ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 6, primo e
 secondo comma, della legge della Provincia di Trento 15  marzo  1983,
 n.   6  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
 pluriennale della Provincia autonoma di Trento - Legge  finanziaria),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  13  ottobre  1989 dal Tribunale
 regionale di Giustizia Amministrativa di Trento sul ricorso  proposto
 dal Comune di Trento contro la Provincia autonoma di Trento ed altra,
 iscritta al n. 313 del registro ordinanze  1990  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  23, prima serie speciale,
 dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  del  Comune  di Trento e della
 Provincia autonoma di Trento;
    Udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi l'Avv. Paolo Stella Richter per il Comune di Trento e Sergio
 Panunzio per la Provincia autonoma di Trento;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento
 ha adottato l'ordinanza da cui  ha  origine  l'attuale  giudizio  nel
 corso  di una controversia promossa dal Comune di Trento, il quale ha
 convenuto la Provincia autonoma di Trento allo scopo di:
       a)  accertare  che gli oneri conseguenti al ricovero nelle case
 di riposo degli anziani c.d. non autosufficienti siano  di  esclusiva
 pertinenza del Servizio sanitario provinciale;
       b) dichiarare che la somma pagata alla Casa di riposo civica di
 Trento dal Comune ricorrente per il  ricovero  della  Signora  Adelia
 Bonvecchio  costituisca  un debito della Provincia autonoma di Trento
 e, per essa, della Unita' Sanitaria Locale competente per  territorio
 e,  conseguentemente, condannare in solido queste ultime al pagamento
 della predetta somma.
    Il  giudice  a  quo,  dopo  aver respinto con separata sentenza il
 ricorso del Comune nella parte in  cui  chiedeva  di  dichiarare  che
 spettassero  al  Servizio sanitario provinciale gli oneri conseguenti
 al ricovero nelle case di riposo degli  anziani  non  autosufficienti
 per  le  prestazioni  c.d.  alberghiere  o  comunque  di  natura  non
 sanitaria, ha sospeso il giudizio  relativo  agli  altri  capi  della
 domanda  attrice  sollevando questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge  della  Provincia  di
 Trento  15  marzo 1983, n. 6, nella parte in cui, nel disporre che le
 Unita' Sanitarie Locali assumono a proprio carico la spesa inerente a
 prestazioni  di  natura sanitaria erogate a favore di persone anziane
 non autosufficienti ricoverate in casa  di  riposo,  prevede  che  la
 Giunta  provinciale  stabilisca,  in  base  ad  appositi parametri, i
 limiti riferiti al  numero  delle  persone  assistibili  e  al  costo
 pro-capite,  entro  i  quali  le  Unita'  Sanitarie  Locali  assumono
 l'anzidetta spesa.
    Ad   avviso   del   giudice   a  quo,  le  disposizioni  impugnate
 contrasterebbero, innanzitutto, con l'art.  32,  primo  comma,  della
 Costituzione.  Quest'ultimo  articolo,  infatti,  garantirebbe a ogni
 cittadino  un  vero  e  proprio   diritto   soggettivo,   di   natura
 costituzionale,  ad ottenere le prestazioni sanitarie di prevenzione,
 di cura e di riabilitazione erogate dal Servizio sanitario nazionale,
 il  quale,  proprio perche' diritto soggettivo perfetto, non potrebbe
 essere  sacrificato  da  norme  di  legge  volte  a  subordinarne  il
 godimento   alle   disponibilita'  organizzative  e  finanziarie  del
 Servizio sanitario, ne' potrebbe esser  trasformato  in  una  pretesa
 eventuale  e  aleatoria in conseguenza della previsione di interventi
 surrogatori di altri  enti  (nella  specie  il  Comune)  non  onerati
 giuridicamente a sostenere le relative prestazioni.
    In  secondo  luogo, la stessa norma impugnata violerebbe l'art. 3,
 primo comma, della Costituzione, dal  momento  che  il  principio  di
 eguaglianza  risulterebbe  leso  dalla mancata garanzia ai ricoverati
 contemplati dalla suddetta norma del medesimo livello di  prestazioni
 sanitarie   assicurato   alla   generalita'   dei   cittadini  e,  in
 particolare, ad altri anziani non autosufficienti che, trovandosi  in
 condizioni  soggettive  diverse  da  quelle conducenti al ricovero in
 caso  di  riposo,  usufruiscano  di  forme  di  assistenza  sanitaria
 alternative  (domiciliare,  ambulatoriale, ospedaliera), non soggette
 alle limitazioni finanziarie previste nella norma censurata.
    Infine, in base a considerazioni analoghe, lo stesso giudice a quo
 prospetta la violazione, da parte delle  norme  impugnate,  dell'art.
 116,  primo  comma,  della  Costituzione  e degli artt. 5 e 9, n. 10,
 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,  dal  momento  che
 risulterebbero  lesi i principi fondamentali enunciati dagli artt. 1,
 19 e 3, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i  quali
 garantiscono,  da  un  lato, la tutela della salute come fondamentale
 diritto dell'individuo e, dall'altro, la parita'  nei  livelli  delle
 prestazioni  sanitarie  garantite  a tutti i cittadini da parte delle
 Unita' Sanitarie Locali.
