ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con ricorso del Presidente del Consiglio dei
 ministri notificato il 29 maggio 1990, depositato in cancelleria il 7
 giugno  successivo,  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito
 della delibera della Provincia Autonoma di Trento  7  marzo  1990  n.
 2146, recante nomina del sig. Fausto Manfrini a vice-presidente della
 Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, notificata con nota  del  15
 marzo  1990,  n.  351,  pervenuta al Ministero del tesoro il 31 marzo
 1990, ed iscritto al n. 18 del registro conflitti 1990;
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 ottobre 1990 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  dello Stato Franco Favara per il Presidente del
 Consiglio dei ministri  e  l'avv.  Valerio  Onida  per  la  Provincia
 autonoma di Trento;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ha sollevato
 conflitto di attribuzione nei confronti della Provincia  autonoma  di
 Trento  in  relazione  alla  delibera  della  Giunta  della  predetta
 provincia, adottata il 7 marzo 1990 con il numero d'ordine 2146,  con
 la  quale  e'  stato  nominato  il  vice-presidente  della  Cassa  di
 Risparmio di Trento e  Rovereto.  Il  ricorrente  chiede  che  questa
 Corte,   a   norma   dell'art.   5  dello  Statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto Adige e delle relative norme  di  attuazione,  dichiari
 che  spetta allo Stato la nomina del presidente e del vice-presidente
 della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto  e,  in  genere,  degli
 amministratori  di  istituti e di aziende di credito che aprano uno o
 piu' sportelli fuori del territorio della Provincia.
    A  sostegno  delle  proprie richieste, il Presidente del Consiglio
 dei Ministri osserva che lo Statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige,  dopo aver riconosciuto, all'art. 5, la competenza concorrente
 della Regione in  materia  di  "ordinamento  degli  enti  di  credito
 fondiario  e  di  credito  agrario,  delle Casse di risparmio e delle
 Casse  rurali,  nonche'  delle  aziende  di   credito   a   carattere
 regionale",   prevede   all'art.  11  la  competenza  delle  Province
 autonome, da esercitare previo parere del Ministro  del  tesoro,  sia
 per  l'autorizzazione  all'apertura  e  al trasferimento di sportelli
 bancari di aziende di credito  "a  carattere  locale,  provinciale  e
 regionale",  sia  per  la nomina del presidente e del vice-presidente
 delle Casse di  risparmio.  Quest'ultima  disposizione,  continua  il
 ricorrente,  ha  avuto  uno  specifico  svolgimento  nelle  norme  di
 attuazione contenute negli artt. 1 e 2 del d.P.R. 26 marzo  1977,  n.
 234,  per  le  quali,  ai  fini  dell'art.  11  dello  Statuto, "sono
 considerati a carattere regionale tutti gli enti  e  gli  istituti  e
 tutte  le  aziende  di credito che abbiano la sede legale e sportelli
 esclusivamente  nel  territorio  regionale".  Pertanto,  conclude  il
 ricorrente, la Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, avendo aperto
 almeno uno sportello fuori della regione, non  dovrebbe  essere  piu'
 inquadrata  tra  le  aziende  di  credito  per  le quali le nomine in
 questione spettano alla Provincia.
    2. - Si e' regolarmente costituita la Provincia autonoma di Trento
 per chiedere che il ricorso dello Stato sia dichiarato  inammissibile
 e, comunque, infondato.
    Secondo la resistente, l'inammissibilita' del ricorso risulterebbe
 sia dal fatto che quest'ultimo e' stato notificato il 29 maggio  1990
 e,  pertanto,  oltre  il  termine  di  sessanta  giorni dalla data di
 comunicazione dell'avvenuta nomina (14 marzo 1990), sia dal fatto che
 e'  stato impugnato soltanto l'atto finale del procedimento di nomina
 e non, invece, la designazione  del  vice-presidente,  operata  dalla
 Provincia con nota del 24 ottobre 1989, che costituiva gia' esercizio
 della competenza contestata con il presente ricorso.
