IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella causa civile in grado
 d'appello iscritta al  numero  di  ruolo  sopra  riportato,  discussa
 all'udienza  del  16 maggio 1990 e promossa con ricorso depositato il
 25 gennaio 1989 e 19 maggio 1989 in cancelleria causa  n.  35/89,  da
 Esselunga  S.p.a.  in persona del legale rappresentanter pro-tempore,
 elettivamente domiciliato in Milano, via Podgora, 15,  presso  l'avv.
 Manfredoi  Lavizzari  che  lo  rappresenta  e difende in giudizio per
 delega in  atti,  appelante,  contro  Chessa  Giuseppe  elettivamente
 domiciliato  in  Milano,  via  Castel  Morrone, 4, presso l'avv. Aldo
 Bottini che lo rappresenta e difende in giudizio per delega in  atti,
 appellato,  causa  n.  444/89  promossa da Chessa Giuseppe con l'avv.
 Aldo Bottini, appellante,  contro  la  Esselunga  S.p.a.  con  l'avv.
 Manfredo Lavizzari, appellato.
    Oggetto: Appello sentenza pretore.
    I  Procuratori  delle  parti,  come  sopra costituiti, hanno cosi'
 precisato le proprie conclusioni per la causa n. 35/89 appellante  la
 Esselunga.
    Vorra'  l'ill.mo  tribunale  in  parziale  riforma  della sentenza
 impugnata,  dichiarare  tenuto  a  condannare  Chessa   Giuseppe   al
 pagamento della somma di L. 4.385.865 oltre interessi legali.
    Rifuse le spese del doppio grado.
    Per l'appellato Chessa.
    Ferme  le  domande  gia'  svolte  con  l'appello  proposto  in via
 autonoma, respingere il ricorso della S.p.a. Esselunga. Con il favore
 delle spese di entrambi i giudizi.
    Per la causa n. 444/89 promossa da Chessa Giuseppe.
    In  riforma  della  sentenza di primo grado: dichiarare il diritto
 del ricorrente alla maturazione degli scatti triennali di  anzianita'
 previsti dal C.C.N.L. con decorrenza dalla data di assunzione, previa
 declaratoria di nullita' delle norme  del  contratto  collettivo  che
 diversamente disponessero.
    Condannare  conseguentemente la societa' convenuta a corrispondere
 al  ricorrente  il   trattamento   retributivo   conforme   a   detta
 statuizione.
    Condannare   altresi'   e   comunque   la   societa'  convenuta  a
 corrispondere al ricorrente, per i titoli di cui al ricorso, la somma
 di  L.  601.380  (ovvero  quella  maggiore o minore che risultera' di
 giustizia) come maturata sino al 31 dicembre 1987.
    Con la rivalutazione, gli interessi e il favore delle spese.
    Sentenza munita di clausola di provvisoria esecuzione.
    Per l'appellata Esselunga S.p.a.
    Vorra'  il  tribunale  ill.mo  rigettare l'appello confermando sul
 punto  l'impugnata  sentenza  anche  per   intervenuta   prescrizioni
 estitiva  del  diritto  agli  scatti  d'anzianita'  fatto  valere  in
 giudizio nonche' del diritto a differenze retributive.
    Rifuse le spese del giudizio integralmente.
                           PREMESSE DI FATTO
    1.  -  Giuseppe  Chessa,  dipendente  della  S.p.a.  Esselunga  ha
 convenuto in giudizio davanti al pretore  del  Lavoro  di  Milano  la
 societa'  datrice di lavoro per chiederne la condanna al pagamento in
 proprio favore di L. 601.380 e  accessori  di  legge.  Il  ricorrente
 fondava le proprie richieste economiche sulla asserita illegittimita'
 del comportamento della societa' datrice che  aveva  conteggiato  gli
 scatti  di  anzianita'  dal  giorno del raggiungimento della maggiore
 eta' e non da quello della sua assunzione in servizio.
    2.  -  La  S.p.a. Esselunga si e' costituita. Da un lato ha negato
 che fosse illegittima la previsione del contratto collettivo in  base
 alla  quale  gli scatti di anzianita' iniziano a decorrere dal giorno
 della maggiore eta'. Dall'altro ha  avanzato  domanda  riconvenionale
 per la condanna del ricorrente-attore al pagamento di L. 4.385.865.