    In  punto  di  rilevanza, il giudice a quo osserva che nella somma
 (lire 23.330.606) pagata dal Comune di Trento alla Casa di  riposo  e
 pretesa  in  restituzione  sarebbe ricompresa, oltre a una prevalente
 quota imputabile a spese "alberghiere" o comunque a spese  di  natura
 socio-assistenziale  (legittimamente gravanti sul bilancio comunale a
 seguito di quanto deciso con sentenza parziale), una quota  di  spesa
 sanitaria  non  sostenuta  direttamente dalla Unita' Sanitaria Locale
 per effetto dei parametri limitativi, riferiti ai  numeri  dei  posti
 letto  e  alla spesa pro-capite, fissati dalla Giunta provinciale con
 la delibera n. 5663 del 1983 e  con  le  altre  delibere  successive.
 Infatti, avendo concorso l'Unita' Sanitaria Locale al pagamento della
 retta per il ricovero contestato nella misura di  un  terzo,  non  si
 potrebbe  dubitare,  a  parere  del  giudice a quo, che su tale quota
 abbiano inciso le limitazioni stabilite  in  base  alla  disposizione
 impugnata,  di  modo che, anche al fine di ottenere il rimborso della
 quota anticipata per prestazioni di carattere sanitario  (costituente
 parte  del  petitum  nel giudizio a quo) il Comune di Trento dovrebbe
 preliminarmente conseguire  la  caducazione  della  norma  censurata,
 sulla  quale  si fonda il potere della Giunta provinciale di porre le
 limitazioni contestate.
    2.  -  Il  Comune  di  Trento,  attore  nel  giudizio a quo, si e'
 costituito  solo  formalmente  facendo  propri  tutti  gli  argomenti
 addotti nell'ordinanza di rimessione.
    3. - Si e' regolarmente costituita la Provincia autonoma di Trento
 chiedendo che le questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate
 siano dichiarate irrilevanti e, comunque, infondate.
    A  sostegno  della  richiesta  relativa all'inammissibilita' delle
 questioni, la Provincia osserva, innanzitutto, che  la  rilevanza  e'
 soltanto  affermata  dal  giudice a quo, ma non dimostrata, tanto che
 vengono posti a base della stessa fatti tutt'altro che provati,  come
 ad esempio il rilievo che nell'importo rivendicato dal Comune rientri
 sicuramente anche una quota di spesa  sanitaria.  In  secondo  luogo,
 oltre  a  essere vaga e indeterminata, la valutazione della rilevanza
 e' operata dal giudice a quo soltanto in via ipotetica, nel senso che
 le  norme  impugnate  "sembrano"  costituire la premessa affinche' il
 costo di determinate prestazioni possa essere sostenuto dal  Servizio
 sanitario  nazionale.  In ogni caso, conclude la Provincia sul punto,
 l'irrilevanza delle questioni si dedurrebbe agevolmente dalla  stessa
 ordinanza  di  rimessione.  Le  questioni  relative all'art. 6, primo
 comma, infatti, non avrebbero potuto essere  sollevate  dopo  che  lo
 stesso  giudice  a quo, con sentenza parziale adottata separatamente,
 aveva respinto le richieste  imperniate  su  quel  comma  dichiarando
 manifestamente  infondate le relative questioni di costituzionalita'.
 Mentre, le questioni relative al secondo comma dello stesso articolo,
 considerato  che  le  contestazioni  del  Comune di Trento concernono
 soltanto  i  limiti  di  spesa  riferiti  al  numero  delle   persone
 assistibili   e  non  anche  quelli  relativi  al  costo  pro-capite,
 sarebbero anche per questa parte irrilevanti, dal momento  che,  come
 afferma  la stessa ordinanza di rimessione, l'Unita' Sanitaria Locale
 ha provveduto a  pagare  almeno  una  quota  della  spesa  sanitaria,
 mostrando  cosi'  di  non aver escluso l'assistita della cui spesa si
 discute dal numero dei beneficiari  delle  prestazioni  sanitarie  in
 questione.
    Quanto   al  merito,  la  Provincia,  attraverso  un  esame  della
 disciplina statale esistente in materia e in particolare dell'art. 30
 della  legge  27  dicembre  1983,  n.  730 e dell'atto di indirizzo e
 coordinamento approvato con D.P.C.M.  8 agosto  1985,  deduce  che  i
 ricoveri  di  persone  non  autosufficienti  in  case  di  riposo non
 rientrerebbero  integralmente   fra   le   attivita'   esclusivamente
 sanitarie,  ne'  in  quelle  "di  rilievo  sanitario  connesse con le
 attivita' socio- assistenziali" (le quali sono  a  carico  del  Fondo
 sanitario  nazionale), non essendo dirette, come richiede la predetta
 disciplina, in via esclusiva o comunque prevalente "alla  cura  degli
 anziani,  limitatamente agli stati morbosi non curabili a domicilio".
