IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza; A scioglimento della riserva nel proc. pen. n. 3492/90 il giudice per le indagini preliminari pronunciando sull'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 422 del c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione proposta dall'avv. Maria Grazia Siliquini, difensore di Pestellini Neri, nel procedimento penale a carico di quest'ultimo, imputato del reato di cui agli artt. 628, 337, 582 e 585 (576, n. 1) del c.p.; commessi in Torino il 2 maggio 1990; Sentito il pubblico ministero (dott. Fassio) che si e' opposto all'eccezione; PREMESSO IN FATTO Nel corso della partita di calcio Juventus-Fiorentina, svoltasi a Torino il 2 maggio 1990, si verificavano, verso le ore 21,30, tra i tifosi delle opposte squadre, dei tafferugli che imponevano l'intervento delle forze dell'ordine. Un agente della Polizia di Stato, nel tentativo di sedare una di queste liti, veniva sopraffatto da alcuni tifosi, uno dei quali riusciva a togliergli di mano lo sfollagente in dotazione e a darsi con questo alla fuga, dopo aver colpito in pieno volto il vice questore Giovanforte che aveva cercato di bloccarlo. Al termine della partita due agenti del reparto mobile di Milano, che erano stati presenti all'episodio, presso uno dei cancelli di uscita dello stadio riconoscevano nell'attuale imputato il responsabile dell'aggressione e lo trovavano, altresi', in possesso dello sfollagente che era stato nascosto nello zaino, avvolto in uno striscione. Tratto in arresto per rapina impropria, il Pestellini protestava subito la propria innocenza e nel corso dell'udienza di convalida sosteneva di essere sempre stato, durante la partita, in un luogo molto distante da quello ove erano avvenuti i tafferugli. Quanto allo sfollagente rinvenuto nel suo zaino, affermava "un tifoso della Fiorentina, incontrato sul treno e rivisto alla fine della partita, mi chiese se gli potevo portare la borsa con il suo contenuto al treno perche', avendo preso botte dalla polizia, aveva la spalla che gli faceva male". Il giudice per le indagini preliminari convalidava l'arresto ed applicava all'indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari. Successivamente all'udienza di convalida il difensore chiedeva la p.m. la audizione di alcuni testimoni ed il sequestro delle registrazioni audiovisive effettuate dalla Polizia di Stato e dalla RAI, in base alle quali poter verificare l'assunto difensivo ed eventualmente riuscire anche ad individuare il giovane che avrebbe consegnato al Pestellini lo zaino contenente lo sfollagente. Il p.m. non riteneva pero' di dar corso alle istanze della difesa e richiedeva l'emissione del decreto di giudizio immediato. Il giudice per le indagini preliminari, pur rilevando a carico dell'imputato l'esistenza di gravi indizi in relazione ai reati contestati, respingeva, allo stato, la richiesta, ritenendo che la possibilita' di acquisire, tramite il sequestro e la visione dei filmati, ulteriori elementi, peraltro decisivi; in ordine alla ricostruzione dei fatti di causa, impedisse di ritenere gia' sussistente il requisito dell'"evidenza della prova" voluto dall'art. 453 del c.p.p. per instaurare il rito immediato. Il p.m. chiedeva allora il rinvio a giudizio del Pestellini. In sede di udienza preliminare l'avv. Siliquini sollevava, in relazione all'art. 3, comma 1 della Costituzione, eccezione di incostituzionalita' dell'art. 422 del c.p.p. rilevando come in base al dettato di tale articolo, che impone limitazioni notevoli al giudice dell'udienza preliminare, il diritto a usufruire della possibilita' di proscioglimento - e quindi della mancata celebrazione del dibattimento - spetti solo a colui che per pura sorte possa contare su una prova decisiva di carattere testimoniale, o conseguente a valutazioni tecniche, e come l'imputato sia leso nel diritto alla prova se il p.m. non abbia cercato una