    Tale  somma  -  oggetto  della  riconvenzionale  -  e'  costituita
 dall'importo  della  indennita'  di  contingenza  corrisposta   sulla
 quattordicesima mensilita' a partire dal 1977.
    Essa,   secondo   la   prospettazione   della   S.p.a.  Esselunga,
 costituisce un pagamento indebito in quanto l'art. 2 della  legge  31
 marzo  1977,  n.  91 (che ha convertito con modificazioni il d.-l. 1º
 febbraio 1977, n. 12) esclude la corresponsione della  indennita'  di
 contingenza   sulla   quattordicesima   mensilita'  (in  quanto  tale
 quattordicesima non appartiene alla prevalente normativa del  settore
 industriale)  e cio' con disposizione inderogabile anche a favore del
 lavoratore.
    3.  - Il pretore di Milano con sentenza 7 luglio 1988, n. 1641, ha
 respinto tanto la domanda principale che la domanda  riconvenzionale.
    Per  quanto  attiene  in particolare a questa ultima il pretore ha
 escluso che dall'art. 2 della legge 31 marzo 1977, n. 91, si  potesse
 ricavare il divieto di conteggiare l'indennita' sulla quattordicesima
 mensilita'.
    4.  -  Contro  tale  sentenza  hanno  appellato  tanto  il  Chessa
 (relativametne al rigetto della domanda concernente la retrodatazione
 degli scatti di anzianita') quanto la S.p.a. Esselunga, relativamente
 al rigetto della  domanda  (riconvenzionale)  di  restituzione  della
 somma  corrispondente  all'importo  della  indennita'  di contingenza
 corrisposta dal 1977 in poi sulla quattordicesima mensilita'.
    I  due  appelli proposti separatamente e rubricati ai nn. 35 e 444
 del 1989 tribunale  di  Milano  sezione  lavoro  sono  stati  riuniti
 d'ufficio a norma dell'art. 335 del c.p.c.
    5.  -  Dopo scambio di memorie illustrative sulla interpretazsione
 dell'art. 2 della legge 31 marzo 1977,  n.  91,  la  causa  e'  stata
 discussa alla udienza pubblica del 16 maggio 1990.
    Al  termine  della camera di consiglio il tribunale ha pronunciato
 ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per l'oggetto e per
 le regioni che risultano dalle seguenti;
                       CONSIDERAZIONI DI DIRITTO
    1.  -  Riproponendo  in  appello  la  domanda  riconvenzionale  di
 condanna del dipendente alla restituzione delle somme  corrisposte  a
 titolo  di indennita' di contingenza sulla quattordicesima mensilita'
 dal 1977 in poi, la societa' rende  necesario  che  il  tribunale  si
 ponga le seguenti questioni:
       a)   la  ricostruzione  del  contenuto  normatico  dell'art.  2
 dellalegge n.  91/1977  onde  verificare  -  ai  fini  del  succesivo
 problema  di cui sub B - se sia corretto affermare che tale articolo,
 vientando  nella  specie   la   corresponsione   dell'indennita'   di
 contingenza  sulla quattordicesima mensilita', determini l'effetto di
 rendere accoglibile la domanda riconvenzionale dalla societa';
       b)  la  compatibilita'  di  tale contenuto normativo (nel senso
 prospettato dalla societa') con i principi costituzionali,  giudizio,
 questo, che il giudice ordinario puo' richiedere d'ufficio alla Corte
 costituzionale (art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87).
    La  dipendenza  della soluzione della domanda della societa' dalla
 soluzione del problema interpretativo  dell'art.  2  della  legge  n.
 91/1977    e    la    connessa    indagine    sulla    compatibilita'
 dell'interpretazione accolta con i principi costituzionali integra la
 condizione    di    rilevanza   della   questione   di   legittimita'
 costituzionale della norma da  applicare,  condizione  indispensabile
 per investire la Corte costituzionale del relativo problema (art. 23,
 secondo comma, della legge n. 87/1953).
    Si  osserva  che  non  incide  su tale rilevanza la tesi difensiva
 (subordinata) del dipendente secondo cui la legge n. 91/1977  sarebbe
 stata  abrogata  dalla  legge  26  febbraio 1986, n. 38, in quanto la
 domanda riguarda anche un periodo antencedente tale legge del 1986.
