ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 3, primo
 comma,  legge  14  novembre  1987,  n.  468,  di   conversione,   con
 modificazioni,  del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 (rectius,
 art. 3, primo comma, del decreto-legge 16  settembre  1987,  n.  379,
 recante "Misure urgenti per la concessione di miglioramenti economici
 al personale militare e per  la  riliquidazione  delle  pensioni  dei
 dirigenti  civili  e  militari  dello  Stato  e del personale ad essi
 collegato ed equiparato", convertito, con modificazioni, nella  legge
 14  novembre  1987,  n.  468);  3, primo comma, della legge 17 aprile
 1985, n. 141 (Perequazione dei trattamenti pensionistici in atto  dei
 pubblici  dipendenti); 15, legge 29 aprile 1976, n. 177 (Collegamento
 delle pensioni del settore pubblico alla dinamica delle retribuzioni.
 Miglioramento  del  trattamento di quiescenza del personale statale e
 degli iscritti alle casse pensioni  degli  istituti  di  previdenza);
 165,    legge    11    luglio    1980,    n.   312   (Nuovo   assetto
 retributivo-funzionale del personale civile e militare dello  Stato),
 promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 1› luglio 1989 dalla Corte dei conti sui
 ricorsi riuniti proposti da Ricciardi Enzo ed altri contro  Ministero
 del Tesoro ed altri, iscritta al n. 539 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  48,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
      2)  ordinanza  emessa il 25 settembre 1989 dalla Corte dei conti
 sui ricorsi riuniti  proposti  da  Sensi  Federico  ed  altri  contro
 Ministero  Affari  Esteri  ed  altri,  iscritta al n. 80 del registro
 ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1990;
      3)  ordinanza emessa il 21 febbraio 1990 dalla Corte dei conti -
 Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, sul ricorso  proposto
 da  Rivarola  Augusto  contro  Ministero  della  Pubblica Istruzione,
 iscritta al n. 486 del registro ordinanze  1990  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  33, prima serie speciale,
 dell'anno 1990;
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Petraccone Dario, Mazzantini
 Giuliano ed altri, Ricciardi Enzo ed altri, Sensi Federico ed  altri,
 Colaci  Vincenzo ed altri, Dusi Bruno, nonche' gli atti di intervento
 del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  novembre  1990  il Giudice
 relatore Greco;
    Uditi gli avvocati Walter Prosperetti per Sensi Federico ed altri,
 Michelangelo Pascasio per Mazzantini Giuliano ed  altri,  Filippo  de
 Iorio  ed  Evandro De Petris per Dusi Bruno, e l'Avvocato dello Stato
 Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Alcuni  alti  dirigenti  dello  Stato, appartenenti a varie
 amministrazioni, collocati a riposo in data anteriore al  1›  gennaio
 1979,  proponevano  ricorso  alla  Corte  dei  conti  per ottenere il
 riconoscimento del  loro  diritto  al  permanente  adeguamento  della
 pensione  alla  retribuzione corrisposta ai dirigenti in attivita' di
 servizio,  con  pari  qualifiche  di  anzianita',  e,  comunque,   un
 trattamento  pari a quello dei loro colleghi collocati in pensione in
 data posteriore al 1› gennaio 1979, nonche' la  riliquidazione  della
 pensione  per  effetto  di  miglioramenti  retributivi disposti dalla
 legge 14 novembre 1987, n. 468.
    Proponevano  alcune questioni di legittimita' costituzionale delle
 norme che regolano i trattamenti pensionistici dei dirigenti statali.
    2. - La Corte dei conti, con ordinanza del 1› luglio 1989 (R.O. n.
 539 del 1989), sollevava, in  via  principale,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  36  e  38  della  Costituzione,  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge n. 468 del 1987,
 nella  parte  in cui non dispone che la prevista riliquidazione delle
 pensioni si estenda anche al personale dirigente statale collocato in
 pensione anteriormente al 1› gennaio 1979.
    Ed  in  via  subordinata,  in riferimento agli artt. 36 e 38 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  3,
 primo  comma,  della legge 17 aprile 1985, n. 141, nella parte in cui
 stabilisce per le pensioni  dei  dirigenti  dello  Stato  percentuali
 fisse  di  adeguamento anziche' istituire un meccanismo permanente di
 perequazione alla dinamica retributiva.
