ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 34, secondo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  16  marzo  1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la
 Pretura di Massa nel procedimento penale a  carico  di  Dalle  Lucche
 Alfredo,  iscritta al n. 389 del registro ordinanze 1990 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  25,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza del 16 marzo 1990 il Giudice per le indagini
 preliminari presso la Pretura di Massa ha sollevato,  in  riferimento
 agli  artt.  76, 77, 3, 25 e 101 Cost., una questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del cod. proc.  pen.  del
 1988,  "nella  parte in cui non prevede che il giudice il quale abbia
 ordinato al P.M. di formulare l'imputazione, debba  obbligatoriamente
 astenersi dal partecipare al giudizio".
    Nella specie il giudice per le indagini preliminari aveva disposto
 l'archiviazione  chiesta  dal  P.M.  solo  per  uno  dei  due   reati
 ipotizzati,   mentre   per   l'altro   aveva  ordinato  di  formulare
 l'imputazione;  ed  essendosi  per  questo  proceduto,  su  richiesta
 dell'imputato, a giudizio abbreviato, il difensore eccepiva in limine
 che il medesimo giudice per le indagini  preliminari  versava  in  un
 caso di incompatibilita' analogo a quello di cui all'art. 34, secondo
 comma,  cod.  proc.  pen.  (emissione  del  provvedimento  conclusivo
 dell'udienza  preliminare) e che comunque avrebbe dovuto astenersi ai
 sensi dell'art. 36, lettera h), cod. proc. pen.
   Il  giudice  a  quo,  dopo  aver  escluso che tali disposizioni, in
 quanto di carattere eccezionale,  siano  suscettibili  di  estensione
 analogica  e  che sia applicabile la seconda - perche' avente rilievo
 solo soggettivo -  osserva  pero'  che  nel  concetto  di  "giudizio"
 rispetto  al  quale  il  compimento  di  determinati  atti  da' luogo
 all'incompatibilita' ex art. 34, secondo comma, cod. proc. pen., deve
 essere  ricompresa  qualsiasi  deliberazione  conclusiva  di una fase
 giurisdizionale, che implichi  una  decisione  sulla  responsabilita'
 penale.
    Ora,   poiche'   nel   procedimento   pretorile  manca  il  filtro
 dell'udienza preliminare previsto in quello davanti al Tribunale,  lo
 stesso  giudice  per  le  indagini  preliminari  che  ha  ordinato di
 formulare  l'imputazione  ritenendo  non   sussistere   gli   estremi
 dell'archiviazione - e quindi che gli elementi acquisiti siano idonei
 a sostenere l'accusa - si trova a dover decidere in base agli  stessi
 atti sulla colpevolezza o innocenza dell'imputato.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente, cio' contraddice ai caratteri
 del sistema accusatorio che il legislatore delegato doveva attuare in
 base  all'art.  2 della legge n. 81 del 1987, dato che questo implica
 una netta separazione tra gli uffici requirente e giudicante: onde la
 lesione degli artt. 76 e 77 Cost.
    Sarebbero  violati, inoltre, gli artt. 25 e 101 Cost., dato che la
 garanzia del  "giudice  naturale  precostituito  per  legge"  sarebbe
 effettivamente   osservata  solo  se  il  magistrato  abbia  tutti  i
 requisiti che ne sostanziano lo status di giudice,  tra  i  quali  e'
 essenziale, specie nel nuovo sistema, quello dell'indipendenza intesa
 come garanzia di imparzialita' e "terzieta'" del singolo  magistrato.
 E  questa,  ad  avviso  del rimettente, e' minata quando vi sia anche
 solo il sospetto che il giudice si sia formato un convincimento prima
 del  giudizio, giacche' cio' toglie serenita' alla funzione ed incide
 negativamente sui diritti dei suoi destinatari.
    Sarebbe  violato,  infine, anche l'art. 3 Cost., dato che nel caso
 in  questione  non  e'  previsto  quell'obbligo  di  astenersi  dallo
 svolgere le funzioni di giudicante che invece sussiste (arg. ex artt.
