IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1463/1986 proposto da Romagnoli Emilio rappresentato e difeso dall'avv. prof. Giovanni Cassandro e presso il suo studio, in Roma, via A. Kircher n. 20, elettivamente domiciliato in virtu' di procura a margine del ricorso contro l'Universita' degli studi di Roma "La Sapienza" in persona del rettore pro-tempore; il Ministero della pubblica istruzione in persona del ministro pro-tempore; il Ministero del tesoro in persona del ministro pro-tempore, rappresentati e difesi dall'avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento del provvedimento di data incerta, reso noto al ricorrente il 3 marzo 1986 col quale la direzione provinciale del tesoro, in applicazione del d.m. 7 ottobre 1981 - 7 ottobre 1983 ha accertato un debito del ricorrente di L. 1.503.523 per maggiori assegni di attivita' percepiti e non dovuti dal 1º febbraio 1981 al 30 novembre 1985 e ne ha disposto il recupero sulla partita di stipendio n. B 258/55 intestata al ricorrente, nonche' degli atti tutti presupposti connessi e conseguenziali (come il d.m. 7 ottobre 1981 e 7 ottobre 1983) e per ottenere l'applicazione del trattamento economico di cui all'art. 10 del d.-l. 6 giugno 1981, n. 283 (e relativa legge di conversione); all'art. 1 del d.-l. 27 settembre 1982, n. 681 (convertito in legge n. 861/1982); all'art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (convertito in legge n. 638/1983); all'art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3 (convertito in legge n. 29/1984); all'art. 1 e 8 primo comma della legge 17 aprile 1984, n. 79; agli artt. 1 e 2 e, per quanto di ragione, all'art. 3, n. 3, del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2 (convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72), previa - ove occorra - rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di tutte le norme che dovessero ritenersi ostative all'applicazione del trattamento economico pari a quello del dirigente generale dello Stato di livello A a favore dei professori universitari che anteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 382/1980, avevano gia' raggiunto la classe finale di stipendio, anche in caso di opzione per il tempo definito; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'avvocatura generale dello Stato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 10 giugno 1987 la relazione del consigliere Calogero Piscitello e uditi, altesi', l'avv. Cassandro per il ricorrente e l'avv. dello Stato Criscuoli per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato in data 2 maggio 1986 il prof. Emilio Romagnoli ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale la direzione provinciale del tesoro di Roma ha disposto un recupero di credito per somme indebitamente erogate, rivendicando, nel contempo, l'applicazione del trattamento economico di cui all'art. 10 del d.-l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432; all'art. 1 del d.-l. 27 settembre 1982, n. 681 convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869; all'art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; all'art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3 convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29; all'art. 1 ed all'art. 8, primo comma della legge 17 aprile 1984, n. 79; agli artt. 1 e 2 e, per quanto di ragione, all'art. 3, n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2, convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72, previa all'occorrenza, rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 36, ottavo comma d.P.R. n. 382/80, degli artt. 11 e 11- ter del d.-l. n. 283/1981 convertito in legge n. 432/1981; dell'art. 1, ultimo comma del d.