ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 41 della legge
 6 giugno 1974, n. 298,  cosi'  come  modificato  dall'art.  4,  comma
 primo,  del decreto-legge 6 febbraio 1987, n. 16, convertito in legge
 30 marzo 1987, n.  132,  nonche'  dell'art.  4,  comma  secondo,  del
 decreto-legge 6 febbraio 1987, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia
 di autotrasporto di cose  e  di  sicurezza  stradale),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il 14 febbraio 1990 dal T.A.R. per il Piemonte sul
 ricorso proposto dalla S.p.a. I.T.A.C. Trasporti ed altre  contro  il
 Ministero  dei  trasporti,  iscritta al n. 349 del registro ordinanze
 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  24
 prima serie speciale dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti di costituzione delle S.p.a. I.T.A.C., Bartoletti
 ed altre, nonche' l'atto di intervento del Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  novembre  1990  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  gli avvocati Riccardo Ludogoroff e Gustavo Romanelli per la
 S.p.a. I.T.A.C. Trasporti e Marco Siniscalco per la S.p.a. Bartoletti
 ed  altre  e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio promosso dalla s.p.a. I.T.A.C.
 Trasporti   di   Tortona   per   l'annullamento   del   provvedimento
 dell'Ufficio Provinciale di Alessandria della Motorizzazione Civile e
 dei   trasporti   in   concessione   che   rigettava   l'istanza   di
 autorizzazione al trasporto merci in conto terzi di un semirimorchio,
 "in aumento" rispetto all'autorizzazione n. 262 del 30  gennaio  1981
 per  il  trattore  stradale  targato  AL  522716,  il  T.a.r.  per il
 Piemonte, con ordinanza emessa il  14  febbraio  1990,  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 41
 della Costituzione, dell'art. 41 della legge 6 giugno  1974,  n.  298
 (Istituzione  dell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per
 conto di terzi, disciplina degli autotrasporti di cose e  istituzione
 di  un  sistema  di  tariffe  a  forcella per i trasporti di merci su
 strada), come  sostituito  dall'art.  4,  primo  comma,  del  d.l.  6
 febbraio 1987 n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di autotrasporto
 di cose e di sicurezza stradale), convertito, con  modificazioni,  in
 legge  30  marzo 1987, n. 132, nonche' del secondo comma del medesimo
 art. 4 del decreto-legge n. 16 del 1987 come convertito.
    L'art.  41  della legge n. 298 del 1974, come sostituito dall'art.
 4, primo comma, del d.l. n. 16 del 1987, nel  dettare  la  disciplina
 del  trasporto  di  cose  per  conto di terzi (definita "la attivita'
 imprenditoriale per la prestazione di servizi di trasporto  verso  un
 determinato  corrispettivo"),  dispone  che,  per  il  suo  esercizio
 nell'intero  territorio  nazionale,  oltre  all'iscrizione  nell'albo
 nazionale  degli  autotrasportatori,  l'imprenditore  debba  ottenere
 "apposita autorizzazione". Quest'ultima viene accordata "per  ciascun
 autoveicolo"  trainante  ed  e'  valida  per  il traino di rimorchi e
 semirimorchi che siano nella disponibilita' della stessa impresa o di
 altre,  iscritte  nell'albo ed a loro volta autorizzate, ovvero siano
 nella  disponibilita'  di  consorzi  o  cooperative  cui  partecipino
 imprese    iscritte    all'albo    e    munite   di   autorizzazione.
 L'immatricolazione di  rimorchi  e  semirimorchi  da  parte  di  tali
 soggetti  e'  pero'  subordinata (art. 41, quarto comma) "al rispetto
 del rapporto di non piu' di cinque veicoli  rimorchiati  per  ciascun
 veicolo a motore tecnicamente idoneo al loro traino".