 34, secondo comma e 565, secondo comma, cod. proc. pen.) nell'analogo
 caso  del  giudice che abbia emesso il decreto penale, pur quando sia
 richiesto il giudizio abbreviato.
    2.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per il
 tramite dell'Avvocatura dello Stato, nega che vi sia violazione della
 delega,  dato  che la direttiva n. 67 prevede l'incompatibilita' solo
 in caso di partecipazione allo stesso  procedimento  "giudicando  nel
 merito",  mentre nell'ipotesi in esame la decisione - diversamente da
 quella assunta in esito all'udienza  preliminare  -  attiene  non  al
 merito  ma  solo  al  controllo giurisdizionale sull'azione penale, e
 cioe' alla sussistenza delle condizioni per il suo inizio.
    Il   semplice   sospetto   che   il  giudice  si  sia  formato  un
 convincimento prima della decisione non basterebbe, d'altra parte,  a
 ritenere  violati  gli artt. 25 e 101 Cost. Al riguardo, l'Avvocatura
 osserva che le ipotesi di incompatibilita' disciplinate dall'art. 34,
 secondo  comma,  mirano ad evitare che lo stesso giudice pronunci due
 volte  sul  merito  e  che  il  suo  convincimento  sia  pregiudicato
 dall'aver  preso  cognizione  precedente  degli  atti  contenuti  nel
 fascicolo delle indagini e non utilizzabili anche  per  la  decisione
 dibattimentale.  Nel  caso in questione, invece, il giudice non si e'
 pronunciato nel merito e d'altra parte "essendovi stata richiesta  di
 giudizio abbreviato, non puo' porsi neppure alcuna differenza fra gli
 atti utilizzabili per l'uno o per l'altro provvedimento".
    Quanto,  infine, alla censura riferita all'art. 3 Cost., l'ipotesi
 di cui all'art. 565, secondo comma,  non  puo'  secondo  l'Avvocatura
 dirsi  analoga  a  quella in esame, giacche' nella prima l'obbligo di
 astenersi in caso di giudizio abbreviato chiesto con l'opposizione al
 decreto  penale  sorge  dal fatto che lo stesso giudice, emettendo il
 decreto, ha gia' esercitato la giurisdizione  e  deciso  nel  merito,
 mentre   nella   seconda  non  vi  e'  stato  alcun  esercizio  della
 giurisdizione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe  il Giudice per le
 indagini  preliminari  presso  la  Pretura  di  Massa  dubita   della
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 34, secondo comma, del codice
 di procedura  penale,  in  quanto  non  prevede  tra  le  ipotesi  di
 incompatibilita'  ivi disciplinate quella del giudice per le indagini
 preliminari presso la  Pretura  che,  decidendo  sulla  richiesta  di
 archiviazione  del  P.M., abbia ordinato di formulare l'imputazione e
 sia poi chiamato egli stesso  a  decidere  sul  merito  di  questa  a
 seguito  di  richiesta  di  giudizio  abbreviato.  A suo avviso, cio'
 contrasterebbe:
      -  con  gli  artt.  76  e  77 Cost., giacche' sarebbe violata la
 direttiva della legge delega (n. 81 del 1987) che impone l'attuazione
 del  sistema  accusatorio e quindi una netta separazione tra funzioni
 requirenti e giudicanti;
      -  con  gli artt. 25 e 101 Cost., perche' anche il solo sospetto
 di un giudizio precostituito minerebbe  l'indipendenza  del  giudice,
 intesa  come  certezza di imparzialita' e terzieta', con cio' facendo
 venir meno un  requisito  del  suo  status  essenziale  ai  fini  del
 rispetto del principio del giudice naturale;
      -  con  l'art.  3  Cost., in quanto l'incompatibilita' e' invece
 prevista nel caso - ritenuto analogo - in cui  sia  stato  emesso  il
 decreto  penale  e sia poi stato richiesto, a seguito di opposizione,
 il giudizio abbreviato.
