IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella causa contro Bo'hme
 Ingo, nato  il  9  febbraio  1970  a  Bolzano,  atto  di  nascita  n.
 341-I-A/70, residente a Terlano, via Steindl n. 48 (ma di fatto senza
 fissa dimora), incensurato, celibe, alfabeta, recluta appartenente al
 battaglione  alpini "Edolo" in Merano, imputato di reato di "mancanza
 alla chiamata" (art. 151 del c.p.m.p.) perche', chiamato  alle  armi,
 con  pubblico  manifesto e cartolina precetto ritualmente notificata,
 per adempiere al servizio  militare  di  leva,  senza  giusto  motivo
 ometteva  di presentarsi al battaglione alpini "Edolo" di Merano alla
 prescritta data dell'11 luglio 1990 rimanendo arbitrariamente assente
 per  oltre  cinque giorni consecutivi e fino al successivo 30 luglio,
 quando si presentava al sopra menzionato ente di destinazione.
                             O S S E R V A
    All'odierna  udienza  preliminare le parti hanno chiesto, ex artt.
 444 e segg. del c.p.p., l'applicazione della pena di  mesi  due  r.m.
 con  benefici, ma questo giudice non ha aderito a detta richiesta per
 le ragioni di seguito esposte.
    Con  sentenza  n.  409/1989  la Corte costituzionale ha dichiarato
 l'illegittimita' costituzionale dell'art.  8,  secondo  comma,  della
 legge  15  dicembre  1972,  n. 722, come sostituito dall'art. 2 della
 legge 24 dicembre 1974, n. 695, nella parte in cui determina la  pena
 edittale  ivi  comminata  nella misura minima di anni due anziche' in
 quella di mesi sei, e nella  massima  di  anni  quattro  anziche'  in
 quella  di anni due, cosi' come previsto per il reato di cui all'art.
 151 del cod. mil. pace.
    L'iter  argomentativo  seguito  dai  giudici della Consulta e', in
 sintesi, il seguente: poiche' "i  comportamenti  previsti  dalle  due
 ipotesi  criminose  ledono, con le modalita' analoghe, lo stesso bene
 giuridico (...) e che e' identico il rimprovero di  colpevolezza  che
 si  muove  ai  soggetti attivi dei due delitti", altrettanto identico
 deve essere il trattamento sanzionatorio.
    Attesa  quindi la sostanziale omogeneita' delle fattispecie di cui
 agli artt. 8, secondo comma,  della  legge  n.  772/1972  e  151  del
 c.p.m.p.,  cosi'  come  statuita  dalla  Corte  quando afferma, nella
 suindicata sentenza, che "... non puo' non sottolinearsi la  lesione,
 con  analoghe  modalita'  oggettive,  da  parte  di  entrambi i fatti
 delittuosi, di uno stesso  bene  giuridico",  questo  giudice  dubita
 della  legittimita'  costituzionale  della norma contenuta nel codice
 militare di pace laddove non prevede per gli  imputati  o  condannati
 per  il  reato  di  mancanza  alla  chiamata  la  medesima disciplina
 prevista dal quinto e settimo comma dell'art. 8 della legge cit.
    Poiche',  secondo le indicazioni dell'Alta Corte, detta disciplina
 dimostra l'interesse dello Stato al "recupero" ed alla "rieducazione"
 del  reo,  non  sembra  a questo giudicante rispondere al criterio di
 uguaglianza  la  mancata  analoga  disciplina  per  i  mancanti  alla
 chiamata  che hanno dato sicuro segno di ravvedimento, e cioe' quegli
 imputati o  condannati  ai  sensi  dell'art.  151  del  c.p.m.p.  che
 risultino incorporati.
    Infatti,  nella  situazione  normativa  venutasi  a creare dopo la
 citata sentenza n. 409/1989, la mancata previsione, nell'art. 151 del
 c.p.m.p.,  dell'estinzione del reato o della cessazione degli effetti
 penali  della  condanna  conseguenti  all'incorporazione,  appare  in
 contrasto  sia  con  l'art.  3  della  Costituzione,  per  il diverso
 trattamento riservato a situazioni analoghe (ed  il  cui  sostanziale
 distinguo,  giustificativo  di  una  diversa disciplina, non potrebbe
 certo rinvenirsi nella diversita' delle motivazioni  che  determinano
 gli  obiettori  rispetto ai mancanti alla chiamata, in quanto sarebbe
 veramente iniquo se il legislatore valutasse con maggiore benevolenza
 chi   si   sottrae  al  "Sacro  dovere"  di  cui  all'art.  52  della
 Costituzione per convinzioni attinenti  ad  un  ideale  filosofico  o
 religioso,  rispetto a chi versa in situazione anti-giuridica perche'
 costretto  da  necessita'  piu'  cogenti,  ed  il  piu'  delle  volte
 umanamente comprensibili - emigrazione, penose situazioni famigliari,
 basso livello culturale e scolare che non consente  di  attivare  gli
 strumenti  offerti  dalla legislazione per ottenere la dispensa, ecc.
 -), sia con l'art. 27, terzo comma,  della  Costituzione,  in  quanto
 risulta  di  palmare  evidenza  che  il  mancante  alla chiamata gia'
 incorporato, ha gia' fornito sicuro segno di ravvedimento.
    Infine,  poiche'  con  sentenza  22 ottobre 1990, n. 469, la Corte
 costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
 dell'art. 377 del c.p.m.p., e' ora possibile aversi una pluralita' di
 condanne anche per i mancanti alla chiamata, per cui risponderebbe  a
 criterio  di uguaglianza che anche a costoro, cosi' come previsto per
 gli obiettori dall'art. 8, quinto e settimo  comma,  della  legge  n.
 772/72, venga concesso l'incentivo al "ravvedimento", consistente nel
 vedere estinto il reato o cessati gli  effetti  della  condanna,  nel
 caso di incorporazione.
    Cio'  premesso, e cosi' prospettata, la questione appare rilevante
 ai fini del processo in esame, trattandosi di  imputato  di  mancanza
 alla  chiamata  gia'  in servizio militare di leva (incorporato il 30
 luglio 1990, f. 6 atti), e non manifestamente infondata.