    2.1  -  Riteneva  che  l'art.  3  della legge n. 468 del 1987, pur
 introducendo  il  criterio  dell'allineamento  delle  pensioni   alla
 retribuzione   del  personale  di  pari  qualifica  in  attivita'  di
 servizio, mediante la riliquidazione delle stesse e  pur  garantendo,
 cosi',   la   proporzionalita'  delle  pensioni,  quali  retribuzioni
 differite, alla quantita' e qualita' del lavoro, per avere escluso il
 personale collocato in pensione in data anteriore al 1› gennaio 1979,
 aveva prodotto una irrazionale ed ingiustificata discriminazione  tra
 soggetti  che  si  trovavano in identica posizione funzionale, avendo
 prestato la medesima attivita' lavorativa di pari  qualita'  onde  la
 palese  violazione  dell'art. 3 della Costituzione. Tanto piu' grave,
 nella specie, in quanto i pensionati di data anteriore al 1›  gennaio
 1979  hanno  avuto  aumenti  di  pensione tra il 13% e il 18%, mentre
 quelli di data posteriore aumenti del 123%.
    Rilevava   anche   una  ulteriore  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione in quanto  si  era  verificata  una  contraddittoria  ed
 irrazionale  coesistenza,  nel  medesimo arco di tempo, di un duplice
 ordinamento pensionistico: l'uno per il personale collocato a  riposo
 in data anteriore al 1› gennaio 1979 e l'altro, invece, dopo la detta
 data. Cosi' operando, il legislatore aveva esercitato il  suo  potere
 discrezionale  in modo palesemente irrazionale non sussistendo alcuna
 valida ragione giustificatrice.
    Escludeva la possibilita' di applicare il principio del fluire del
 tempo in quanto valido solo  per  la  liquidazione  originaria  della
 pensione.
    2.2  -  A  parere  della  Corte  remittente sussisterebbe anche la
 violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione perche' la pensione
 erogata, quale retribuzione differita, non risulta proporzionata alla
 quantita' e qualita' del lavoro prestato ed al pensionato ed alla sua
 famiglia  non  sono  assicurati  mezzi adeguati alle loro esigenze di
 vita, in relazione al mutato potere di acquisto della moneta.
    2.3   -   Per  quanto  riguarda  la  questione  sollevata  in  via
 subordinata, la Corte rilevava che l'art. 3  della  legge  17  aprile
 1985, n. 141, stabilendo percentuali fisse di adeguamento anziche' un
 meccanismo permanente di perequazione delle  pensioni  alla  dinamica
 retributiva,  violerebbe gli artt. 36 e 38 della Costituzione perche'
 la pensione erogata  non  risulta  proporzionata  alla  qualita'  del
 lavoro  prestato  anche  perche'  le leggi di perequazione, di natura
 finanziaria, hanno operato per un solo anno.
    3.  -  Le  questioni sollevate sono state ritenute rilevanti e non
 manifestamente infondate.
    3.1  -  L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    4. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituiti alcuni
 dei ricorrenti i quali, riportandosi alle argomentazioni svolte dalla
 Corte  remittente,  hanno  concluso per la declaratoria di fondatezza
 delle questioni sollevate.
    4.1  - E' intervenuta, altresi', l'Avvocatura Generale dello Stato
 in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale
 ha concluso per l'infondatezza della questione.
    Ha  osservato  che  l'art. 36 della Costituzione non esclude che i
 diversi ordinamenti pensionistici possano essere disciplinati in modo
 diverso  per  essere  meglio  adeguati  in  concreto alle particolari
 situazioni, sopratutto in  relazione  ai  mezzi  finanziari  all'uopo
 necessari,  e che parimenti l'art. 3 della Costituzione non impedisce
 di regolare diversamente  situazioni  considerate  per  vari  aspetti
 differenti.  Ha  rilevato,  inoltre,  la  validita' del principio del
 fluire del tempo come elemento di differenziazione  delle  situazioni
 dei  pensionati  e  la  inesistenza di un principio costituzionale di
 coincidenza della pensione al  trattamento  goduto  in  attivita'  di
 servizio  anche  se  il  legislatore  ha  uniformato  la sua linea di
 tendenza al conseguimento di tale obiettivo.