-l. n. 681/1982 convertito in legge n. 869/1982 e successive proroghe (art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3, convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29, art. 1 della legge 17 aprile 1984, n. 79 e dell'art. 3, n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2 convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72, in parte qua, nella ipotesi che le dette disposizioni vengano interpretate come ostative all'applicazione del trattamento economico pari a quello del dirigente generale dello Stato di livello A, a favore dei professori universitari che anteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 382/1980 avevano gia' raggiunto la classe finale di stipendio, anche in caso di opzione per il tempo definito. Il ricorrente, professore ordinario di ruolo presso la facolta' di scienze politiche dell'Universita' di Roma "La Sapienza", si e' visto attribuire, con decreto 29 giugno 1978, n. 1313, del rettore dell'Universita' di Firenze (presso la quale, all'epoca prestava servizio), "lo stipendio annuo lordo corrispondente al trattamento retributivo per il livello di funzione A di cui all'art. 47 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748" con decorrenza dal 16 giugno 1978. Egli afferma, pertanto, di aver diritto, ai sensi dell'art. 12, lett. o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28, al mantenimento del trattamento economico dell'ultima classe di stipendio (corrispondente al livello retributivo di funzione A dei dirigenti dello Stato), del quale godeva non solo prima dell'entrata in vigore delle norme delegate in virtu' del citato art. 12 della legge n. 28/1980, ma addirittura da quasi due anni prima della pubblicazione della stessa legge n. 28/1980, contenente la delega. Il ricorrente, inoltre, segnala di aver chiesto, in data 19 giugno 1981, ai sensi dell'art. 103 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il riconoscimento dei servizi prestati come professore incaricato di materie giuridiche presso l'Ist. Tecn. Govern. L. Da Vinci in Roma dal 1º ottobre 1950 al 30 novembre 1952 per 1/3 come assistente volontario presso la cattedra di diritto agrario della facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Roma dal 1º novembre 1951 al 31 ottobre 1958 per 1/3 (limitatamente al primo anno in via alternativa con il contemporaneo servizio presso l'istituto tecnico L. Da Vinci) nonche' il riconoscimento per 2/3 anziche' per 1/3 del servizio prestato dal 1º novembre 1958 al 31 gennaio 1966 quale professore incaricato presso la facolta' di giurisprudenza dell'Universita' di Cagliari. Ha infine, chiesto che gli venisse corrisposto l'assegno familiare per la figlia Angela, sospeso dal 26 marzo 1980 a seguito del compimento del diciottesimo anno, benche' detta figlia fosse a carico in quanto iscritta all'universita', ma non ha avuto neppure una comunicazione con riguardo a tale documentata istanza; In diritto il ricorrente deduce i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell'art. 72, secondo comma della legge 11 luglio 1980, n. 312; dell'art. 12, lett. o,) della legge 21 febbraio 1980, n. 28, dell'art. 36, settimo e ottavo comma del d.P.R. 11 luglio 1982, n. 382; degli artt. 10 e 11 e p.q.o. 11- ter, secondo comma del d.-l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432; degli artt. 1 e 5 del d.-l. 27 settembre 1981, n. 869 convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869 e successive proroghe (art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638 e art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3 convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29), degli artt. 1 e 8, primo comma della legge 17 aprile 1984, n. 79 e degli artt. 1 e 2 e, per quanto di ragione, 3, n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2 convertito in legge 8 marzo 1982. Dopo aver ricordato la portata del principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza 17 luglio 1975, n. 219 (che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione - gli artt. 16- bis della legge 18 marzo 1968, n. 249, come modificato dalla legge n. 775 del 1970 e 47 del d.P.R. 30 giugno 1972, nella parte in cui non estendevano ai professori universitari di ruolo aventi diritto all'ultima classe di stipendio, di cui al parametro 825, il trattamento retributivo stabilito per la qualifica A ed ex parametro 825 dei dirigenti dello Stato) nonche' il contenuto delle norme di cui all'art. 12, lett. o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (che ha delegato il Governo a "stabilire... una disciplina di attuazione e transitoria per il mantenimento del trattamento economico dell'ultima classe di stipendio da parte dei professori universitari che ne usufruiscano