 Qui si sarebbe  in  presenza,  invece,  di  attivita'  sanitarie  non
 disgiungibili  da  quelle socio-assistenziali, per le quali, continua
 la Provincia, a norma dell'art. 6 del  citato  atto  di  indirizzo  e
 coordinamento,  il riparto tra spese assistenziali (non imputabili al
 fondo  sanitario)  e  spese  sanitarie  dovrebbe  avvenire  in   modo
 forfettario  e  proporzionale all'incidenza della tutela sanitaria su
 quella assistenziale  "con  eventuale  partecipazione  da  parte  dei
 cittadini".
    Anche  alla  luce della suddetta disciplina, la Provincia contesta
 l'assunto del giudice a quo, secondo  il  quale  l'impugnato  art.  6
 comporta  sia  l'eventuale  esclusione, per eccedenza della "quota di
 riserva", di anziani non autosufficienti dai posti letto  delle  case
 di   riposo   convenzionate   con   il  Servizio  sanitario,  sia  la
 possibilita' che  il  suddetto  Servizio  non  si  accolli  le  spese
 relative a prestazioni sanitarie rese nelle anzidette case di riposo.
 Ad avviso  della  Provincia,  infatti,  i  parametri  previsti  dalla
 disposizione  impugnata (cioe' quello relativo al numero dei soggetti
 assistibili   e   quello   riferito   al   costo   pro-capite)    non
 costituirebbero  limiti  operanti  nei confronti dei singoli utenti e
 non mirerebbero quindi a fissare un "tetto" dei soggetti assistibili,
 ma  sarebbero  invece  semplici  criteri  per  stabilire  il  quantum
 complessivo  del  fondo  sanitario  da   destinare   agli   anzidetti
 interventi  e  per  permettere  alla Giunta provinciale di operare il
 riparto delle quote di quel fondo fra le singole case  di  riposo  in
 proporzione al numero (presuntivo) dei ricoverati e in relazione agli
 standards di assistenza che ogni  casa  di  riposo  e'  in  grado  di
 garantire  dati  certi  costi  per  le  unita'  di  personale. Questa
 interpretazione, che la Provincia ha segui'to in tutte le delibere di
 Giunta  applicative  della  disposizione  impugnata  (v. delibere nn.
 5663/83, 9741/84, 3650/86, 5010/87, 107/88, 182/89),  ha  portato  la
 Provincia  stessa  a  includere tra le "prestazioni sanitarie" di cui
 all'impugnato art. 6, oltre a quelle che lo sono  in  senso  stretto,
 anche   attivita'   "di   rilievo   sanitario   connesse  con  quelle
 socio-assistenziali" o non disgiungibili da queste ultime e,  persino
 attivita'   esclusivamente   socio-assistenziali,   con   un  impegno
 finanziario molto superiore alla quota  riferibile  alle  prestazioni
 propriamente  sanitarie.  In ogni caso, conclude la Provincia, ove in
 ipotesi astratta i ricoverati fossero in numero superiore  ai  limiti
 prefissati,    si   potra'   avere   nell'immediato   una   riduzione
 proporzionale della quota di intervento  finanziario  provinciale  in
 relazione a ciascun ospite, con conseguente maggiorazione della retta
 di  ricovero  posta  a  carico  degli  assistiti  o,  ricorrendone  i
 presupposti,  del  Comune:  maggiorazione che, in ogni caso, non puo'
 arrivare a incidere sulla spesa per le attivita' sanitarie, che resta
 sempre a carico della Provincia.
    Da  ultimo,  la Provincia sottolinea che, in relazione all'ipotesi
 dedotta in giudizio, non si puo'  parlare,  come  fa  l'ordinanza  di
 rimessione,  di  un  diritto  soggettivo  "perfetto"  a  ottenere  le
 prestazioni sanitarie del Servizio nazionale, per  il  fatto  che  le
 case  di  riposo  e l'assistenza, anche sanitaria, da esse erogata ai
 sensi delle disposizioni impugnate si collocherebbero al di fuori del
 sistema  del  Servizio  sanitario nazionale, pur se sono collegate ad
 esso. Di modo che la tutela assicurata  al  cittadino  riguardo  alle
 prestazioni  sanitarie  offerte  dalle case di riposo potrebbe essere
 anche  diversa,  in  termini  di  garanzia  delle  prestazioni  e  di
 tendenziale  gratuita'  delle  stesse,  rispetto  a quella assicurata
 direttamente  dalle  strutture  appartenenti  al  Servizio  sanitario
 nazionale.
    4. - In prossimita' dell'udienza il Comune di Trento ha presentato
 un'ampia memoria portando argomenti a favore della rilevanza e  della
 fondatezza delle questioni sollevate.