    La    s.p.a.    I.T.A.C.    Trasporti,    che    aveva   richiesto
 l'immatricolazione  di   un   proprio   semirimorchio   "in   aumento
 all'autorizzazione"  gia'  concessa per un proprio trattore stradale,
 impugnava davanti al T.a.r. per il Piemonte il provvedimento  con  il
 quale  l'Ufficio  provinciale  di  Alessandria  della  M.C.T.C. aveva
 negato tale autorizzazione - "in  quanto  la  Ditta  supera  gia'  il
 rapporto  di  uno  a cinque previsto dall'art. 4, comma quarto, della
 legge n. 132 del 30 marzo 1987" -  deducendone,  quale  unico  vizio,
 l'illegittimita'  "in quanto applicativo di una disposizione di legge
 (quella che istituisce il rapporto tra motrici e rimorchi) affetta da
 puntuali  e  specifici  vizi  di  incostituzionalita'".  La  societa'
 ricorrente censurava altresi' la  norma  transitoria,  contenuta  nel
 secondo  comma  dell'art.  4  del  decreto-legge  n. 16 del 1987, che
 imponeva  alle  imprese  gia'  iscritte  all'albo   e   titolari   di
 autorizzazioni,  con disponibilita' dei relativi veicoli, di adeguare
 il proprio parco al rapporto di uno a cinque di cui si e' detto entro
 tre  anni  dall'entrata  in  vigore  della  legge  di conversione del
 decreto.
    Il  giudice  a  quo  in  primo  luogo individua l'utilita' sociale
 riferibile   al   settore   economico   del   trasporto   non   tanto
 nell'adeguamento  di domanda ed offerta (che potrebbe implicare delle
 limitazioni all'accesso sul mercato di nuovi  trasportatori),  quanto
 piuttosto  ne "la qualita' e la sicurezza del trasporto in uno con la
 economicita'  a  vantaggio  dell'utenza  ma,  in  definitiva,  stante
 l'ampiezza  e la multisettorialita' della stessa, dell'intero sistema
 economico nazionale".
    Cio'  premesso,  muove alla norma che ha introdotto il rapporto di
 "uno a cinque" fra motrici e rimorchi una duplice  censura:  essa  si
 porrebbe  in  contrasto,  da  una parte con l'art. 41, secondo comma,
 Cost., in  quanto  non  e'  diretta  a  correggere  una  preesistente
 situazione  di  contrasto  con  l'utilita'  sociale, e dall'altra con
 l'art.  41,  terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  non  costituisce  uno
 strumento utile per il conseguimento di fini sociali.
    Ad   avviso   dell'autorita'  remittente,  l'introduzione  di  una
 limitazione nella facolta' dell'imprenditore di utilizzare, oltre  un
 certo rapporto quantitativo, un bene strumentale, i rimorchi - con il
 conseguente obbligo di investire in un diverso bene  strumentale,  le
 motrici,  ove  voglia  superare  il limite fissato dalla legge -, non
 consente ad esso di ricercare il giusto equilibrio nella combinazione
 dei  fattori  della  produzione,  facolta' sicuramente compresa nella
 liberta'  di  iniziativa   economica   costituzionalmente   tutelata,
 inducendo  cosi'  un  aumento  dei costi di gestione dell'impresa. La
 distribuzione sul  territorio  nazionale  di  un  numero  elevato  di
 rimorchi,  infatti,  consente una ottimale utilizzazione dei trattori
 in viaggi comunque caratterizzati dal trasporto di rimorchi  a  pieno
 carico.
    Secondo l'autorita' remittente, un servizio organizzato sulla base
 della utilizzazione di  una  illimitata  quantita'  di  rimorchi  non
 contrasta  con  l'utilita' sociale, sicche' la norma denunciata, "non
 rilevandosi una pregressa  situazione  di  contrasto  con  l'utilita'
 sociale  e  ponendo  essa,  al contempo, dei limiti alla combinazione
 della produzione che alterano l'equilibrio  di  massima  economicita'
 dell'impresa,  neppure"  puo' dirsi rivolta al perseguimento di "fini
 sociali"  risultando   cosi'   estranea   all'area   di   ragionevole
 "reattivita'" dell'art. 41 Cost. sull'iniziativa economica.
