ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  riuniti di legittimita' costituzionale dell'art. 72 del
 regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario),  come
 sostituito  dall'art.  22  del  d.P.R.  22  settembre  1988,  n.  449
 (Approvazione  delle   norme   per   l'adeguamento   dell'ordinamento
 giudiziario  al  nuovo  processo  penale  ed  a quello a carico degli
 imputati minorenni), modificato dall'art. 1 del decreto legislativo 2
 febbraio  1990,  n.  15  (Modificazioni  agli artt. 71 e 72 del regio
 decreto 30 gennaio 1941, n.  12,  come  sostituiti,  rispettivamente,
 dagli  artt.  21  e  22  del  d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, sulla
 delega delle funzioni di pubblico ministero), nonche'  dell'art.  162
 del  decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione,
 di coordinamento e  transitorie  del  codice  di  procedura  penale),
 promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  il 30 marzo 1990 dal Pretore di Bergamo -
 Sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale  a  carico  di
 Cotti  Attilio,  iscritta  al  n.  481  del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
     2)  ordinanza  emessa  il 25 maggio 1990 dal Pretore di Bergamo -
 Sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale  a  carico  di
 Madaschi  Santo,  iscritta  al  n.  482 del registro ordinanze 1990 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  33,  prima
 serie speciale, dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Bergamo  -  Sezione  distaccata di
 Clusone, nel corso del procedimento penale a carico di Cotti Attilio,
 rilevato  che  all'udienza  dibattimentale  le  funzioni  di pubblico
 ministero erano svolte, su delega del  Procuratore  della  Repubblica
 presso  la  Pretura  circondariale  di  Bergamo,  da  un ufficiale di
 polizia giudiziaria, con ordinanza del 30 marzo 1990 (R.O. n. 481 del
 1990),   ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  72  dell'Ordinamento  giudiziario,  approvato  con   regio
 decreto  30  gennaio  1941,  n.  12, come sostituito dall'art. 22 del
 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, modificato dall'art. 1 del  decreto
 legislativo 2 febbraio 1990, n. 15, nonche' dell'art. 162 del decreto
 legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nella parte in  cui  dette  norme
 prevedono   che   le  funzioni  di  pubblico  ministero  nell'udienza
 dibattimentale penale innanzi al Pretore possano essere  delegate  ad
 ufficiali di polizia giudiziaria;
      che,  ad  avviso  del  giudice  a quo, le disposizioni censurate
 violerebbero gli artt. 101, 102, 104, 106 e 112  della  Costituzione,
 consentendo  che  funzioni  giurisdizionali  siano svolte da soggetti
 estranei  all'ordine  giudiziario   e   privi   delle   garanzie   di
 indipendenza ed autonomia proprie degli appartenenti ad esso;
      che  lo  stesso  Pretore  di  Bergamo  -  Sezione  distaccata di
 Clusone, con ordinanza del 25 maggio 1990 (R.O. n. 482 del 1990),  ha
 sollevato  la  medesima  questione,  con  riferimento,  oltre  che ai
 parametri sopra indicati, anche agli artt.  24,  105,  107,  primo  e
 quarto  comma,  109  e  111  della Costituzione, rilevando la mancata
 previsione    di    adeguata    preparazione    tecnico-professionale
 dell'ufficiale  di  polizia  giudiziaria  delegato,  tra  l'altro non
 controllabile  dal  Consiglio  Superiore   della   Magistratura;   la
 inesistenza  delle  garanzie di inamovibilita' e delle altre garanzie
 previste   dall'ordinamento    giudiziario;    la    sovraordinazione
 dell'ufficiale  di  polizia giudiziaria delegato, per il tempo in cui
 svolge le funzioni di pubblico ministero, agli altri appartenenti  al
 suo  stesso  corpo,  e, dunque, anche a quelli, fra essi, cui sarebbe
 altrimenti sottordinato;
      che  in  entrambi i giudizi e' intervenuta l'Avvocatura Generale
 dello Stato, in  rappresentanza  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri, concludendo per la infondatezza della questione;
    Considerato   che  i  provvedimenti  di  rimessione  sollevano  la
 medesima questione e che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti;
      che  questa  Corte  si  e'  gia' ripetutamente pronunciata sulla
 legittimita'    costituzionale    dell'art.    72    dell'ordinamento
 giudiziario,  anche  successivamente alle recenti modifiche apportate
 dal legislatore (sentenza n. 333 del 1990, ordinanze nn.  451  e  517
 del  1990),  affermando che l'art. 102 della Costituzione non vale ad
 escludere l'ammissibilita'  del  conferimento  di  compiti  attinenti
 all'amministrazione  della  giustizia  a  persone estranee all'ordine
 giudiziario,  nei  confronti  delle   quali   non   possono   trovare
 applicazione  le disposizioni costituzionali concernenti i magistrati
 professionali, con riferimento alla loro nomina e alle loro garanzie;
      che  la  Corte  ha  anche  chiarito,  nelle citate pronunce, che
 l'affidamento delle funzioni di pubblico ministero  all'ufficiale  di
 polizia  giudiziaria  e' assistito da varie garanzie, essendo rimesso
 alla responsabile valutazione del Procuratore della  Repubblica,  che
 lo  conferisce  con  atto  scritto nominativamente ed in relazione ai
 singoli casi concreti, tenendo conto delle caratteristiche  dei  vari
 processi  e  delle  competenze  degli  ufficiali  di  polizia; e che,
 inoltre, la delega non crea  alcun  rapporto  di  dipendenza  con  il
 delegante,  cosi' come non rende il pubblico ministero dipendente dal
 potere esecutivo cui il delegato appartiene, in  quanto  il  rapporto
 con   i  superiori  riguarda  l'attivita'  di  ufficiale  di  polizia
 giudiziaria e non quella di pubblico ministero;
      che  le considerazioni sopra ricordate appaiono idonee a fornire
 adeguata risposta anche in ordine ai profili nuovi prospettati con le
 ordinanze di rimessione;
      che,    pertanto,   la   sollevata   questione   va   dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;