ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 51, secondo
 comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza
 universitaria,  relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione
 organizzativa e didattica), in relazione all'art. 5, commi secondo  e
 quarto, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il
 riordinamento  della  docenza  universitaria  e  relativa  fascia  di
 formazione,  e  per  la sperimentazione organizzativa e didattica), e
 dell'art. 10 della legge 9 dicembre 1985,  n.  705  (Interpretazione,
 modificazioni   ed  integrazioni  al  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sul  riordinamento  della  docenza
 universitaria,  relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione
 organizzativa e didattica),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  26
 novembre  1986  dal  Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul
 ricorso proposto da Rizzo Paolo contro il  Ministero  della  pubblica
 istruzione ed altri, iscritta al n. 449 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  29,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 ottobre 1990 il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  del  26 novembre 1986 (pervenuta a
 questa Corte il 3 luglio 1990), il Tribunale amministrativo regionale
 del  Lazio  ha  sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art. 51, secondo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980,  n.  382,  in
 riferimento  all'art.  76  (in  relazione all'art. 5, commi secondo e
 quarto, della legge 21 febbraio 1980, n. 28) e  agli  artt.  3  e  97
 della Costituzione, nonche' dell'art. 10 della legge 9 dicembre 1985,
 n. 705, in riferimento agli artt. 3, 97, 24, 134,  136  e  137  della
 Costituzione e all'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
 n. 1 (in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione);
      che,  secondo  il  giudice  a quo, l'art. 51, secondo comma, del
 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 - nel prevedere la costituzione di piu'
 commissioni   qualora  il  numero  dei  concorrenti  al  giudizio  di
 idoneita' per l'inquadramento nella fascia dei  professori  associati
 superi  le  ottanta  unita' - contrasterebbe da un lato con l'art. 76
 della Costituzione, discostandosi dal dettato dall'art. 5 della legge
 (di delega) 21 febbraio 1980, n. 28, ove (quarto comma) si rinvia, in
 materia di composizione delle commissioni per i  giudizi  idoneativi,
 al  sistema  stabilito  per  il  concorso  a regime (secondo comma) e
 dall'altro lato  con  gli  artt.  3  e  97  della  Costituzione,  non
 assicurando  la  previsione  di  piu'  commissioni  per  un  medesimo
 raggruppamento disciplinare ne' la par condicio dei partecipanti  ne'
 il  criterio  di  imparzialita'  cui  deve  ispirarsi  l'azione della
 pubblica Amministrazione;
      che,  secondo il giudice a quo, l'art. 10 della legge 9 dicembre
 1985, n. 705 (contenente interpretazione autentica dell'art.  51  del
 d.P.R.  11 luglio 1980, n. 382) contrasterebbe a) con l'art. 24 della
 Costituzione (in relazione agli artt. 76 e 77 della Costituzione), in
 quanto  l'interpretazione  legislativa  di  una  precedente  norma di
 delega in senso conforme alla norma  delegata  verrebbe  ad  incidere
 sulla  possibilita'  di difesa del cittadino, che resterebbe "privato
 della possibilita' di far valere nei confronti della  norma  delegata
 la  violazione  dell'art.  76  della  Costituzione,  sotto il profilo
 dell'eccesso di delega"; b) con  gli  artt.  134,  136  e  137  della
 Costituzione  nonche'  con  l'art.  1  della  legge  costituzionale 9
 febbraio 1948, n.  1,  in  quanto,  essendo  intervenuta  tale  norma
 interpretativa  dopo  che  la  Corte  costituzionale  era  stata gia'
 investita dell'esame di costituzionalita'  della  norma  delegata  in
 questione,  con  riferimento all'art. 76 della Costituzione, la norma
 in questione verrebbe sostanzialmente "ad impedire il sindacato della
 Corte   costituzionale   sulla   norma   delegata,   incidendo  sulle
 prerogative della Corte", dovendo essere precluso al  legislatore  di
 "incidere con effetto retroattivo sulla norma di delega, nell'intento
 di renderla conforme alla norma delegata";
    Considerato    che    l'ordinanza    di    rimessione    riproduce
 sostanzialmente altre coeve ordinanze emesse dalla  stessa  Autorita'
 ma pervenute con maggiore tempestivita' a questa Corte che si e' gia'
 pronunciata, con la sentenza n. 620  del  1987,  dichiarando  la  non
 fondatezza delle questioni;
      che  in  tale  sentenza  e' stato evidenziato come con l'art. 10
 della legge 9 dicembre 1985, n. 705, "il  legislatore-interprete  non
 innova  alcunche'  rispetto  ai  criteri  enunciati  nella  legge  di
 delegazione n. 28 e  correttamente  recepiti  nel  decreto  delegato"
 sicche'   "dinanzi   ad   un   intervento   interpretativo  meramente
 tautologico e riproduttivo delle norme interpretate  la  verifica  di
 costituzionalita'  in  ordine  ai  parametri invocati resta assorbita
 dalla questione di costituzionalita' della norma interpretata, quando
 risulti - come qui risulta - infondata";
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;