ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 3, primo comma, legge 14 novembre 1987, n. 468, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 (rectius, art. 3, primo comma, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, recante "Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici al personale militare e per la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti civili e militari dello Stato e del personale ad essi collegato ed equiparato", convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468); 3, primo comma, della legge 17 aprile 1985, n. 141 (Perequazione dei trattamenti pensionistici in atto dei pubblici dipendenti); 15, legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza); 165, legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 1 luglio 1989 dalla Corte dei conti sui ricorsi riuniti proposti da Ricciardi Enzo ed altri contro Ministero del Tesoro ed altri, iscritta al n. 539 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1989; 2) ordinanza emessa il 25 settembre 1989 dalla Corte dei conti sui ricorsi riuniti proposti da Sensi Federico ed altri contro Ministero Affari Esteri ed altri, iscritta al n. 80 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1990; 3) ordinanza emessa il 21 febbraio 1990 dalla Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, sul ricorso proposto da Rivarola Augusto contro Ministero della Pubblica Istruzione, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti gli atti di costituzione di Petraccone Dario, Mazzantini Giuliano ed altri, Ricciardi Enzo ed altri, Sensi Federico ed altri, Colaci Vincenzo ed altri, Dusi Bruno, nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice relatore Greco; Uditi gli avvocati Walter Prosperetti per Sensi Federico ed altri, Michelangelo Pascasio per Mazzantini Giuliano ed altri, Filippo de Iorio ed Evandro De Petris per Dusi Bruno, e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei Ministri. RITENUTO IN FATTO 1. - Alcuni alti dirigenti dello Stato, appartenenti a varie amministrazioni, collocati a riposo in data anteriore al 1 gennaio 1979, proponevano ricorso alla Corte dei conti per ottenere il riconoscimento del loro diritto al permanente adeguamento della pensione alla retribuzione corrisposta ai dirigenti in attivita' di servizio, con pari qualifiche di anzianita', e, comunque, un trattamento pari a quello dei loro colleghi collocati in pensione in data posteriore al 1 gennaio 1979, nonche' la riliquidazione della pensione per effetto di miglioramenti retributivi disposti dalla legge 14 novembre 1987, n. 468. Proponevano alcune questioni di legittimita' costituzionale delle norme che regolano i trattamenti pensionistici dei dirigenti statali. 2. - La Corte dei conti, con ordinanza del 1 luglio 1989 (R.O. n. 539 del 1989), sollevava, in via principale, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge n. 468 del 1987, nella parte in cui non dispone che la prevista riliquidazione delle pensioni si estenda anche al personale dirigente statale collocato in pensione anteriormente al 1 gennaio 1979. Ed in via subordinata, in riferimento agli artt. 36 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 17 aprile 1985, n. 141, nella parte in cui stabilisce per le pensioni dei dirigenti dello Stato percentuali fisse di adeguamento anziche' istituire un meccanismo permanente di perequazione alla dinamica retributiva. 2.1 - Riteneva che l'art. 3 della legge n. 468 del 1987, pur introducendo il criterio dell'allineamento delle pensioni alla retribuzione del personale di pari qualifica in attivita' di servizio, mediante la riliquidazione delle stesse e pur garantendo, cosi', la proporzionalita' delle pensioni, quali retribuzioni differite, alla quantita' e qualita' del lavoro, per avere escluso il personale collocato in pensione in data anteriore al 1 gennaio 1979, aveva prodotto una irrazionale ed ingiustificata discriminazione tra soggetti che si trovavano in identica posizione funzionale, avendo prestato la medesima attivita' lavorativa di pari qualita' onde la palese violazione dell'art. 3 della Costituzione. Tanto piu' grave, nella specie, in quanto i pensionati di data anteriore al 1 gennaio 1979 hanno avuto aumenti di pensione tra il 13% e il 18%, mentre quelli di data posteriore aumenti del 123%. Rilevava anche una ulteriore violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto si era verificata una contraddittoria ed irrazionale coesistenza, nel medesimo arco di tempo, di un duplice ordinamento pensionistico: l'uno per il personale collocato a riposo in data anteriore al 1 gennaio 1979 e l'altro, invece, dopo la detta data. Cosi' operando, il legislatore aveva esercitato il suo potere discrezionale in modo palesemente irrazionale non sussistendo alcuna valida ragione giustificatrice. Escludeva la possibilita' di applicare il principio del fluire del tempo in quanto valido solo per la liquidazione originaria della pensione. 