alla data di entrata in vigore delle norme delegate") della legge 11 luglio 1980, n. 312, (che nel secondo comma dell'art. 72 ribadisce: "La classe finale di stipendio dei professori universitari di ruolo, che si consegue al compimento del sedicesimo anno di servizio, da intendersi comprensivo del riconoscimento spettante per i servizi pre-ruolo ai sensi delle norme vigenti, e' integrata fino a conseguire l'equiparazione economica allo stipendio del dirigente generale di livello A dello Stato, in applicazione dei principi derivanti dalle norme sulle carriere e retribuzioni dei dirigenti statali) e del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (il quale, all'art. 36, ottavo comma, cosi' dispone: "Il professore ordinario che alla data dell'inquadramento giuridico nel ruolo godeva del trattamento economico corrispondente alla classe finale di stipendio conserva, qualora piu' favorevole, il diritto all'equiparazione economica alla retribuzione del dirigente generale di livello A dello Stato, in applicazione dei principi derivanti dalle norme sulla carriera e retribuzioni dei dirigenti statali. Nel caso in cui lo stesso abbia optato per il regime di impegno a tempo definito, la differenza tra la misura dello stipendio in godimento e quello che gli compete in applicazione del presente decreto e' conservata a titolo di assegno ad personam pensionabile e riassorbibile con i miglioramenti economici di carriera", il ricorrente fa altresi' presente che di fronte alla tendenza di una parte dell'Amministrazione ad interpretare detto comma del d.P.R. n. 382/1980 nel senso che determinasse "una cristallizzazione del collegamento stipendiale tra professore a tempo definito e dirigente generale A", la Corte dei conti, Sez. contr. Stato, 26 febbraio 1981, n. 1131, argomentando dall'art. 12, lett. o) della legge delegante (n. 28/1980) e dall'art. 72 della legge n. 312/1980, si pronuncio' nel senso che la riassorbibilita' dell'assegno ad personam di cui all'art. 36, ottavo comma del d.P.R. n. 382/1980 "e' riferita alla progressione economica da professore a tempo definito, ma non esclude affatto la rideterminazione di detto assegno ogni qualvolta si verifichi un aumento, anche per solo scatto periodico, del trattamento economico dirigenziale", poiche' "si verte in ipotesi di assegno personale incrementabile per conservare dinamicamente la equiparazione riconosciuta come diritto e per evitare che gli interessati godano contemporaneamente di due progressioni economiche distinte". In altre parole, dovrebbe comunque essere salvo il principio della corte costituzionale, che raggiunto il vertice della carriera prima dell'entrata in vigore della riforma universitaria, il professore universitario di ruolo debba conservare il trattamento del dirigente dello Stato di livello A, e che il riferimento non e' cristallizzato ad un dato momento, ma e' "dinamico", mentre il riassorbimento e' previsto soltanto per evitare che il professore giunto al massimo livello retributivo possa cumulare i miglioramenti della carriera dei dirigenti dello Stato di livello A con quelli della nuova carriera accademica, che gia' al momento della riforma attestava il massimo livello dello stipendio dei professori a pieno tempo al di sopra di quello dei dirigenti statali a livello A nella misura dello 0,69% e che in futuro era destinata a raggiungere livelli stipendiali ancor piu' favorevoli rispetto a quelli dei detti dirigenti. L'interpretazione suddetta dell'ottavo comma dell'art. 36 del d.P.R. 382/1980 - afferma il ricorrente - appare l'unica rispettosa dell'insegnamento della Corte costituzionale e del dettato della legge delega. Ed a favore di tale interpretazione milita, senza dubbio, anche la contestualita' della emanazione della legge n. 318/1980 e del d.P.R. n. 382/1980. Al professore universitario che abbia raggiunto prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 382/1980 la classe finale di stipendio compete, dunque, dinamicamente il trattamento economico del dirigente statale del livello A, nel senso che il suo trattamento economico segue quello di detti dirigenti in ogni vicenda. Alla menzionata categoria di professori (cui il ricorrente apparteneva, al momento della riforma universitaria, sin dal 1º giugno 1978, ed oggi con decorrenza notevolmente anteriore in virtu' del nuovo computo dei servizi pre-ruolo), dunque, dovevano e devono essere attribuiti tutti i miglioramenti del trattamento economico dei dirigenti dello Stato di livello A. Tali miglioramenti consistono: a) nell'aumento del 23% dello stipendio disposto dall'art. 10 del d.