    In  ogni  caso,  continua  la Provincia, il ricorso dovrebbe esser
 rigettato in quanto si baserebbe su un'erronea interpretazione  delle
 disposizioni  statutarie  e  di  quelle  di  attuazione.  Secondo  la
 resistente, l'art. 11 dello Statuto conterrebbe una norma univoca non
 abbisognevole  di  integrazione  e  di  specificazione da parte delle
 norme di attuazione, nel senso  che  non  farebbe  alcun  riferimento
 all'apertura   di   sportelli  esclusivamente  nel  territorio  della
 provincia o della regione ai fini della qualificazione del carattere,
 regionale  o  no,  della  Cassa di risparmio. Le norme di attuazione,
 sempre secondo la resistente, allorche' menzionano  l'art.  11  dello
 Statuto  si  riferirebbero solo al primo comma dello stesso articolo,
 laddove si parla delle aziende di credito a  carattere  regionale,  e
 non  anche  al  terzo comma, che concerne le Casse di risparmio senza
 stabilire ulteriori specificazioni circa il loro carattere.
    L'interpretazione  sulla  quale  si  basa  il ricorso dello Stato,
 oltre a non avere il sostegno dei dati testuali, sarebbe,  ad  avviso
 della  Provincia,  priva  di logica. Innanzitutto, ove si ritenessero
 applicabili le norme di attuazione contenute nell'art. 2  del  d.P.R.
 n.  234 del 1977 anche alle Casse di risparmio (art. 11, comma terzo,
 dello Statuto), si perverrebbe  all'illogico  risultato  di  ritenere
 che,  mentre le nomine degli amministratori degli istituti di credito
 operanti esclusivamente nel territorio regionale rientrerebbero nella
 piena  competenza  regionale (art. 3, lett. h), delle citate norme di
 attuazione),  al  contrario  le   nomine   del   presidente   e   del
 vice-presidente delle Casse di risparmio non sarebbero oggetto di una
 competenza piena della Provincia, essendo sottoposte  al  parere  del
 Ministro  del  tesoro.  In  realta',  a giudizio della resistente, la
 previsione di tale parere rappresenterebbe  l'elemento  equilibratore
 di una fattispecie nella quale il potere di nomina sarebbe attribuito
 alla  Provincia  senza  condizionarlo   all'apertura   di   sportelli
 esclusivamente  all'interno  del  territorio  regionale.  In  secondo
 luogo, ove alle norme di  attuazione  si  conferisse  il  significato
 enunciato  nel  ricorso, si riconoscerebbe alle stesse un significato
 contrastante e paralizzante rispetto a quello delle norme statutarie,
 sicche',  nel  caso  che questa Corte intenda seguirlo, essa dovrebbe
 sollevare  dinnanzi   a   se   stessa   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  del  d.P.R.  n.  234 del 1977, anche in
 riferimento ad altre norme costituzionali, quali gli artt. 103 e  107
 dello  Statuto  e  l'art. 3 della Costituzione. Infine, la resistente
 osserva  che  non  esistono  nella  giurisprudenza  di  questa  Corte
 precedenti che abbiano pertinenza con il caso ora in esame.
    3.  -  In  prossimita'  dell'udienza  ambedue le parti in giudizio
 hanno presentato memorie, con le quali ribadiscono i rispettivi punti
 di vista. Nuovi argomenti sono stati addotti soltanto dall'Avvocatura
 dello Stato, la quale, in replica alle eccezioni di  inammissibilita'
 proposte  dalla Provincia, rileva: a) la nota 7 marzo 1990, da cui la
 resistente vorrebbe far decorrere il dies a quo per  la  proposizione
 del  ricorso,  conterrebbe  solo  un  preannuncio, mentre la delibera
 contenente la nomina sarebbe stata integralmente  comunicata  con  la
 nota  15  marzo 1990, pervenuta il 31 marzo 1990; b) la Provincia non
 ha impugnato la nota 12 dicembre 1989 del Ministro del tesoro, con la
 quale  quest'ultimo  precisava univocamente che la Cassa di risparmio
 di Trento e Rovereto non puo' piu' considerarsi azienda di credito  a
 carattere  regionale,  ne'  l'analoga  nota del 9 febbraio 1990 dello
 stesso Ministro, riconoscendo cosi' l'interpretazione del ricorrente.