    Riguardo   alla   rilevanza  dell'estensione  della  questione  di
 costituzionalita' al primo comma dell'art. 6 della legge  provinciale
 n.  6  del  1983,  il  Comune  sottolinea che e' proprio quel comma a
 prevedere la possibilita' (poi sviluppata dal  comma  successivo)  di
 limiti  nell'assunzione, da parte dell'Unita' Sanitaria Locale, della
 spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria e che non puo' avere
 alcuna  efficacia  preclusiva  la  sentenza  parziale  adottata dallo
 stesso giudice rimettente riguardo all'esclusione dell'assunzione  da
 parte  del Servizio sanitario delle spese "alberghiere" o comunque di
 natura non sanitaria. Ne', sempre ad avviso del Comune, l'irrilevanza
 dell'intera  questione  potrebbe  derivare  dal supposto pagamento da
 parte  della  Provincia  (come  asserisce  la   difesa   di   questa)
 dell'intera spesa sanitaria, sia perche' spetta solo al giudice a quo
 determinare se in ipotesi il Servizio sanitario  provinciale  si  sia
 accollato solo una parte (come egli ha ritenuto) o la totalita' della
 spesa sanitaria (come ritiene la Provincia), sia perche'  il  ricorso
 introduttivo del giudizio a quo conteneva una domanda di accertamento
 generale, per la quale  la  questione  e'  sempre  e  necessariamente
 rilevante.
    Nel  merito  il  Comune,  dopo aver sottolineato la non pertinenza
 delle adduzioni della Provincia relative agli atti di amministrazione
 attiva della Giunta provinciale (peraltro successivi al fatto dedotto
 nel giudizio a quo) che avrebbero  evitato  la  lesione  del  diritto
 all'assistenza  sanitaria  piena  "modificando"  il significato della
 norma impugnata, afferma  che  la  questione  sottoposta  alla  Corte
 costituzionale e' se la norma impugnata, per quel che dice, contrasta
 con il diritto costituzionale alla salute, garantito dagli  artt.  32
 della  Costituzione  e  degli  artt. 1, 3 e 19 della legge n. 833 del
 1978. E tale diritto, secondo il Comune, sussiste anche in  relazione
 al  ricovero  nelle case di riposo, sia perche' si deve escludere che
 si tratti di un interesse  legittimo  la  cui  soddisfazione  dipenda
 dalle   disponibilita'   organizzative  e  finanziarie  del  Servizio
 sanitario pubblico, sia perche'  l'accertamento  della  qualifica  di
 anziano  non  autosufficiente e il ricovero nelle case di riposo sono
 decisi  dallo  stesso  Servizio  tramite  l'Unita'  Sanitaria  Locale
 competente    per    territorio    e   prescindono   dalla   volonta'
 dell'interessato (sicche' apparrebbe arbitraria la postulazione della
 Provincia  relativa  alla  diversita'  di  tutela che potrebbe essere
 assicurata al cittadino  dalle  case  di  riposo  rispetto  a  quella
 accordata dalle strutture del Servizio Sanitario).
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  questione  sottoposta  al  giudizio di questa Corte dal
 Tribunale  regionale  di  Giustizia  amministrativa  di  Trento   con
 l'ordinanza   di   rimessione   indicata  in  epigrafe  consiste  nel
 verificare se contrasti con gli  artt.  32,  primo  comma,  3,  primo
 comma,  della Costituzione, nonche' con gli artt. 5 e 9, n. 10, dello
 Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e con  l'art.  116  della
 Costituzione,  in connessione con gli artt. 1, 3, secondo comma, e 19
 della legge 23  dicembre  1978,  n.  833  (Istituzione  del  servizio
 sanitario  nazionale),  l'art.  6, primo e secondo comma, della legge
 della Provincia di Trento 15 marzo 1983, n. 6  (Disposizioni  per  la
 formazione   del  bilancio  annuale  e  pluriennale  della  Provincia
 autonoma di Trento - Legge finanziaria), nella parte in  cui  prevede
 che  la Giunta provinciale stabilisca, in base ad appositi parametri,
 i limiti, riferiti al numero delle persone  assistibili  e  al  costo
 pro-  capite,  entro  i  quali le Unita' Sanitarie Locali assumono la
 spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria erogate a favore  di
 persone anziane "non autosufficienti" ricoverate in case di riposo.
    In  via  pregiudiziale  la  Provincia autonoma di Trento eccepisce
 l'irrilevanza della questione sollevata sotto svariati profili.
    2.  - Le eccezioni di inammissibilita' non possono essere accolte.
    Al  fine  di decidere le numerose eccezioni d'irrilevanza proposte
 dalla   Provincia   autonoma   di   Trento    occorre    ripercorrere
 sinteticamente  le  vicende  del  giudizio a quo. Adito dal Comune di
 Trento allo scopo di accertare se gli oneri conseguenti  al  ricovero
 nelle  case  di  riposo degli anziani non autosufficienti spettino in
 via esclusiva al Servizio sanitario provinciale  e,  per  esso,  alla
 Unita' Sanitaria Locale competente per territorio, nonche' allo scopo
 di ottenere la restituzione da quest'ultima della  somma  pagata  dal
 ricorrente  per  le  prestazioni  erogate  a una cittadina ricoverata
 presso la casa di riposo civica di Trento, il giudice  rimettente  ha
 applicato  l'art.  6  della legge provinciale n. 6 del 1983, il quale
 prevede, al primo comma, che "in attesa dell'entrata  in  vigore  del
 piano  sanitario  provinciale  le  Unita' sanitarie Locali assumono a
 proprio carico, entro i limiti e  secondo  le  direttive  di  cui  al
 successivo  comma  e  sulla  base  di  convenzioni  con  gli  enti  o
 istituzioni pubbliche interessate, la spesa inerente a prestazioni di
 natura   sanitaria   erogate   a   favore   di  persone  anziane  non
 autosufficienti ricoverate in case di riposo".