    2-  A.  - L'art. 2 della legge n. 91/1977 (testo che si iscrive, a
 pieno   titolo,   nella    cosiddetta    "Legislazione    lavoristica
 dell'emergenza":  il rilievo non e' privo di valente interpretative),
 recita nella parte che qui specificamente  interessa:  "Inoltre,  gli
 effetti  delle  variazioni  del  costo della vita o di altra forma di
 indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione  non  possono
 essere  computati  in  difformita'  della  normativa prevalente degli
 anzidetti accordi interconfederali e dai contratti del detto  settore
 per  i  corrispondenti  elementi  retributivi  e limitatamente a tali
 elementi".
    La  norma  in esame ha per oggetto della propria regolamentazione,
 testualmente, la materia dell'incidenza delle  variazioni  del  costo
 della  vita e di ogni altra forma di indicizzazione sui vari istituti
 retributivi.
    Nell'ampia formulazione letterale (variazioni del costo della vita
 e ogni altra forma di indicizzazione) e' compresa senza dubbio  anche
 l'indennita' di contingenza.
    Il  parametro  al  quale si fa riferimento per la regolamentazione
 che e' oggetto proprio della disposizione in esame  e'  la  normativa
 prevalente del settore industriale.
    I  testi  cui  fare riferimento per le relative informazioni sono,
 secondo il tenore letterale inequivoco della disposizione, tanto  gli
 accordi  interconfederali  sull'indennita'  di  contingenza  quanto i
 contratti collettivi del settore stesso.
    Il  contenuto  della  regolamentazione  consiste  nel limitare gli
 effetti della variazione del costo della vita e di ogni  altra  forma
 di  indicizzazione  (quindi anche della contingenza: vd. sopra) sugli
 elementi retributivi del settore  industriale  preso  a  parametro  e
 limitatamente a tali elementi.
    La  disciplina  prevalente  del settore industriale (giudicato nel
 1977 il massimo che potesse essere tollerato dal  sistema  economico)
 vd.  relazione della undicesima commissione permanente del Senato sul
 disegno di legge n. 497 di  conversione  del  d.-l.  n.  12/1977)  e'
 dunque presa in esame anche per quanto riguarda quegli elementi della
 retribuzione sui quali e' possibile la proiezione degli  effetti  dei
 sistemi  di  variazione del costo del lavoro e di ogni altra forma di
 indicizzazione (quindi anche la contingenza: vd. sopra) e all'apposto
 -  sui quali non e' consentita la indicizzazione perche' non presenti
 nella  normativa  prevalente  del  settore  industriale  preso   come
 parametro.
    Tale interpretazione, imposta dal significato proprio delle parole
 secondo la connessione di esse (art. 12,  primo  comma,  delle  disp.
 prel.  del  cod.  civ.) e' conforme anche al criterio dell'intenzione
 del legislatore cui si richiama il secondo  inciso  del  primo  comma
 dell'art.  12  teste'  citato.  Tutti  i  lavori preparatori (si veda
 l'esordio del relatore Romei alla seduta in  Senato  del  16  febbrao
 1977)  rendono  inequivocabile  che  la  legge  n.  91/1977 ha inteso
 recepire, nelle linee fondamentali, gli accordi  interconfederali  26
 gennaio  1977 sul costo del lavoro e sulla produttivita'. Rispetto al
 contenuto di essi non e' vera la tesi  della  difesa  del  dipendente
 secondo  cui  in  tali  accordi non sarebbe stato neppure prospettato
 l'oggetto dell'incidenza della scale mobile su  particolari  elementi
 retributivi.  Al contrario, l'art. 2 di tali accordi prospetta che al
 fine di realizzare la eliminazione degli automatismi derivanti  dalla
 variazione  della  scala  mobile  sui prezzi di produzione o compensi
 salariali  equivalenti  o  emolumenti  aggiuntivi   aventi   analoghe
 caratteristiche,  in  sede  di  categoria  verranno definite le nuove
 normative dei premi o compensi che decorreranno dal 1º febbraio 1977.
 Rispetto  agli  accordi  interconfederali  in  parola non si e' avuto
 dunque da parte della legge n. 91/1977  un  travalicamento  oggettivo
 cioe'  di  materia  ma  esclusivamente  una modificazione del tipo di
 intervento per ottenere la regolamentazione di una materia  identica,
 nel  senso  che  al  prospettato  intervento  per  atto  di autonomia
 collettiva si e' sostituito un intervento per legge.
    Oltre  ad  una  connessione  specifica, va rilevata - tra legge n.
