IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Ha pronunciato la seguente ordinanza. Letti gli atti, che sorge questione di costituzionalita', influente e non manifestamente infondata, degli artt. 37, secondo comma, e 39, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448. Come gia' aveva ritenuto il giudice per le indagini preliminari all'atto di respingere la richiesta del pubblico ministero di applicare in via provvisoria una misura di sicurezza al minore Pietro Caravello (nei confronti del quale ha dichiarato non doversi procedere per difetto di imputabilita'), anche il tribunale stima che manchino i presupposti di legge per applicare una misura di sicurezza. Siffatti presupposti sono pertanto influenti sulla decisione da assumere. E, invero, dal combinato disposto dagli artt. 37, secondo comma, e 39 del d.P.R. n. 448/1988 si ricava che il minore puo' essere sopposto a misura di sicurezza solo "quando per le specifiche modalita' e circostanze del fatto e per la personalita' dell'imputato, sussiste il concreto pericolo che questi commetta delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro la sicurezza collettiva o l'ordine costituzionale ovvero gravi delitti di criminalita' organizzata". Ora i reati di furto aggravato e guida senza patente per cui si procede e gli altri fatti di cui agli incarti allegati dal pubblico ministero per illuminare la personalita' e la condotta del minore, tra cui l'incendio di un cassonetto della nettezza urbana, appaiono tipici della comune delinquenza minorile e non rivelatori di quella gravissima pericolosita' sociale insita nel tipo di reati contemplati come presupposto per potere applicare misure di sicurezza ai minori. In particolare, dare alle fiamme un contenitore di rifiuti, quand'anche possa determinare una situazione di comune pericolo, non denota certo concreta proclivita' ad attentare alla "sicurezza collettiva". Il legislatore, in realta', ha voluto circoscrivere drasticamente il ricorso alle misure di sicurezza nei confronti dei minori. Giova in proposito, trascrivere quanto scritto da un commentatore: "Si tratta di una novita' importante: non basta piu' la tradizionale pericolosita' sociale, ma e' necessario accertare una pericolosita' molto accentuata, quella appunto indicata dall'art. 37, secondo comma. In sostanza, con una norma processuale viene realizzata una rilevante modificazione sostanziale, che, mentre da un lato comportera' la riduzione dell'applicazione della misura suindicata a pochissimi casi, dall'altro introdurra' di fatto un limite minimo di eta' tuttora formalmente inesistente. Infatti, se anche il legislatore ha fatto esplicito riferimento anche al minore infraquattordicenne richiamando l'art. 97 del c.p., tuttavia si tratta di una previsione assolutamente eccezionale, essendo praticamente impossibile reperire una cosi' grave pericolosita' in un ragazzo tanto giovane". (AA.VV. "Codice di procedura penale minorile commentato", esperienze di giustizia minorile, Roma, 1990, p. 266). Se non che, tutto cio' rende fondato l'interrogativo sulla legittimita' costituzionale del potere cosi' esercitato dal legislatore delegato. Nell'art. 3 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, di delegazione al Governo in nessun punto erano contemplate, infatti, le misure di sicurezza. Anche se quell'articolo conteneva in premessa un'attribuzione di poteri di adeguamento e integrazione dei principi generali del nuovo processo penale, in considerazione delle particolari esigenze psicologiche ed educative dei minori, incidere sul codice penale sembra aver posto in essere uno sconfinamento dai limiti di un adeguamento tecnico della discplina processuale. Il legislatore delegato minorile (che ha fatto largo uso di siffatti poteri di adeguamento e integrazione) sembra in questo caso essere trapassato nel campo delle vere e proprie scelte di politica criminale. E cio' ritenendosi investito, nell'interesse dei minori, di poteri addirittura indefiniti di modifica dell'ordinamento.