-l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito in legge 6 agosto 1981, n. 432, nonche' dell'acconto del 15% sugli aumenti futuri disposto dall'art. 11 della stessa legge (salvo riassorbimento, per i professori, dell'assegno aggiuntivo non pensionabile di cui all'art. 39 d.P.R. n. 382/1980); b) nell'ulteriore aumento del 12,2% disposto dal secondo comma dell'art. 1 del d.-l. 27 settembre 1982, convertito in legge 20 novembre 1982 n. 869, (con soppressione dell'acconto di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 283/1981 convertito in legge n. 432/1981), nonche' nella progressione economica del nuovo stipendio dirigenziale in otto classi biennali dell'otto per cento (ridotto al 6% dalla successiva legge n. 79/1984) computato sullo stipendio iniziale di qualifica ed i succesivi aumenti biennali del 2,50% computati sull'ultima classe di stipendio disposti dal quarto comma dello stesso art. 1; c) nelle proroghe del trattamento di cui sopra disposte dall'art. 25 n. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638 e dall'art. 1 del d.-l. 3 gennaio 1984, n. 3, convertito in legge 22 marzo 1984, n. 29; d) nell'ulteriore proroga al 31 dicembre 1984 del trattamento di cui sopra indicato dall'art. 1, primo comma, della legge 17 aprile 1984, n. 79, nell'ulteriore aumento del 13% disposto dal secondo comma dello stesso art. 1 e nella progressione in otto classi biennali del 6% (in luogo dell'8% di cui al precedente d.-l. n. 681/1982 convertito in legge n. 869/1982) computato sullo stipendio iniziale di qualifica ed in successivi aumenti periodici biennali del 2,50% computati sull'ultima classe di stipendio; e) nell'aumento del 4,50% disposto dal d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2, convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72. A cio' deve aggiungersi l'assegno integratore ripristinato dall'art. 3, n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2, convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72 o quanto meno la meta' di tale assegno per le ragioni esposte nel secondo motivo del ricorso; 2) stessa violazione di legge di cui al precedente motivo, da accertarsi a seguito di remissione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 36, ottavo comma, d.P.R. n. 382/1980; degli art. 11 e 11- ter, del d.-l. 283/1981, convertito in legge n. 869/1982 e successive proroghe (art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3 convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29); art. 1 della legge 17 aprile 1984, n. 79; art. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2, covertito in legge 8 marzo 1985, n. 72, in parte qua nell'ipotesi che le dette disposizioni vengano interpretate come ostative all'applicazione del trattamento economico pari a quello del dirigente generale dello Stato, livello A, a favore dei professori universitari che anteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 382/1980 avevano gia' raggiunto la classe finale di stipendio, anche in caso di opzione per il tempo definito, per contrasto con gli artt. 76, 3, 4 e 36 della Costituzione e dei principi affermati dalla sentenza 17 luglio 1975, n. 219 della Corte costituzionale. Qualora la normativa in materia di trattamento economico dei professori universitari che anteriormente all'entrata in vigore del d.P.R. n. 382, del 1980, avevano gia' raggiunto la classe finale di stipendio dovesse interpretarsi nel senso che, per i professori che hanno optato per il tempo definito, tale trattamento si concretasse in un assegno ad personam non dinamico, ma paralizzato alle misure del momento di applicazione del d.P.R. n. 382/1980 o al 1º novembre 1981 (date ricavabili dall'art. 36 del d.P.R. n. 382/1980 e dall'art. 11 ter del d.P.R. n. 283/1981 convertito in legge n. 432/1981) ed insensibile, sino al compiuto riassorbimento, nei