    4.  -  All'udienza  pubblica l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto
 che, a seguire l'interpretazione della resistente,  la  Provincia  di
 Trento manterrebbe la competenza sulla nomina dei vertici della Cassa
 di risparmio anche se questa aprisse sportelli, per ipotesi, su tutto
 il  territorio nazionale. La medesima Avvocatura, comunque, non si e'
 opposta alla subordinata richiesta  di  parte  avversa  di  sollevare
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 2 delle norme di
 attuazione.
    La difesa della Provincia di Trento, premesso che il caso in esame
 pone problemi giuridici diversi da quelli  gia'  presi  in  esame  da
 questa  Corte  con  riferimento alle Regioni Sicilia e Friuli-Venezia
 Giulia, ha sottolineato come l'interpretazione della  Presidenza  del
 Consiglio  porti  a  ritenere  che  una  competenza  statutaria della
 Provincia autonoma di Trento (nomina dei vertici della  locale  Cassa
 di risparmio) possa essere cancellata da atti amministrativi statali,
 giacche'  l'autorizzazione  all'apertura  di  sportelli   fuori   del
 territorio  regionale e' di competenza di organi ministeriali o della
 Banca  d'Italia,  senza  alcuna  partecipazione,  nemmeno  a   titolo
 consultivo, della Provincia medesima.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  conflitto di attribuzione oggetto di questo giudizio e'
 stato  sollevato  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri   in
 relazione  alla  delibera  della  Giunta  della Provincia autonoma di
 Trento, 7 marzo 1990, n. 2146, con la  quale  e'  stato  nominato  il
 vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto.
    Il  ricorrente,  argomentando  dagli  artt.  5  e 11 dello Statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n.  670),
 che    riconoscono    alla    Regione   la   competenza   concorrente
 sull'ordinamento  degli  istituti  e  delle  aziende  di  credito   a
 carattere  regionale e alle Province autonome il potere di nomina del
 presidente e del vice-presidente delle Casse di risparmio a carattere
 regionale, e riferendosi alle norme di attuazione contenute nell'art.
 2 del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 234, che definiscono come  aziende  di
 credito  a  carattere  regionale soltanto quelle "che abbiano la sede
 legale e sportelli esclusivamente nel territorio  regionale",  chiede
 che si dichiari la spettanza allo Stato della nomina del presidente e
 del vice-presidente della Cassa di risparmio di Trento e Rovereto  e,
 in  genere,  degli amministratori di istituti e di aziende di credito
 che aprano uno o piu' sportelli fuori del territorio della Provincia.
    Lo  stesso  ricorrente chiede in via consequenziale l'annullamento
 della delibera di nomina prima citata.
    2.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento  ha  sollevato  in  via
 preliminare una eccezione  di  inammissibilita'  per  tardivita'  del
 ricorso, che tuttavia non e' fondata.
    La  resistente  argomenta  tale  eccezione  in un duplice modo. In
 primo luogo essa sostiene che il ricorso, essendo stato notificato il
 29  maggio  1990, sarebbe stato proposto oltre il termine di sessanta
 giorni dall'effettiva conoscenza, la quale si sarebbe prodotta con la
 lettera  raccomandata  ricevuta  dal  Ministro del tesoro il 14 marzo
 1990, che comunicava  l'avvenuta  nomina  del  vice-presidente  della
 Cassa  di  risparmio  di  Trento  e Rovereto ed informava che sarebbe
 seguita la notifica di copia autentica  del  provvedimento  adottato.
 Questa  argomentazione  non  puo'  essere condivisa, dal momento che,
 secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini  della  decorrenza
 del  termine  di  proponibilita'  del  ricorso  rileva  la conoscenza
 dell'atto nel suo contenuto, e non gia'  quella  relativa  alla  mera
 esistenza  dell'atto  stesso (v., ad esempio, sentt. nn. 66 del 1967,
 51 del 1978 e 179 del 1987). Poiche' la  comunicazione  data  con  la
 lettera  del 14 marzo 1990 si limita semplicemente a informare che la
 nomina  era  avvenuta  e  poiche'  la  delibera  impugnata  e'  stata
 notificata  in  copia  con  una  nota  ricevuta  il 31 marzo 1990, e'
 quest'ultima data che costituisce il dies a quo per la decorrenza del
 termine  di  proponibilita' del ricorso. Pertanto, considerato che il
 ricorso e' stato notificato il 29 maggio 1990, deve escludersi la sua
 tardivita' per l'aspetto ora esaminato.