    5.  -  Alcuni ambasciatori e direttori generali di vari ministeri,
 collocati in pensione anteriormente al 1› gennaio 1979,  hanno  adito
 anch'essi  la  Corte  dei  conti  perche'  fosse loro riconosciuto il
 diritto al permanente adeguamento della  pensione  alla  retribuzione
 corrisposta  ai loro colleghi in servizio in applicazione dell'art. 3
 della legge n. 468 del 1987 e hanno sollevato le stesse questioni  di
 legittimita'  costituzionale  di  cui  innanzi, in riferimento sempre
 agli  artt.  3,  36  e   38   della   Costituzione,   con   identiche
 argomentazioni.
    5.1  -  La  Corte  dei  conti, con ordinanza del 25 settembre 1989
 (R.O.  n.  80  del  1990),  ha  sollevato  le  stesse  questioni   di
 legittimita'  costituzionale  di cui alla precedente ordinanza del 1›
 luglio 1989 con identiche motivazioni.
    Ha  rilevato,  inoltre,  la  diversita' della questione decisa con
 l'ordinanza della Corte costituzionale n. 441 del 1989 con quella ora
 sollevata.
    5.2  -  L'ordinanza e' stata regolarmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    5.3  -  Nel  giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite le
 parti private le quali hanno richiamato i  principi  affermati  nella
 sentenza  della Corte costituzionale n. 501 del 1988 e in varie altre
 sentenze precedenti.
    5.4  -  Anche  in  questo  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura
 Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del  Consiglio
 dei  ministri,  la  quale  ha  svolto  argomentazioni sostanzialmente
 identiche a quelle formulate nell'altro giudizio.
    6.  -  I  due  ricorsi  (R.O. nn. 539 del 1989 e 90 del 1990) sono
 stati trattati insieme alla udienza pubblica del 3 aprile 1990.
    6.1  -  Con  ordinanza del 3/23 aprile 1990, la Corte ha richiesto
 alla Presidenza del Consiglio dei ministri informazioni in ordine:
       a)  alle  ragioni  che  hanno  determinato  la  limitazione dei
 benefici di cui alla  legge  n.  468  del  1987  ai  soli  pensionati
 collocati a riposo in data successiva al 1› gennaio 1979;
       b)  all'onere  finanziario che sarebbe derivato dalla eventuale
 estensione dei detti benefici anche ai pensionati di  data  anteriore
 al 1› gennaio 1979;
       c)  ai  provvedimenti  precedenti di riliquidazione di pensioni
 con effetto retroattivo.
    La  Presidenza  del  Consiglio,  sentite  anche le amministrazioni
 competenti, ha fornito i richiesti chiarimenti.
    7.  -  La  Sezione  Giurisdizionale  della  Corte dei conti per la
 Sicilia,  adita  da  Augusto  Rivarola,  dirigente  superiore   della
 pubblica  istruzione,  collocato  a  riposo  il  16  gennaio 1973, ad
 istanza del ricorrente, con ordinanza del 21 febbraio 1990 (R. O.  n.
 486  del  1990), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale:
       a)  dell'art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177 nella parte
 in cui limita l'aumento del 18%  della  retribuzione  ai  fini  della
 determinazione della base pensionabile per le cessazioni dal servizio
 non anteriori al 1› gennaio 1976;
       b)  dell'art.  165  della  legge  11 luglio 1980, n. 312, nella
 parte in cui limita alle cessazioni dal  servizio  successive  al  1›
 gennaio  1977,  l'integrazione  mensile di L. 40.000 riducendola a L.
 20.000 per le cessazioni dal servizio anteriori a tale data  fino  al
 1›  gennaio  1976  ed  escludendola  per  le  cessazioni dal servizio
 anteriori a quest'ultima data (1› gennaio 1976);
       c)  dell'art.  3  della  legge  14 novembre 1987, n. 468, nella
 parte in cui limita la riliquidazione delle  pensioni  in  base  agli
 stipendi  derivanti  dall'applicazione  delle  norme richiamate nello
 stesso art. 3, al personale cessato dal servizio in  data  successiva
 al 1› gennaio 1979.