prova decisiva a "discarico" che non risiede nella possibilita' di acquisizione della difesa e che questa non puo' quindi produrre all'udienza preliminare (es., oltre al caso di specie, filmato di una rapina in banca di proprieta' di un ente pubblico; prova decisiva esistente in una cassetta di sicurezza non di proprieta' dell'imputato ecc.). Sotto altro profilo rilevava che il dettato dell'art. 422 del c.p.p., nella parte in cui limita i poteri suppletivi all'indagine carente del giudice dell'udienza preliminare con riferimento alle ipotesi di audizione dei testimoni, consulenti tecnici e persone imputate in procedimenti connessi, opera una corrispondente limitazione del diritto di difesa che, secondo l'art. 24 della Costituzione, e' invece "inviolabile in ogni stato e grado del procedimento". Il p.m. si opponeva rilevando che l'art. 422 del c.p.p. e' una norma eccezionale che restringe l'attivita' istruttoria esperibile a quelle poche e tassative prove compatibili con l'udienza preliminare che non deve, pertanto, trasformarsi in un'udienza dibattimentale. Rilevava, inoltre, che non vi e' un diritto del difensore o del p.m. di chiedere l'ammissione delle prove qualora il giudice per le indagini preliminari non abbia dichiarato le necessita' di tale integrazione. Il giudice, ritenendo di non poter decidere allo stato degli atti, indicava quindi alle parti la necessita' di acquisire l'audiovisivo della Polizia di Stato. Stante l'inerzia del p.m., la difesa chiedeva quindi formalmente al giudice per le udienze priliminari di sequestrare l'audiovisivo della Polizia di Stato e di visionarlo sottolineando la decisivita' di tali "prove" ai fini di una eventuale pronuncia di sentenza di non luogo a procedere. Il p.m. si opponeva ed il giudice respingeva l'istanza della difesa ritenendo che l'art. 422, primo comma, del c.p.p., cosi' come formulato, non consenta al giudice per le udienze preliminari di disporre il sequestro di un documento che dovrebbe essere prodotto dalla difesa, posto che l'articolo 422 del c.p.p. non richiama l'art. 368 del c.p.p.; e ritenendo altresi' che l'elenco tassativo di prove che possono essere ammesse ex art. 422 non consenta di visionare il filmato eventualmente sequestrato. La difesa insisteva nell'eccezione di incostituzionalita' dell'art. 422, primo e secondo comma, del c.p.p. in rapporto agli artt. 3 e 24 della Costituzione con le argomentazioni piu' sopra esposte ed illustrate in una memoria allegata agli atti. RITENUTO IN DIRITTO La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 422 del c.p.p. appare rilevante ai fini della definizione della presente fase processuale e non manifestamente infondata. Appare innanzitutto rilevante rispetto all'attivita' processuale in corso posto che, se il giudice dell'udienza preliminare potesse sequestrare e visionare l'audiovisivo della Polizia di Stato che ritrae le gradinate ove sono avvenuti i tafferugli, acquisendo un documento sicuramente obiettivo e con ogni probabilita' decisivo, potrebbe pronunciare una sentenza di non luogo a procedere - che implicherebbe per l'imputato, oltre che immediate e positive conseguenze in ordine alla liberta' personale, il risparmio dei costi e della pubblicita' del dibattimento - ovvero, superare decisamente i dubbi a favore dell'accusa (nel caso l'imputato venga ritratto nell'atto di commettere il reato) con il probabile conseguente accesso ai riti speciali, voluti dal legislatore proprio per "deflazionare" le udienze dibattimentali. Del resto l'udienza preliminare, anziche' ottemperare alla propria funzione di "filtro", nel caso di specie costituirebbe un modo per ottenere gli stessi risultati del giudizio immediato che era stato negato per carenza del requisito dell'"evidenza della prova". La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 422 del c.p.p. appare, inoltre, non manifestamente infondata sotto diversi