    Per  la  resistente  il ricorso dovrebbe esser considerato tardivo
 anche sotto  un  diverso  profilo.  Essa,  infatti,  afferma  che  la
 competenza contestata era stata esercitata dalla Provincia sin dal 24
 ottobre 1989, allorche' questa aveva inviato al Ministro  del  tesoro
 la  designazione  del  nuovo  vice-presidente  al fine di ottenere il
 parere previsto dall'art. 11, ultimo comma,  dello  Statuto  speciale
 per  il Trentino-Alto Adige. Secondo la resistente, il Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri,  anziche'  attendere  l'atto   finale   del
 procedimento  di  nomina,  avrebbe  dovuto impugnare la comunicazione
 della  predetta  designazione,  con  la  quale  la   Provincia   gia'
 rivendicava  a  se'  il  potere  contestato.  E, il non averlo fatto,
 dovrebbe indurre a considerare tardivo il ricorso.
    Anche  sotto  il profilo da ultimo indicato, l'eccezione sollevata
 dalla Provincia autonoma di Trento non puo' essere accolta. Non  v'e'
 dubbio,  che, gia' con la designazione inviata al Ministro del tesoro
 per ottenerne il parere, la  Provincia  abbia  compiuto  un  atto  di
 esercizio della competenza contestata e che, pertanto, gia' allora il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  avrebbe  potuto  sollevare
 conflitto    di    attribuzione    in    relazione    a    quell'atto
 infraprocedimentale. Tuttavia, che lo Stato, in replica alla predetta
 nota  di  designazione, abbia rivendicato per se' il potere di nomina
 senza proporre  ricorso  per  conflitto  di  attribuzione,  non  puo'
 produrre   alcun   effetto   preclusivo   rispetto   alla  successiva
 proposizione di un conflitto in relazione  ad  atti  susseguenti  del
 procedimento  con  i  quali la Provincia abbia esercitato la medesima
 competenza e,  in  particolare,  in  relazione  all'atto  finale  del
 procedimento  di  nomina.  Al giudizio per conflitto di attribuzione,
 infatti, non e'  applicabile  l'istituto  dell'acquiescenza  (per  la
 conforme  costante  giurisprudenza  di  questa Corte, v., ad esempio,
 sentt. nn. 77 e 82 del 1958, 56 del 1969 e 89 del 1977).
    Del   resto,   poiche'   all'atto   infraprocedimentale  non  puo'
 riconoscersi alcun  effetto  impegnativo  nei  confronti  degli  atti
 successivi  del  procedimento,  non  si  puo'  escludere la rilevanza
 dell'ipotesi che la Provincia avrebbe potuto desistere dal portare  a
 compimento  il  procedimento  di nomina iniziato, tanto piu' che alla
 richiesta del parere sulla designazione era seguita da parte  statale
 la  rivendicazione  a  se'  della competenza esercitata, anche questa
 senza alcun se'guito giudiziale. Sicche'  il  prudente  atteggiamento
 dello  Stato,  che  ha atteso, per l'elevazione del conflitto, l'atto
 finale  del  procedimento,  non  potrebbe  in   alcun   caso   essere
 interpretato  come accettazione degli effetti collegati all'esercizio
 della competenza potenzialmente in contestazione.
    Ne'  avrebbe alcun valore ricordare in senso contrario il costante
 orientamento di questa Corte nel  dichiarare  l'inammissibilita'  dei
 ricorsi  per conflitto di attribuzione proposti contro atti meramente
 consequenziali (confermativi, riproduttivi,  esplicativi,  esecutivi,
 etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati, con i quali era gia'
 stata esercitata la competenza contestata (v., ad esempio, sentt. nn.
 63  del  1965,  94  e  112  del  1972, 28 del 1979). In tali ipotesi,
 infatti, si deve correttamente parlare  di  decadenza  dall'esercizio
 dell'azione  -  azione che, a differenza delle posizioni sostanziali,
 e' pur sempre disponibile -, per il fatto che in siffatta  evenienza,
 attraverso  l'impugnazione  dell'atto  meramente  consequenziale,  si
 tenta, in modo surrettizio, di contestare  giudizialmente  l'atto  di
 cui  quello  impugnato  e'  mera  conseguenza  e per il quale e' gia'
 inutilmente spirato il termine di proponibilita' del ricorso.
