IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento civile n. 16564/89 reg.gen. tra avv.ti Salvatore Amato, Mario Altamura, Pietro Carbone, Giovanni Coppola, Franco Iadanza, Luigi Iossa, Ferdinando Leone, Raffaele Leone, Pasquale Origo, Antonio Orlando, Gerardo Vitiello, rappresentati e difesi, il primo da se' stesso e, gli altri, unitamente e disgiuntamente dall'avv. Vincenzo Tafuri, e comune di Napoli, rappresentato e difeso dall'avv. Municipale, avente ad oggetto: accertamento negativo di obbligo tributario; Letta la sentenza non definitiva, con la quale e' stata dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario; Rivelato che gli attori deducono che la legge istitutiva dell'I.C.I.A.P. contrasta con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, prevedendo, come presupposto dell'obbligazione tributaria, non la capacita' contributiva, bensi' un fatto oggettivo costituito dalle dimensioni dei locali, nei quali l'attivita' viene esercitata; Considerato che la risoluzione della controversia e', quindi, strettamente collegata alla questione di legittimita' costituzionale: che detta questione e' certamente rilevante nel presente giudizio, in quanto l'eventuale dichiarazione d'illegittimita' costituzionale delle norme denunziate determina l'inesistenza dell'obbligazione tributaria, con conseguente accoglimento della proposta domanda; OSSERVA 1. - La legge 24 aprile 1989, n. 144, mod. dalla legge 27 novembre 1989, n. 384, recante disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali, ha, com'e' noto, istituito l'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni. Al suo pagamento (cfr. art. 2, secondo comma) sono tenute le persone fisiche, le societa' di ogni tipo, agli enti pubblici e privati, le associazioni anche se non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni di persone o beni che esercitano sul territorio dello Stato le attivita' imprenditoriali ed artistiche. La nozione di esercizio di imprese, arti e professioni dev'essere desunta dagli artt. 4 e 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale, com'e' noto disciplina l'imposta sul valore aggiunto. La prima norma definisce "esercizio di imprese" l'esercizio per professione abituale, ancorche' non esclusiva, delle attivita' commerciali ed agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 del cod. civ.; la seconda qualifica come "esercizio di arti e professioni" l'esercizio professionale abituale, ancorche' non esclusiva, di qualsiasi attivita' di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di societa' semplici o di associazioni senza personalita' giuridica costituite tra persone fisiche. L'imposta e' determinata separatamente per ciascun comune nell'ambito del cui territorio sono ubicati gli insediamenti produttivi. E' considerato insediamento produttivo il locale ovvero l'area attrezzata normalmente utilizzata, sia direttamente che come supporto necessario per l'esercizio delle attivita' imprenditoriali, artistiche e professionali, con riferimento al soggetto che ha la disponibilita' dell'insediamento secondo la sua destinazione d'uso. Per le imprese, arti e professioni senza utilizzo di insediamenti produttivi, ovvero utilizzando soltanto le superfici escluse di cui al comma 6, si considera come se le stesse fossero svolte in un insediamento produttivo di venticinque metri quadrati, ubicato nel comune di domicilio fiscale del soggetto passivo. L'imposta e' dovuta nella misura di base indicata nella tabella allegata alla legge, la quale varia in funzione della classe di superficie e del settore di attivita' di appartenenza individuati, rispettivamente, con riferimento alla superficie di insediamento produttivo ed alla impresa, arte e professione in essa esercitata. Se l'insediamento produttivo insiste sul territorio di piu' comuni, la sua superficie e' fra questi ripartita. In caso di utilizzo da parte dello stesso soggetto passivo di piu' insediamenti produttivi ubicati nel medesimo Comune, le loro superfici sono sommate; se, invece, lo stesso soggetto passivo esercita piu' imprese, arti e professioni in detti insediamenti ovvero nell'unico insediamento, si assume come esercitata in essa l'impresa, arte e professione collocata nel settore di attivita' a piu' elevata imposizione. La superficie dell'insediamento produttivo, strutturata come locale od area attrezzata coperta, e' calcolata per intero; mentre quella strutturata come area attrezzata scoperta e' calcolata in ragione del 10%. La misura base dell'imposta e' ridotta del 50%, se il reddito d'impresa, di arti e di professioni non e' superiore a dodici milioni di lire; e' aumentata del 100%, se detto reddito e' superiore a cinquanta milioni di lire. Il comune ha il potere di aumentare il limite di dodici milioni ovvero ridurlo fino a trenta milioni. Detta facolta' puo' essere esercitata anche limitatamente ad uno o piu' settori di attivita' di cui alla tabella allegata, purche' uniformemente per tutte le attivita' comprese nel settore o nei settori prescelti e per tutte le relative classi di superificie. La predetta facolta' e' esercitata dal comune con delibera adottata dal consiglio comunale entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l'anno successivo, la quale dev'essere trasmessa al Ministero delle finanze. I principi fondamentali, che disciplinano la nuova imposta, possono, pertanto, cosi' riassumersi: a) presupposto dell'imposizione e' l'esercizio di impresa, di arti o di professioni; b) il parametro per la determinazione dell'imposta e' la superficie nella quale detta attivita' viene esercitata; c) il comune ha un limitato potere di aumentare o ridurre la misura di base dell'imposta. 