miglioramenti futuri, tutte le disposizioni in tale senso sarebbero sicuramente incostituzionali. Un'interpretazione siffatta dell'art. 36, ottavo comma, del d.P.R. n. 382/1980 "violerebbe i limiti della delega, dato che dai criteri direttivi posti dalla legge di delegazione 2 febbraio 1980, n. 28, si puo' ricavare (art. 11, lettera o), l'obbligo del legislatore delegato di mantenere l'equiparazione della retribuzione dei professori all'ultima classe di stipendio - senza distinzione da professore a tempo pieno e professore a tempo definito - del trattamento retributivo della dirigenza al livello dirigenziale A. del che v'e' conferma chiara ed inequivocabile, appunto il riferimento allo stipendio dei professori all'ultima classe di stipendio, nell'art. 72, secondo comma della legge 11 luglio 1980, n. 312. Sicche' - e' il secondo motivo di incostituzionalita' si salda cosi' col primo - quando il legislatore delegato avesse distinto lo stipendio dei professori a tempo definito in stipendio e in assegno personale, avrebbe agito arbitrartiamente, espropriando questi professori di un diritto che era stato loro riconosciuto dalla pronunzia della Corte costituzionale e creando un privilegium odiosum e una disparita' di trattamento a loro danno. Vero e' che il legislatore ha distinto i professori in due categorie, a tempo pieno ed a tempo definito, 'privilegiando' gli appartenenti alla prima, ma codesto 'privilegio' non puo' comportare una reformatio in peius dello status economico di quelli a tempo definito. I professori delle due categorie, che il legislatore ha individuato, non cessano di essere professori optimo iure. Le prestazioni che sono proprie dei professori universitari, prestazioni didattiche e scientifiche, sono richieste cosi' agli uni come agli altri; il che comporta che agli uni ed agli altri deve essere riconosciuto, come e' riconosciuto, il medesimo status giuridico ed economico. Ai professori a tempo pieno non si chiede un plus di attivita' scientifica e didattica, ma si chiede di dedicare un certo numero di ore all'anno ad istruire gli studenti sui piani di studio, sui modi come devono essere compilati e via numerando. E per questo non e' corrisposto loro uno stipendio diverso, ma un aumento dello stipendio del 40% e un assegno superiore all'altro concesso ai professori a tempo definito e, a differenza di questo, riassorbibile soltanto in parte. E che non sia possibile altra ricostruzione di queste due categorie di professori, e' confermato dal fatto che il legislatore consente ai professori di optare per l'uno o per l'altro 'tempo' soltanto per un biennio e tornare poi all'un 'tempo' all'altro. In conseguenza e' in contrasto con l'art. 3, e in maniere assai piu' evidente, anche l'art. 11 ter sub 1 della legge 432/1981 terzo comma, che expressis verbis fissa una volta per tutte l'assegno ad personam alla misura in cui era alla data del 1º novembre 1981 e ne dispone la graduale riduzione mediante riassorbimento. Che le questioni di costituzionalita' ora elencate siano, oltre che non manifestamente infondate, anche rilevanti nel presente giudizio, e' di tutta evidenza. Senonche' la legge di conversione ha aggiunto all'art. 1, in fine un comma contenente una norma, che si puo' qualificare di esclusione, giusta la quale ai professori universitari straordinari ordinari ed associati lo stipendio maggiorato del 12,20% compete secondo le proporzioni fissate dall'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il quale scandisce la progressione economica dei professori universitari in sei classi biennali di stipendio, pari ciascuna all'8% della classe attribuita ai medesimi all'atto della nomina ad ordinario ovvero del giudizio di conferma. Questa norma non puo' avere come destinatari i professori ordinari equiparati sotto questo aspetto ai dirigenti di livello A. Se questa interpretazione non fosse accolta si solleva la questione di legittimita' di questo comma per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nell'ampia interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale. Si deve tenere presente che in seguito alla sentenza della Corte costituzionale i professori gia' pervenuti all'ultima classe di stipendio al 1º agosto 1980 