ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e degli artt. 438 e seguenti del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 12 febbraio 1990 dal Tribunale di Asti nel processo penale a carico di Rocca Fiorenzo ed altri, iscritta al n. 475 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto che, prima che venissero compiute le formalita' di apertura di un dibattimento in corso alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale, il Tribunale di Asti, con ordinanza del 12 febbraio 1990, rilevato che - mentre, per un verso, il processo sarebbe definibile allo stato degli atti, per un altro verso, la difesa non risulta aver "formulato istanza per la celebrazione di riti alternativi" - ha sollevato, su eccezione del pubblico ministero, questione di legittimita' del "disposto" dell'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e degli artt. 438 e seguenti del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilita' per il Pubblico ministero di richiedere al Giudice la celebrazione del giudizio abbreviato"; e che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato, quanto alla denuncia della disciplina codicistica, che l'ordinanza e' stata pronunciata prima delle formalita' di apertura del dibattimento di primo grado relativamente ad un processo gia' in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e che, per quanto riguarda i procedimenti in corso a tale data, la possibilita' di far luogo a giudizio abbreviato e' appositamente disciplinata dall'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271); che, quindi, gli artt. 438 e seguenti del codice di procedura penale non potrebbero ricevere diretta applicazione nel giudizio a quo, data la diversita' e l'autonomia della disciplina transitoria in materia di giudizio abbreviato rispetto alla corrispondente disciplina codicistica (cfr. sentenza n. 66 del 1990; ordinanze n. 173 del 1990, n. 174 del 1990, n. 208 del 1990, n. 210 del 1990, n. 253 del 1990, n. 289 del 1990, n. 301 de 1990, n. 335 del 1990, n. 373 del 1990 e n. 385 del 1990); che, quanto alla denuncia dell'art. 247 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), senz'altro riferibile al caso di specie, l'attribuzione al pubblico ministero del potere di formulare richiesta di giudizio abbreviato comporterebbe la necessita' di intervenire nell'ambito di un sistema normativo complesso ed articolato, con inevitabili riverberi sulle modalita' e sulle sequenze di tale tipo di giudizio, anche perche' un intervento del genere non potrebbe non coinvolgere, anzitutto, l'art. 2, n. 53, della legge di delegazione 16 febbraio 1987, n. 81, il quale attribuisce al solo imputato la legittimazione a chiedere il giudizio abbreviato; che, di conseguenza, le questioni proposte devono essere dichiarate manifestamente inammissibili; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;