LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dall'Amministrazione provinciale di Milano, in persona del presidente pro-tempore Goffredo Andreini; elettivamente domiciliata in Roma, lungotevere Cenci, 10, presso l'avv. Aldo Lucio Lania che lo rappresenta e difende insieme agli avvocati Vario Onida e Carmelo Carlizzi per delega in calce al ricorso, ricorrente contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del legale rappresentante pro-tempore; elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza, 17, presso l'avvocatura centrale dell'Istituto; rappresentato e difeso dagli avvocati Fabrizio Correra, Gianni Romoli e Antonio Salafia per delega a margine del controricorso, controricorrente, per l'annullamento della sentenza del tribunale di Milano del 16 luglio 1987, 18 giugno 1988, r.g.n. n. 30/87; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 dicembre 1989 dal cons. Senese; Uditi gli avvocati Lania, Onida e Correra; Udito il p.m. in persona del sost. proc. spec. dott. Sergio Lanni che ha concluso per il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO L'Amministrazione provinciale di Milano conveniva dinanzi al pretore di quella citta' l'I.N.P.S., chiedendo: a) in via principale, l'accertamento dell'infondatezza della pretesa - dall'istituto avanzata in data 16 novembre 1984 - al versamento, da parte di essa amministrazione provinciale, dei contributi di malattia e Gescal sull'indennita' integrativa speciale corrisposta ai dipendenti dal 1 marzo 1978 all'11 settembre 1983; b) in via subordinata, la declaratoria di estinzione, per prescrizione, del debito contributivo di cui sopra sino al 15 novembre 1979. A sostegno della domanda la suddetta amministrazione deduceva: che, con sentenza 2 giugno-20 luglio 1977 del tribunale di Milano, confermativa di pronuncia del pretore e passata in cosa giudicata, era stato accertato nei confronti dell'Inadel (nella cui posizione l'I.N.P.S. era subentrato), la non assoggettabilita' a contributo assistenziale della indennita' integrativa speciale corrisposta dall'ente ai propri dipendenti; che il giudicato formatosi su tale accertamento era preclusivo della pretesa dell'I.N.P.S., anche se questa si fondava sul disposto dell'art. 24 della legge n. 638/1983, frattanto intervenuta, a norma del quale l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale nella retribuzione imponibile, disposta dall'art. 4/3 della legge n. 1053/1971, e' da intendersi riferita a tutti i pubblici dipendenti cui venga corrisposta la suddetta indennita': infatti, ove pure si attribuisse a tale disposizione efficacia retroattiva, essa non potrebbe comunque applicarsi ai rapporti, quali quelli in contestazione, oggetto del giudicato il quale copre il dedotto e il deducibile; che, infine, in ogni caso il credito vantato dall'I.N.P.S. doveva considerarsi estinto per prescrizione per quanto riguarda i contributi pretesi sino a tutto il 15 novembre 1979, posto che il secondo comma del citato art. 24 della legge n. 638/1983 dispone che, per la regolarizzazione delle posizioni contributive pregresse alla data di entrata in vigore della legge, si applica il termine di prescrizione quinquennale e l'I.N.P.S. aveva richiesto i contributi in questione solo il 16 novembre 1984. Il pretore, rigettata la domanda principale, accoglieva la subordinata, dichiarando non dovuti i contributi per il periodo 1 marzo-15 novembre 1978. Tale sentenza, gravata di appello principale da parte della amministrazione provinciale e incidentale da parte dell'I.N.P.S., era parzialmente riformata dal tribunale di Milano con pronuncia 16 luglio 1987-18 giugno 1988, che - in accoglimento del gravame incidentale dell'I.N.P.S. e rigettato quello principale dell'amministrazione provinciale - dichiarava quest'ultima tenuta al versamento della contribuzione in questione dal 1 marzo 1978. Considerava innanzitutto il tribunale che la sentenza, la cui autorita' di giudicato l'amministrazione provinciale invocava, riguardava una pretesa diversa da quella oggetto del verbale dell'I.N.P.S. in data 15 novembre 1984 - quest'ultima avendo ad oggetto i contributi relativi alle indennita' integrative speciali corrisposte dal 1 marzo 1978 all'11 marzo 1983, quella avendo ad oggetto i contributi relativi agli importi della medesima indennita' corrisposti in anni precedenti - essendo peraltro da escludere che, nella controversia conclusasi con la ricordata sentenza 2 giugno - 20 luglio 1977 del tribunale di Milano, potesse dedursi un'azione di accertamento negativo in ordine a contributi futuri e non ancora maturati, rispetto alla quale sarebbe mancato l'interesse ad