profili. Premettiamo, innanzitutto, che dalla lettura degli artt. 421, quarto comma, e 422, primo e secondo comma, del c.p.p. si desume che il giudice "puo' indicare alle parti temi nuovi o incompleti sui quali si rende necessario acquisire ulteriori informazioni ai fini della decisione" solo quando non ritiene di poter decidere allo stato degli atti e poiche' la norma statuisce ancora che il giudice ammette le prove "a carico" quando ne risulta "manifesta la decisivita' ai fini della richiesta di rinvio a giudizio" e le prove "a discarico" quando e' "evidente la decisivita' ai fini della pronuncia di non luogo a procedere" da tali precise indicazioni si puo' agevolmente comprendere quali siano i confini e la portata del concetto di "decisivita' allo stato degli atti" in sede di udienza preliminare e come tale situazione sia diversa da quella di "definibilita' allo stato degli atti" ex art. 440 del c.p.p. ai fini dell'ammissione del rito abbreviato. In altre parole, nella situazione prevista dall'art. 421, ultimo comma, del c.p.p. e 422 del c.p.p., il giudice ha il dovere di far presente alle parti la necessita' di integrazione probatoria, non quando il quadro accusatorio sia incompleto, e neppure quando sia prevedibile che - in mancanza di ulteriori elementi, la cui acquisizione potrebbe pero' avvenire nella fase dibattimentale - l'imputato, a causa della parificazione tra formula dubitativa e formula piena, sia assolto, ma solo quando vi e' il dubbio che, con l'acquisizione di uno o piu' elementi di prova collegati tra di loro, si possa raggiungere subito la certezza della mancanza di responsabilita' dell'imputato. Da notare che l'art. 422 non dice che si deve assumere una sola tra le prove tassativamente enumerate e parla di ciascuna di queste al plurale: "il p.m. e i difensori possono produrre documenti e chiedere l'audizione di testimoni e di consulenti tecnici o l'interrogatorio delle persone indicate dall'art. 210 del c.p.p.". L'udienza preliminare assume quindi una funzione che e' contemporaneamente di "filtro delle imputazioni azzardate" (Amodio 1988, pag. 2173) e di "controllo sul corretto esercizio dell'azione penale" che ha significato e consistenza, non certo in funzione della prevedibilita' o meno che l'accusato sia condannato - perche' altrimenti non si spiegherebbe l'ampio margine imposto dal combinato disposto degli artt. 424 e 425 del c.p.p. e l'ammissione delle prove richieste dal p.m. al solo fine di acquisire elementi che non rendano evidente la mancanza di responsabilita' dell'imputato - ma in funzione del diritto di difesa, cioe' in funzione della valutazione e prevedibilita' che l'acquisizione di uno o piu' elementi oggettivi riferentisi, ad esempio, alla verifica, non effettuata dal p.m., di un alibi che non lasci spazi ad ulteriori dubbi, ovvero di una attendibile ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, possono comportare il proscioglimento dell'imputato (sono queste, infatti, le condizioni in base alle quali il giudice "ammette" le prove richieste dalla difesa e del resto, correlativamente, la pronuncia di non luogo a procedere ex art. 425 del c.p.p. deve avvenire solo quando e' "evidente" la mancanza di responsabilita' dell'imputato). In questo senso l'art. 422 del c.p.p. e' si' una norma "eccezionale", come sostenuto dal p.m., ma solo nel senso che il giudice dell'udienza preliminare non puo' invitare sempre le parti ad una integrazione probatoria, ma unicamente quando, dovendo verificare il corretto esercizio dell'azione penale, compreso quanto previsto dall'art. 358 del c.p.p., che impone al p.m. accertamenti su fatti e circostanze sia "a carico" che "a favore" della persona sottoposta alle indagini, e non essendo stata affrontata quest'ultima prospettiva, e' doveroso evitare all'imputato il pregiudizio della pubblicita' e dei costi del dibattimento e, ovviamente, ancor piu' il pregiudizio di attendere