    3. - Il ricorso e' fondato.
    Diversamente  da  quanto  sembra  supporre il ricorrente nelle sue
 richieste formali, oggetto del  giudizio  non  e'  la  spettanza  del
 potere  di  nomina  di  tutti  gli  organi  di vertice delle Casse di
 risparmio con  sede  centrale  nella  provincia  che  abbiano  aperto
 sportelli fuori del territorio regionale, ma e', invece, la spettanza
 del potere di nomina del vice-presidente della Cassa di risparmio  di
 Trento  e  Rovereto,  avente le caratteristiche appena menzionate. Ai
 fini della decisione del conflitto tra Stato e Provincia autonoma  di
 Trento,  ciascuno  dei  quali rivendica a se' il potere relativo alla
 predetta nomina, occorre verificare se la competenza  provinciale  in
 ordine  alla preposizione del vicepresidente delle Casse di risparmio
 con sede legale nel proprio territorio  sia  limitata  soltanto  alle
 casse  aventi  carattere regionale e se tale carattere venga meno ove
 l'istituto di credito apra uno o piu'  sportelli  fuori  dei  confini
 regionali.
    In  relazione  al primo punto, si puo' convenire con la resistente
 che le disposizioni statutarie invocate, considerate  nel  loro  mero
 tenore letterale, non escludono la possibilita' di riferire il potere
 di nomina contestato a tutte le Casse di  risparmio  aventi  la  sede
 legale   nel   territorio   provinciale,  abbiano  o  meno  carattere
 regionale. L'art. 11, ultimo  comma,  dello  Statuto,  infatti,  dice
 semplicemente   che   "la   provincia   nomina  il  presidente  e  il
 vicepresidente della  Cassa  di  risparmio,  sentito  il  parere  del
 Ministro  del  tesoro",  senza  specificare  che la Cassa debba avere
 carattere regionale. E anche l'art. 5 dello  stesso  Statuto  non  e'
 decisivo ai fini della delimitazione dell'anzidetto potere di nomina,
 poiche',  nell'attribuire  la  potesta'  legislativa  concorrente  in
 materia di credito alla regione, usa una dizione che lascia il dubbio
 se il carattere regionale  si  riferisca  soltanto  alle  aziende  di
 credito  o  si  estenda  anche  alle  Casse di risparmio e alle Casse
 rurali, oltreche' agli enti di credito fondiario e di credito agrario
 (v.  art.  5, n. 3: "ordinamento degli enti di credito fondiario e di
 credito agrario, delle Casse  di  risparmio  e  delle  Casse  rurali,
 nonche' delle aziende di credito a carattere regionale").
    D'altra parte, se dal tenore letterale delle disposizioni si passa
 a considerare l'ordine sistematico nel quale esse sono collocate,  si
 traggono elementi che indurrebbero a delimitare il potere provinciale
 di  nomina  del  presidente  e  del  vicepresidente  delle  Casse  di
 risparmio  soltanto  alle  casse aventi carattere regionale. Infatti,
 l'ultimo comma dell'art. 11 e' collocato all'interno di  un  articolo
 nel  quale  sono ripartite le competenze tra lo Stato e la Provincia,
 in modo che  a  quest'ultima  sono  riconosciuti  poteri  (in  ordine
 all'apertura e al trasferimento di sportelli) concernenti soltanto le
 "aziende di credito a  carattere  locale  provinciale  e  regionale",
 previo  parere,  come  nel caso delle nomine di cui all'ultimo comma,
 del Ministro del tesoro, mentre allo  Stato  sono  attribuiti  poteri
 afferenti  alle  "altre  aziende  di  credito" che intendano aprire o
 trasferire sportelli all'interno del territorio provinciale,  sentito
 il parere della stessa provincia interessata. In altri termini, anche
 al caso in questione sembra applicarsi la  ratio  che  presiede  alla
 ripartizione  di  competenze  stabilita  in  materia  di  istituti di
 credito per altre autonomie speciali, in base alla quale,  mentre  la
 competenza  dell'ente  autonomo  si esercita nella pienezza della sua
 consistenza costituzionale  soltanto  nei  confronti  degli  istituti
 creditizi  aventi  carattere  regionale,  al contrario, rispetto agli
 altri istituti, le competenze si esprimono in atti di  collaborazione
 (essenzialmente in pareri) rispetto all'esercizio di attribuzioni che
 spettano allo Stato in quanto in esse  domina  l'interesse  nazionale
 (v. sent. n. 1141 del 1988).