    In  base  a tale disposizione legislativa il giudice rimettente ha
 innanzitutto emesso una sentenza parziale con la quale ha respinto la
 richiesta  del  Comune  ricorrente per quanto riguarda la ripetizione
 delle somme pagate a titolo di prestazioni "alberghiere"  o  comunque
 di   natura   non   sanitaria   o   socio-assistenziale,  poiche'  la
 disposizione di legge appena ricordata pone  a  carico  delle  Unita'
 Sanitarie   locali   soltanto  le  spese  inerenti  alle  prestazioni
 sanitarie. In relazione a queste ultime, invece, il giudice a quo  ha
 ritenuto  di  non poter definire il giudizio in mancanza della previa
 risoluzione da parte di questa Corte di  un  dubbio  di  legittimita'
 costituzionale  concernente  l'art.  6,  primo e secondo comma, della
 legge  provinciale  n.  6  del  1983.  Egli,  infatti,  sospetta  che
 contrasti  con  il  diritto costituzionale alla salute (art. 32 della
 Costituzione), con i principi fondamentali della legge istitutiva del
 Servizio  sanitario  nazionale (artt. 1, 3, secondo comma, e 19 della
 legge  n.  833  del  1978)  e  con  il  principio  costituzionale  di
 eguaglianza,  la previsione, contenuta nell'impugnato art. 6, secondo
 la quale le prestazioni sanitarie erogate dalle case di  riposo  alle
 persone anziane "non autosufficienti" ricoverate siano poste a carico
 delle Unita' Sanitarie Locali, non gia' integralmente, ma nei  limiti
 che  la  Giunta provinciale stabilisce in riferimento al numero delle
 persone assistibili e al costo pro-capite.
    2.1.  -  Secondo  una  prima  eccezione presentata dalla Provincia
 autonoma di Trento, la rilevanza della questione di costituzionalita'
 proposta  dal giudice a quo non sarebbe affatto dimostrata e, in ogni
 caso, sarebbe meramente ipotetica.
    In  realta' cosi' non e', poiche' il giudice a quo, nel suo libero
 apprezzamento dei  fatti  relativi  al  giudizio  amministrativo,  ha
 rilevato  che,  avendo la convenuta Unita' Sanitaria Locale "concorso
 per circa un terzo al pagamento della retta per il ricovero", non  si
 possono  non  ritenere  ricomprese  nella  quota pagata dal Comune di
 Trento spese per prestazioni sanitarie, se pure ridotte in base  alle
 limitazioni  disposte  dalla  Provincia  con  le delibere applicative
 dell'impugnato art. 6. E, conclude  il  giudice  a  quo,  poiche'  il
 Comune ricorrente chiede anche il rimborso delle quote anticipate per
 prestazioni di  carattere  sanitario  e  non  coperte  dal  pagamento
 effettuato   dall'Unita'   Sanitaria   Locale,   pregiudiziale   alla
 definizione del giudizio pendente presso di  lui  e'  la  risoluzione
 della  questione relativa alla legittimita' costituzionale del potere
 di limitazione attribuito dall'art. 6  alla  Giunta  provinciale  per
 quanto  attiene il concorso finanziario delle Unita' Sanitarie Locali
 alle spese per le prestazioni di carattere sanitario.
    Non vi puo' esser dubbio, dunque, che la rilevanza della questione
 di costituzionalita' sia adeguatamente motivata. Essa,  inoltre,  non
 risulta del tutto ipotetica rispetto al caso dedotto in giudizio, nel
 senso che non e'  tale  da  indurre  a  ritenere  che  la  previsione
 legislativa del ricordato potere provinciale di limitazione non possa
 avere la minima applicazione nel caso dedotto nel giudizio a quo.
    2.2.  - Con una seconda eccezione di inammissibilita' la Provincia
 autonoma di Trento postula l'irrilevanza della questione relativa  al
 primo  comma  dell'impugnato art. 6, sul presupposto che il giudice a
 quo, nell'adottare la sentenza  parziale  precedentemente  ricordata,
 abbia  definito tutte le richieste relative all'anzidetto primo comma
 pronunziando la manifesta infondatezza delle  connesse  questioni  di
 legittimita' costituzionale.
    In  realta',  l'effetto  preclusivo prospettato dalla Provincia di
 Trento non si e' prodotto per il semplice fatto che non e'  vero  che
 il  giudice  a  quo  abbia definito con l'accennata sentenza parziale
 tutte le questioni relative  al  primo  comma.  Con  tale  decisione,
 infatti, il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento
 ha respinto il ricorso del Comune per quanto riguarda la  ripetizione
 delle  spese  dovute  per  le  prestazioni  di natura non sanitaria o
 socio-assistenziale, dichiarando manifestamente infondate le relative
 questioni di legittimita' costituzionale. Ma questa sentenza non puo'
 avere un effetto di preclusione  nei  confronti  delle  questioni  di
 costituzionalita'  relative  all'assunzione  delle  spese conseguenti
 alle prestazioni sanitarie, le quali non rientrano certo nell'oggetto
 della medesima decisione.
