.2)  Questo  precisato,  rileva  il  tribunale che e' sicuramente
 condivisibile l'interpretazione della  norma  offerta  da  una  parte
 della  giurisprudenza  di  merito  (App.  Roma,  3  giugno  1988,  in
 Consulenze Societa', 1988, n. 42,  p.  3849),  secondo  la  quale  il
 legislatore    non    avrebbe   inteso   con   cio'   "escludere   la
 proporzionalita'  del   compenso   al   valore   del   bene   oggetto
 dell'accertamento  o  al valore della controversia", ovvero stabilire
 un limite  al  valore  di  siffatta  perizia  o  consulenza  tecnica,
 escludendo   in   conseguenza   il  diritto  al  compenso  "oltre  un
 determinato tetto di valore (cfr. sentenza innanzi richiamata).
    Invero,  siffatta  limitazione non si rinviene ne' la lettera, ne'
 nella ratio della norma.
    Al  contrario,  appare  evidente da un canto che il legislatore si
 sia proccupato di stabilire un compenso proporzionato al  valore  del
 bene  o  della  controversia  laddove  ha previsto ben 7 scaglioni di
 cifre  con  percentuali  differenti  (in  particolare   decrescenti);
 d'altro  canto,  che  non  ha inteso stabilire un importo massimo non
 superabile, se solo riconsidera che una norma in  tal  senso,  manca,
 mentre   e'   stato   espressamente   prescritto   il  limite  minimo
 insuperabile dell'ammontare  del  compenso  (art.  2  citato,  ultimo
 comma).
    E cio' limitandosi alla sola interpretazione delle norme contenute
 nell'art. 2.
    3.3)  A  questo  punto,  pero',  dovendo  l'ermeneuta  far ricorso
 all'interpretazione sistematica  della  norma,  non  rinviene  alcuna
 prescrizione  che,  essendo  "di  chiusura", soccorra nell'ipotesi di
 perizie o consulenze che superino il valore di un miliardo.
    Ed  invero,  non  puo'  utilmente  essere  utilizzato  il disposto
 dell'art. 1 del d.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, il quale  prescrive  i
 criteri  per  la determinazione degli onorari a percentuale (che sono
 per la perizia il  valore  del  bene  o  di  altra  utilita'  oggetto
 dell'accertamento  e  per  la  consulenza  tecnica  il  valore  della
 controversia).
    "Se non e' possibile applicare i criteri predetti gli onorari sono
 commisurati   al   tempo   ritenuto   necessario   allo   svolgimento
 dell'incarico  e  sono determinati in base alle variazioni", conclude
 la norma.
    Il  criterio  del tempo, pertanto, e' stato inteso dal legislatore
 quale risiduale allorche',  per  la  natura  della  perizia  o  della
 consulenza  tecnica,  non  soccorrano  affato  i  criteri  per  primi
 indicati. Ed allora, poiche' e' alla natura  dell'opera  che  occorre
 far  riferimento quest'ultima, per la sua unitarieta' non puo' essere
 scissa ed essere in parte ricompresa fra quelle il  cui  valore  vada
 calcolato  con i criteri per primi indicati ed in parte fra quelle di
 valore calcolabile secondo il tempo.
    Peraltro  ben  potrebbe  presentarsi  il  caso  di  una  perizia o
 consulenza tecnica effettuata su un bene di  valore  elevatissimo  ma
 che  non abbia comportato una spendita di tempo eccessiva, con il che
 il criterio temporale non sarebbe neppure logicamente utilizzabile.
    In  tal  senso  depone anche il contenuto della legge n. 319/1980,
 che  disciplina  la  materia  dei  compensi  spettanti   ai   periti,
 consulenti   tecnici,  interpreti  e  traduttori  per  le  operazioni
 eseguite a richiesta dell'autorita' giudiziaria, la quale costituisce
 pertanto  la  legge fondamentale di riferimento per l'interpretazione
 della norma in argomento.