    2. - Occorre preliminarmente ricordare che nel processo pretorile,
 data l'esclusione dell'udienza preliminare disposta  dal  legislatore
 delegato    (direttiva   n.   103),   il   problema   del   controllo
 giurisdizionale  sulla  richiesta  di  archiviazione   del   pubblico
 ministero  e'  stato  risolto  dettando  una  disciplina notevolmente
 semplificata rispetto a quella prevista per il  procedimento  davanti
 al  Tribunale  dagli  artt.  408-415.  Si  e'  cioe' stabilito che il
 giudice per le indagini preliminari, ove non accolga tale  richiesta,
 restituisca  gli  atti al P.M., ordinandogli di formulare entro dieci
 giorni l'imputazione ai fini dell'emissione del decreto di  citazione
 e giudizio (art. 554, comma secondo). Se poi, a seguito di questo, le
 parti raggiungono l'accordo per addivenire  al  giudizio  abbreviato,
 gli  atti  verranno (nuovamente) trasmessi allo stesso giudice per le
 indagini preliminari, competente a celebrarlo ai sensi dell'art. 556,
 comma  secondo,  e la decisione, ove detto giudice ritenga di potervi
 pervenire   (altrimenti   restituisce   gli   atti   al   P.M.    per
 l'instaurazione  del giudizio dibattimentale), sara' resa "allo stato
 degli atti",  sulla  base  cioe'  degli  stessi  atti  contenuti  nel
 fascicolo  del  pubblico  ministero gia' da lui conosciuti al momento
 della pronuncia sulla richiesta di archiviazione (artt. 561 e 562).
    Circa,  poi,  la  disciplina  dell'incompatibilita' determinata da
 atti compiuti nel procedimento, l'art.  34  cod.  proc.  pen.,  sulla
 scorta  della  direttiva n. 67 della legge delega, specifica che essa
 sussiste  per  il  giudice  che  abbia  pronunciato  o   concorso   a
 pronunciare  sentenza in altro grado del procedimento (comma primo) o
 abbia svolto nel medesimo funzioni di pubblico ministero o  rivestito
 altri  ruoli  (comma  terzo); nonche' nei casi in cui (comma secondo)
 abbia emesso il  provvedimento  conclusivo  dell'udienza  preliminare
 (decreto   che  dispone  il  giudizio  o  sentenza  di  non  luogo  a
 procedere),  ovvero  accolto  la  richiesta  di  giudizio   immediato
 (formulata dal P.M. sulla base della ritenuta evidenza della prova) o
 emesso il decreto penale  di  condanna.  Tali  casi  corrispondono  a
 quelli  espressamente previsti nella predetta direttiva; e ad essi il
 legislatore delegato ha aggiunto, per identita' di ratio, solo quello
 della  decisione sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a
 procedere.
    3. - Tanto premesso, la questione deve ritenersi fondata.
    Il  regime  delle incompatibilita' indicato nella delega risponde,
 invero, all'esigenza di evitare che  la  valutazione  di  merito  del
 giudice  possa  essere (o possa ritenersi che sia) condizionata dallo
 svolgimento  di  determinate  attivita'  nelle  precedenti  fasi  del
 procedimento o della previa conoscenza dei relativi atti processuali.
    E'  ben  vero che nell'ottica della delega, quale emerge dalle sue
 enunciazioni espresse, non ogni attivita' precedentemente svolta vale
 a   radicare   l'incompatibilita'.  Ma  e'  anche  vero  che  il  suo
 sostanziale rispetto richiede la verifica della  ricorrenza  o  meno,
 nei singoli casi, delle ragioni che hanno ispirato tali enunciazioni:
 e cio' specie ove  si  tratti  di  istituti  che  la  delega  non  ha
 direttamente  previsto,  come  l'ordine  di  formulare  l'imputazione
 emessa dal giudice per le indagini  preliminari  sulla  richiesta  di
 archiviazione.
    Rispetto  a  questo,  le ragioni dell'incompatibilita' assunte dal
 legislatore  delegante  e  recepite  nell'art.  34  cod.  proc.  pen.
 convergono sotto piu' profili.