il dibattimento in condizioni di restrittivita' della liberta' personale, per l'imposizione della quale si richiede solanto la sussistenza di "gravi indizi di colpevolezza". Il controllo del giudice ex artt. 421 e 422 del c.p.p. si rende oltremodo necessario tenuto conto del fatto che l'indagato potrebbe essere interrogato per la prima volta nell'udienza preliminare e in tale udienza essere messo in grado per la prima volta di difendersi e di prospettare quindi decisive prove "a discarico". Cosi' circoscritto il significato dell'art. 422 del c.p.p. e nell'ambito della sua bassa "soglia" di operativita', la discriminazione tra categorie di imputati che possono usufruire di prove "a discarico" rientranti tra quelli ivi tassativamente elencate ed imputati che, potendo provare la propria mancanza di responsabilita' solo in base ad altre prove non comprese in quell'elenco (es. un confronto, una ricognizione, una ispezione di luoghi ecc.), non possono adeguatamente difendersi, appare in palese contrasto con il dettato costituzionale di cui all'art. 3 e 24, posto che non vi e' uguale trattamento per situazioni del tutto simili e che il diritto di difesa "inviolabile in ogni stato e grado del procedimento" viene meno per tali categorie di cittadini. La direttiva n. 52 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, prevede che il giudice, "nel caso in cui allo stato degli atti non ritenga di accogliere la richiesta del p.m. di rinvio a giudizio, ne' di pronunciare sentenza di non luogo a procedere", rinvii ad altra udienza "affinche' le parti forniscano ulteriori elementi ai fini della decisione", e, successivamente, parla di un "obbligo del giudice in questa nuova udienza di disporre il rinvio a giudizio o di pronunciare sentenza di non luogo a procedere se non siano stati forniti elementi per il giudizio". In un processo di "parti", quindi, ciascuno assume la responsabilita' del proprio ruolo e corre il rischio, qualora non si attivi, di subire conseguenze negative. In altre parole, in una situazione di precarieta' dal punto di vista probatorio, il p.m. che non si attivi portando una prova che convinca il giudice, quanto meno della fondatezza dell'esercizio dell'azione penale, rischia di vedere la propria richiesta respinta e la stessa situazione si verifica correlativamente per la difesa che non sia in grado di provare la propria mancanza di responsabilita' senza alcun margine di dubbio. Nel caso di specie, pero', la "prova a discarico" richiesta dalla difesa non e' nella sua disponibilita', poiche' solo il p.m. puo' sequestrare l'audiovisivo della Polizia di Stato. Mentre nel corso delle indagini preliminari l'art. 368 del c.p.p. prevede espressamente che, qualora il p.m. ritenga di non disporre il sequestro, il giudice dell'indagine preliminare possa sostituirsi a lui, tale possibilita' non e' prevista in sede di udienza preliminare, sia per il caso, come quello di specie, in cui il p.m. non abbia trasmesso precedentemente la richiesta al giudice per le indagini preliminari, sia nel caso, che pure puo' prospettarsi, in cui la necessita' di acquisire un documento, o sequestrare una prova nella disponibilita' del p.m., sorga solo nell'udienza preliminare (caso dell'indagato citato per la prima volta in tale udienza). Anche sotto questo profilo, dunque, l'art. 422 del c.p.p., nella parte in cui non prevede che il giudice in sede di udienza preliminare possa sostituirsi al p.m. che non ha disposto il sequestro richiesto dall'interessato, diversamente da quanto puo' invece fare ex art. 368 del c.p.p. nel corso delle indagini preliminari, e' da ritenersi incostituzionalmente per violazione del diritto di difesa e per la discriminazione che opera tra categorie di imputati che possano avere accesso alle prove "a discarico" e imputati che per pura sorte non sono in grado di ottenere una prova "a discarico" che non e' nella loro disponibilita'.