costituiscono, nell'ambito della categoria dei professori ordinari, una sorta di sub-categoria che ha titolo al trattamento economico dei dirigenti di livello A, ai quali sotto questo profilo sono equiparati e con i quali, dunque - sempre sotto il profilo della retribuzione stipendiale - si identificano. Le norme pertanto che regolano il trattamento economico dei dirigenti si devono applicare anche adesso, senza bisogno di specifiche determinazioni, se non si vuole incorrere in una violazione dell'art. 3 per irrazionalita' manifesta delle norme e per disparita' di trattamento di situazioni giuridiche soggettive ed oggettive identiche". Il t.a.r. per l'Emilia-Romagna, ricorda il ricorrente, in un caso analogo, pur se non ha ritenuto di interpretare l'art. 36, ottavo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 e le disposizioni dei d.P.R. convertiti nelle leggi n. 432/1981 e 869/1982 in senso conforme alla legge-delega, alla legge n. 312/1980 ed ai principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 219/1975 proprio perche' ha interpretato le dette disposizioni nel senso criticato le ha ritenute costituzionalmente illegittime conordinanze n. 3 del 26 ottobre 1984 e n. 2 dell'8 giugno 1985. Ovviamente, gli stessi motivi di illegittimita' costituzionale che viziano tali leggi viziano anche quelle succesive se interpretate nel senso criticato. L'assegno ad personam, poi, inteso a consolidare una posizione economica nel tempo, e' irrazionale in tempi di inflazione se non e' previsto un meccanismo di adeguamento. Non soltanto, dunque, per i motivi suesposti sono costituzionalmente illegittimi l'art. 11-ter, terzo comma del d.-l. 283/1981 convertito in legge n. 432/1981, che prevede la riduzione dell'"assegno ad personam" di cui all'art. 36, ottavo comma del d.P.R. n. 382/1980, la mancata estensione alla categoria di cui trattasi, della progressione di carriera per i dirigenti di cui all'art. 1, quarto comma del d.-l. n. 681/1982 convertito in legge n. 869/1982; la conferma di dette posizioni ad opera dell'art. 25, n. 10 del d.-l. n. 463/1983 convertito in legge n. 638/1983 e del d.-l. n. 3/1984 convertito in legge n. 29/1984, la mancata corresponsione dei miglioramenti contemplati dall'art. 1 della legge 17 aprile 1984, n. 89, con particolare riguardo alla proroga di cui al primo comma, all'aumento del 13% di cui al secondo comma ed alla progressione in otto scatti biennali del 6% e successivi scatti biennali del 2,5% di cui al terzo comma (la questione di illegittimita' costituzionale e' sollevata con particolare riferimento all'art. 8, quinto comma (e implicitamente primo comma), ed alla mancata corresponsione degli aumenti di cui al d.-l. n. 2/1985 convertito in legge n. 72/1985, art. 1. Incostituzionale appare, anche, la mancata corresponsione, almeno in misura pari al 50% della misura stabilita dall'art. 8 del d.-l. ult. cit., dell'assegno aggiuntivo a suo tempo disposto dall'art. 39 del d.P.R. n. 382/1980. In particolare l'abrogazione del terzultimo comma di detto art. 39 viene a costituire un'ulteriore inammissibile reformatio in peius del trattamento del professore a tempo definito, sia che si trovi nelle condizioni di cui all'ottavo comma dell'art. 36 del d.P.R. n. 382, sia che non vi si trovi; 3) l'illegittimita' costituzionale del sistema. Il ricorrente si trova in una particolare situazione, che deve ricevere particolare tutela in base ai principi enunciati dalla sentenza n. 219/1975 della Corte costituzionale, dall'art. 12 lett. o) della legge n. 28/1980 e dall'art. 72 della legge n. 312/1980. Piu' gravi illegittimita' costituzionali, invertirebbero, peraltro, intero sistema. E' gia' illogico stabilire non un premio a chi si dedichi esclusivamente all'attivita' di ricerca (quale l'assegno aggiuntivo di cui all'art. 39 del d.P.R. n. 382/1980 ed ora all'art. 8 del d.