    A   risolvere  in  quest'ultimo  senso  il  dubbio  interpretativo
 concorrono in modo decisivo le  norme  di  attuazione  contenute  nel
 d.P.R.  26 marzo 1977, n. 234. L'art. 1, primo comma, di quest'ultimo
 decreto,  nel  trasferire  alla  Regione   Trentino-Alto   Adige   le
 attribuzioni  in materia di ordinamento degli enti e delle aziende di
 credito a carattere regionale, ritaglia all'interno di queste  ultime
 le  competenze nominate nell'art. 11 dello Statuto per confermarne la
 spettanza alle  Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano.  Cio'
 significa che, per tale norma di attuazione, il potere di nominare il
 presidente e il vicepresidente delle Casse  di  risparmio  (art.  11,
 terzo   comma)  deve  ritenersi  attribuito  alle  Province  autonome
 limitatamente agli istituti di credito aventi carattere regionale.
    E,  poiche'  l'art. 2, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 234 del
 1977 precisa che "ai fini del precedente art. 1 e dell'art. 11" dello
 Statuto  "sono considerati a carattere regionale tutti gli enti e gli
 istituti e tutte le aziende di credito che abbiano la sede  legale  e
 sportelli  esclusivamente nel territorio regionale", deve concludersi
 che il potere di nomina del vice-presidente della Cassa di  risparmio
 di  Trento  e  Rovereto,  concernendo  un  istituto  di  credito che,
 successivamente all'entrata  in  vigore  delle  norme  di  attuazione
 contenute  nel  d.P.R.  n.  234 del 1977, ha aperto sportelli bancari
 fuori del territorio regionale, spetta allo Stato, e  non  gia'  alla
 Provincia  autonoma  di Trento. Conseguentemente a cio', va annullata
 la delibera n. 2146 del 7 marzo 1990, con la quale  la  Giunta  della
 Provincia   autonoma  di  Trento  ha  illegittimamente  provveduto  a
 nominare il vice-presidente della Cassa  di  risparmio  di  Trento  e
 Rovereto.
    4.  - Ne' contro tale conclusione puo' valere l'argomento, addotto
 dalla resistente, per  il  quale  non  dovrebbe  riconoscersi  alcuna
 rilevanza  alle  norme  di  attuazione  ai  fini dell'interpretazione
 dell'art.  11,  ultimo  comma,  dello  Statuto,   dal   momento   che
 quest'ultima   disposizione,   nel  tacere  ogni  specificazione  sul
 carattere delle Casse di risparmio il  cui  vicepresidente  dev'esser
 nominato dalla Provincia, dimostrerebbe di non aver bisogno di alcuna
 norma  di  attuazione,  essendo  chiaro,  in  mancanza  di  qualsiasi
 delimitazione posta dallo Statuto, che quel potere di nomina dovrebbe
 estendersi a tutte le Casse di risparmio  aventi  sede  legale  nella
 Provincia  a  prescindere dall'ubicazione degli sportelli delle Casse
 medesime.
    Tale  assunto  non  puo' essere condiviso, poiche' questa Corte ha
 gia'  affermato  in  via  generale  che  "la  mancanza  di  qualsiasi
 limitazione  espressa  nella  disposizione  statutaria (...) non puo'
 certo  avere  il  significato   dell'illimitatezza   della   relativa
 attribuzione,  essendo qualsiasi competenza regionale intrinsecamente
 limitata all'interesse della regione considerata" (sent. n. 1141  del
 1988).  E,  con  specifico  riferimento  a  un'ipotesi  di  nomina di
 amministratori di una Cassa  di  risparmio  avente  sede  legale  nel
 Friuli-Venezia Giulia e sportelli fuori del territorio della medesima
 regione, la stessa Corte ha ulteriormente chiarito che  "in  mancanza
 di  precisazioni o specificazioni (...) l'estensione della presenza e
 dell'attivita' fuori del territorio regionale provoca per le Casse di
 risparmio  (...)  il  venir  meno  di  una  condizione essenziale per
 l'esercizio dei poteri attribuiti alla Regione" (sent.  n.  1147  del
 1988).