    Per  tali  motivi,  non  puo'  essere  censurato il coinvolgimento
 dell'art. 6, primo comma, della legge provinciale n. 6 del 1983 nella
 questione di legittimita' costituzionale sollevata con l'ordinanza di
 rimessione in questione, dal momento che e' proprio in quel comma che
 e' contenuta la disposizione per la quale "le Unita' sanitarie locali
 assumono a proprio carico, entro i limiti e secondo le  direttive  di
 cui  al  successivo  comma  (...), la spesa inerente a prestazioni di
 natura  sanitaria  erogate  a   favore   di   persone   anziane   non
 autosufficienti  ricoverate in case di riposo". E, considerato che il
 giudice a quo contesta  la  legittimita'  costituzionale  del  potere
 conferito  alla  Provincia  di  limitare  l'assunzione  a  carico del
 proprio bilancio delle spese  dovute  per  le  prestazioni  sanitarie
 erogate  agli  anziani "non autosufficienti" ricoverati nelle case di
 riposo, l'oggetto dell'impugnazione ora discussa e' stato individuato
 non  solo nel primo comma, relativamente all'inciso in cui ammette la
 limitabilita' dell'assunzione a carico della  Provincia  delle  spese
 per  prestazioni  sanitarie,  ma  anche  nel secondo comma, il quale,
 svolgendo la precedente  disposizione,  attribuisce  quel  potere  di
 limitazione   alla   Giunta   provinciale   e   lo  subordina  a  una
 parametrazione riferita al numero  delle  persone  assistibili  e  al
 costo pro-capite.
    2.3.  -  Infine,  va  pure  rigettata  un'ulteriore  eccezione  di
 inammissibilita' prospettata dalla Provincia di Trento, per la quale,
 sul  presupposto  che  nel  giudizio  a  quo  sia venuto in questione
 soltanto il limite numerico, e non  gia'  quello  riferito  al  costo
 pro-capite,  dovrebbe  considerarsi irrilevante non solo la questione
 relativa ai limiti attinenti al costo pro-capite, ma anche ogni altra
 questione  sollevata,  dal  momento  che  l'aver  provveduto l'Unita'
 Sanitaria Locale ad assumersi almeno una quota della spesa  sanitaria
 dimostrerebbe  che l'assistita di cui e' causa nel giudizio a quo non
 sarebbe stata esclusa dal numero dei beneficiari delle prestazioni  a
 carico del medesimo Servizio sanitario pubblico.
    Anche  in questo caso il presupposto sul quale si basa l'eccezione
 esaminata non e' esatto. Secondo l'impugnato art. 6, il limite  entro
 il  quale  l'Unita' Sanitaria Locale assume la spesa conseguente alle
 ricordate  prestazioni   sanitarie   viene   fissato   dalla   giunta
 provinciale  in  sede di programmazione finanziaria sulla base di una
 duplice  previsione:  il  numero  presuntivo   degli   anziani   "non
 autosufficienti"  che  nell'anno  finanziario  considerato usufruira'
 delle prestazioni sanitarie erogate dalle case di riposo e  il  costo
 preventivato  che  l'amministrazione  erogante  sopportera'  per ogni
 ricoverato bisognevole di prestazioni sanitarie  in  relazione  a  un
 determinato  standard minimo di attivita' (mediche, infermieristiche,
 rieducative,  etc.)  da  garantire.  Poiche'  i  parametri   indicati
 costituiscono   i  criteri,  legislativamente  prestabiliti,  per  la
 quantificazione dell'intervento finanziario della Provincia  ai  fini
 dell'integrazione   del   fondo   sanitario   provinciale  e  per  la
 ripartizione dei finanziamenti tra i  singoli  enti  erogatori,  essi
 sono    praticamente    inscindibili,   considerato   che   l'impegno
 finanziario, tanto nel suo complesso quanto nelle  singole  quote  da
 distribuire ai singoli enti erogatori, non puo' esser determinato che
 attraverso la moltiplicazione degli  indici  numerici  relativi  agli
 assistibili  previsti  con  quelli  concernenti  la  spesa pro-capite
 stimata.
   Ne'  il  fatto  che l'Unita' Sanitaria Locale si sia assunta almeno
 una parte della spesa sanitaria  relativa  all'assistita  di  cui  e'
 questione  nel  giudizio a quo puo' essere considerato in se' come un
 elemento da cui dedurre l'irrilevanza della questione di legittimita'
 costituzionale   sollevata,   dal  momento  che  la  decisione  sulla
 costituzionalita'   della   previsione    legislativa    di    limiti
 all'assunzione  da  parte  del  Servizio  sanitario provinciale delle
 spese dovute per le prestazioni sanitarie erogate agli  anziani  "non
 autosufficienti"  ricoverati  nelle  case  di riposo e' indubbiamente
 pregiudiziale rispetto alla risoluzione della questione di merito  se
 la  restante  parte  della  spesa  sanitaria  debba  essere accollata
 all'Unita' Sanitaria Locale o al Comune di Trento.