 91/1977 e accordi interconfederali citati -  una  relazione  generica
 quanto  a  finalita'.  Entrambi  si  pongono  in  una  prospettiva di
 riduzione del costo del lavoro attraverso una operazione che  tendeva
 ad   uniformare  i  trattamenti  retributivi  a  quelli  del  sistema
 industriale. Tale finalita' sarebbe stata frustata se, al  contrario,
 fossero  consentiti,  dalla  interpretazione della norma, trattamenti
 difformi da quelli presi a parametro.
    Si  puo'  dunque  concludere che l'operativita' dell'inciso finale
 dell'art. 2 della legge n. 91/1977 puo'  cosi'  riassumerzi:  ad  una
 variazione   del   costo  della  vita  fa  riscontro  una  variazione
 dell'ammontare di un istituto retributivo se e nella  misura  in  cui
 cio'  sia  stabilito  dalla  prevalente  contrattazione  del  settore
 industria.  In  base  a  tale  disposizione  quindi  l'indennita'  di
 contingenza  non incide su quell'elemento sicuramente retributivo che
 e' la quattordicesima mensilita' se la quattordicesima mensilita' non
 e' presente nella prevalente contrattazione del settore industria.
    L'interpretazione  accolta dal tribunale e qui esposta ai fini del
 rilevamento della condizione della  rilevanza  e'  del  resto  quella
 adottata e fatta propria dalla Corte costituzionale nella sentenza 23
 giugno 1988, n. 697.
    2-  B. - Quanto al punto di fatto costituito dalla circostanza che
 la prevalente contrattazione collettiva del settore  industriale  non
 prevede  la  quattordicesima  mensilita',  si  osserva  che  esso  e'
 incontroverso.
    La  societa'  ha  sempre  dedotto  -  sin  dal  primo grado - tale
 circostanza e il dipendente non l'ha espressamente  contestata.  Anzi
 tutto  il  dibattito  giudiziale  di  primo  grado  si  e' svolto sul
 presupposto che la prevalente disciplina del settore industriale  non
 prevede la quattordicesima mensilita'.
    3.  -  L'art.  36  della  Costituzione  oltre  ad  assicurare  una
 retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita' del  lavoro,  si
 impegna - in via di principio - a garantire che tale retribuzione sia
 in ogni caso sufficiente ad  assicurare  al  lavoratore  e  alla  sua
 famiglia una esistenza libera e dignitosa.
    Tendenzialmente,  quindi,  la norma ricordata prospetta il diritto
 ad un salario reale, intendendosi con tale termine,  sostanzialmente,
 l'idoneita'  del  salario  nominale (espresso in denaro) ad acquisire
 quei beni intermedi e strumentali, di vario genere  e  qualita',  dai
 quali  discende  il soddisfacimento del bisogno finale (una esistenza
 libera e dignitosa).
    Le  continue  modificazioni  in  senso  ascendente  del  valore di
 scambio dei beni intermedi e strumentali, espresse  nell'aumento  del
 prezzo   degli   stessi,   ha   sempre   reso   attuale  il  problema
 dell'adeguamentodelle retribuzioni del lavoratore dipendente al costo
 della vita.
    Storicamente  lo  strumento per adeguare i salari al mutamento del
 potere d'acquisto del denaro per l'aumento dei prezzi dei beni,  puo'
 essere   attuato   o  con  sistemi  di  correzione  automativa  delle
 retribuzioni  (indicizzazione  dei  salari)  ovvero   con   procedure
 periodiche di (ri)contrattazione dei salari stessi.
    Il  nostro ordinamento attua un sistema misto astrattamente ideale
 ad associare alla funzione di "ammortizzatore delle tensioni sociali"
 del  metodo  di  indicizzazione, la conservazione del ruolo sindacale
 che  si  esprime  nella  contrattazione  periodica  dei   trattamenti
 salariali.
    Nel   nostro   ordinamento   l'indicizzazione  (e  cioe'  uno  dei
 concorrenti sistemi di salvaguardia del salario reale) e' attuata  in
 linea  generale  -  dalla  scala  mobile  sulla  contingenza che trae
 origine dal d.l.l. 1º agosto 1945, n. 692, e attraverso numerosi atti
 di  autonomia  collettiva  sfocia  nell'Accordo  interconfederale  25
 gennaio 1975 che istituisce il punto unico di contingenza.