    7.1  - La Corte remittente ha osservato che e' conforme ad equita'
 il criterio che attribuisce un piu' alto indice di perequazione  alle
 pensioni  di  data  piu'  remota e che, invece, e' irrazionale quello
 della legge n. 177 del 1976, che perequa nella misura  del  12%,  con
 frazionamento  del 6,9% dal 1› gennaio 1986 e dall'ulteriore 5,1% dal
 1› gennaio 1976, le pensioni anteriori  al  1›  gennaio  1976  mentre
 incrementa  le  pensioni sucessive al 1› gennaio 1976 del 14,40%; che
 e' egualmente irrazionale la disposizione dell'art. 165  della  legge
 11  luglio  1980, n. 312 che ha escluso da ogni beneficio le pensioni
 dei dipendenti cessati dal servizio anteriormente al 1› gennaio  1976
 ed  ha  concesso  alle pensioni di data successiva al 1› gennaio 1976
 una integrazione mensile lorda di L.  20.000 e a quelle successive al
 1› gennaio 1977 di L. 40.000; che e' irrazionale il criterio previsto
 dall'art. 3  della  legge  n.  468  del  1987  che  prevede  solo  la
 riliquidazione  delle  pensioni di data successiva al 1› gennaio 1979
 sulla base delle retribuzioni aumentate per effetto delle varie leggi
 intervenute in materia.
    7.1  - Risulterebbero violati gli artt. 36 e 3 della Costituzione.
    Ha  motivato  con  argomenti  identici  a  quelli delle precedenti
 ordinanze insistendo sul divario, accentuatosi sempre di piu', tra le
 pensioni piu' remote e quelle piu' recenti.
    7.2  -  L'ordinanza  e' stata ritualmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    7.3   -   Nel  giudizio  avanti  a  questa  Corte  e'  intervenuta
 l'Avvocatura Generale dello Stato in  rappresentanza  del  Presidente
 del  Consiglio dei ministri, che ha svolto argomentazioni pressocche'
 identiche a quelle di cui ai precedenti giudizi.
    8.  -  Nella  imminenza  dell'udienza  alcune  parti private hanno
 presentato memorie, insistendo sulle deduzioni gia' formulate.
    La  difesa  di  Dusi Bruno ha rilevato anche che la modestia degli
 oneri finanziari derivanti  dall'estensione  ai  pensionati  ante  1›
 gennaio 1979 dei benefici di cui alla disposizione censurata non puo'
 legittimare la compressione di diritti costituzionalmente  garantiti.
    Le  difese  di Colaci Vincenzo ed altri, di Mazzantino Giuliano ed
 altri, di Ricciardi Enzo ed altri, di Sensi Federico ed altri,  hanno
 rilevato  che  le informazioni fornite dalla Presidenza del Consiglio
 dei ministri non  contengono  valide  ragioni  giustificatrici  della
 limitazione  della  perequazione  dei  trattamenti  pensionistici  al
 personale cessato dal servizio successivamente al 1› gennaio 1979.
    La  difesa  di  Ricciardi Enzo ha insistito sulla inattendibilita'
 dell'ammontare dell'onere finanziario che lo Stato  sopporterebbe  in
 caso  di  soppressione  della  contestata  limitazione  del beneficio
 suddetto, anche perche' il numero degli interessati  e'  notevolmente
 inferiore alle stime del Ministero del Tesoro, per cui il detto onere
 non puo' superare i 270 miliardi di lire.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  -  Le tre ordinanze (R.O. n. 539 del 1989; n. 80 del 1990; 486
 del 1990),  per  evidenti  ragioni  di  connessione,  possono  essere
 riunite e decise con un'unica sentenza.
     A)  La Corte dei conti (R.O. n. 539 del 1989 e n. 80 del 1990) ha
 sollevato,   in   linea   principale,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3,  primo  comma,  della legge 14 novembre
 1987, n. 468, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n.
