ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
 degli artt. 2, 4, lett. a, b, c e d, e 5, secondo comma, della  legge
 14  febbraio  1990,  n.  29  ("Modifiche ed integrazioni alla legge 3
 maggio 1982,  n.  203,  relativa  alla  conversione  in  affitto  dei
 contratti  agrari  associativi"),  promosso con ordinanza emessa il 3
 maggio 1990 dal Tribunale di Potenza nel procedimento civile vertente
 tra  Chiaraluce  Umberto ed altro e Mennuni Diego, iscritta al n. 420
 del registro ordinanze 1990 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                            Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  una  controversia  tra i mezzadri Umberto e
 Alfredo Chiaraluce e il concedente Diego  Mennuni  circa  il  preteso
 diritto  dei  primi  alla  conversione  del  rapporto  in affitto, il
 Tribunale di Potenza,  con  ordinanza  in  data  3  maggio  1990,  ha
 sollevato,   in   riferimento  agli  artt.  3,  24,  41  e  44  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale del "combinato
 disposto  degli  artt.  2, 4 e 5 della legge 14 febbraio 1990, n. 29,
 nella parte in cui escludono che, nel caso in cui il concedente abbia
 dato  un adeguato apporto alla conduzione dell'impresa mezzadrile, la
 conversione del contratto in affitto, richiesta dal  mezzadro,  abbia
 luogo  senza  il  consenso  del  concedente stesso ove non sussistano
 congiuntamente le condizioni di cui all'art. 4, lett. a,  b,  c  e  d
 della  legge  medesima,  nonche'  impongono  al concedente l'onere di
 documentare la regolare tenuta della contabilita' a partire da almeno
 due  anni  prima della data di entrata in vigore della legge 3 maggio
 1982, n. 203, al fine di opporsi alla conversione".
    A  giudizio  del  tribunale  remittente le condizioni cui l'art. 4
 subordina l'esclusione del diritto del mezzadro alla conversione  del
 rapporto in affitto "rilevano poco o nulla in ordine all'accertamento
 dell'adeguato apporto richiesto al concedente" secondo la sentenza di
 questa Corte n. 138 del 1984, di guisa che la norma impugnata "sembra
 urtare contro i medesimi principi costituzionali richiamati  da  tale
 sentenza".  Sarebbe  inoltre  lesivo del diritto di difesa l'onere di
 documentazione accollato al concedente dall'art.  5  in  ordine  alla
 regolare  tenuta della contabilita', atteso che, "per quanto riguarda
 il libretto colonico, la legge  (artt.  2161  e  2162  cod.civ.)  non
 prevede  obblighi  di  conservazione  ed anzi impone brevi termini di
 decadenza per impugnarne le risultanze".
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    Secondo  l'interveniente  la  legge denunciata ha inteso risolvere
 delicate questioni, insorte dopo la citata sentenza,  in  merito  sia
 agli  indici  di  fatto  rilevanti  per la definizione dell'"adeguato
 apporto del concedente" ostativo della conversione  del  rapporto  in
 affitto  per volonta' unilaterale del mezzadro, sia al relativo onere
 di prova. Le soluzioni adottate dal  legislatore  corrispondono  agli
 orientamenti prevalenti nella giurisprudenza piu' recente della Corte
 di cassazione e non appaiono limitative  dei  diritti  costituzionali
 richiamati dal giudice remittente.
                         Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale di Potenza ritiene contrastanti con gli artt. 3,
 24, 41 e 44 della Costituzione gli artt. 2, 4  e  5,  secondo  comma,
 della  legge  14 febbraio 1990, n. 29, i primi due perche' le quattro
 condizioni ivi previste hanno scarsa  pertinenza  con  l'accertamento
 dell'"adeguato   apporto  del  concedente",  in  mancanza  del  quale
 soltanto, giusta la sentenza di questa Corte n. 138  del  1984,  puo'
 avere  luogo  la  conversione  di un contratto associativo agrario in
 affitto per volonta' unilaterale del concessionario (c.d. conversione
 automatica),  il  terzo  perche'  impone  al  concedente  un onere di
 documentazione   della    regolare    tenuta    della    contabilita'
 eccessivamente risalente nel tempo.