    I  limiti  in  parola,  poi,  introdurrebbero  una distorsione del
 mercato su scala europea, in quanto le  imprese  straniere  non  sono
 gravate  in  via  imperativa di costi aggiuntivi, mentre i piu' forti
 operatori italiani,  per  eludere  la  normativa  nazionale,  possono
 costituire societa' di trasporto all'estero.
    Le  ipotesi  di autorizzazione, oltre il rapporto di uno a cinque,
 previste dall'art. 41, sesto comma, dalla legge n. 298 del 1974  come
 modificata,  conclude  il  giudice a quo, costituiscono una ulteriore
 limitazione dell'iniziativa economica privata, in quanto  subordinano
 quest'ultima  a provvedimenti autoritativi emanati sul presupposto di
 fatti solo eventuali (l'attuazione di norme internazionali) ovvero di
 una gestione collettiva della materia (il riferimento e' agli accordi
 collettivi tra associazioni di autotrasportatori e dell'utenza ovvero
 tra le prime), la cui attivazione sfugge al singolo imprenditore.
    2.  -  Si  e'  costituita  con  memoria  la s.p.a. ITAC Trasporti,
 ricorrente nel giudizio a quo, concludendo per  la  fondatezza  della
 questione.
    Sottolinea  in  particolare  la  societa'  ITAC  che, alla stregua
 dell'art. 41, secondo comma, Cost.,  il  legislatore  ordinario  puo'
 porre  limitazioni  all'attivita'  economica privata solo ove essa si
 ponga in contrasto con l'utilita' sociale ed al fine di rimuovere  il
 contrasto  medesimo.  Le  limitazioni,  quindi,  non  possono  essere
 giustificate da alcuna altra o diversa finalita', neppure  da  quella
 di   favorire   l'utilita'  sociale.  L'art.  41  della  Costituzione
 prescrive infatti al terzo comma che  la  legge  puo'  indirizzare  e
 coordinare  l'attivita'  economica a fini sociali, ma solo attraverso
 programmi e controlli.
    Nel  caso  in  esame,  osserva  la  difesa  dell'ITAC, non vi sono
 elementi che inducano a ritenere che una disponibilita' illimitata di
 rimorchi da parte delle imprese di autotrasporto sia in contrasto con
 l'utilita' sociale; al contrario, essa consente di offrire all'utenza
 un servizio piu' adeguato e completo.
    Ne'  la  limitazione  imposta appare diretta ad adeguare l'offerta
 alla domanda - a norma dell'art. 41, ultimo comma, della legge n. 298
 del 1974, come modificata - il Ministero dei trasporti adotta infatti
 i provvedimenti necessari affinche' "l'offerta del trasporto di merci
 su strada sia adeguata alla domanda".
    Non  si  comprende,  quindi,  qual'e'  il fine di utilita' sociale
 perseguito  dal  legislatore,  ne',  di  conseguenza,  e'   possibile
 verificare l'idoneita' del mezzo utilizzato per raggiungerlo.
    3.  -  Nel  giudizio  si  e'  altresi'  costituita  la  s.p.a.  E.
 Bartoletti  di  Forli',  una  impresa  produttrice  di   rimorchi   e
 semirimorchi   intervenuta  ad  adiuvandum,  assieme  ad  altre,  nel
 giudizio a quo, concludendo per la fondatezza della questione.
    L'intervento  nel giudizio amministrativo era giustificato, deduce
 la societa' Bartoletti, dal danno prodotto alle ditte costruttrici di
 rimorchi  dalla  normativa  denunciata,  sia  per  la imposizione del
 rapporto di uno a cinque - che evidentemente  riduce  la  domanda  di
 nuovi  veicoli  -,  sia  per l'obbligo, posto dalle norme transitorie
 alle imprese che superino tale limite, di rientrare in esso,  obbligo
 che  puo'  determinare  una  consistente  immissione  sul  mercato di
 rimorchi e semirimorchi usati a basso prezzo.