2.2 - A parere della Corte remittente sussisterebbe anche la violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione perche' la pensione erogata, quale retribuzione differita, non risulta proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato ed al pensionato ed alla sua famiglia non sono assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, in relazione al mutato potere di acquisto della moneta. 2.3 - Per quanto riguarda la questione sollevata in via subordinata, la Corte rilevava che l'art. 3 della legge 17 aprile 1985, n. 141, stabilendo percentuali fisse di adeguamento anziche' un meccanismo permanente di perequazione delle pensioni alla dinamica retributiva, violerebbe gli artt. 36 e 38 della Costituzione perche' la pensione erogata non risulta proporzionata alla qualita' del lavoro prestato anche perche' le leggi di perequazione, di natura finanziaria, hanno operato per un solo anno. 3. - Le questioni sollevate sono state ritenute rilevanti e non manifestamente infondate. 3.1 - L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. 4. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti alcuni dei ricorrenti i quali, riportandosi alle argomentazioni svolte dalla Corte remittente, hanno concluso per la declaratoria di fondatezza delle questioni sollevate. 4.1 - E' intervenuta, altresi', l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha concluso per l'infondatezza della questione. Ha osservato che l'art. 36 della Costituzione non esclude che i diversi ordinamenti pensionistici possano essere disciplinati in modo diverso per essere meglio adeguati in concreto alle particolari situazioni, sopratutto in relazione ai mezzi finanziari all'uopo necessari, e che parimenti l'art. 3 della Costituzione non impedisce di regolare diversamente situazioni considerate per vari aspetti differenti. Ha rilevato, inoltre, la validita' del principio del fluire del tempo come elemento di differenziazione delle situazioni dei pensionati e la inesistenza di un principio costituzionale di coincidenza della pensione al trattamento goduto in attivita' di servizio anche se il legislatore ha uniformato la sua linea di tendenza al conseguimento di tale obiettivo. 5. - Alcuni ambasciatori e direttori generali di vari ministeri, collocati in pensione anteriormente al 1 gennaio 1979, hanno adito anch'essi la Corte dei conti perche' fosse loro riconosciuto il diritto al permanente adeguamento della pensione alla retribuzione corrisposta ai loro colleghi in servizio in applicazione dell'art. 3 della legge n. 468 del 1987 e hanno sollevato le stesse questioni di legittimita' costituzionale di cui innanzi, in riferimento sempre agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, con identiche argomentazioni. 5.1 - La Corte dei conti, con ordinanza del 25 settembre 1989 (R.O. n. 80 del 1990), ha sollevato le stesse questioni di legittimita' costituzionale di cui alla precedente ordinanza del 1 luglio 1989 con identiche motivazioni. Ha rilevato, inoltre, la diversita' della questione decisa con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 441 del 1989 con quella ora sollevata. 5.2 - L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. 5.3 - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite le parti private le quali hanno richiamato i principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 501 del 1988 e in varie altre sentenze precedenti. 5.4 - Anche in questo giudizio e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha svolto argomentazioni sostanzialmente identiche a quelle formulate nell'altro giudizio. 6. - I due ricorsi (R.O. nn. 539 del 1989 e 90 del 1990) sono stati trattati insieme alla udienza pubblica del 3 aprile 1990. 6.1 - Con ordinanza del 3/23 aprile 1990, la Corte ha richiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri informazioni in ordine: a) alle ragioni che hanno determinato la limitazione dei benefici di cui alla legge n. 468 del 1987 ai soli pensionati collocati a riposo in data successiva al 1 gennaio 1979; b) all'onere finanziario che sarebbe derivato dalla eventuale estensione dei detti benefici anche ai pensionati di data anteriore al 1 gennaio 1979; c) ai provvedimenti precedenti di riliquidazione di pensioni con effetto retroattivo. La Presidenza del Consiglio, sentite anche le amministrazioni competenti, ha fornito i richiesti chiarimenti. 