ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 100, primo
 comma, in riferimento all'art. 101, terzo comma, del  R.D.  16  marzo
 1942,  n.  267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
 dell'amministrazione  controllata   e   della   liquidazione   coatta
 amministrativa),  promosso  con ordinanza emessa il 15 marzo 1990 dal
 Tribunale di Bergamo nel procedimento  civile  vertente  tra  Beccato
 Germana ed altri e Fall.to s.r.l. M.T.A. ed altro, iscritta al n. 348
 del registro ordinanze 1990 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  costituzione  dell'I.N.P.S.  nonche'  l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  novembre  1990  il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza 15 marzo 1990 - emessa
 nel corso  di  un  giudizio  d'impugnazione  di  un  credito  ammesso
 tardivamente  al  passivo  del  fallimento  della  M.T.A. s.r.l. - ha
 sollevato, in riferimento all'art. 24 della  Costituzione,  questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  100,  primo comma, della
 legge fallimentare, "in riferimento  all'ipotesi  prevista  dall'art.
 101,  terzo  comma",  nella  parte  in  cui  prevede  che  il termine
 d'impugnazione dei crediti ammessi tardivamente decorra dal  deposito
 in  cancelleria  del  decreto  di  variazione  dello  stato  passivo,
 anziche' dalla ricezione della raccomandata con la quale il  curatore
 deve dare avviso ai creditori della variazione stessa.
    Nell'ordinanza  di  rimessione si espone che, successivamente alla
 declaratoria di esecutivita'  dello  stato  passivo  del  fallimento,
 l'I.N.P.S.  aveva  chiesto ed ottenuto, ai sensi dell'art. 101, terzo
 comma, della legge fallimentare, l'ammissione tardiva in prededuzione
 di  un  suo  credito.  Contro il decreto del giudice delegato, alcuni
 creditori avevano proposto impugnazione, oltre il termine di quindici
 giorni  dal  deposito  in cancelleria del decreto di variazione dello
 stato passivo, contestando l'ammissione in prededuzione  del  credito
 dell'I.N.P.S..   Quest'ultimo,   costituitosi,  aveva  eccepito  tale
 tardivita'.
   Cio'  premesso,  il giudice a quo deduce che l'art. 100 della legge
 fallimentare, con riferimento all'ipotesi normale del credito ammesso
 tempestivamente,  prevedeva  -  prima  della sentenza n. 102 del 1986
 della  Corte  costituzionale  -  che   il   termine   per   impugnare
 l'ammissione del credito decorresse dal deposito in cancelleria dello
 stato passivo. La Corte costituzionale ha  ritenuto  tale  previsione
 lesiva dell'art. 24 della Costituzione e l'ha dichiarata illegittima,
 facendo decorrere il termine per proporre  detta  impugnazione  dalla
 data  di  ricezione  della  raccomandata con avviso di ricevimento da
 inviare ai creditori, che hanno presentato domanda di ammissione allo
 stato  passivo,  per  dare  comunicazione  dell'avvenuto  deposito in
 cancelleria di detto stato.
    La  Corte di cassazione, nel ritenere esperibile l'impugnazione ex
 art. 100 della legge fallimentare anche  nell'ipotesi  di  ammissione
 tardiva  di  un  credito,  ha  ritenuto  che  il termine per proporla
 decorra dal deposito in  cancelleria  della  variazione  dello  stato
 passivo.  Ma  cosi' interpretato l'art. 100, in relazione all'ipotesi
 d'impugnazione di un credito ammesso tardivamente ai sensi  dell'art.
 101, terzo comma, della legge fallimentare - secondo il giudice a quo
 -  contrasta   col   principio,   ricavabile   dall'art.   24   della
 Costituzione,   secondo   il   quale   la   decorrenza   dei  termini
 d'impugnazione deve iniziare dal momento di effettiva conoscenza  del
 provvedimento  da impugnare e cioe' - nel caso di specie - dalla data
 di ricezione della  raccomandata  con  la  quale  si  dia  avviso  ai
 creditori della variazione dello stato passivo.
    2.  -  Dinanzi  a  questa  Corte  e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non
 fondata.