 379  del  1987  (rectius,  art.  3, primo comma, del decreto-legge 16
 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, nella legge 14
 novembre   1987,   n.   468),   nella  parte  in  cui  esclude  dalla
 riliquidazione le pensioni, ivi disposte,  i  dirigenti  collocati  a
 riposo ante 1› gennaio 1979. Risulterebbero violati:
      1)  l'art.  3  della  Costituzione:  a)  per  la  irrazionale ed
 ingiusta  discriminazione  che  agli  effetti  del   trattamento   di
 quiescenza si determina tra soggetti in identica posizione funzionale
 per  avere  prestato  la  medesima  attivita'  lavorativa;   b)   per
 l'irrazionale e non corretto esercizio, da parte del legislatore, del
 suo potere discrezionale, attese le  macroscopiche  diversita'  delle
 misure  dei  miglioramenti  economici  attribuiti  a soggetti di pari
 qualifiche dirigenziali;
  c)  per  la contraddittoria ed irrazionale coesistenza, nel medesimo
 arco di tempo, di due diversi sistemi pensionistici per i  dirigenti,
 non  potendo  trovare  applicazione  il  principio giustificativo del
 fluire del tempo del collocamento a riposo, perche' esso vige solo al
 momento  della  liquidazione  della  pensione  e non anche per i vari
 momenti storici successivi;
      2)  gli  artt.  36  e  38  della Costituzione per violazione del
 criterio  di  proporzionalita'  della  pensione,  quale  retribuzione
 differita,  alla  qualita'  del  lavoro  prestato durante il servizio
 attivo e per la mancata assicurazione ai pensionati ante  1›  gennaio
 1979  e  alle  loro  famiglie di mezzi adeguati alle loro esigenze di
 vita per una  esistenza  libera  e  dignitosa,  attesa  la  possibile
 esiguita'  della  stessa  a  seguito  e per effetto dei mutamenti del
 potere di acquisto della moneta.
     B)  In linea subordinata, le stesse due ordinanze hanno sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  3,  primo  comma,
 della  legge  17  aprile  1985, n. 141, nella parte in cui stabilisce
 delle percentuali fisse di adeguamento delle pensioni  dei  dirigenti
 dello   Stato   anziche'   istituire   un  meccanismo  permanente  di
 perequazione alla dinamica retributiva, per violazione degli artt.  3
 e  36  della  Costituzione,  in  quanto irragionevolmente le pensioni
 liquidate ante 1› gennaio 1979 non risulterebbero proporzionate  alla
 qualita'  e quantita' di lavoro prestato e non sarebbero assicurati a
 detta categoria di pensionati ed alle loro  famiglie  mezzi  adeguati
 per una esistenza libera e dignitosa, anche mediante correlazione con
 i mutamenti del potere di acquisto della moneta.
     C) La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Sicilia
 dubita della legittimita' costituzionale:
      1)  dell'art. 15 della legge 29 aprile 1976, n. 177, nella parte
 in cui limita l'aumento del 18% della  retribuzione,  ai  fini  della
 determinazione  della  base  imponibile, alle cessazioni dal servizio
 non anteriori al 1› gennaio 1979;
      2) dell'art. 165 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nella parte
 in cui limita alle cessazioni dal servizio successive al  1›  gennaio
 1977 la integrazione mensile di L. 40.000 riducendole a L. 20.000 per
 quelle  anteriori  a  tale  data  e  fino  al  1›  gennaio  1976   ed
 escludendola per quelle anteriori a tale ultima data;
      3)  dell'art.  3  del  decreto-legge  16 settembre 1987, n. 379,
 convertito, con modificazioni, in legge 14  novembre  1987,  n.  468,
 nella  parte  in  cui limita la riliquidazione delle pensioni in base
 agli stipendi  derivanti  dall'applicazione  delle  norme  richiamate
 nello  stesso  articolo,  a quelle del personale cessato dal servizio
 dal 1› gennaio 1979.
    Sarebbero  violati  gli artt. 3 e 36 della Costituzione in quanto,
 estendendo  irrazionalmente  ai  dirigenti  dello  Stato  indici   di
 riferimento alla dinamica salariale propri di altri settori di lavoro
 e discriminando arbitrariamente tra i dirigenti  in  base  alla  sola
 data   del  collocamento  a  riposo,  le  norme  denunciate  spezzano
 qualsiasi collegamento del trattamento di quiescenza con quello delle
 omologhe  categorie  del  personale  in  servizio  e  determinano  la
 progressiva  insufficienza  della  pensione   rispetto   ai   bisogni
 personali e familiari del pensionato.
