IL TRIBUNALE
    Ha   pronunciato  la  seguente  ordinanza  di  rinvio  alla  Corte
 costituzionale per la soluzione della questione relativa al vizio  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 28, comma secondo, al d.P.R. 22
 settembre 1988, n. 447, approvazione del codice di procedura  penale,
 per  violazione  dell'art.  101, secondo comma, in relazione all'art.
 328 del c.p.p., e dell'art. 102, primo comma, in  relazione  all'art.
 65 dell'ordinamento giudiziario.
                           PREMESSO DI FATTO
    A seguito di richiesta di giudizio immediato avanzata dal pubblico
 ministero questo giudice per le indagini preliminari emetteva decreto
 con  il  quale  disponeva  che si procedesse a giudizio immediato nei
 confronti di Peethambaram Sri Kantan, per  rispondere  dei  reati  di
 rapina e lesioni personali aggravate.
    Successivamente  l'imputato, entro i termini di legge, chiedeva di
 essere giudicato con il rito del giudizio abbreviato.
    Tale  richiesta  veniva dichiarata inammissibile con ordinanza del
 15 maggio 1990, per il motivo che non appariva a questo  giudice  per
 le indagini preliminari di poter decidere allo stato degli atti.
    Il  tribunale  di  Palermo,  prima  sezione  penale,  cui gli atti
 venivano trasmessi per il dibattimento (giudizio immediato),  essendo
 andato di contrario avviso, ravvisava l'esistenza di un conflitto, lo
 risolveva, ed ai  sensi  dell'art.  28,  secondo  comma,  del  c.p.p.
 rimetteva  gli  atti  a questo giudice invitandolo a procedere con il
 rito del giudizio abbreviato.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'art.  28  del  vigente codice di procedura penale, che nel primo
 comma descrive i casi di conflitto tra giudici ordinari e speciali  e
 tra  giudici  ordinari,  nel  secondo  comma  recita:  "Le  norme sui
 conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti  dal
 primo   comma.   Tuttavia,  qualora  il  contrasto  sia  tra  giudice
 dell'udienza preliminare  e  giudice  del  dibattimento,  prevale  la
 decisione di quest'ultimo".
    L'articolo  citato,  attribuendo  in caso di contrasto tra giudice
 per le indagini preliminari e  giudice  del  dibattimento  prevalenza
 alla  decisione  del  secondo,  in  sostanza  impone al primo (che e'
 giudice  monocratico  cui  l'art.  328  del  codice  penale  di  rito
 attribuisce  una specifica competenza funzionale) di conformarsi alla
 decisione del giudice collegiale.
    Cio'  appare  in netto contrasto con l'art. 101 della Costituzione
 in quanto e' di tutta evidenza come, nel caso in esame, la  decisione
 del  giudice  del  dibattimento  assume  le  caratteristiche  di  una
 prescrizione, impartita da un  organo  giurisdizionale  ad  un  altro
 organo  giurisdizionale,  volta,  secondo  i casi, a consentirgli o a
 negargli giurisdizione.
    In  sostanza  il  giudice per le indagini preliminari, per effetto
 del dettato del citato  art.  28  del  c.p.p.,  da  una  parte  viene
 spogliato del potere-dovere di esercitare la funzione tipica prevista
 dall'art. 101 della Costituzione, che e' quella della interpretazione
 ed  applicazione  della norma, suo compito istituzionale nel quale si
 sostanzia il concetto di  soggezione  alla  legge,  dall'altra  resta
 vincolato  alla "decisione" (non importa se corretta oppure no) di un
 altro giudice di merito, il quale, per di piu', si trova rispetto  al
 primo  in una posizione conflittuale e dunque quasi di "controparte".
    L'art. 28, primo comma, del c.p.p. sembra pertanto rispondere alla
 logica inespressa, e forse  anche  inconfessata,  di  considerare  il
 giudice  per  le  indagini  preliminari  come  organo giurisdizionale
 monocratico in qualche modo subordinato a quello collegiale.
    Cio'  resta  avvalorato  dalla  considerazione  che,  in  caso  di
 conflitto fra diversi pubblici ministeri, l'art. 54,  secondo  comma,
 del  c.p.p.,  evidentemente  ispirato da una logica diversa da quella
 sopra richiamata, demanda  la  soluzione  della  controversia  ad  un
 organo  diverso  da  quelli  in contrasto e cioe', secondo i casi, al
 procuratore generale presso la corte d'appello oppure a quello presso
 la Corte di cassazione.
    L'articolo in esame risulta inoltre essere in contrasto con l'art.
 102, primo comma, della Costituzione il quale,  prescrivendo  che  la
 funzione    giurisdizionale    e'   esercitata   secondo   le   norme
 dell'ordinamento   giudiziario,   sembra   riservare    la    materia
 dell'attribuzione della competenza funzionale ai diversi organi della
 giurisdizione ordinaria a quel complesso ed organico sistema  che  e'
 appunto l'ordinamento giudiziario.
    Orbene, poiche' l'art. 65 dell'ordinamento giudiziario attribuisce
 soltanto alla Corte di cassazione la funzione di regolare i conflitti
 di  competenza,  tale  compito  non  puo'  essere  demandato ad altro
 giudice di merito, nella specie il giudice  del  dibattimento,  senza
 con cio' violare il disposto del citato art. 102.
    La sollevata questione di costituzionalita' e' senz'altro rilevate
 in quanto l'eventuale accoglimento della stessa ha diretta  influenza
 sul rito da adottare.