2. - Cio' premesso, e' necessario stabilire se la nuova normativa sia o meno in contrasto con il principio sancito dall'art. 53 della Costituzione, secondo cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva. Al riguardo, e' noto che la capacita' contributiva, come idoneita' soggettiva a sopportare ed a corrispondere la prestazione patrimoniale imposta dalla legge, dev'essere posta in relazione con il presupposto dell'imposizione, cioe' con la specifica situazione individuata e presa in considerazione dalla norma tributaria e da quel presupposto rivelata, nel senso che deve sussistere un nesso effettivo e reale fra il presupposto medesimo e la sfera economica del soggetto obbligato. In conseguenza, qualora detto nesso difetti, non si configura, nella sua essenza, quella capacita' contributiva, alla cui effettiva presenza la Costituzione collega la legalita' dell'imposizione e il sorgere di una valida obbligazione tributaria. La capacita' contributiva intesa, per l'appunto, non come produzione di un qualsiasi reddito del soggetto obbligato, ma individuata come disponibilita' di mezzi economici per far fronte alla prestazione fiscale, costituisce, quindi, un indefettibile presupposto di legittimita' dell'imposizione tributaria, e, soltanto se essa sia presente puo' valere come parametro di commisurazione e di determinazione del prelievo fiscale. Cio' comporta, altresi', la necessita', sul piano della discriminazione costituzionale, di una disciplina che regoli e preveda in modo uniforme, quanto alla determinazione del tributo, situazioni fra loro identiche o simili o che tali possano o debbano logicamente presumersi o intendersi e che, alla stessa maniera, regoli in modo difforme situazioni giuridiche (presupposti) differenti. Le predette conclusioni trovano conferma negli insegnamenti della Corte costituzionale, secondo cui il principio della capacita' contributiva dev'essere inteso come espressione dell'esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori della predetta capacita', la quale dev'essere desunta in funzione del collegamento con la fattispecie cui la norma tributaria attribuisce tale efficacia indicativa, secondo valutazioni riservate al legislatore (cfr. sentenze nn. 91/120 e 144 del 1972; ordinanza n. 950/1988). Alla, stregua degli esposti principi, non vi e' dubbio che la questione di illegittimita' costituzionale sollevata dagli attori non sia manifestamente infondata. Invero, assumere quali parametri ed indici di rilevazione della capacita' contributiva la superficie dei locali utilizzati per l'esercizio di una professione, di un'arte o di un'impresa, e' illogico, in quanto il reddito, e la sua entita', derivante dall'esercizio di dette attivita', non e' manifestato dall'ampiezza dei locali utilizzati nel territorio comunale, bensi' dalla qualita' e quantita' della clientela, dall'abitualita' della stessa, dalla competenza professionale del titolare e dei suoi collaboratori, dall'organizzazione dell'attivita' o del servizio. In conseguenza, il presupposto dell'imposizione tributaria utilizzato dalla legge n. 144/1989 non e' assolutamente indicatore di un'effettiva capacita' contributiva e non e' idoneo ad una razionale commisurazione del carico tributario. Esso sembra, altresi', violare il principio di pari trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione, in considerazione che e' attribuito all'ente impositore la facolta' di aumentare o ridurre discrezionalmente la misura base dell'imposta, facolta' che consente di colpire con aliquote non omogenee attivita' identiche, esercitate, pero', in comuni diversi. Ne' vale obiettare che la dimensione dell'ufficio e' normalmente proporzionata al volume degli affari, onde un'imposta che consideri detto elemento presuntivo di reddito non e' certamente illegittima. La Corte costituzionale ha, infatti, affermato che le presunzioni tributarie sono costituzionalmente legittime quando consentono al contribuente di provare l'avvenuta riduzione o addirittura l'inesistenza del reddito; sono, invece, in contrasto con il principio dell'effettiva capacita' contributiva quando impongono a carico del contribuente presunzioni assolute di redditivita', senza consentirgli di fornire la prova contraria. Orbene, nel caso in esame, l'esercente di una professione, di un'arte o di un'impresa non puo' provare che la dimensione dell'ufficio non sia indice di un'effettiva capacita' contributiva, avendo il legislatore determinato la misura dell'imposta sulla base del solo predetto dato obiettivo.