    2. - La questione non e' fondata.
    In  seguito alla citata sentenza n. 138 la legge 14 febbraio 1990,
 n.  29,  art.  2,  ha  aggiunto  ai  due  casi  di  esclusione  della
 conversione  automatica dei contratti associativi in affitto previsti
 dall'art. 29 della legge n. 203 del  1982,  un  terzo  caso,  che  si
 verifica  "quando,  da almeno due anni prima della data di entrata in
 vigore della legge 3 maggio  1982,  n.  203,  il  concedente  dia  un
 adeguato  apporto  alla  condirezione dell'impresa". L'art. 4 precisa
 che "si reputa adeguato l'apporto  del  concedente  quando  ricorrano
 congiuntamente le seguenti condizioni: a) effettiva partecipazione al
 razionale impiego dei capitali, all'organizzazione dei fattori  della
 produzione   e  degli  investimenti  fissi,  in  modo  da  assicurare
 produzioni lorde vendibili e retribuzione del lavoro  almeno  pari  a
 quelle  medie  delle  imprese  agricole  della  zona;  b)  adeguata e
 dignitosa abitabilita' della casa colonica e rispondenza degli  altri
 fabbricati  aziendali,  ove  siano  oggetto  della  concessione, alle
 esigenze della buona tecnica agraria, realizzate per l'intervento del
 concedente;  c) conferimento, nei contratti di mezzadria e di colonia
 parziaria, da parte del concedente, di scorte  vive  e  morte  almeno
 nella  stessa  quantita'  di  quelle conferite dal concessionario; d)
 regolare tenuta della contabilita' da parte del concedente stesso nei
 contratti  di  mezzadria  e, quando risulti dall'accordo delle parti,
 negli altri contratti associativi".
    Il  giudice  remittente censura questa norma perche', in contrasto
 con l'interpretazione della sentenza di questa Corte n. 138 del  1984
 assunta dalle sezioni unite della Corte di cassazione con le sentenze
 nn. 3947 e 5477  del  1988,  esclude  la  sussistenza  dell'"adeguato
 apporto  del  concedente  alla condirezione dell'impresa" per il solo
 fatto dell'inadempimento di obblighi derivanti dal contratto.
    Va osservato anzitutto che delle quattro condizioni congiuntamente
 richieste dalla norma impugnata solo la seconda e la quarta attengono
 al  formale adempimento di obblighi contrattuali. La prima e la terza
 indicano, invece, due criteri qualitativi e insieme quantitativi  per
 accertare   l'adeguato   apporto  del  concedente  sotto  il  profilo
 dell'assolvimento "in  maniera  adeguata  dei  doveri  inerenti  alla
 condirezione dell'impresa mezzadrile" (cfr. sent. n. 138, punto 10 in
 diritto).   La   condizione   sub   a)   esige   un'applicazione   di
 professionalita'  imprenditoriale  in misura idonea ad assicurare, in
 sinergia con l'attivita' di conduzione del mezzadro,  un  livello  di
 produttivita' e di retribuzione del lavoro almeno pari a quello medio
 delle imprese della zona. La  condizione  sub  c)  integra  la  prima
 richiedendo  che  l'iniziativa  imprenditoriale  del  concedente  sia
 supportata da un conferimento di scorte vive e morte almeno  pari  al
 conferimento  del  mezzadro, di guisa che, se il contratto o gli usi,
 in  deroga  alla   norma   dispositiva   dell'art.   2146   cod.civ.,
 prevedessero  un  conferimento  del concedente inferiore a quello del
 mezzadro, l'osservanza del contratto non basterebbe, pur nel concorso
 delle  altre  condizioni,  a  concretare  il  requisito dell'adeguato
 apporto.