-l. n. 2/1985 convertito in legge n. 72/1985) ma un maggiore stipendio base. Ancora piu' illogico e' non stabilire il maggiore stipendio prendendo a base lo stipendio pieno del professore universitario prima della riforma, ma artificiosamente ricavando lo stipendio del professore a tempo definito mediante riduzione dell'ordinario stipendio base, per poi tornare per il tempo pieno al vecchio stipendio base, maggiorando del 40% lo stipendio del tempo definito (operazione che, sostanzialmente, e' stata compiuta con la legge n. 28/1980 e il d.P.R. 82/1980). Asncor piu' arbitraria e' l'artificiosa giustificazione della differenza attribuendosi al professore a tempo pieno un obbligo di 350 ore in luogo delle 250 per il professore a tempo definito. Cio' significa ridurre, contro ogni logica universitaria, l'attivita' del docente alla presenza dell'Universita', senza tener conto del tempo che occorre per preparare le lezioni (ben piu' di quel che occorre per tenerli), del tempo per la ricerca scientifica (enormemente superiore a quello della presenza materiale all'universita'), di quello per la partecipazione alla vita della universita' dei dipertimenti e degli istituti. La riforma universitaria contro ogni logica e contro il principio della remunerazione proporzionale all'impegno, consacrato dall'art. 46 della Costituzione, ha ridotto la proporzione tra la retribuzione del professore a tempo pieno e quella del professore a tempo definito ad una rozza proporzione di frequenza. Essa ha, inoltre, reso estremamente difficile l'esercizio di attivita' professionali, che tradizionalmente costituiscono un ottimo complemento dell'attivita' scientifica delle materie professionali, in luogo di porre ragionevoli limitazioni confacenti alla dignita' della doppia professione, ed ha penalizzato, sotto questo profilo, il professore universitario rispetto al professore di scuola media che puo' esercitare le professioni liberali. Tutto cio' appare anche in contrasto con l'art. 4 della Costituzione. Dalla costante erosione che interpretazioni (o leggi) punitive hanno operato ai danni dei professori a tempo definito, ivi compresi quelli che (come il ricorrente) all'epoca della entrata in vigore della riforma avevano da tempo raggiunto l'ultima classe di stipendio consegue un'iniqua disparita' di trattamento in presenza di una sostanziale parita' di prestazioni che si esprime (come da prospetto che si produce) nella corresponsione, al vertice della carriera, di uno stipendio complessivo netto di L. 3.629.334 al professore a tempo pieno e L. 1.996.000 al professore a tempo definito; 4) eccesso di potere per manifesta ingiustizia, illogicita' ed erronei presupposti. E' fuori dubbio che il ricorrente ha percepito piu' che in buona fede cio' che gli e' stato corrisposto, in ossequio, oltre tutto, al giudizio piu' volte citato dalla Corte dei conti. Inoltre, nel prevedere il "recupero" non si e' tenuto neppure conto dei crediti del ricorrente per rivalutazione dei servizi pre-ruolo ed assegni familiari per la figlia Angela non corrisposti, in cio' si ravvisa l'evidente eccesso di potere di cui in rubrica. Si e' costituita in giudizio l'Amministrazione resistente che con memoria dell'avvocatura generale dello Stato in data 3 aprile 1987 - ha sostenuto la piena legittimita' del proprio operato e l'infondatezza delle censure proposte dal ricorrente. D I R I T T O Il ricorrente, nel contestare un provvedimento di recupero di un credito vantato nei suoi confronti dall'amministrazione provinciale del tesoro per somme indebitamente erogategli, rivendica - quale professore universitario di ruolo pervenuto all'ultima classe di stipendio prima dell'entrata in vigore della riforma universitaria - l'applicazione del trattamento economico pari a quello dei dirigenti generali dello Stato di livello A (trattamento economico di cui all'art. 10 del d.-l. 6 giugno 1981 n. 283 convertito inlegge 6 agosto 1981, n. 423; all'art. 1 del d.-l. 27 settembre 1982, n. 681, convertito in legge 20 novembre 1982, n. 869; all'art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; all'art. 1 del d.-l. 21 gennaio 1984, n. 3, convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29; all'art. 1 ed all'art. 8, primo comma, della legge 17 aprile 1984, n. 79; agli artt. 1 e 2 e per quanto di ragione, all'art. 3, n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985, n. 2 convertito in legge 8 marzo 1985 n. 72), sostenendo che tale trattamento deve essere mantenuto anche nel caso (che lo riguarda) di opzione per il tempo definito, e denunciando l'illegittimita' costituzionale di tutto il complesso normativo (di cui all'art. 36 ottavo comma del d.P.R. n. 382/1980; degli artt. 11 e 11-ter del d.