agire. Riaffermato, poi, la natura interpretativa, e quindi l'efficacia retroattiva, della disposizione di cui all'art. 24 della citata legge n. 638/1983, il tribunale riteneva che la norma del secondo comma di tale disposizione non introducesse uno speciale termine di prescrizione per la regolarizzazione delle posizioni contributive pregresse ma valesse solo a limitare, al quinquennio precedente l'entrata in vigore del decreto-legge n. 463/1983 (convertito con la legge n. 638/1983), il periodo per il quale poteva farsi luogo alla regolarizzazione, fermo restando che il termine di prescrizione dei contributi dovuti per tale periodo era quello disposto dagli artt. 55 del regio decreto-legge n. 19827/1935 e 41 della legge n. 153/1969. Avverso la suddetta sentenza del tribunale di Milano ricorre per cassazione l'amministrazione provinciale deducendo tre motivi di annullamento cui resiste l'I.N.P.S. con controricorso. L'esame delle censure rivolte dall'amministrazione ricorrente alla sentenza impugnata, condotto secondo l'ordine di pregiudizialita' logica nel quale esse si dispongono, ha messo capo a sentenza non definitiva di questa Corte di pari data, con la quale: 1) e' stato rigettato il secondo motivo del ricorso, che censurava la sentenza impugnata assumendo che essa non avrebbe applicato la preclusione derivante dal giudicato formatosi sulla ricordata sentenza 2 giugno-20 luglio 1977 dello stesso tribunale di Milano; 2) e' stato rigettato il primo motivo nella parte in cui censurava l'interpretazione offerte dal tribunale al citato art. 24 della legge n. 638/1983 ritenendone la retroattivita'; in tal modo determinando la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale del suddetto art. 24, cosi' come interpretato dal tribunale, sollevata dall'amministrazione ricorrente nella seconda parte del primo motivo; 3) e' stata ritenuta la manifesta infondatezza della suindicata questione di legittimita' costituzionale sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione nonche' degli artt. 2 e 3 della Costituzione, mentre e' stata giudicata non manifestamente infondata la stessa questione sotto il profilo della violazione delle norme costituzionali indicate in dispositivo; 4) e' stata rinviata all'esito del giudizio di costituzionalita' sul citato art. 24 (sotto il profilo ritenuto non manifestamente infondato) la decisione sul terzo motivo di ricorso - che censura l'interpretazione adottata dal tribunale del secondo comma dello stesso art. 24 relativo al regime di prescrizione applicabile ai contributi dovuti per gli esercizi anteriori all'entrata in vigore della legge n. 638/1983 - ritenendo pregiudiziale a tale decisione il giudizio sulla conformita' a Costituzione del primo comma dello stesso art. 24; 5) e' stato infine disposto di provvedere, con separata ordinanza, a sospendere il giudizio in corso ed a rimettere gli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione ritenuta non manifestamente infondata. Da cio' la presente ordinanza, fondata sulle seguenti considerazioni in D I R I T T O La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge n. 638/1983 e' stata proposta dall'amministrazione ricorrente, secondo quanto accennato, sotto vari profili. Quello ritenuto non manifestamente infondato da questa Corte riguarda la conformita' della disposizione impugnata ai principi desumibili dagli artt. 81/4, 5, 97, 119 e 128 nonche', in connessione tra loro, dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. Giova premettere che, secondo quanto ritenuto da questa Corte nella sentenza non definitiva che ha rigettato alcune delle censure mosse dalla ricorrente amministrazione all'impugnata sentenza, la disposizione ricavabile dall'art. 24 sopra citato, e della cui conformita' a Costituzione qui si dubita, si configura come una disposizione dotata di efficacia retroattiva, e cio' non gia' in quanto norma interpretativa ma piuttosto perche' la sua formulazione in termini di norma interpretativa rileva quale espressione di una scelta, da parte del legislatore, di una determinata tecnica, tra quelle a sua disposizione, per attribuire efficacia retroattiva alla legge che emana. Il carattere retroattivo della disposizione in questione e' quindi conseguenza di una scelta del legislatore in tal senso e non gia' di una pretesa "natura interpretativa" della disposizione stessa, antologicamente intesa. Esso, pertanto, dev'essere apprezzato e valutato in se' e per se', secondo una linea giurisprudenziale che nega qualsiasi distinzione tra legge d'interpretazione autentica e legge innovativa con efficacia retroattiva (cfr., tra le tante, Corte costituzionale nn. 36/1985, 167/1986 e 124/1988). Tanto precisato, non par contestabile che l'imposizione, a carico delle province, dell'obbligo di versare i contributi per l'assistenza sanitaria sugli importi, corrisposti ai propri dipendenti, a titolo di indennita' integrativa speciale nel corso degli esercizi precedenti l'entrata in vigore del d.