    Tali  condizioni  sono coerenti con la direttiva di sfavore per la
 mezzadria (e,  in  genere,  per  il  contratto  associativo  agrario)
 sottesa  alla  legge  n.  203  del  1982, alla stregua della quale il
 limite  derivante  dagli  artt.  41  e  44  Cost.  alla   conversione
 automatica in affitto deve collocarsi a una soglia, discrezionalmente
 individuata  dal  legislatore,  costituita  da  un   contributo   del
 concedente qualificato dalla funzione di innovazione che e' carattere
 essenziale dell'attivita' d'impresa, e dunque superiore  al  semplice
 adempimento  degli  obblighi  contrattuali.  Ne'  si puo' dire che le
 determinazioni del legislatore del 1990 eccedono  il  criterio  della
 ragionevolezza,  considerato  che  l'art.  4,  lett. a), non assume a
 parametro l'impresa ottimale, bensi'  la  produttivita'  media  delle
 aziende  agricole  in zona, mentre la lettera c), per quanto concerne
 la mezzadria, indica tra i connotati  del  concedente  meritevole  di
 esonero  dalla  soggezione alla conversione del contratto il fatto di
 non avere preteso una clausola contrattuale  derogatoria  in  proprio
 favore alla regola di pari quantita' del conferimento delle scorte.
    3.  -  Un  concedente che si impegna nell'impresa mezzadrile al di
 la' del formale adempimento del contratto e', peraltro, un concedente
 che  anzitutto  rispetta puntualmente i propri obblighi contrattuali.
 La giurisprudenza richiamata nell'ordinanza di  rimessione  e'  stata
 corretta   da   successive   pronunce   della  Corte  di  cassazione,
 specialmente dalle sentenze nn. 1564 e  3971  del  1989,  secondo  le
 quali  il  rispetto  delle  obbligazioni  derivanti  dal contratto e'
 presupposto necessario, sebbene non  sufficiente,  per  escludere  il
 diritto  (potestativo) del mezzadro alla conversione del contratto in
 affitto.
    A  questo  presupposto si collegano specificamente la seconda e la
 quarta delle condizioni indicate dall'art. 4 della legge  n.  29  del
 1990,  la  cui valutazione deve qui essere riferita al solo contratto
 di  mezzadria.  La   condizione   sub   b)   richiede   l'adempimento
 dell'obbligo   previsto   dall'art.   2145  cod.  civ.,  nonche',  se
 nell'oggetto  della  concessione  siano  compresi  altri   fabbricati
 aziendali,  dell'obbligo  di  fornirli e mantenerli in stato conforme
 alle esigenze della buona tecnica agraria. La lettera  d),  la  quale
 subordina il diritto di opposizione alla condizione che il concedente
 abbia curato la regolare tenuta  della  contabilita',  in  quanto  si
 riferisce  al  passato (e precisamente a un periodo compreso tra il 6
 maggio 1980 e il  6  maggio  1986),  deve  essere  intesa  nel  senso
 ristretto   di  regolare  tenuta  del  libretto  colonico  prescritto
 dall'art. 2161 cod.  civ.,  la  cui  mancanza  fornisce  un  indubbio
 criterio di apprezzamento negativo della condotta del concedente.
    L'onere  della prova che, pur per quest'ultima condizione incombe,
 a norma dell'art. 5, secondo comma, al concedente, giusta  la  regola
 generale  dell'art.  2697  cod.civ., non e' irragionevole, perche' il
 buon padre di famiglia  conserva  i  documenti  afferenti  ai  propri
 rapporti obbligatori almeno per il tempo corrispondente al termine di
 prescrizione, ne' lede il diritto di difesa, perche'  il  concedente,
 che senza sua colpa abbia perduto il libretto, puo' sempre dimostrare
 con  altri  mezzi  di  avere  tenuto  regolarmente  la   contabilita'
 aziendale.