    Ha   dedotto  al  riguardo  che  il  principio  affermato  per  le
 insinuazioni tempestive non puo' essere applicato  alle  insinuazioni
 tardive,  in  quanto  le  esigenze di pronta definizione e speditezza
 della procedura  fallimentare  rendono  non  omogenee  le  situazioni
 determinatesi a seguito di domanda tempestiva o di domanda tardiva di
 ammissione dei crediti nel fallimento.
    Si   e'  costituito  davanti  a  questa  Corte  anche  l'I.N.P.S.,
 chiedendo che "si decida secondo giustizia".
                         Considerato in diritto
    1.  -  Questa  Corte  e'  chiamata a decidere se l'art. 100, primo
 comma, della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) -  nella
 parte in cui prevede, in riferimento all'ipotesi di cui al successivo
 art. 101, terzo comma, "che il  termine  d'impugnazione  dei  crediti
 ammessi tardivamente al passivo fallimentare, decorra dal deposito in
 cancelleria del decreto di variazione dello stato  passivo,  anziche'
 dalla ricezione delle raccomandate con le quali il curatore deve dare
 avviso ai creditori della variazione stessa" - contrasti  con  l'art.
 24 della Costituzione.
    2.  -  Va  premesso  che  l'art.  100,  primo  comma,  della legge
 fallimentare regola l'impugnazione dei  crediti  ammessi  allo  stato
 passivo  da  parte  di  ciascun  creditore  interessato.  Tale  norma
 stabiliva che "entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo
 in  cancelleria,  ciascun  creditore puo' impugnare i crediti ammessi
 con  ricorso  al  giudice  delegato":  detta  disposizione  e'  stata
 dichiarata  parzialmente  illegittima con la sentenza n. 102 del 1986
 della Corte costituzionale.
    Questa   decisione   ha  sancito,  innanzitutto,  l'illegittimita'
 costituzionale, per  contrasto  con  l'art.  24  della  Costituzione,
 dell'art.  98,  primo comma, della legge fallimentare, nella parte in
 cui stabiliva che i creditori esclusi o ammessi con riserva potessero
 fare  opposizione  "entro  quindici  giorni  dal deposito dello stato
 passivo, anziche' dalla data  di  ricezione  delle  raccomandate  con
 avviso  di  ricevimento,  con  le quali il curatore deve dare notizia
 dell'avvenuto deposito ai creditori che hanno presentato  domanda  di
 ammissione  al  passivo". Con la stessa sentenza e' stata dichiarata,
 ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  anche  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 100, primo comma, della legge fallimentare,
 nella parte in cui disponeva che ciascun creditore puo'  impugnare  i
 crediti  ammessi allo stato passivo "con ricorso al giudice delegato,
 entro  quindici  giorni  dal  deposito   dello   stato   passivo   in
 cancelleria,  anziche' dalla data di ricezione delle raccomandate con
 avviso di ricevimento con le quali  il  curatore  deve  dare  notizia
 dell'avvenuto  deposito  ai creditori che hanno presentato la domanda
 di ammissione al passivo".
    La  decisione  -  confermando  un ormai consolidato indirizzo, che
 mira a  garantire  l'effettivita'  del  diritto  di  difesa  tutelato
 dall'art.  24  della  Costituzione,  facendo  coincidere l'inizio del
 decorso dei termini d'impugnazione  con  la  concreta  conoscibilita'
 dell'atto  da impugnare - ha generalizzato l'obbligo di comunicazione
 dell'avvenuto deposito dello stato passivo a tutti  i  creditori  che
 abbiano  proposto domanda di ammissione al passivo: obbligo previsto,
 in precedenza, dall'art. 97, terzo comma, della  legge  fallimentare,
 solo nei riguardi dei creditori esclusi o ammessi con riserva.
    Il  giudice  a  quo  ha ora sollevato la questione, gia' indicata,
 sulla base di  quanto  stabilito  in  detta  sentenza,  chiedendo  la
 declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  100, primo
 comma,  della  legge  fallimentare.   Ritiene   il   remittente   che
 nell'ipotesi  di  ammissione  tardiva  di  crediti allo stato passivo
 (art. 101, terzo comma) la norma impugnata, accordando  ai  creditori
 (nella  specie, si tratta di creditori ammessi allo stato passivo) la
 facolta' di proporre opposizione entro quindici giorni "dal  deposito
 in  cancelleria della variazione dello stato passivo", anziche' dalla
 "ricezione delle raccomandate con le  quali  il  curatore  deve  dare
 avviso   ai   creditori   della  variazione  stessa",  incorra  nella
 violazione dell'art.  24  della  Costituzione,  perche'  non  sarebbe
 assicurata la "effettivita'" del diritto di difesa.