7. - La Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Sicilia, adita da Augusto Rivarola, dirigente superiore della pubblica istruzione, collocato a riposo il 16 gennaio 1973, ad istanza del ricorrente, con ordinanza del 21 febbraio 1990 (R. O. n. 486 del 1990), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177 nella parte in cui limita l'aumento del 18% della retribuzione ai fini della determinazione della base pensionabile per le cessazioni dal servizio non anteriori al 1 gennaio 1976; b) dell'art. 165 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nella parte in cui limita alle cessazioni dal servizio successive al 1 gennaio 1977, l'integrazione mensile di L. 40.000 riducendola a L. 20.000 per le cessazioni dal servizio anteriori a tale data fino al 1 gennaio 1976 ed escludendola per le cessazioni dal servizio anteriori a quest'ultima data (1 gennaio 1976); c) dell'art. 3 della legge 14 novembre 1987, n. 468, nella parte in cui limita la riliquidazione delle pensioni in base agli stipendi derivanti dall'applicazione delle norme richiamate nello stesso art. 3, al personale cessato dal servizio in data successiva al 1 gennaio 1979. 7.1 - La Corte remittente ha osservato che e' conforme ad equita' il criterio che attribuisce un piu' alto indice di perequazione alle pensioni di data piu' remota e che, invece, e' irrazionale quello della legge n. 177 del 1976, che perequa nella misura del 12%, con frazionamento del 6,9% dal 1 gennaio 1986 e dall'ulteriore 5,1% dal 1 gennaio 1976, le pensioni anteriori al 1 gennaio 1976 mentre incrementa le pensioni sucessive al 1 gennaio 1976 del 14,40%; che e' egualmente irrazionale la disposizione dell'art. 165 della legge 11 luglio 1980, n. 312 che ha escluso da ogni beneficio le pensioni dei dipendenti cessati dal servizio anteriormente al 1 gennaio 1976 ed ha concesso alle pensioni di data successiva al 1 gennaio 1976 una integrazione mensile lorda di L. 20.000 e a quelle successive al 1 gennaio 1977 di L. 40.000; che e' irrazionale il criterio previsto dall'art. 3 della legge n. 468 del 1987 che prevede solo la riliquidazione delle pensioni di data successiva al 1 gennaio 1979 sulla base delle retribuzioni aumentate per effetto delle varie leggi intervenute in materia. 7.1 - Risulterebbero violati gli artt. 36 e 3 della Costituzione. Ha motivato con argomenti identici a quelli delle precedenti ordinanze insistendo sul divario, accentuatosi sempre di piu', tra le pensioni piu' remote e quelle piu' recenti. 7.2 - L'ordinanza e' stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. 7.3 - Nel giudizio avanti a questa Corte e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha svolto argomentazioni pressocche' identiche a quelle di cui ai precedenti giudizi. 8. - Nella imminenza dell'udienza alcune parti private hanno presentato memorie, insistendo sulle deduzioni gia' formulate. La difesa di Dusi Bruno ha rilevato anche che la modestia degli oneri finanziari derivanti dall'estensione ai pensionati ante 1 gennaio 1979 dei benefici di cui alla disposizione censurata non puo' legittimare la compressione di diritti costituzionalmente garantiti. Le difese di Colaci Vincenzo ed altri, di Mazzantino Giuliano ed altri, di Ricciardi Enzo ed altri, di Sensi Federico ed altri, hanno rilevato che le informazioni fornite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri non contengono valide ragioni giustificatrici della limitazione della perequazione dei trattamenti pensionistici al personale cessato dal servizio successivamente al 1 gennaio 1979. La difesa di Ricciardi Enzo ha insistito sulla inattendibilita' dell'ammontare dell'onere finanziario che lo Stato sopporterebbe in caso di soppressione della contestata limitazione del beneficio suddetto, anche perche' il numero degli interessati e' notevolmente inferiore alle stime del Ministero del Tesoro, per cui il detto onere non puo' superare i 270 miliardi di lire. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - Le tre ordinanze (R.O. n. 539 del 1989; n. 80 del 1990; 486 del 1990), per evidenti ragioni di connessione, possono essere riunite e decise con un'unica sentenza. A) La Corte dei conti (R.O. n. 539 del 1989 e n. 80 del 1990) ha sollevato, in linea principale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 14 novembre 1987, n. 468, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 379 del 1987 (rectius, art. 3, primo comma, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1987, n. 468), nella parte in cui esclude dalla riliquidazione le pensioni, ivi disposte, i dirigenti collocati a riposo ante 1 gennaio 1979. Risulterebbero violati: 1) l'art. 3 della Costituzione: a) per la irrazionale ed ingiusta discriminazione che agli effetti del trattamento di quiescenza si determina tra soggetti in identica posizione funzionale per avere prestato la medesima attivita' lavorativa; b) per l'irrazionale e non corretto esercizio, da parte del legislatore, del suo potere discrezionale, attese le macroscopiche diversita' delle misure dei miglioramenti economici attribuiti a soggetti di pari qualifiche dirigenziali; c) per la contraddittoria ed irrazionale coesistenza, nel medesimo arco di tempo, di due diversi