IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza letti gli atti del procedimento sub R.G. 250/1990 a carico di Jankovits Edino, imputato del reato p. e p. dall'art. 25, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 perche', quale gestore della ditta "Autodemolizioni Gianotti", effettuava lo smaltimento (raccolta e pressa) di rifiuti speciali (autoveicoli e parti di essi) senza essere munito ne' dell'autorizzazione regionale ne' di quella comunale (reato accertato il 2 dicembre 1989); Rilevato, sulla scorta delle prove assunte nel corso del dibattimento, che l'attivita' svolta dal prevenuto pare inquadrabile in quella contemplata dall'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, vale a dire che si tratta di gestione di un centro di raccolta di veicoli a motore e simili; Rilevato che, per costante orientamento della s.c., l'attivita' dei c.d., rottamatori necessita' sia dell'autorizzazione regionale prevista dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, che della licenza comunale di cui all'art. 15, quarto comma, del decreto stesso (Cass. 8 marzo 1986, n. 1888: "i centri di raccolta e rottamazione di veicoli non possono essere realizzati e gestiti senza la prescritta autorizzazione regionale"); Rilevato quindi che l'imputato avrebbe dovuto essere munito delle due autorizzazioni predette, mentre, in fatto, e' pacifico che non aveva conseguito ne' l'una ne' l'altra; Rilevato che un tanto rende astrattamente applicabile al caso in decisione la norma sanzionatoria contestatagli, cioe' l'art. 25, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982; Letto l'art. 6, secondo comma, legge 28 agosto 1989, n. 23, laddove recita: "coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge esercitano l'attivita' di cui all'art. 5 '- id est, quella di rottamatori -' possono proseguire l'esercizio di detta attivita', sempre che presentino istanza di autorizzazione entro sei mesi dalla data medesima", e ritenuto che tale articolo costituisce una sorta di autorizzazione ex-lege, accordata in via transitoria, mentre gia' il decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 prevedeva una disciplina transitoria chiusasi nel marzo 1983, data dalla quale e' entrata interamente in vigore la normativa ordinaria; Rilevato, in fatto, che l'imputato si e' appunto valso di tale facolta' in data 20 ottobre 1989 (conseguendo poi l'autorizzazione il 2 luglio 1990, senza peraltro che cio' possa valere di sanatoria per il passato, talche' non rileva nel presente giudizio), e che la data del reato contestato viene a cadere nel periodo di sei mesi previsto dalla legge regionale n. 23/1989 per la presentazione delle domande; Rilevato che la citata legge regionale, a ben vedere, si propone di avere l'effetto di rendere lecita (sia pure temporaneamente) un'attivita' che la normativa statale considera illecita e passibile di sanzione penale, vale a dire la gestione di un centro di raccolta per la demolizione di veicoli a motore senza previo rilascio delle debite autorizzazioni, riaprendo a fine 1989 la disciplina transitoria di un decreto del Presidente della Repubblica entrato in vigore nel 1982, e che gia' prevedeva una fase transitoria di tre mesi (art. 31); Ritenuto, pertanto, che la suddetta legge regionale travalichi la potesta' legislativa, costituzionalmente conferita alla regione Friuli-Venezia Giulia, risultando percio' non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di essa legge, e segnatamente dell'art. 6, secondo comma, per contrasto con gli articoli 3, 25, secondo comma, e 116, della Costituzione come integrato dalla legge costituzionale n. 1/1963; Rilevato, al proposito, il costante indirizzo della Corte costituzionale teso ad affermare il monopolio statale in materia penale (sentenza n. 79/1977 e 179/1986), da intendersi nel senso che alle regioni non spetta ne' introdurre nuove figure di reato, ne' "interferire negativamente con le norme penali, disciplinando e considerando, quindi, lecita un'attivita' penalmente sanzionata dall'ordinamento nazionale" (sentenza n. 370 dd. 3-6 luglio 1989); Rilevato, ancora, che appaiono del tutto condivisibili i precipui e perspicui rilievi che intessono il canovaccio della citata Corte costituzionale n. 370/1989, nella parte in cui, dopo aver puntualizzato che il decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982 venne emanato, in attuazione di tre direttive CEE, allo scopo di rendere omogenea per tutto il territorio dello Stato la disciplina dello smaltimento dei rifiuti, individua uno stretto collegamento tra le norme di principio di detto testo normativo e quelle che prevedono le sanzioni penali, giungendo quindi ad affermare che "entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, in quanto risulta sconvolta la logica della legge diretta ad attuare direttive CEE con una uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale"; Rilevato, sulla scorta di quanto fin qui esposto, che appaiono violati gli articoli 3 (sotto il profilo dell'ingiustificata disparita' di trattamento tra i rottamatori del Friuli-Venezia Giulia e quelli delle altre regioni italiane), 25, secondo comma, della Costituzione (sotto il profilo dell'illegittima interferenza della regione in materia penale) e 116 della Costituzione, come integrato dalla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (in quanto la regione Friuli-Venezia Giulia non ha potesta' legislativa esclusiva in tema di rifiuti; anche qualora l'avesse, a ogni buon conto, non potrebbe dettare norme contrastanti con le norme fondamentali di una riforma economico-sociale dello Stato, categoria nella quale pare senza dubbio rientrare il decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, che inoltre costitusce attuazione di un obbligo comunitario); Ritenuto, in punto rilevanza, che la questione della legittimita' della norma regionale impugnata condizioni l'esito del procedimento, ponendosi quale passaggio ineludibile dell'iter logico finalizzato alla decisione: mentre la dichiarazione dell'illegittimita' della norma rimuoverebbe ogni ostacolo all'applicabilita', in via meramente astratta, della norma sanzionatoria di cui all'art. 25, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1982, viceversa, qualora venisse acclarata la conformita' ai principi costituzionali di detta norma, la condotta del prevenuto sarebbe da considerarsi pienamente lecita; Ritenuto, ancora in punto rilevanza, che l'eventuale accoglimento della questione verrebbe al piu', in concreto (stante la non rimproverabilita' della condotta sotto il profilo dell'elemento psicologico), a mutare la formula di proscioglimento (cfr. Corte costituzionale numeri 148/1983 e 124/1990), sicche' la pronuncia della Corte e' essenziale ai fini del decidere; Rilevato che pare oltremodo opportuno che la Corte precisi e ribadisca in maniera netta la portata della potesta' legislativa regionale, dal momento che la regione Friuli-Venezia Giulia ha, con la legge impugnata, travalicato la propria competenza legislativa in materia di sanzioni penali connesse allo smaltimento dei rifiuti pur in presenza (e a distanza di un solo mese dalla pronuncia) della sentenza n. 370/1989 Corte costituzionale, che dichiaro' l'illegittimita' della legge regionale n. 30/1987, art. 15, palesandosi quindi la necessita' di ribadire una volta di piu' i limiti (pur gia' chiaramente enunciati) della competenza legislativa del Friuli-Venezia Giulia; Letti gli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87.