    3.  -  Non  fondata e', in ogni caso, la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge  della
 Provincia  autonoma  di  Trento  n.  6  del  1983, nella parte in cui
 prevede che l'assunzione a carico dell'Unita' Sanitaria Locale  delle
 spese  conseguenti  a  prestazioni  sanitarie erogate ad anziani "non
 autosufficienti"  ricoverati  nelle  case  di  riposo  possa   essere
 limitata  sulla  base  di  parametri riferiti al numero delle persone
 assistibili e al costo pro-capite.
    Le  censure prospettate dal giudice a quo si basano sull'argomento
 che il godimento di un diritto soggettivo perfetto costituzionalmente
 garantito  -  come  il  diritto  alla salute o, piu' precisamente, il
 diritto a ottenere le  prestazioni  sanitarie  erogate  dal  Servizio
 sanitario  nazionale  -  non potrebbe essere sacrificato o, comunque,
 subordinato  a  limiti  derivanti  dalle  risorse   organizzative   e
 finanziarie  a  disposizione  del sistema sanitario pubblico. Su tale
 base il giudice  rimettente  ravvisa  il  possibile  contrasto  delle
 disposizioni impugnate con l'art. 32, primo comma, della Costituzione
 e, nello stesso tempo, con i principi fondamentali della legislazione
 statale in materia di erogazione dei servizi sanitari (art. 116 della
 Costituzione, nonche' artt. 5 e 9, n. 10, dello Statuto speciale  per
 il  Trentino-Alto  Adige,  in connessione con gli artt. 1, 3, secondo
 comma, e 19 della legge 23 dicembre 1978, n.  833).  Inoltre,  sempre
 sulla  base  dell'argomento  addotto  in  via  principale,  lo stesso
 giudice  a  quo  prospetta  la  possibile  violazione  del  principio
 costituzionale   di   eguaglianza   (art.   3,   primo  comma,  della
 Costituzione),  dal  momento  che  i  limiti  previsti  dalla   legge
 provinciale    impugnata   comporterebbero,   a   suo   avviso,   una
 discriminazione a  danno  degli  anziani  "non  autosufficienti"  ivi
 contemplati nei confronti della generalita' dei soggetti appartenenti
 alla medesima categoria e, in particolare, di quelli che usufruiscono
 di  forme  di assistenza sanitaria diverse dal ricovero nelle case di
 riposo.
    L'argomento  sul  quale  il  giudice  a  quo  basa  le sue censure
 d'illegittimita' costituzionale non puo' essere condiviso, poiche'  i
 principi piu' volte affermati da questa Corte sul diritto alla salute
 e, in particolare,  sul  diritto  a  ottenere  prestazioni  sanitarie
 portano  a  conclusioni  opposte  in  relazione  al tipo di attivita'
 disciplinate dalle disposizioni impugnate.
    Secondo    il    costante    orientamento   della   giurisprudenza
 costituzionale, il diritto alla salute e'  riconosciuto  e  garantito
 dall'art.   32   della  Costituzione  come  un  "diritto  primario  e
 fondamentale che (...) impone piena ed esaustiva tutela" (v. sent. n.
 992  del  1988, nonche' sentt. nn. 88 del 1979, 184 del 1986, 559 del
 1987, 1011 del 1988, 298 e 307 del 1990). Questa tutela, tuttavia, si
 articola  in  situazioni  giuridiche soggettive diverse in dipendenza
 della  natura  e   del   tipo   di   protezione   che   l'ordinamento
 costituzionale  assicura  al  bene  dell'integrita' e dell'equilibrio
 fisici e psichici  della  persona  umana  in  relazione  ai  rapporti
 giuridici  cui in concreto inerisce. In ragione di cio', questa Corte
 ha  affermato  che,  considerato  sotto  il  profilo   della   difesa
 dell'integrita'  fisio-psichica  della  persona  umana di fronte alle
 aggressioni o alle condotte comunque lesive  dei  terzi,  il  diritto
 alla  salute e' un diritto erga omnes, immediatamente garantito dalla
 Costituzione e, come tale, direttamente tutelabile e  azionabile  dai
 soggetti  legittimati  nei  confronti  degli autori dei comportamenti
 illeciti (v. sentt. nn. 88 del 1979, 184 del  1986,  559  del  1987).
 Nello  stesso  tempo,  la  Corte ha sempre precisato che, considerato
 sotto il profilo del diritto a trattamenti sanitari, il diritto  alla
 salute  e' soggetto alla "determinazione degli strumenti, dei tempi e
 dei  modi  di  attuazione"  della  relativa  tutela  da   parte   del
 legislatore  ordinario  (v. sent. n. 142 del 1982, nonche' sentt. nn.
 81 del 1966, 112 del 1975, 104 e 175 del 1982, 212 e  226  del  1983,
 342 del 1985, 1011 del 1988).