sistemi pensionistici per i dirigenti, non potendo trovare applicazione il principio giustificativo del fluire del tempo del collocamento a riposo, perche' esso vige solo al momento della liquidazione della pensione e non anche per i vari momenti storici successivi; 2) gli artt. 36 e 38 della Costituzione per violazione del criterio di proporzionalita' della pensione, quale retribuzione differita, alla qualita' del lavoro prestato durante il servizio attivo e per la mancata assicurazione ai pensionati ante 1 gennaio 1979 e alle loro famiglie di mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per una esistenza libera e dignitosa, attesa la possibile esiguita' della stessa a seguito e per effetto dei mutamenti del potere di acquisto della moneta. B) In linea subordinata, le stesse due ordinanze hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 17 aprile 1985, n. 141, nella parte in cui stabilisce delle percentuali fisse di adeguamento delle pensioni dei dirigenti dello Stato anziche' istituire un meccanismo permanente di perequazione alla dinamica retributiva, per violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto irragionevolmente le pensioni liquidate ante 1 gennaio 1979 non risulterebbero proporzionate alla qualita' e quantita' di lavoro prestato e non sarebbero assicurati a detta categoria di pensionati ed alle loro famiglie mezzi adeguati per una esistenza libera e dignitosa, anche mediante correlazione con i mutamenti del potere di acquisto della moneta. C) La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Sicilia dubita della legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, nella parte in cui limita l'aumento del 18% della retribuzione, ai fini della determinazione della base imponibile, alle cessazioni dal servizio non anteriori al 1 gennaio 1979; 2) dell'art. 165 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nella parte in cui limita alle cessazioni dal servizio successive al 1 gennaio 1977 la integrazione mensile di L. 40.000 riducendole a L. 20.000 per quelle anteriori a tale data e fino al 1 gennaio 1976 ed escludendola per quelle anteriori a tale ultima data; 3) dell'art. 3 del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, in legge 14 novembre 1987, n. 468, nella parte in cui limita la riliquidazione delle pensioni in base agli stipendi derivanti dall'applicazione delle norme richiamate nello stesso articolo, a quelle del personale cessato dal servizio dal 1 gennaio 1979. Sarebbero violati gli artt. 3 e 36 della Costituzione in quanto, estendendo irrazionalmente ai dirigenti dello Stato indici di riferimento alla dinamica salariale propri di altri settori di lavoro e discriminando arbitrariamente tra i dirigenti in base alla sola data del collocamento a riposo, le norme denunciate spezzano qualsiasi collegamento del trattamento di quiescenza con quello delle omologhe categorie del personale in servizio e determinano la progressiva insufficienza della pensione rispetto ai bisogni personali e familiari del pensionato. 2. - Le questioni sub A e C//3 sono fondate. L'art. 3, primo comma, del decreto-legge n. 379 del 1987, convertito, con modificazioni, in legge n. 468 del 1987, ha disposto la riliquidazione delle pensioni dei dirigenti, civili e militari, dello Stato e del personale ad esso collegato sulla base degli stipendi risultati dall'applicazione delle leggi che dal 1982 al 1986 ne hanno disposto gli aumenti (legge n. 869 del 1982, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 681 del 1982; legge n. 79 del 1984; legge n. 72 del 1985, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 2 del 1985; legge n. 341 del 1986, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 154 del 1986). La riliquidazione ha riguardato i dirigenti collocati in pensione dal 1 gennaio 1979 e non anche quelli ante 1 gennaio 1979. Sicche', mentre gli uni hanno avuto un incremento della pensione del 123%, anche perche' la base stipendiale pensionabile e' stata variata, gli altri, le cui pensioni sono state solamente perequate, hanno avuto un incremento oscillante tra il 13% e il 18%. 2.1 - Dai lavori preparatori della legge in esame e dalla risposta data dal Governo all'ordinanza istruttoria emanata da questa Corte il 3-23 aprile 1990 risulta che la scelta della data del 1 gennaio 1979, come limite dell'effettuata riliquidazione, e' stata determinata dal carattere di provvisorieta' dei trattamenti pensionistici dei collocati a riposo da quella data, per i quali era previsto il ricalcolo da effettuarsi in collegamento con gli aumenti di stipendio, una volta intervenuto l'assetto definitivo della materia. Esso sarebbe stato effettuato con la legge in esame. Sicche' la riliquidazione sarebbe addirittura un atto dovuto. Invece, i trattamenti dei pensionati ante 1 gennaio 1979 sarebbero stati considerati definitivi, tanto da