IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa in sede di giurisdizione di legittimita' iscritta nel ruolo generale dell'anno 1987, al n. 8 vertente tra Kossler Josef, residente in Appiano (Bolzano), rappresentato e difeso dagli avvocati Otto Tiefenbrunner ed Enrico Romanelli ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Cosseria, 5, ricorrente, contro: 1) provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente pro-tempore della giunta provinciale, rappresentata e difesa dall'avv. Roland Riz e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, via dei Prefetti, 46, resistente; 2) Romen Alois, residente in Appiano (Bolzano); 3) Kossler Helmuth, residente in Appiano (Bolzano), citati non comparsi. Oggetto: annullamento decreto presidente della giunta provinciale di Bolzano quale preposto all'ufficio acque pubbliche n. 191/1987 D 4201 (D 3431) del 10 giugno 1987, recante revoca e sostituzione autorizzazione provvisoria a derivare acqua ad uso potabile e domestico. Conclusioni: per il ricorrente K'ossler Josef: si chiede che sia annullato l'impugnato decreto n. 191/1987 D/4201 del 10 giugno 1987, nonche' ogni ulteriore provvedimento anteriore, connesso o successivo, con tutte le conseguenze di legge, anche in ordine a spese, competenze ed onorari di causa, oltre I.V.A. e C.A.P.; per la provincia autonoma di Bolzano: si chiede il rigetto del ricorso proposto, con tutte le conseguenze di legge, anche in ordine a spese, competenze ed onorari, oltre I.V.A. e C.A.P. F A T T O Con decreto n. 191/1987 D/4201 (D/3431) del 10 giugno 1987, il presidente della giunta provinciale di Bolzano, quale preposto all'ufficio acque pubbliche, revocava una precedente autorizzazione provvisoria a derivare acqua pubblica, rilasciata in data 17 agosto 1982 a favore dell'attuale ricorrente (l/s 0,46 per uso potabile e domestico), autorizzandolo, nel contempo, a prelevare un minor quantitativo di acqua (l/s 0,23). Il suindicato provvedimento e' stato impugnato dal signor Josef Kossler con ricorso a questo tribunale superiore, deducendo l'illegittimita' del provvedimento stesso in quanto viziato da violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili. Si e' costituita in giudizio la provincia autonoma di Bolzano, chiedendo che il ricorso sia rigettato, in quanto infondato. La causa e' stata discussa all'udienza del 18 giugno 1990. D I R I T T O Il collegio deve preliminarmente rilevare che il provvedimento impugnato e' stato adottato dal presidente della giunta provinciale di Bolzano, nella sua veste di capo dell'ufficio acque pubbliche. L'esercizio da parte della provincia autonoma di Bolzano delle funzioni amministrative in materia di utilizzazione di acque pubbliche ed in materia di impianti elettrici e' disciplinato dalla legge provinciale 4 settembre 1976, n. 40. Con l'art. 14 della predetta legge sono stati istituiti l'ufficio provinciale acque pubbliche e l'ufficio provinciale fonti di energia; al primo sono stati affidati, fra gli altri, i compiti amministrativi inerenti alle derivazioni di acque pubbliche, al piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche ed agli impianti idroelettrici. Dispone, poi, il secondo comma dello stesso art. 14 che "contro i provvedimenti definitivi sulle domande da parte dell'assessore, del capo dell'ufficio acque pubbliche e del capo dell'ufficio fonti di energia e' ammesso ricorso entro trenta giorni dalla data della notifica dell'atto all'interessato alla giunta provinciale, la quale decide, sentito il comitato provinciale per le acque pubbliche". Il ricorso gerarchico alla giunta provinciale avverso provvedimenti adottati dai dirigenti e' inoltre previsto, in via generale, dall'art. 7 della successiva legge provinciale 21 maggio 1981, n. 11, che richiama, fra l'altro, le norme del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. Nella specie nessun ricorso gerarchico e' stato previamente esperito dal signor Josef Ko'ssler e, pertanto, dovrebbe essere dichiarata l'inammissibilita' del ricorso, stante l'art. 143 del t.u. n. 1775/1933, secondo cui appartengono alla cognizione diretta del tribunale superiore delle acque pubbliche i ricorsi contro i provvedimenti definitivi dell'autorita' amministrativa in materia di acque pubbliche. La disposizione ora citata riprende l'art. 70 del regio decreto 5 dicembre 1919, n. 2161, con il quale era stata modificata la struttura del tribunale unico per le acque, istituito con decreto luogotenenziale 20 novembre 1916, n. 1664, per attribuire al nuovo tribunale superiore (in composizione diversa da quella prevista per la giurisdizione in materia di diritti soggettivi, conservatagli in grado di appello) la giurisdizione amministrativa, gia' individuata dai decreti precedentemente citati e sottratta alla generale giurisdizione del Consiglio di Stato sull'impugnazione degli atti amministrativi, per quella esigenza che aveva ispirato il tribunale unico e che non era venutamente con la modifica del 1919. L'esercizio della giurisdizione amministrativa del tribunale superiore e' stato disciplinato - per quel che non imponeva particolarita' di rito - in conformita' al sistema vigente per il Consiglio di Stato (cosi' espressamente dispone l'art. 208 del testo unico del 1983) e, quindi, la proponibilita' dei ricorsi e' stata prevista soltanto avverso i provvedimenti definitivi, come era stabilita' in via generale per i ricorsi giurisdizionali contro gli atti amministrativi dall'art. 34 del t.u. della legge sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054. La sopravvenuta legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei tribunali amministrativi regionali, ha profondamente modificato il sistema di giustizia amministrativa, non solo per la istituzione del doppio grado di giurisdizione in sede amministrativa (ancora non previsto per