    In  altri termini, poiche' in ambedue le decisioni citate la Corte
 ha inequivocabilmente affermato che in  via  di  principio  i  poteri
 delle  regioni o delle province autonome sono naturalmente delimitati
 dai confini  dell'interesse  regionale  o  provinciale  sotteso  alle
 competenze legislative e amministrative delle stesse e poiche', sotto
 il profilo spaziale, quei confini coincidono, in  via  di  principio,
 con  i  limiti  del  rispettivo  territorio,  la mancanza nelle norme
 statutarie (o in quelle  di  attuazione)  di  qualsiasi  precisazione
 circa  l'ambito  di  estensione  dell'attivita' degli enti sottoposti
 alle proprie competenze  deve  essere  interpretata  attraverso  "una
 lettura  rigorosa" (v. sent. n. 1147 del 1988), vale a dire nel senso
 restrittivo di circoscrivere i poteri di nomina  dell'ente  regionale
 (o  provinciale)  agli  istituti  di  credito che limitano la propria
 attivita'  di  erogazione  dei  servizi   bancari   all'interno   del
 territorio dell'ente autonomo titolare di quei poteri.
    Questa  posizione  di  principio  esclude,  pertanto, la validita'
 delle premesse  da  cui  muove  la  resistente,  sicche',  di  fronte
 all'impossibilita'  di interpretare l'asserito silenzio dello Statuto
 in senso estensivo, viene meno  l'ipotesi  che  debbano  considerarsi
 irrilevanti,  ai fini dell'intepretazione dell'art. 11, ultimo comma,
 dello Statuto, le norme di attuazione che circoscrivono  l'ambito  di
 attivita'  delle  Casse  di risparmio indicate nello stesso art. 11 a
 quello  coincidente  con  il   territorio   proprio   della   Regione
 Trentino-Alto  Adige.  Tanto  piu'  cio'  vale  se  si  considera che
 un'ipotetica interpretazione estensiva, come quella  auspicata  dalla
 resistente  in  questo  giudizio,  potrebbe portare all'irragionevole
 conseguenza che si riconosca a ciascuna delle province autonome (o  a
 singole regioni) poteri relativi alla disciplina o all'ordinamento di
 Casse di risparmio che, pur avendo la sede legale nella provincia  (o
 nella regione) interessata, abbiano fuori del territorio regionale la
 maggioranza  dei  propri  sportelli  e,  quindi,  svolgano  la   loro
 attivita' principale in altre regioni.
    Ne',  contrariamente  a quanto suppone la Provincia resistente, e'
 possibile trarre argomenti dall'art. 3, lettera h), del d.P.R. n. 234
 del  1977, al fine di escludere che i citati artt. 1 e 2 del medesimo
 decreto si riferiscano  al  potere  provinciale  di  nomina  previsto
 dall'art. 11, ultimo comma, dello Statuto.
    La  resistente  suppone  che la statuizione contenuta nell'art. 3,
 lettera h, per la quale la regione  nomina  gli  amministratori  e  i
 sindaci  degli  istituti di credito a carattere regionale in mancanza
 di qualsiasi parere ministeriale, ove sia confrontata con l'art.  11,
 ultimo  comma,  dello Statuto (il quale, come e' noto, prevede che la
 Provincia nomina il presidente e il vice-presidente  delle  Casse  di
 risparmio sentito il Ministro del tesoro), dimostrerebbe che solo nel
 primo caso si avrebbe a che fare con  istituti  di  credito  operanti
 nell'ambito   regionale,   mentre  nel  secondo  caso,  come  sarebbe
 attestato dalla previsione del parere ministeriale, non si sarebbe in
 presenza  di  enti di credito a carattere regionale, potendo le Casse
 di risparmio operare anche al di fuori dei confini regionali.