essere assoggettati alla perequazione di cui alla legge n. 141 del 1985, dalla quale sarebbero stati esclusi gli altri. Ma, dall'esame della legge si evince che essa ha avuto un chiaro intento perequativo con l'adozione del criterio dell'aggancio delle pensioni alle retribuzioni secondo la linea di tendenza enunciata fin dal 1976 (legge 29 aprile 1976, n. 177; sentenza Corte costituzionale n. 501 del 1988). Dividendo nettamente i dirigenti pensionati in due gruppi, nonostante che essi appartenessero alla stessa categoria ed avessero svolto identico lavoro, concedendo agli uni la riliquidazione della pensione nei suddetti termini ed agli altri la mera perequazione alla stregua di tutti gli altri dipendenti statali, si e' creata una discriminazione irrazionale, non costituendo valida giustificazione ne' le ragioni addotte a fondamento della scelta della data-limite dell'applicabilita' della norma censurata ne' i principi richiamati dall'Avvocatura Generale dello Stato, donde la violazione dell'art. 3 della Costituzione. 3. - Non si disconosce che la disciplina della materia e' affidata alla discrezionalita' del legislatore, il quale puo' anche adottare trattamenti differenziati in relazione al fattore tempo ma, come piu' volte e' stato affermato da questa Corte, non puo' non esercitare il potere attribuitogli secondo i canoni di razionalita' e ragionevolezza. Nella specie, peraltro, il fluire del tempo non puo' valere a giustificare la diversita' dei trattamenti pensionistici in relazione alla data del collocamento a riposo, visto che esso non ha operato per i pensionati post 1 gennaio 1979 i quali hanno usufruito di trattamenti pensionistici calcolati sulla base di aumenti di stipendio intervenuti alcuni anni dopo i loro collocamenti a riposo. Questi hanno avuto inizio dal 1 gennaio 1979, mentre gli aumenti di stipendio sono intervenuti dal 1982 al 1986. Va, inoltre, rilevato, che la stessa provvisorieta' addotta come ratio fondamentale della disposizione in esame e' stata posta a base anche degli aumenti di stipendio erogati, con decorrenza 1 marzo 1990, dall'art. 1 del decreto-legge n. 413 del 1989 (Disposizioni urgenti in materia di trattamenti dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate nonche' in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, in legge n. 37 del 1990, essendosi specificato che essi erano concessi in attesa del riordino della dirigenza pubblica. Successivamente, l'art. 4 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344 (Corresponsione ai pubblici dipendenti di acconti sui miglioramenti relativi al periodo contrattuale 1988-1990 nonche' disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego), in corso di conversione, ha concesso ai dirigenti un ulteriore aumento di stipendio del 15% a decorrere dal 1 luglio 1990. 4. - D'altronde, nemmeno per i trattamenti dei pensionati ante 1 gennaio 1979 potrebbe negarsi il carattere di provvisorieta'. Si e' gia' rilevato (sentenza Corte costituzionale n. 501 del 1988) che sin dal 1976 si sarebbe dovuto attuare il collegamento delle pensioni con la dinamica salariale, ma che in via provvisoria, e comunque non oltre il 1978, in attesa della determinazione dell'indice di incremento delle retribuzioni del settore pubblico, si sarebbe applicato l'indice valevole per l'aggancio alla dinamica salariale del settore privato. Ma, successivamente, non solo per il 1976 e 1977 bensi' anche per il 1979 sono stati concessi soltanto incrementi percentuali. L'intento riequilibratore, con l'adozione del criterio dell'aggancio delle pensioni alle retribuzioni, e' stato attuato proprio con il decreto-legge in esame (n. 379 del 1987) e continuato con il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito, con modificazioni, in legge n. 37 del 1990, per tacere del successivo decreto-legge n. 344 del 1990, non ancora convertito. Il detto intento, quindi, non si puo' limitare solo ad un gruppo di dirigenti, che, peraltro, godevano gia' di trattamenti migliori rispetto all'altro gruppo (ante 1 gennaio 1979), e deve certamente escludersi che si possa attuare un riequilibrio di pensioni solo a favore di coloro le cui esigenze sono meno pressanti. 5. - La Corte, quindi, atteso il venir meno della giustificazione basata sulla provvisorieta' dei trattamenti erogati, non puo' esimersi dal riscontrare che, a partire dal 1 marzo 1990, data alla quale fa riferimento il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito con modificazioni, in legge n. 37 del 1990, realizzandosi il voluto intento perequativo, si e' verificata la irrazionale discriminazione denunciata, con la sopravvenienza, alla stessa data, della illegittimita' costituzionale della norma censurata. 6. - La violazione degli altri precetti costituzionali (artt. 36 e 38 della Costituzione) e le altre questioni sollevate risultano assorbite.