    La  difesa  della  Bartoletti  aderisce  alla  linea argomentativa
 seguita dall'ordinanza di  rimessione,  dalla  quale  pero'  dissente
 proprio   per   quel   che  riguarda  le  censure  di  illegittimita'
 costituzionale mosse alla normativa dalle  societa'  (produttrici  di
 rimorchi)  intervenute  nel  giudizio a quo. Secondo il T.a.r. per il
 Piemonte, infatti, non si potevano riscontrare vizi  di  legittimita'
 costituzionale  con  riferimento  agli  "effetti riflessi" su settori
 economici diversi da quello (l'autotrasporto di  merci)  direttamente
 disciplinato  dalle  norme denunciate. Ad avviso della Bartoletti, il
 limite di uno a cinque imposto  dalla  norma,  intervenendo  in  modo
 diretto  ed  immediato  sulla  domanda, esplica effetti diretti e non
 riflessi sul  settore  produttivo,  che  ne  e'  quindi  destinatario
 primario.
    4.  -  Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata.
    Osserva  l'Avvocatura che la disciplina delle attivita' economiche
 - e la  scelta  degli  strumenti  piu'  adeguati  e'  riservata  alla
 discrezionalita'  del legislatore - persegue la tutela dell'interesse
 generale, e non solo di quello delle imprese di settore,  secondo  il
 parametro, oltre che della utilita' sociale, della sicurezza.
    I  limiti  dimensionali introdotti, infatti, sono posti a garanzia
 della serieta' delle imprese e percio'  a  tutela  della  qualita'  e
 della  sicurezza del trasporto e della circolazione, e consentono una
 verifica anticipata dei requisiti prescritti uguale per tutti.
    La  compressione  parziale  del  diritto di impresa, in un settore
 sottoposto a vigilanza e regolamentazione attraverso l'istituzione di
 un  albo, e' dunque giustificata, come del resto la sottoposizione di
 altre attivita' imprenditoriali, alla presenza di requisiti di  vario
 ordine  (aziendale, di onorabilita', di adeguatezza tecnicoeconomica,
 etc.) per l'esercizio di attivita' di interesse generale.
    5.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  la s.p.a. ITAC Trasporti ha
 depositato memoria  insistendo  per  l'accoglimento  della  questione
 sollevata dal T.a.r. per il Piemonte.
    La  difesa  della  parte  privata osserva, in particolare, che nel
 sistema configurato dalla Costituzione, e  segnatamente  dagli  artt.
 41,  43  e  44,  attivita'  economica  privata ed intervento pubblico
 coesistono, coordinati ai fini sociali e di benessere collettivo.
    Ogni  limitazione normativa alla espansione della persona umana ed
 alle  relative  liberta'  di  iniziativa  economica  che   intervenga
 sull'autonomia   di  scelta  di  mezzi  ed  obbiettivi,  puo'  essere
 legittimata solo da un  effettivo  e  comprovato  contrasto  di  essa
 iniziativa con l'utilita' sociale.
    Solo  il  perseguimento  di fini sociali, poi, puo' riservare allo
 Stato la funzione di indirizzare e coordinare  l'attivita'  economica
 privata   e   pubblica  attraverso  "piani  e  controlli",  lasciando
 inalterati  la  liberta'  di  scelta  del  consumatore,  l'iniziativa
 dell'impresa privata e l'assetto concorrenziale del mercato, elementi
 caratteristici del nostro sistema economico.