    Questa  legge all'art. 2 dispone che la misura degli onorari fissi
 e  di  quelli  variabili  e'  stabilita  "con  tabelle  redatte   con
 riferimento alle tariffe professionali" le quali sono state da ultimo
 approvate con il d.P.R. n. 352/1988 in argomento.
    L'art.  4 prosegue: "per le prestazioni non previste nelle tabelle
 e per le quali non sia applicabile l'articolo  precedente  gli  oneri
 sono   commisurati   al   tempo  impiegato...  ".  Da  cio'  discende
 chiaramente il carattere di residualita' accordato dal legislatore al
 criterio temporale nel senso innanzi visto.
    Sempre  ricercando  in questa legge una norma che possa consentire
 un'interpretazione dell'art. 2 conforme  al  dettato  costituzionale,
 non  sembra  al  tribunale  che possa soccorrere l'art. 3 della legge
 medesima, il  quale  dispone  per  prestazioni  "analoghe"  a  quelle
 previste nelle tabelle, mentre la questione che ci occupa concerne la
 medesima prestazione, per la parte di valore accertato  eccedente  lo
 scaglione ultimo previsto dal legislatore.
    Infine, neppure sembra applicabile la norma contenuta nell'art. 5,
 la quale dispone la facolta' per il  giudice  di  aumentare  fino  al
 doppio  gli  onorari  per  le  prestazioni di eccezionale importanza,
 complessita'  e  difficolta'.  Invero,  tale  norma  appare   dettata
 dall'intento  del  legislatore  di  rendere  il  compenso per l'opera
 prestata il piu' adeguato possibile alla qualita' e  quantita'  della
 medesima.  Non  puo'  pertanto  essere applicata quando, a prescidere
 dall'importanza  o  complessita'   o   difficolta'   dell'opera,   il
 legislatore  abbia individuato un preciso criterio e cioe' come nella
 specie una data percentuale  per  scaglioni  di  cifre,  senza  pero'
 estenderlo oltre il miliardo di lire.
    Inoltre,  voler  interpretare  la  norma  in  esame quale norma di
 chiusura, comporterebbe una disparita' di trattamento a tacer d'altro
 fra  chi avrebbe compiuto un'opera di valore pari ad un miliardo e di
 particolare  complessita',  che  si   vedrebbe   applicati   i   due,
 concorrenti,  criteri  per la determinazione del compenso; e che, per
 contro, avendo svolto un'opera di valore superiore al miliardo, e  di
 particolare  complessita',  vedrebbe, a titolo di compenso, liquidata
 la medesima cifra.
    3.4)  Non sfugge al tribunale che verosimilmente il legislatore ha
 introdotto nell'art. 2 la cifra ultima  di  un  miliardo  poiche'  e'
 apparsa  pari ad un valore sufficientemente elevato in relazione alla
 natura dell'attivita' ivi prevista; ed  altresi'  che  sarebbe  stato
 impossibile  prevedere  scaglioni  di  cifre  fino all'infinito, onde
 coprire tutti i casi possibili.
    4)  La norma, pero' cosi' come articolata, appare in contrasto sia
 con l'art. 3 che con l'art. 36 della Costituzione.
    4.1) Invero, l'aver pretermesso la disciplina applicabile nel caso
 di perizie o consulenze tecniche  di  valore  superiore  al  miliardo
 comporta  sicuramente  per  tali  attivita'  un trattamento deteriore
 rispetto a quello assicurato per perizia  o  consulenza  tecniche  di
 valore   inferiore,   con   evidente   violazione  del  principio  di
 uguaglianza.
    Conseguentemente tale disciplina non offre neppure la possibilita'
 giuridica che l'autore di  una  tale  attivita'  veda  retribuito  il
 lavoro  svolto  in  relazione alla quantita' e qualita' del medesimo,
 ponendosi cosi' anche in violazione dell'art. 36, primo comma,  della
 Costituzione.
    5)  Osserva  infine  il  tribunale  che  la  questione proposta e'
 rilevante poiche' e' stata chiesta la  liquidazione  di  una  perizia
 contabile  per  un  valore superiore al miliardo la cui disciplina e'
 contenuta proprio nella norma misurata.