    Queste  sommarie  indicazioni  consentono di affermare senza alcun
 dubbio che l'indennita' di contingenza:
       a)   dal   punto   di   vista  di  sinallagma  contrattuale  e'
 retribuzione in senso proprio;
       b)  dal  punto  di  vista  funzionale costituisce uno strumento
 essenziale per garantire l'osservanza del precetto costituzionale che
 vuole che la retribuzione sia sufficiente ad assicurare al dipendente
 e alla di lui famiglia una esistenza libera e dignitosa.
    Per  quella  parte  di variazione del costo della vita coperta dal
 sistema  di  scala  mobile,  infatti,  il  lavoratore  e'   garantito
 automaticamente e comunque in virtu' della convenzione sulla quale il
 sistema e' fondato.
    4.  -  Una  norma  di  legge  che intervenga, senza limitazioni di
 tempo,  sull'indennita'  di  contingenza  bloccandone  le  variazioni
 positive  o  limitando i suoi effetti ad una parte della retribuzione
 dovuta al lavoratore dipendente, non puo' non suscitare seri sospetti
 di  incostituzionalita'  per  violazione  della  gia' ricordata norma
 dell'art. 36 della Costituzione.
    E  per  tale  aspetto non e' manifestamente infondata la questione
 della sua legittimita' costituzionale.
    Tali  tipi di intervento si pongono innanzitutto in contraddizione
 di principio con il precetto sopra ricordato. Essi ipotizzano infatti
 -  con  la loro assenza di limite temporale di efficacia, una irreale
 situazione di fatto in cui il bene finale  integrale  assicurato  dal
 precetto  costituzionale  avrebbe  sempre  lo  stesso  costo  per  il
 lavoratore  dipendente.  La  contraddizione  di  principio  e'  tanto
 evidente  che  lo  stesso  legislatore  della  legge n. 91/1977 aveva
 previsto originariamente - come e' noto -  che  il  provvedimento  in
 questione  avesse  durata  temporalmente  limitata.  Tale  originario
 disegno svelava da un lato la consapevolezza dell'irragionevolezza di
 interventi  comunque diretti a limitare gli effetti della contingenza
 e dall'altro individuava la ragionevolezza di taluni interventi nella
 presenza   di  situazioni  eccenzionali  e  quindi  ne  postulava  la
 sostanziale  temporaneita',   correlabile   alla   permanenza   della
 situazione eccezionale giustificatrice.
    Questa  Corte  ha gia' del resto chiarito come la modificazione di
 uno stato di fatto, stato di fatto assunto per la sua  importanza  ed
 eccezionalita'  a  condizione  giustificatrice  di  una  norma, possa
 determinare una diversa valutazione di tale norma  sotto  il  profilo
 costituzionale  allorquando cessi la causa eccezionale che tale norma
 giustificava (Corte costituzionale 12 aprile 1989, n. 81).
    Nella    specie    sottoposta   all'esame   della   ecc.ma   Corte
 costituzionale e' fondatissimo il dubbio -  da  parte  del  tribunale
 emittente  -  che  le ragioni economiche che mossero il legislatore a
 bloccare la indennita' contingenza sulla quattordicesima  mensilita',
 ragioni individuabili nella crisi del sistema produttivo verificatasi
 intorno all'anno 1977 (e non a caso responsabili di una  legislazione
 lavoristica di emergenza, come, ad esempio, i seguenti testi:
      1) d.-l. 11 ottobre 1976, n. 699, convertito con modifiche nella
 legge 10 dicembre 1976, n. 797, in tema  di  conversione  in  BOT  di
 parte dell'indennita' di contingenza;
      2)  legge  23  maggio  1977,  n.  266,  modificativa  del regime
 giuridico del contratto a termine;
      3) d.-l. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito con modifiche nella
 legge 3 dicembre 1978, n. 18, in materia di contratto a  termine  nel
 commercio e nel turismo;
      4) d.-l. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito nella legge 7 aprile
 1977, n. 102, sul contenimento del costo del lavoro;
      5)   legge   12   agosto   1977,  n.  675,  sulla  riconversione
 industriale;
      6)  d.-l.  30  marzo 1978, n. 80, convertito con modifiche nella
 legge 26 maggio 1978, n. 215, nonche' d.-l.   13  dicembre  1978,  n.