    Nella  specie, al contrario, prosegue la difesa della s.p.a. ITAC,
 le norme denunciate integrano una grave violazione della liberta'  di
 iniziativa   economica,   recando   danno   tanto   alle  imprese  di
 autotrasporto che a quelle di costruzione, senza peraltro  attribuire
 alcun  comprensibile  vantaggio  "al versante dell'utilita' sociale e
 del benessere collettivo", che dovrebbe necessariamente rinvenirsi in
 una  razionalizzazione  del servizio e nel relativo maggior beneficio
 del  consumatore.   Gli   utenti,   infatti,   non   possono   essere
 avvantaggiati da un servizio che "decelera passo e operativita'".
                         Considerato in diritto
    1. - Il TAR del Piemonte dubita della legittimita' costituzionale,
 in  riferimento  all'art.  41,   secondo   e   terzo   comma,   della
 Costituzione:
       a) dell'art. 4, primo comma, del decreto-legge 6 febbraio 1987,
 n. 16, convertito con legge  30  marzo  1987,  n.  132  (Disposizioni
 urgenti in materia di autotrasporto di cose e di sicurezza stradale),
 nella parte in cui, sostituendo gli otto  commi  dell'art.  41  della
 legge  6  giugno  1974, n. 298 (Istituzione dell'albo nazionale degli
 autotrasportatori di  cose  per  conto  di  terzi,  disciplina  degli
 autotrasporti  di  cose  e  istituzione  di  un  sistema di tariffe a
 forcella per i trasporti  di  merci  su  strada),  con  dieci  commi,
 stabilisce,  con  il quarto di questi ultimi, che la immatricolazione
 di  rimorchi  e  semirimorchi  da  parte  dei  soggetti  che  possano
 conseguirla ai sensi del comma precedente, e' subordinata al rispetto
 del rapporto di non piu' di cinque veicoli  rimorchiati  per  ciascun
 veicolo tecnicamente idoneo al loro traino;
       b)  dello stesso art. 4, secondo comma, del decreto-legge n. 16
 del 1987 come sopra convertito in quanto dispone che, per le  imprese
 titolari  di  autorizzazioni  e  aventi  in disponibilita' i relativi
 veicoli alla data di entrata in vigore della legge di conversione, e'
 fatto  obbligo di adeguare il proprio parco al rapporto stabilito con
 la norma di cui sub a) entro e non oltre due anni dalla stessa  data.
    2.  -  Le norme impugnate - l'una a regime e l'altra transitoria -
 fanno parte di una normativa che, modificando e integrando l'art.  41
 della  legge  n.  298 del 1974, costituisce l'ulteriore disciplina di
 un'attivita' economica (il trasporto di merci per conto  terzi)  gia'
 considerata  e disciplinata come servizio pubblico dalla legislazione
 precedente (legge 20 giugno 1935, n. 1349).
    In  particolare,  con  l'art.  41  come  sopra sostituito, oltre a
 prevedersi che il  trasporto  per  conto  terzi  e'  esercitabile  da
 imprese  iscritte  in un apposito albo nazionale che abbiano ottenuto
 apposita autorizzazione, e' stato stabilito che l'autorizzazione  sia
 accordata  per  ciascun veicolo (autocarro, trattore, autoveicolo per
 uso  speciale  o  per  trasporti  specifici  secondo  le  definizioni
 contenute  nel T.U. delle norme sulla circolazione stradale approvato
 con d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393),  e  ancora  che  l'autorizzazione
 valga  per  il  traino  di  rimorchi  e semirimorchi "che siano nella
 disponibilita' della stessa impresa o di altre  imprese"  (ovvero  di
 consorzi o cooperative cui partecipino imprese) iscritte nell'albo.
    Con  la  disposizione  per  ultima richiamata e' stato regolato il
 fenomeno del "trazionismo", vale a dire  dell'impiego  dei  trattori,
 veicoli  motori  idonei  esclusivamente  al traino di veicoli (a loro
 volta idonei esclusivamente al contenimento delle  cose  trasportate,
 quali  i  rimorchi  e  i  semirimorchi) in disponibilita' di soggetto
 diverso da quello avente la disponibilita' del trattore.