-l. n. 283/1981 convertito in legge n. 432/1981; dell'art. 1 ultimo comma, del d.-l. n. 681/1982 convertito in legge n. 869/1982 e successive proroghe - art. 10 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 461, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 1 d.-l. 21 gennaio 1984 n. 3 convertito in legge 20 marzo 1984, n. 29, art. 1 legge 17 aprile 1984, n. 79 e art. 3 n. 3 del d.-l. 11 gennaio 1985 n. 2 convertito in legge 8 marzo 1985, n. 72 in parte qua) ove interpretato in senso ostativo alla pretesa dell'interessato. Attesa l'infondatezza della tesi del ricorrente, volta a far rientrare automaticamente la propria posizione (ai fini del trattamento economico) nella disciplina legislativa dettata per i dirigenti generali dello Stato di livello A, devono essere esaminate le sollevate questioni di legittimita' costituzionale. Che i professori universitari pervenuti all'ultima classe di stipendio (ex par. 825) abbiano diritto, in base alla sola sentenza della Corte costituzionale 8-17 luglio 1975, n. 219, al trattamento economico dei dirigenti generali dello Stato di livello A, considerato nella sua dinamica, e - invero - affermazione costantemente respinta dalla giurisprudenza (v. per tutte, t.a.r. Emilia-Romagna 8 giugno 1985, n. 294 e t.a.r. Lazio I sez. 19 marzo 1985, n. 386), la quale ha, invece, messo in luce come la predetta sentenza della Corte costituzionale abbia riconosciuto alle due categorie non una identita' costante di attribuzione (o addirittura una retribuzione unica) ma solo un criterio retributivo globalmente assimilato che consenta ai predetti docenti universitari di raggiungere, pur nelle differenziazioni connesse al particolare regime giuridico del loro rapporto, un uguale tetto retributivo. Conformemente a quanto gia' ritenuto dal t.a.r. per l'Emilia Romagna (ordinanza 4 aprile 1984 e 25 febbraio 1985) e dalla sesta sezione del Consiglio di Stato (ordinanza 9 agosto 1986, n. 628), deve considerarsi non manifestamente infondata (alla luce delle osservazioni e dei principi contenuti nella citata sentenza della Corte costituzionale, n. 219/1975, in ordine alla lunga tradizione legislativa di equiparazione, per cio' che attiene al tetto retributivo, delle categorie dei professori universitari di ruolo e dei dirigenti generali dello Stato) ed in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 36, ottavo comma del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nonche' delle successive norme (art. 11- ter d.-l. 6 giugno 1981, n. 283 convertito nella legge 6 agosto 1981, n. 432; art. 1 della legge 22 gennaio 1982, n. 6; art. 1 del d.-l. 27 settembre 1982 n. 681 convertito nella legge 20 novembre 1982, n. 869, e relative leggi di proroga sopracitate) che si sono discostate dal principio dell'equiparazione. Dal combinato disposto di tali norme, in particolare, risutlano violati sia il principio dell'identica potenzialita' di sviluppo di carriera e del medesimo tetto retributivo dei docenti universitari e dei dirigenti statali di livello A, sia l'obbligo, derivante per il legislatore delegato dall'art. 12 lett. o) legge 21 febbraio 1980, n. 28, di mantenere l'equiparazione della retribuzione fra dette categorie senza discriminazione tra professori a tempo pieno e professori a tempo definito. Deve, pero', confermarsi l'orientamento negativo gia' espresso dal Consiglio di Stato (sesta sezione 12 aprile 1986, n. 321 e 9 agosto 1986 n. 628) in ordine alla questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11 del d.-l. 6 giugno 1981 n. 283, nel testo introdotto dalla legge di conversione 6 agosto 1981, n. 432, (che ha attribuito ai soli dirigenti dello Stato un emolumento di carattere provvisorio non destinato ad entrare nel trattamento economico di regime della categoria). Per le considerazioni sopra esposte, si ravvisa la necessita' di sospendere il giudizio e di ordinare la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 134 della Costituzione dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ai fini della definizione delle questioni di legittimita' costituzionale sopra indicate.