    Respingendo   la   richiesta   di   archiviazione   ed  ordinando,
 conseguentemente, di  formulare  l'imputazione,  il  giudice  per  le
 indagini  preliminari  compie infatti una valutazione non formale, ma
 di contenuto,  dei  risultati  delle  indagini  preliminari  e  della
 sussistenza  delle  condizioni necessarie per assoggettare l'imputato
 al giudizio di merito: e tale valutazione  non  e'  dissimile,  nella
 sostanza,  da  quella  che, nel procedimento davanti al Tribunale, lo
 stesso giudice per le indagini preliminari compie  sia  nell'emettere
 il  provvedimento  conclusivo dell'udienza preliminare - con il quale
 appunto valuta l'ipotesi accusatoria e dispone se del caso il  rinvio
 a  giudizio  - sia nell'accogliere la richiesta di giudizio immediato
 formulata dal P.M., cio' che presuppone che egli condivida l'opinione
 sull'evidenza della prova che legittima il ricorso a tale rito.
    E'   ben   vero,   d'altra   parte,   che  l'ordine  di  formulare
 l'imputazione e' lo strumento  attraverso  il  quale  il  legislatore
 delegato   ha   inteso   assicurare   il   controllo  giurisdizionale
 sull'esercizio dell'azione penale, onde garantire che sia  rispettato
 il  principio  costituzionale  della  sua obbligatorieta'. Ma ai fini
 delle valutazioni sull'incompatibilita' conta  non  tanto  la  natura
 giurisdizionale  dell'atto,  quanto  la constatazione che con esso il
 giudice  per  le  indagini  preliminari  da'  ex  officio   l'impulso
 determinante  alla  procedura  che  condurra'  all'emanazione  di una
 sentenza. Se si considera che il legislatore delegante ha dettato per
 il   processo  pretorile  una  specifica  direttiva  (n.  103)  sulla
 necessaria distinzione tra funzioni requirenti  e  giudicanti  -  con
 cio'  realizzando  un  capovolgimento  rispetto  al  cumulo  di  tali
 funzioni  che  caratterizzava  la  vecchia  figura  del   Pretore   e
 pervenendo  ad  un assetto che questa Corte aveva ritenuto necessario
 ai fini di una rigorosa tutela della "terzieta'"  (cfr.  sentenza  n.
 268  del  1986)  -  non  puo'  negarsi che demandare il giudizio allo
 stesso  soggetto  che  lo  ha  promosso  disattendendo  la  contraria
 opinione del P.M. sia dissonante con tale indirizzo.
    Nel  nuovo  sistema,  inoltre, il rilievo assegnato alla terzieta'
 del giudice e' stato significativamente accentuato con la  previsione
 che  il  giudice della fase del giudizio non debba conoscere gli atti
 compiuti  durante  le  indagini  preliminari.  Una  cosi'   pregnante
 garanzia    puo'   indubbiamente   risultare,   o   almeno   apparire
 pregiudicata, ove il giudice investito del giudizio abbreviato  debba
 valutare la responsabilita' dell'imputato partendo dagli atti gia' da
 lui conosciuti in sede di determinazioni sulla chiesta  archiviazione
 e ritenuti tali da rendere necessario, invece, il passaggio alla fase
 del giudizio.
    Anche    sotto    questo    profilo    la    mancata    previsione
 dell'incompatibilita' si discosta sul piano sistematico dalle  scelte
 compiute  dal  legislatore delegante e non e' coerente con le ragioni
 di fondo di detto istituto.
    Ne'  varrebbe obiettare che la necessita' di demandare il giudizio
 abbreviato presso la Pretura a magistrato diverso da  quello  che  ha
 pronunciato  sull'archiviazione  potrebbe comportare, negli uffici di
 minori dimensioni, difficolta' di carattere organizzativo.
    Cio'  vale  se mai a sottolineare l'esigenza di realizzare - al di
 la' di quanto disposto con la legge 1Πfebbraio 1989,  n.  30  -  una
 completa  revisione  delle circoscrizioni giudiziarie, del resto gia'
 oggetto di reiterate iniziative legislative,  anche  recenti.  Ma  la
 perdurante   inosservanza  di  tale  compito  non  puo'  giustificare
 deviazioni dal corretto svolgersi del processo.
    La   norma   impugnata  va  quindi  dichiarata  costituzionalmente
 illegittima, in parte qua, per contrasto  con  la  legge  di  delega.
 Restano con cio' assorbite le ulteriori censure prospettate.