    Ed  il  fenomeno  e'  stato  regolato  nel  senso di ammetterne la
 liceita', ma dettandosi certe condizioni: a) quella  che  entrambi  i
 soggetti  siano imprese iscritte all'albo (art. 41, terzo comma, come
 sostituito con l'art. 4 del decreto-legge n. 16 del 1987); b)  quella
 che  non  sia  consentita  l'immatricolazione,  da  parte di ciascuna
 impresa, di trattori in numero superiore a quello dei rimorchi  nella
 disponibilita'  della  stessa  (e  quindi  che ciascuna impresa abbia
 nella propria disponibilita', per ogni trattore, almeno un rimorchio:
 art.  41, quinto comma, come sopra sostituito); c) quella che in ogni
 caso non sia consentita  l'immatricolazione  di  rimorchi  in  misura
 superiore  a  quella derivante dal rapporto di cinque rimorchi per un
 trattore (art. 41, quarto comma, come sopra sostituito).
    Dell'art.  41  della  legge  n.  298  del 1974 come sostituito con
 l'art. 4, primo comma, del decreto- legge n. 16 del 1987, fanno parte
 anche  altre  norme, che e' opportuno qui richiamare, come: 1) quella
 secondo la quale i limiti  alla  immatricolazione  dei  veicoli  come
 indicati  sub  b)  e  sub  c) possono essere derogati con decreti del
 Ministro dei trasporti emanati in attuazione di norme internazionali,
 ovvero  tenendo  conto  di particolari tecniche di trasporto, nonche'
 con decreti che recepiscano accordi economici collettivi conclusi fra
 le   associazioni   piu'   rappresentative  degli  autotrasportatori,
 presenti nel Comitato centrale per l'albo (art. 3 della legge n.  298
 del    1974),    e    dell'utenza,   ovvero   tra   associazioni   di
 autotrasportatori (comma sesto dell'art. 41 della legge  n.  298  del
 1974  come  sopra sostituito); 2) quella secondo la quale il Ministro
 dei trasporti, sentite le regioni e il Comitato centrale per  l'albo,
 adotta i provvedimenti necessari per adeguare l'offerta del trasporto
 merci su strada alla domanda e che con tali provvedimenti il Ministro
 fissa  i criteri di priorita' per l'assegnazione delle autorizzazioni
 contingentate (comma decimo dell'art. 41 dianzi richiamato).
   3.  -  Assunta  la  nozione di utilita' sociale - con cui, ai sensi
 dell'art. 41, secondo comma, della Costituzione, non puo' contrastare
 la  liberta'  di  iniziativa economica, e cui viceversa devono essere
 funzionali i limiti posti a tale iniziativa - con riguardo al settore
 produttivo  considerato  (trasporto  di  cose  per conto di terzi), e
 precisamente nel senso della (buona) qualita' e della  sicurezza  del
 trasporto, in una con la economicita', a vantaggio dell'utenza, ma in
 definitiva "dell'intero sistema economico nazionale",  il  giudice  a
 quo sostiene che a utilita' sociale non appaiono rispondenti le norme
 specificamente censurate.
