IL PRETORE Visti gli atti del procedimento penale nei confronti di Lerda Livio e Bonino Elio e le risultanze dibattimentali; Viste le conclusioni delle parti, rileva quanto segue: Il procedimento vede imputati i soprascritti per avere, quali titolari di insediamento produttivo (allevamento suinicolo privo della richiesta connessione funzionale tra allevamento e terreno, cfr. delibera 8 maggio 1980 del comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento, in Gazzetta Ufficiale n. 130 del 14 maggio 1980), scaricato sul suolo a fini fertirrigativi il liquame (deiezioni animali) proveniente dall'allevamento, senza previa richiesta di autorizzazione, come previsto dall'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche. Ha rilevato la difesa che, ai sensi dell'art. 21, terzo comma, della legge 26 marzo 1990, n. 13, della regione Piemonte, tale fatto non costituisce reato poiche', secondo tale disposizione: "Lo spandimento su terreno a fini agricoli delle deiezioni animali non rientra nell'ambito di applicazione della legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modifiche ed integrazioni ne' della legge regionale 22 giugno 1979, n. 31, ne' del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, ne' della presente legge". Ritiene questo pretore che la citata normativa regionale, cosi' statuendo, abbia rimosso una fattispecie prenale pevista e regolata dalla legge statale n. 319/1976: e cio' in contrasto con gli artt. 25 e 117 della Costituzione. La legge statale 10 maggio 1976, n. 319, e succ. mod., nella disciplina degli scarichi sul suolo (cfr. art. 1, lett. a) della legge cit.), ricomprende lo "smaltimento dei liquami sul suolo anche adibito ad usi agricoli, purche' le immissioni siano direttamente utili alla produzione..." (cfr art. 2, lett. e), n. 2, della legge cit.), attribuendo allo Stato, la competenza a regolamentare tale attivita' con norme tecniche generali (cfr. art. 2, lett. e), n. 2, della legge cit.), e, alle regioni, ad emanare la relativa normativa integrativa e di attuazione, "e in particolare la delimitazione delle zone ove e' ammesso lo smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo. Per quanto concerne in particolare gli scarichi sul suolo adibiti ad usi agricoli, essi potranno in ogni caso essere previsti e regolamentati soltanto quando le immissioni siano direttamente utili alla produzione agricola..." (cfr. art. 4, lett. e) della legge cit.). La normativa tecnica statale di cui all'art. 2, lett. e) n. 2, della citata, e' contenuta nella deliberazione 4 febbraio 1977, allegato 5 (in Suppl. ord. Gazzetta Ufficiale 21 febbraio 1977, n. 48) del Comitato interministeriale previsto dall'art. 3 della legge n. 319/1976 cit. Dall'esame generale di tale allegato e da quello specifico del punto 2.3.2. - Scarichi da allevamenti zootecnici, appare vidente la assoluta identita' o comunque la ricomprensione delle deiezioni animali nei liquami zootecnici di cui tratta tale normativa tecnica: "Nel caso di smaltimento di liquami zootecnici sui suoli adibiti ad uso agricolo si deve tener conto della normale pratica agronomica che utilizza il suolo agricolo quale recapito ottimale anche per la utilizzazione di tali liquami. In relazione a cio' la quantita' di liquami ammissibili per l'utilizzazione agronomica e' quella corrispondente ad un carico non superiore a 40 q/Ha di peso vivo di bestiame da allevamento..." (2.3.2. alleg. 5 delib. cit.). Si evince inoltre dalla legge n. 319/1976 e dalla normativa tecnica citata, che le espressioni scarico e smaltimento sono state impiegate in modo indifferenziato, esprimendo il medesimo concetto (cfr. art. 12 della legge n. 319/1976 e succ. mod., ove, nel regolare gli "scarichi" dei nuovi insediamenti produttivi, si dice, al n. 3, che "possono avere recapito sul suolo... sino alla emanazione della normativa specifica da parte delle autorita' statali e regionali ai sensi del punto 2, voce e) dell'art. 2 e della voce e) dell'art. 4, cui si dovranno adeguare", cioe' appunto alla normativa riguardante lo "smaltimento" dei liquami; art. 4 della legge cit., primo comma, voce e) e secondo comma, ove, attribuendo alle regioni la normativa integrativa e di attuazione dello "smaltimento dei liquami sul suolo" si ribadisce che "... per quanto concerne in particolare gli scarichi sul suolo adibito ad usi agricoli...; quanto poi alla normativa tecnica si cfr. delib. 4 febbraio 1977, alleg. 