    In   realta',   a   parte   la  considerazione  che  tale  ipotesi
 interpretativa si porrebbe in contrasto con una consolidata  tendenza
 storica  per  la  quale le Casse di risparmio svolgono sempre di piu'
 attivita' indifferenziate rispetto agli altri istituti di credito, la
 rilevata diversita' di disciplina ha altre motivazioni. A ben vedere,
 infatti, il parere ministeriale e' previsto in relazione a  tutte  le
 competenze  attribuite  alla  Provincia in materia di credito, vale a
 dire tanto in riferimento a poteri,  come  quello  considerato  dalla
 resistente, corrispondenti a poteri regionali per i quali quel parere
 non e' richiesto, quanto in  riferimento  a  competenze  relative  ad
 attivita',  come  quelle  regolate  dall'art.  11, primo comma, dello
 Statuto  (autorizzazione   all'apertura   e   al   trasferimento   di
 sportelli),  proprie  di  istituti  di  credito  a carattere locale o
 regionale. Ora, a parte che l'ultima delle ipotesi indicate,  di  per
 se'  stessa,  si  pone  in  contraddizione con l'interpretazione data
 dalla resistente, dal momento che prevede il parere  ministeriale  in
 relazione  a una competenza provinciale avente ad oggetto istituti di
 credito a carattere regionale, il complesso delle norme  vigenti  sui
 poteri  regionali e provinciali in materie di credito dimostra che il
 parere  del  Ministro  del  tesoro  e'  previsto   come   contrappeso
 all'esercizio  di  competenze  di un ente, quale la Provincia, che ha
 sporadiche  attribuzioni  in  materia  di  credito,  mentre  non   e'
 richiesto  in  relazione  a  competenze,  anche  dello  stesso  tipo,
 imputate alla Regione, godendo questa, in base agli artt. 5, n. 3,  e
 16,  primo  comma,  dello  Statuto, di piu' organiche attribuzioni in
 materia  di  ordinamento  degli  istituti  di  credito  a   carattere
 regionale,  tali  da  consentire  una piu' ampia visione dei problemi
 ordinamentali del credito, fra i  quali  si  collocano  i  poteri  di
 nomina degli amministratori, cosi' da non esigere contrappesi come il
 ricordato parere del Ministro del tesoro.
    Del  resto, proprio dall'art. 3, lettera h), del d.P.R. n. 234 del
 1977 si puo' dedurre un argomento testuale esattamente contrario alla
 ipotesi   interpretativa  proposta  dalla  resistente.  Infatti,  nel
 riconoscere alla Regione Trentino-Alto  Adige  il  potere  di  nomina
 degli amministratori degli istituti di credito a carattere regionale,
 l'articolo citato precisa "all'infuori dei casi di cui  all'art.  11"
 dello  Statuto,  cioe'  all'infuori delle ipotesi, previste dall'art.
 11,  ultimo  comma,  relative  alla  nomina  del  presidente  e   del
 vicepresidente  delle  Casse di risparmio ad opera della Provincia: e
 tale precisazione non avrebbe ragione di essere se non si  trattasse,
 in  ambedue  i casi, di istituti di credito dello stesso tipo, vale a
 dire istituti a carattere regionale.
    5.  -  Per  le  ragioni  dette  nei due punti precedenti, non puo'
 sussistere alcun dubbio circa l'esclusione di un possibile  contrasto
 fra  l'art.  2,  primo comma, delle norme di attuazione contenute nel
 d.P.R. n. 234 del 1977 e l'art.  11,  ultimo  comma,  dello  Statuto.
 Viene  meno,  cosi',  un  requisito essenziale affinche' questa Corte
 possa sollevare di fronte a  se'  stessa  la  relativa  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  prospettata  in  via subordinata dalla
 Provincia resistente.
    Questa  Corte,  tuttavia,  non  si puo' esimere dall'osservare, in
 conclusione,  che  pressante  e'  ormai  l'esigenza  di  un   riesame
 sistematico  dei  poteri  regionali  (e  provinciali)  in  materia di
 credito sia al fine di rendere coerente il complesso corpo  normativo
 esistente  nel settore, sia, con specifico riferimento alle autonomie
 differenziate,  al  fine  di   eliminare   le   profonde   e   spesso
 ingiustificate  disparita'  di  disciplina  tra  regione  e  regione.
 Siffatto riesame si palesa tanto piu' urgente alla luce delle attuali
 vicende evolutive del sistema bancario italiano, caratterizzate da un
 generale ampliamento dei mercati creditizi, il quale  e'  legato,  in
 particolare, all'inserimento degli istituti di credito italiani nella
 piu' ampia cornice della Comunita' economica europea.