    Cio'  in quanto la stabilita limitazione della immatricolabilita',
 e  quindi  della  disponibilita',  dei  rimorchi  implicherebbe   una
 restrizione   del   potere  dell'imprenditore  di  individuare  e  di
 realizzare l'equilibrio ottimale  dei  fattori  della  produzione,  e
 quindi  la  riduzione  dei costi di gestione dell'impresa, ed anzi si
 risolverebbe senz'altro in un ostacolo  a  tale  riduzione  e  quindi
 all'economicita' del servizio. La distribuzione sul territorio di una
 consistente quantita' di  rimorchi  da  parte  di  un'unica  impresa,
 consentirebbe invece di evitare i viaggi di ritorno a vuoto ovvero di
 realizzare  una  integrazione  con  le  analoghe  esigenze  di  altre
 imprese,  e quindi, in parallelo con il fenomeno del trazionismo, una
 piena utilizzazione dei trattori in  viaggi  comunque  caratterizzati
 dal   trasporto   di   rimorchi  a  pieno  carico.  Ostacolando  tale
 possibilita' e quindi il raggiungimento  dell'equilibrio  di  massima
 economicita'  dell'impresa,  la  norma  impugnata - sempre secondo il
 giudice a quo - non potrebbe ritenersi  rivolta  a  perseguire  "fini
 sociali"  (recte:  a  indirizzare l'attivita' economica in discorso a
 fini sociali  come  richiesto  dall'art.  41,  secondo  comma,  della
 Costituzione  per  la  adottabilita'  di  programmi e di controlli) e
 sarebbe quindi incompatibile con la intera previsione  della  cennata
 norma costituzionale.
    4. - La questione non e' fondata.
    Non  puo'  dubitarsi che, anche nei casi di regolazione ex lege di
 un'attivita' economica considerata quale pubblico servizio in ragione
 della   sua   diretta   incidenza   su   bisogni  o  interessi  della
 collettivita',  l'attivita'  cosi'  regolata  possa  e  debba  essere
 considerata  come  espressione  del  diritto  di iniziativa economica
 garantito dall'art. 41 della Costituzione.
    Ne  discende  che  il  limite  costituito  dallo stesso intervento
 normativo e dal suo concreto contenuto in  tanto  appare  compatibile
 con  il  secondo  comma  del  detto  art.  41 in quanto sia diretto a
 realizzare,  oltre  ovviamente  alla  protezione  di  valori  primari
 attinenti  alla  persona  umana  -  il  cui  rispetto  e'  il  limite
 insuperabile  di  ogni  attivita'  economica  -  un'utilita'  sociale
 (l'imposizione   di   controlli   e   di  programmi  per  l'indirizzo
 dell'attivita' economica a fini sociali e' connaturale al  regime  di
 ogni  servizio  pubblico:  con  riguardo  al  settore considerato, e'
 previsto anche un piano generale dei trasporti con la legge 15 giugno
 1984,  n.  245,  ad assicurare la cui continuita' funzionale e' teso,
 come si desume dal preambolo,  lo  stesso  decreto-legge  n.  16  del
 1987).
    Ma  in  tali  casi  la  individuazione  da  parte  del legislatore
 dell'utilita' sociale puo' sostanziarsi di valutazioni attinenti alla
 situazione  del  mercato  anche  per  quel  che  concerne fenomeni di
 concentrazione o no  delle  imprese,  sia  che  queste  somministrino
 ciascuna le stesse prestazioni di cui si compone il servizio, sia che
 le imprese concorrano a rendere il servizio agli utenti  mediante  la
 distribuzione fra loro (e la coordinazione) di specifiche operazioni,
 come avviene appunto nel caso del "trazionismo"
    E  puo' dar luogo a interventi legislativi tali da condizionare in
 qualche modo le scelte organizzative delle imprese, tanto piu' quando
 essa  individuazione  involge necessariamente la considerazione delle
 modalita' del servizio - qui caratterizzato dal "trazionismo",  cioe'
 da  un  fenomeno  spontaneamente determinatosi nel mercato - e quindi
 delle scelte organizzative a tali modalita' strettamente collegate.
    Cio'   che   conta   e'   che,   per  un  verso,  l'individuazione
 dell'utilita' sociale come dianzi motivata non  appaia  arbitraria  e
 che  gli  interventi  del  legislatore  non  perseguano l'individuata
 utilita' sociale mediante misure palesemente incongrue, e  per  altro
 verso,  e  in ogni caso, che l'intervento legislativo non sia tale da
 condizionare le scelte imprenditoriali  in  grado  cosi'  elevato  da
 indurre    sostanzialmente   la   funzionalizzazione   dell'attivita'
 economica di cui si tratta, sacrificandone  le  opzioni  di  fondo  o
 restringendone  in  rigidi confini lo spazio e l'oggetto delle stesse
 scelte organizzative.