 795,  convertito nella legge 9 febbraio 1979, n.  36, sulla mobilita'
 dei lavoratori, siano venute meno  nel  tempo,  provocando  cosi'  la
 sopravvenuta  incompatibilita'  dell'art.  2,  della legge n. 91/1977
 (nella  parte  denunciata  dall'ordinanza)  con  l'art.    36   della
 Costituzione  in  quanto  norma ordinaria impeditiva della attuazione
 della norma costituzionale.
    5.  - Un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza si rileva
 riflettendo sulla natura  strettamente  retributiva  delle  mensilia'
 aggiuntive  (tra  le  quali la quattordicesima) e sul tipo di effetto
 prodotto dall'art. 2 della legge n. 91/1977 nel punto in cui  esclude
 l'incidenza della contingenza sulla quattordicesima.
    E'    noto   che   le   mensilita'   aggiuntive   (tredicesima   e
 quattordicesima) costituiscono, nell'ambito dei  rapporti  di  lavoro
 per  i  quali sono previste, vera e propria retribuzinoe, vale a dire
 compenso  per  l'opera  prestata  nell'arco  di  tempo  correttamente
 considerabile  secundum rerum naturam (l'anno). Cio' significa che la
 retribuzione dovuta a quel dipendente  nell'anno  di  prestazione  e'
 globalmente   la   retribuzione   quale  risulta  dalla  somma  della
 retribuzione dovuta per i mesi di calendario piu' quella  dovuta  per
 le  mensilita'  aggiuntive  (convenzionali rispetto alla durata reale
 dell'anno).
    Cio'  e'  tanto  vero  che  nei  casi  di  cesazione  del rapporto
 all'interno del periodo annuale,  le  mensilita'  aggiuntive  vengono
 attribuite  per  ratei in funzione del tempo reale di prestazione del
 lavoro.
    Ed  allora  l'esclusione  dell'incidenza  della  contingenza sulla
 quattordicesima mensilita' e' qualificabile - teoricamente - non come
 riduzione  del  valore  della  contingenza  ma come esclusione di una
 parte della retribuzione ordinaria dalla tutela della indicizzazione.
    Ed   allora  e'  ravvisabile  un  contratto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  perche'  a  differenza  dei  lavoratori   del   settore
 industria,   per   i   quali   l'indicizzazione  opera  su  tutta  la
 retribuzione ordinaria, un parte cospicua di  lavoratori  subordinati
 (quelli del settore commercio) viene trattata in modo diverso.
    Non   sembra  al  tribunale  remittente  che  sia  obbiettivamente
 rilevabile tra lavoratori dell'industria e lavoratori  del  commercio
 una  diversita'  di situazioni tale da giustificare la violazione del
 principio di parita' espresso dall'art. 3 della Costituzione.
    In primo luogo i settori messi a confronto raggruppano categorie e
 posizioni lavorative che  sono  -  pur  nelle  diversita'  funzionali
 correlati  alle  diverse  esigenze dei due setrtori - sostanzialmente
 omogenee  tra  loro.  Non  e'   possibile   rinvenire   nel   settore
 discriminato  un'area  investita  da  privilegio istituzionalizzato o
 sottoposto a normative legali caratterizzanti.
    In  secondo  luogo e' di comune esperienza che le retribuzioni del
 commercio sono in genere piu' basse delle  retribuzioni  del  settore
 industria per gli inquadramenti corrispondenti o affini. Cio' - se da
 una parte esclude l'esistenza di una diversita'  che  ragionevolmente
 giustifichi   un  trattamento  diversificato  e  deteriore  in  punto
 contingenza  -  induce  a  ritenere  come  molto  probabile  che   la
 corresponsione  della  quattordicesima  abbia  avuto,  per il settore
 commerio,  una  finalita'  essenziale  perequativa  del   trattamento
 economico globale.
    Ad  identiche  conclusioni  circa  la violazione dell'art. 3 della
 Costituzione  si  perviene  anche  se  si  ipotizzasse  -  contro  la
 struttura normativa degli istituti fin qui considerati - che la norma
 qui denunciata riduca l'entita' della  contingenza  pur  considerando
 tutta   la   retribuzione.   Anche   questa  forzata  interpretazione
 collimerebbe con l'art. 3 della Costituzione  in  quanto  verrebbe  a
 legittimare  (senza ragione: vd. sopra) un trattamento di contingenza
 diversificato e deteriore  per  una  parte  rilevante  di  lavoratori
 subordinati  (settore  commercio)  rispetto  a  quello  riservato  ai
 lavoratori dell'industria.