-l. n. 463/1983 (conv. in legge n. 638/1983), si traduce nell'imposizione di maggiori spese a carico delle stesse province (oltre che degli altri enti pubblici) per gli esercizi passati. La legge che importa tali maggiori spese dovrebbe indicare i mezzi per farvi fronte, a norma dell'art. 81/4 della Costituzione applicabile anche alle leggi che addossano nuove e maggiori spese alle province (e in genere agli enti rientranti nella c.d. finanza pubblica allargata: cfr. Corte costituzionale n. 92/1981 e n. 478/1987). Di tale indicazione, peraltro, nel d.-l. n. 463/1983 (cosi' come convenuto nella legge n. 638/1983) non e' dato trovare traccia. D'altro canto, non sembra che, per l'onere relativo agli esercizi passati, il precetto dell'art. 81/4 della Costituzione possa ritenersi soddisfatto dalle disposizioni legislative che assicurano, attraverso gli interventi finanziari volti a garantire il pareggio dei bilanci degli enti locali (ed in particolare delle province), un trasferimento di fondi in favore di questi ultimi; giacche' tali interventi non riguardano bilanci passati e gia' chiusi in pareggio, quali sono quelli cui afferiscono le maggiori spese disposte con la disposizione in esame. Ed anche ove si argomentasse che il relativo onere, pur afferente ai bilanci passati, debba trovare allocazione nell'esercizio in corso al momento del soddisfacimento del debito contributivo e riceva pertanto copertura con i trasferimenti intesi al pareggio di tale esercizio, resterebbe pur sempre il dubbio che - in ragione dell'ingente consistenza dell'onere stesso e del correlativo passivo da esso determinato - la relativa imposizione retroattiva si risolva in un'intollerabile compressione dell'autonomia dell'ente, che si troverebbe impedito dal destinare una parte almeno del proprio bilancio a finalita' rientranti nelle sue competenze istituzionali e perseguibili secondo la propria discrezionalita'; con conseguente violazione degli artt. 5, 119 e 128 della Costituzione, oltre che del principio di buona amministrazione ricavabile dall'art. 97 della Costituzione. Per altro verso, l'imposizione dell'obbligo contributivo in esame a carico delle province (oltre che degli altri enti pubblici), per contribuire alla spesa pubblica nazionale per l'assistenza sanitaria, si risolve in un prelevamento di ricchezza a carico dei soggetti onerati (e, nella specie, delle province), il quale non potrebbe non essere rispettoso del criterio della capacita' contributiva e dall'eguaglianza (artt. 3 e 53 della Costituzione). Ma, nella parte in cui l'imposizione e' disposta per esercizi passati e quindi con riferimento ad una capacita' contributiva esistente in un momento anteriore all'emanazione della legge, la legittimita' costituzionale della legge stessa postula che tale capacita' contributiva sia ancora sussistente e quindi permanga al momento dell'imposizione; del che v'e' ragione di dubitare in considerazione della circostanza che i bilanci passati, nei quali dovrebbe rinvenirci la capacita' economica di sopportare l'onere, sono stati chiusi in pareggio con destinazione di tutte le somme disponibili alle finalita' istituzionali dell'ente. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, come sopra ritenuta non manifestamente infondata, ai fini della definizione del presente giudizio, e' evidente: la sentenza impugnata, infatti, ha applicato la norma delle cui legittimita' costituzionale si dubita; il primo motivo del ricorso investe tanto l'interpretazione della norma offerta dal giudice di merito ritenendone la retroattivita' quanto, nel caso in cui tale interpretazione sia giudicata corretta, la legittimita' costituzionale del disposto normativo cosi' interpretato; questa Corte, rigettate le censure mosse all'interpretazione adottata dal tribunale, deve pertanto prendere in esame l'eccezione d'incostituzionalita', posto che non appare contestabile l'incidenza che l'esito del giudizio di costituzionalita' della disposizione e' suscettibile di esplicare sulla decisione relativa al motivo del ricorso. Pertanto devesi sospendere il giudizio in corso dinanzi a questa Corte e rimettere gli atti alla Corte costituzionale perche' decida sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24 della legge n. 638/1983 come sopra ritenuta rilevante e non manifestamente infondata.