    2. - La questione e' fondata.
    Va   osservato   che,   in  conformita'  di  univoco  orientamento
 giurisprudenziale, l'impugnazione prevista dall'art. 100 della  legge
 fallimentare   e'   proponibile   non   soltanto  avverso  i  crediti
 tempestivamente insinuati ed ammessi,  ma  anche  nei  confronti  dei
 decreti  di  ammissione  tardiva, pronunciata dal giudice delegato ai
 sensi dell'art. 101, terzo comma, della stessa legge:  in  tal  caso,
 secondo  la  Corte  di  cassazione, il termine di quindici giorni per
 proporre l'impugnazione decorre dal  deposito  in  cancelleria  della
 variazione  dello  stato passivo, in analogia con quanto previsto per
 le opposizioni allo stato passivo dall'art. 100, comma  primo,  della
 legge  fallimentare  anteriormente alla declaratoria d'illegittimita'
 costituzionale contenuta nella sopra citata sentenza n. 102 del 1986.
 Infatti,  poiche'  detta declaratoria d'illegittimita' costituzionale
 riguarda unicamente l'opposizione allo stato passivo, le impugnazioni
 avverso i decreti di ammissione tardiva allo stato passivo, emessi ex
 art. 101, terzo comma, della legge fallimentare, continuano ad essere
 regolate dalla normativa previgente.
    E'  di  tutta  evidenza,  peraltro,  che  le ragioni di tutela del
 diritto di difesa e di attuazione della  garanzia  di  esso,  sancito
 dall'art.  24  della Costituzione, poste a fondamento dell'anzi detta
 declaratoria d'illegittimita'  costituzionale,  sussistono  anche  in
 relazione  all'impugnazione dei crediti ammessi al passivo sulla base
 di richieste tardive.
    Una  volta  dichiarato  esecutivo  lo  stato  passivo  non si puo'
 ritenere congruo mezzo di conoscibilita' delle  variazioni  di  esso,
 determinate  da  ammissioni  tardive,  il deposito in cancelleria dei
 relativi provvedimenti. I  creditori  ammessi,  per  poter  acquisire
 conoscenza di detti provvedimenti, verrebbero ad essere gravati di un
 onere, analogo a quello ritenuto da questa Corte, con la sentenza  n.
 102  del  1986,  eccessivo  e tale da pregiudicare l'effettivita' del
 diritto  di  difesa,  in  relazione  alla  possibilita'  concreta  di
 proporre l'impugnazione.
    La regola di uguaglianza di trattamento impone che il regime della
 decorrenza del  termine  non  possa  essere  ispirato  da  differenti
 criteri  in  casi  nei  quali  e'  omogenea  la  situazione cui detta
 decorrenza inerisce. Situazione questa particolarmente evidente nella
 fattispecie oggetto dell'attuale ordinanza di remissione, dato che si
 tratta di ammissione tardiva - opposta da creditori gia' ammessi allo
 stato  passivo  - rispetto alla quale la preventiva identificabilita'
 dei legittimati all'impugnazione richiede la diretta comunicazione ad
 essi  del  deposito  del  provvedimento  di variazione, ai fini della
 decorrenza del termine di impugnazione. Nella  ratio  della  garanzia
 della  effettivita'  della tutela, che e' a base della giurisprudenza
 in materia di questa Corte, non  appare,  a  tal  fine,  adeguato  il
 deposito  in  cancelleria,  che  e' idoneo a determinare soltanto una
 generale (e generica) conoscibilita'.
    L'art.  100,  primo  comma,  della legge fallimentare, va pertanto
 dichiarato illegittimo anche nella parte in cui  non  prevede  che  i
 creditori gia' ammessi possano proporre opposizione avverso i decreti
 di ammissione tardiva al passivo emanati ex art.  101,  terzo  comma,
 con  ricorso al giudice delegato, entro quindici giorni dalla data di
 ricezione della raccomandata con avviso di ricevimento, con la  quale
 il  curatore  deve  dare  a  ciascuno  di  essi notizia dell'avvenuto
 deposito del decreto di variazione dello stato passivo.