i provvedimenti in materia di acque pubbliche), ma anche per l'accesso alla tutela giurisdizionale, che non e' piu' condizionato dalla definitivita' del provvedimento, ma e' concesso immediatamente anche contro provvedimenti non definitivi, avverso i quali l'interessato non ritenga di esperire previamente i ricorsi amministrativi previsti dalle leggi in tal senso e' chiaro il disposto degli articoli 2 e 20 della citata legge n. 1034/1971 ed e' pacifica la giurisprudenza. L'innovazione predetta, pero' non puo' trovare applicazione per i ricorsi al tribunale superiore delle acque pubbliche, senza la rimozione della specifica ed autonoma disposizione di cui al citato art. 143 del t.u. n. 1775/1933, dal momento che la nuova disciplina e' limitata ai tribunali amministrativi regionali e non contiene una abrogazione espressa dall'art. 34 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato (anche se, di fatto, questa si realizza attraverso l'ammissibilita' del ricorso in primo grado; peraltro, il, Consiglio di Stato ha ritenuto vigente la regola della definitivita' per i provvedimenti astrattamente rientranti nella competenza del tribunale regionale di giustizia amministrativa per il Trentino-Alto Adige, finche' quest'ultimo non fosse stato istituito), ne' riferimenti al tribunale superiore delle acque pubbliche circa la impugnabilita' dei provvedimenti attribuiti alla cognizione di quest'ultimo organo, neppure laddove all'art. 5 della legge n. 1034/1971 viene fatta salva la sua giurisdizione. Detta legge, pertanto, non incide sulla attuabilita' della disciplina del 1933, della quale neanche puo' prospettarsi l'abrogazione tacita; in tal senso, del resto, la giurisprudenza e' fermissima. Deve quindi darsi atto che si e' venuta ad instaurare, nell'ambito della giurisdizione amministrativa, una diversita' di trattamento, che non appare legata ne' al sistema generale della impugnabilita' giurisdizionale degli atti amministrativi, ne' ad un qualche criterio attinente a particolarita' di materia; diversita' di trattamento che non esisteva prima della menzionata legge del 1971, dato che l'art. 143 del t.u. n. 1775 del 1933 si conformava, come detto, alla regola generale dell'art. 34 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato. Basterebbe quest'ultimo rilievo per impedire che si attribuisca ora, alla disciplina antica, una ragione per una diversita' prima inesistente. Non e' poi superfluo rilevare come la stessa generalita' del disposto dell'art. 143 citato esclude la possibilita' di rinvenire, nella ragione istitutiva del tribunale superiore, un motivo per cui la materia delle acque richieda, a differenza di altre, la definitivita' del provvedimento, quando si escluda, come unica ragione d'essere della disposizione, il rispetto della regola con pari generalita' fissata dall'art. 34 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato. Correlativamente, la previsione odierna della immediata impugnabilita' dei provvedimenti amminsitrativi in generale, contenuta nella legge sui tribunali amministrativi regionali, esclude, appunto per la sua generalita', che la nuova regola trovi ragione nella particolarieta' di determinate materie. In sostanza la sola ragione che poteva giustificare il comune e concorde disposto degli artt. 143 e 34 dei due testi unici citati rispetto al sopravvenuto disposto degli artt. 24 e 113 della Costituzione, era fornita proprio dalla generalita' della previsione, ispirata alla possibilita' di rimedio in sede amministrativa prima dell'esperimento dell'impugnazione giurisdizione degli atti amministrativi, senza che vi fosse invece una ragione particolare, legata alla materia, per subordinare la proponibilita' dell'impugnazione giurisdizionale al previo esperimento dei ricorsi amminsitrativi, al contrario, erano specificati i casi nei quali era eccezionalmente consentita l'impugnazione immediata. Con l'abbandono della regola generale della definitivita', il disposto dell'art. 143 del t.u. n. 1775/1933 e' rimasto isolato e privo, per la sua stessa generalita' all'interno della giurisdizione di annullamento del tribunale superiore, di ogni conforto di ipotesi particolari, nelle quali possano trovare giustificazione la facolta' del legislatore ordinario di sospendere l'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale fino all'espletamento di altri rimedi, congruamente motivati e tali da non creare seri ostacoli che si risolvano nella violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione. Sotto questo profilo non appare pertanto manifestamente infondata la questione che il Collegio si pone d'ufficio, di legittimita' costituzionale del ripetuto art. 143, nella parte in cui prevede la definitivita' del provvedimento per la proponibilita' del ricorso in sede giurisdizionale, rispetto agli artt. 24 e 113 della Costituzione, perche' la sospensione del diritto (del soggetto che si pretende leso dall'atto amministrativo) alla domanda di tutela in sede giurisdizionale non trova giustificazione e rileva la prova di questa carenza attraverso il giudizio che lo stesso legislatore ne ha dato con la generale abolizione del requisito della definitivita' del provvedimento nel giudizio amministrativo. Non puo' poi sottacersi che la odierna discriminazione e l'avvenuto isolamento del disposto dell'art. 143 del t.u. n. 1775/1933 possano concretare anche la violazione dell'art. 102 della Costituzione, in quanto la discriminazione indicata, ponendo una diversita' di rito collegata soltanto al giudice, in difetto di ragione obiettiva, si risolve sostanzialmente nella attribuzione a quel giudice di una specialita' nuova e vietata dall'art. 102 anzidetto. Quanto alla rilevanza della questione nel presente giudizio, essa discende dal fatto stesso che dalla sua soluzione deriva la ammissibilita' o meno del ricorso.