5, punto 1 - generalita'"...la presente normativa, relativa allo smaltimento dei liquami sul suolo... riguarda gli sarichi degli insediamenti...; al punto 2, titolato "Scarichi sul suolo": "...Lo smaltimento dei liquami sul suolo e' ammesso..."; al punto 2.3.2. titolato "Scarichi da allevamenti zootecnici", ove si dice "Nel caso di smaltimento dei liquami zootecnici sui suoli...). Ne' e' dubbio che le deiezioni animali, da identificarsi o comunque ricomprendersi nei liquami, come sopra scritto, secondo il dettato normativo statale, costituiscano rifiuti (cfr. art. 2 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 "qualsiasi sostanza ad oggetto derivante da attivita' umane o da cicli naturali, abbandonato o destinato all'abbandono". Puo' quindi ritenersi che la nozione di smaltimento sul suolo a fini agricoli di deiezioni animali provenienti da allevamento zootecnico-insediamento produttivo, si identifica e comunque e' ricompresa, secondo la legge n. 319/1976 cit., in quella di scarico, (inteso come sversamento di rifiuti liquidi o idrosolubili provenienti da insediamento civile o produttivo) sul suolo. E come tale trova disciplina, con sanzioni anche penali, nella legge n. 319/1976 e succ. mod. (cfr. anche art. 2, sesto comma del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915). Ora, la regione Piemonte, dopo avere, in un primo tempo, con legge regionale 22 giugno 1979, n. 31, emanato la normativa integrativa e di attuazione di cui all'art. 2, punto e), n. 2, e 3 della legge statale n. 319/1976, sostanzialmene nell'ordine di idee sopra considerato, si' che, nell'art. 13, al primo comma, si diceva "Le deiezioni provenienti da allevamenti zootecnici sono considerate nel loro complesso liquami..."; ha, con l'art. 21, quarto comma della legge 26 marzo 1990, n. 13, abrogato tale comma, e, definite, al primo comma, le deiezioni animali derivanti da insediamenti civili o produttivi dediti ad allevamento zootecnico come "sole materie fecali", ne ha distinto la disciplina rispetto a quella generale dei liquami, disponendo che soltanto lo "scarico puntuale" di tali deiezioni (cioe' quello effettuato in qualunque ricettore al solo fine dell'allontanamento dei reflui dall'insediamento, v. art. 1, n. 4 della legge 26 marzo 1990, n. 13) rientri nella disciplina della legge statale n. 319/1976 e in quelle regionali nn. 31/1979 e 13/1990. Non rientra invece nell'ambito di dette leggi, ne' della normativa del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, secondo il 3 comma dell'art. 21 della legge n. 13/1990, lo spandimento su terreno a fini agricoli delle deiezioni animali. Viene cosi' sottratta con legge regionale, ai controlli, alla regolamentazione e alle sanzioni penali previste dalla legge statale n. 319/1976 un'attivita' ivi invece espressamente ricompresa in quanto pericolosa per le falde idriche se non svolta secondo i dettami della normativa tecnica sopra ricordata. In tal modo la regione Piemonte, cui spettava esclusivamente di emanare la normativa integrativa e di attuazione delle norme "tecniche" generali emanate dal Comitato interministeriale, per assicurare, che lo spandimento dei liquami avvenisse in siti idonei e fosse direttamente utile alla produzione agricola (cfr. art. 4, lett. e), della legge n. 319/1976 cit.), ha sottratto la materia alla disciplina della legge statale, che invece la ricomprendeva espressamente e la regolava, oltre che tecnicamente, anche penalmente. In tal senso l'art. 21, terzo comma, della legge 26 marzo 1990, n. 13, della regione Piemonte appare in contrasto con gli artt. 25 e 117 della Costituzione, in quanto ha privato di sanzione penale la fattispecie, oggetto del presente processo (cfr. art. 2, secondo comma, del c.p.), dello svolgimento sul suolo, a fini agricoli, di deiezioni animali provenienti da allevamento zootecnico-insediamento produttivo, senza previa richiesta di autorizzazione, rientrante nella previsione dell'art. 21, primo comma, della legge statale 10 maggio 1976, n. 319, e succ. mod. Ed e' insegnamento ribadito della Corte costituzionale (v. da ultimo sentenza n. 309 del 14-22 giugno 1990) quello secondo "... La fonte del potere punitivo risiede solo nella legislazione statale e le regioni non hanno il potere di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in una data materia; non possono cioe' interferire negativamente con il sistema penale statale considerando penalmente lecita un'attivita' che, invece, e' penalmente sanzionata nell'ordinamento nazionale".