    2.  -  Le  questioni  sub  A  e C//3 sono fondate. L'art. 3, primo
 comma,  del  decreto-legge  n.  379   del   1987,   convertito,   con
 modificazioni,   in   legge   n.   468   del  1987,  ha  disposto  la
 riliquidazione delle pensioni dei dirigenti, civili e militari, dello
 Stato  e  del  personale  ad esso collegato sulla base degli stipendi
 risultati dall'applicazione delle leggi che dal 1982 al 1986 ne hanno
 disposto  gli  aumenti  (legge  n.  869 del 1982, di conversione, con
 modificazioni, del decreto-legge n. 681 del 1982;  legge  n.  79  del
 1984;  legge  n.  72 del 1985, di conversione, con modificazioni, del
 decreto-legge n. 2 del 1985; legge n. 341 del 1986,  di  conversione,
 con   modificazioni,   del   decreto-legge   n.  154  del  1986).  La
 riliquidazione ha riguardato i dirigenti collocati in pensione dal 1›
 gennaio 1979 e non anche quelli ante 1› gennaio 1979. Sicche', mentre
 gli uni hanno avuto un incremento  della  pensione  del  123%,  anche
 perche' la base stipendiale pensionabile e' stata variata, gli altri,
 le cui pensioni  sono  state  solamente  perequate,  hanno  avuto  un
 incremento oscillante tra il 13% e il 18%.
    2.1 - Dai lavori preparatori della legge in esame e dalla risposta
 data dal Governo all'ordinanza istruttoria emanata da questa Corte il
 3-23  aprile  1990  risulta  che  la scelta della data del 1› gennaio
 1979,  come   limite   dell'effettuata   riliquidazione,   e'   stata
 determinata   dal   carattere   di   provvisorieta'  dei  trattamenti
 pensionistici dei collocati a riposo da quella data, per i quali  era
 previsto  il ricalcolo da effettuarsi in collegamento con gli aumenti
 di  stipendio,  una  volta  intervenuto  l'assetto  definitivo  della
 materia. Esso sarebbe stato effettuato con la legge in esame. Sicche'
 la riliquidazione sarebbe  addirittura  un  atto  dovuto.  Invece,  i
 trattamenti  dei  pensionati  ante  1›  gennaio  1979 sarebbero stati
 considerati   definitivi,   tanto   da   essere   assoggettati   alla
 perequazione di cui alla legge n. 141 del 1985, dalla quale sarebbero
 stati esclusi gli altri.
    Ma,  dall'esame  della legge si evince che essa ha avuto un chiaro
 intento perequativo con l'adozione del criterio  dell'aggancio  delle
 pensioni alle retribuzioni secondo la linea di tendenza enunciata fin
 dal 1976 (legge 29 aprile 1976, n. 177; sentenza Corte costituzionale
 n. 501 del 1988).
    Dividendo   nettamente  i  dirigenti  pensionati  in  due  gruppi,
 nonostante che essi appartenessero alla stessa categoria ed  avessero
 svolto  identico  lavoro, concedendo agli uni la riliquidazione della
 pensione nei suddetti termini ed agli altri la mera perequazione alla
 stregua  di  tutti  gli  altri  dipendenti  statali, si e' creata una
 discriminazione irrazionale, non costituendo  valida  giustificazione
 ne'  le  ragioni  addotte a fondamento della scelta della data-limite
 dell'applicabilita' della norma censurata ne' i  principi  richiamati
 dall'Avvocatura Generale dello Stato, donde la violazione dell'art. 3
 della Costituzione.
    3. - Non si disconosce che la disciplina della materia e' affidata
 alla discrezionalita' del legislatore, il quale puo'  anche  adottare
 trattamenti differenziati in relazione al fattore tempo ma, come piu'
 volte e' stato affermato da questa Corte, non puo' non esercitare  il
 potere   attribuitogli   secondo   i   canoni   di   razionalita'   e
 ragionevolezza.