    Quest'ultima  dimensione  del  diritto  alla salute, che e' quella
 concernente le questioni di costituzionalita' in esame, comporta che,
 al pari di ogni diritto a prestazioni positive, il diritto a ottenere
 trattamenti sanitari,  essendo  basato  su  norme  costituzionali  di
 carattere   programmatico   impositive  di  un  determinato  fine  da
 raggiungere,  e'  garantito  a   ogni   persona   come   un   diritto
 costituzionale   condizionato   dall'attuazione  che  il  legislatore
 ordinario ne da' attraverso il bilanciamento dell'interesse  tutelato
 da  quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti,
 tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore  incontra
 nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative
 e finanziarie di cui dispone al momento (v. spec. sentt. nn. 175  del
 1982,  212 del 1983 e 1011 del 1988). Questo principio, che e' comune
 a ogni altro  diritto  costituzionale  a  prestazioni  positive,  non
 implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla
 Costituzione  a  una   puramente   legislativa,   ma   comporta   che
 l'attuazione  della  tutela,  costituzionalmente  obbligatoria, di un
 determinato bene (la salute) avvenga gradualmente  a  seguito  di  un
 ragionevole  bilanciamento  con  altri interessi o beni che godono di
 pari tutela costituzionale e con la possibilita' reale e obiettiva di
 disporre   delle  risorse  necessarie  per  la  medesima  attuazione:
 bilanciamento che e' pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte
 nelle   forme  e  nei  modi  propri  all'uso  della  discrezionalita'
 legislativa (v., da ultimo, sentt. nn. 27 del 1975,  226  e  559  del
 1987, 992 del 1988, 319 del 1989, 127 e 298 del 1990).  Di qui deriva
 l'affermazione, gia' compiuta da questa Corte (sentt.   nn.  103  del
 1977, 175 del 1982), secondo la quale ogni persona che si trovi nelle
 condizioni obiettive stabilite dalla legislazione sull'erogazione dei
 servizi  sanitari  ha "pieno e incondizionato diritto" a fruire delle
 prestazioni sanitarie erogabili, a  norma  di  legge,  come  servizio
 pubblico a favore dei cittadini.
    4.  -  La  legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio
 sanitario nazionale assicura in egual modo a  ogni  cittadino,  senza
 distinzione  di  condizioni  individuali  o  sociali,  il  diritto  a
 ottenere le prestazioni preordinate alla promozione, al  mantenimento
 e  al  recupero della salute fisica e psichica secondo le modalita' e
 le prescrizioni stabilite dalla legge. La  stessa  normativa  statale
 ammette  che,  oltre  alle  prestazioni  assicurate  in condizioni di
 eguaglianza  dal  servizio  sanitario  nazionale,  le  regioni  o  le
 province  autonome  possano garantire ai propri cittadini prestazioni
 sanitarie  aggiuntive,  sempreche'  siano  previste  con  legge   nel
 rispetto  dei  principi costituzionali prima indicati e siano poste a
 carico  del  bilancio  della  regione  o  della  provincia   autonoma
 interessate  (v.  art. 25, terzo comma, della legge 27 dicembre 1983,
 n. 730).
    Le prestazioni sanitarie disciplinate dalle disposizioni impugnate
 non rientrano fra quelle erogate dal Servizio sanitario nazionale, ma
 costituiscono  attivita'  aggiuntive  e  integrative apprestate dalla
 Provincia  autonoma  di  Trento  a  beneficio  degli   anziani   "non
 autosufficienti"  ricoverati nelle case di riposo ubicate nel proprio
 territorio. Tanto che,  a  copertura  finanziaria  delle  prestazioni
 previste,  l'art. 6 della legge impugnata stabilisce, al terzo comma,
 un'integrazione annuale  al  fondo  sanitario  provinciale  di  parte
 corrente   "ai   sensi  dell'articolo  2,  lettera  b),  della  legge
 provinciale 16 gennaio 1982, n. 2", cioe' ai sensi della disposizione
 che permette alla Provincia di Trento di integrare il fondo sanitario
 provinciale, per la parte corrente, con apporti finanziari propri  in
 aggiunta   alle   assegnazioni   operate  dallo  Stato  a  titolo  di
 finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
    Tuttavia,  anche  rispetto  alle  prestazioni sanitarie aggiuntive
 previste dalle regioni o dalle province autonome valgono  i  principi
 precedentemente  ricordati:  in particolare, che il legislatore nello
 svolgere le norme costituzionali sul diritto a  trattamenti  sanitari
 e' tenuto, oltre che a bilanciare l'interesse protetto con altri beni
 giuridici  parimenti   tutelati,   ad   osservare   una   ragionevole
 gradualita'  di  attuazione dipendente dalla obiettiva considerazione
 delle risorse organizzative e finanziarie a disposizione. E,  poiche'
 i  parametri  previsti  dalle  disposizioni  impugnate  (numero delle
 persone  assistibili  dalle  case  di  riposo  e  il  relativo  costo
 pro-capite  preventivato)  tengono in preciso conto i principi appena
 enunciati, si dimostra erronea la  premessa  stessa  sulla  quale  si
 basano tutte le censure d'illegittimita' costituzionale sollevate dal
 giudice a quo e, in particolare, la pretesa che possa parlarsi di  un
 diritto  soggettivo  pieno  e  incondizionato  rispetto a prestazioni
 sanitarie che oltrepassino  i  limiti  di  erogazione  legittimamente
 previsti dalle leggi ordinarie.