    5. - Ora qui non ricorre alcuna delle evenienze appena indicate.
    Le  norme  in  argomento,  nell'ambito  della  normativa in cui si
 inquadrano - che, come si e' visto, e' diretta, con disposizioni  non
 impugnate,  anche all'adeguamento dell'offerta alla domanda, sia pure
 sotto l'aspetto esterno dei rapporti fra  trasportatori  e  utenti  -
 appaiono  specificamente  volte  alla  disciplina  del  servizio  con
 riguardo al fenomeno del trazionismo, contestualmente regolato,  e  a
 perseguire  ragionevolmente,  in  tale  prospettiva,  un  equilibrato
 rapporto fra imprese esercenti la trazione  e  imprese  esercenti  il
 trasporto,  e  un ordinato svolgimento del servizio, anche a costo di
 determinare una riduzione della frequenza dell'uso  della  strada  da
 parte   dei   veicoli   a  pieno  carico  ed  eventualmente  (ma  non
 necessariamente e  senza  possibili  recuperi  di  economicita')  una
 mancata riduzione dei costi di gestione.
    D'altra   parte  le  limitazioni  con  riferimento  alla  indicata
 particolare  modalita'  del  servizio  (trazionismo)  possono  essere
 derogate,  sia  pure  in relazione a date categorie di situazioni, da
 appositi decreti del Ministro dei trasporti. Orbene, contrariamente a
 quanto  ritiene  il  giudice a quo, la previsione del detto potere di
 deroga  non  e'  irrilevante,  ne'  tanto  meno  rafforzativa   della
 compressione  della  liberta'  di iniziativa economica. Viceversa, la
 previsione - che e' stata interpretata ed attuata  con  larghezza  in
 quanto,  con  D.M.  19  aprile  1990,  il  Ministro dei trasporti, in
 considerazione anche di situazioni derivanti dall'attuazione di norme
 comunitarie   (cfr.   preambolo  del  detto  decreto),  ha  esonerato
 dall'osservanza dei limiti concernenti il  rapporto  fra  rimorchi  o
 semirimorchi e trattori le imprese esercenti trasporti internazionali
 e  trasporti  realizzati  mediante  tecniche  speciali  (art.  1)   e
 dall'osservanza  dei  limiti  concernenti  l'adeguamento  le  imprese
 esercenti anche solo abitualmente tali trasporti (art. 2)  -  importa
 che  non  puo'  ravvisarsi  nei  limiti  stessi  il  carattere di una
 intollerabile rigidita'.
    Il   che   non   toglie   ovviamente  che  il  legislatore  possa,
 nell'esercizio  dei  suoi   poteri   discrezionali,   modificare   la
 individuazione  e  valutazione  gia' assunte di utilita' sociale e le
 incidenze gia' disposte sulla liberta' di  iniziativa  economica  nel
 settore,  muovendosi  nel senso auspicato dal giudice a quo, o quanto
 meno ampliando e generalizzando i  poteri  di  deroga  da  parte  del
 Ministero dei trasporti.
    Considerato,  peraltro,  che la riduzione della frequenza dell'uso
 delle strade risponde obbiettivamente, a  causa  della  minore  usura
 delle  forze dei conducenti e degli apparati dei trattori, a esigenze
 di sicurezza delle  strade  (e  quindi  alla  sicurezza  umana  degli
 utenti:  art.  41,  secondo comma, della Costituzione) e' auspicabile
 che il legislatore, in caso di abrogazione o di  modificazione  delle
 norme  ora  impugnate, si dia carico di valutare se il problema della
 tutela della sicurezza stradale abbia trovato o possa  trovare  altre
 ed eventualmente piu' adeguate soluzioni.