    Nella  specie,  peraltro,  il  fluire  del tempo non puo' valere a
 giustificare la diversita' dei trattamenti pensionistici in relazione
 alla  data  del  collocamento a riposo, visto che esso non ha operato
 per i pensionati post 1› gennaio 1979  i  quali  hanno  usufruito  di
 trattamenti   pensionistici   calcolati  sulla  base  di  aumenti  di
 stipendio intervenuti alcuni anni dopo i loro collocamenti a  riposo.
 Questi  hanno avuto inizio dal 1› gennaio 1979, mentre gli aumenti di
 stipendio sono intervenuti dal 1982 al 1986.
    Va,  inoltre,  rilevato, che la stessa provvisorieta' addotta come
 ratio fondamentale della disposizione in esame e' stata posta a  base
 anche  degli  aumenti  di  stipendio erogati, con decorrenza 1› marzo
 1990, dall'art. 1 del decreto-legge n.  413  del  1989  (Disposizioni
 urgenti  in  materia di trattamenti dei dirigenti dello Stato e delle
 categorie ad essi equiparate nonche' in materia di pubblico impiego),
 convertito,  con  modificazioni,  in  legge n. 37 del 1990, essendosi
 specificato che essi erano concessi  in  attesa  del  riordino  della
 dirigenza pubblica.
    Successivamente,  l'art.  4 del decreto-legge 24 novembre 1990, n.
 344  (Corresponsione  ai   pubblici   dipendenti   di   acconti   sui
 miglioramenti  relativi  al  periodo  contrattuale  1988-1990 nonche'
 disposizioni urgenti in materia di pubblico  impiego),  in  corso  di
 conversione,  ha  concesso  ai  dirigenti  un  ulteriore  aumento  di
 stipendio del 15% a decorrere dal 1› luglio 1990.
    4.  - D'altronde, nemmeno per i trattamenti dei pensionati ante 1›
 gennaio 1979 potrebbe negarsi il carattere di provvisorieta'.  Si  e'
 gia' rilevato (sentenza Corte costituzionale n. 501 del 1988) che sin
 dal 1976 si sarebbe dovuto attuare il collegamento delle pensioni con
 la  dinamica  salariale,  ma  che  in via provvisoria, e comunque non
 oltre  il  1978,  in  attesa  della  determinazione  dell'indice   di
 incremento  delle  retribuzioni  del  settore  pubblico,  si  sarebbe
 applicato l'indice valevole per l'aggancio  alla  dinamica  salariale
 del settore privato. Ma, successivamente, non solo per il 1976 e 1977
 bensi' anche per il 1979  sono  stati  concessi  soltanto  incrementi
 percentuali.  L'intento  riequilibratore, con l'adozione del criterio
 dell'aggancio delle pensioni  alle  retribuzioni,  e'  stato  attuato
 proprio  con il decreto-legge in esame (n. 379 del 1987) e continuato
 con il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito, con  modificazioni,
 in  legge  n. 37 del 1990, per tacere del successivo decreto-legge n.
 344 del 1990, non ancora convertito.
    Il  detto  intento, quindi, non si puo' limitare solo ad un gruppo
 di dirigenti, che, peraltro, godevano gia'  di  trattamenti  migliori
 rispetto  all'altro  gruppo (ante 1› gennaio 1979), e deve certamente
 escludersi che si possa attuare un riequilibrio di  pensioni  solo  a
 favore di coloro le cui esigenze sono meno pressanti.
    5.  - La Corte, quindi, atteso il venir meno della giustificazione
 basata  sulla  provvisorieta'  dei  trattamenti  erogati,  non   puo'
 esimersi  dal riscontrare che, a partire dal 1› marzo 1990, data alla
 quale fa riferimento il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito con
 modificazioni,  in  legge  n.  37  del  1990, realizzandosi il voluto
 intento perequativo, si e' verificata la irrazionale  discriminazione
 denunciata,   con   la   sopravvenienza,   alla  stessa  data,  della
 illegittimita' costituzionale della norma censurata.
    6. - La violazione degli altri precetti costituzionali (artt. 36 e
 38 della Costituzione)  e  le  altre  questioni  sollevate  risultano
 assorbite.