IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sui ricorsi proposti da Di
 Cecco Domenico  (1321/81),  Carbone  Tommaso  (1322/81),  Sannicandro
 Nicola  (1323/81),  Desiderato  Melchiorre  (1324/81), Genchi Michele
 (1325/81),  Sforza  Vincenzo  (1326/81),  Tarsia  Luciana  (1327/81),
 Marvulli  Riccardo (1328/81), Quadrini Lea (1329/81), Corradini Leila
 Teresa (1330/81), De Virgiliis Antonio (189/82), Pedone Nicolo' Maria
 (190/82),  Fistola  Giovanni (191/82), Coladonato Francesco (192/82),
 Mannarini Antonio (193/82), Della Ratta Concetta (1778/82)  e  Tarsia
 Giacomo  (1414/83),  rappresentati  e  diesi dall'avv. G. Tarsia, con
 domicilio eletto in Bari, via Nicolai n. 29 contro l'E.N.P.A.S. (Ente
 nazionale assistenza e previdenza dipendenti statali), in persona del
 legale rappresentante p.t., rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura
 distrettuale dello Stato, con sede in Bari, via Quarnaro n. 1, per la
 declaratoria del diritto a percepire l'indennita' di  buonuscita  sul
 trattamento  economico comprensivo anche della indennita' integrativa
 peciale e per la conseguente condanna  dell'E.N.P.A.S.  al  pagamento
 dell'indennita'  di  buonuscita computandovi l'indennita' integrativa
 speciale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla  pubblica udienza del 17 ottobre 1989 la relazione del
 dott.  Dante  D'Alessio  e  uditi,  altresi'  l'avv.   Gesmundo,   in
 sostituzione  dell'avv. Tarsia, per i ricorrenti e l'avv. dello Stato
 Vito Rotunno per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    I  ricorrenti,  gia'  dipendenti  statali, si sono visti liquidare
 dall'E.N.P.A.S. l'indennita' di buonuscita senza che  nella  base  di
 calcolo  si  fosse tenuto conto della indennita' integrativa speciale
 goduta all'atto del collocamento a riposo.
    Con  i ricorsi in epigrafe hanno chiesto che nella base di calcolo
 sia inclusa l'indennita' integrativa speciale.
    Deducono  la  violazione delle norme vigenti in materia (artt. 3 e
 38 del d.P.R. n. 1032/1973) e la disparita' di trattamento con  tutti
 gli altri dipendenti pubblici che si vedono riconosciuta l'indennita'
 integrativa speciale nel computo della buonuscita.
    In conclusione hanno chiesto che venga accertato il loro diritto a
 ottenere  l'indennita'   di   buonuscita   con   il   computo   anche
 dell'indennita'   integrativa   speciale;   che   l'E.N.P.A.S.  venga
 condannato al pagamento della differenza tra quanto gia' liquidato  e
 quanto  dovuto;  che l'E.N.P.A.S. venga condannato al pagamento delle
 spese e onorari di giudizio.
    Si e' costituito in giudizio l'E.N.P.A.S. chiedendo il rigetto del
 ricorso perche' infondato.
    Alla  pubblica  udienza del 17 ottobre 1989 i ricorsi sono passati
 in decisione.
                             D I R I T T O
    1.  - Come esposto in narrativa i ricorrenti, con separati ricorsi
 che vanno riuniti per evidenti ragioni di connessione, hanno  chiesto
 che  venga  riconosciuto il loro diritto a ottenere la riliquidazione
 dell'indennita' di buonuscita con il computo nella base  contributiva
 dell'indennita' integrativa speciale.
    2.  -  Rileva  il collegio che ai sensi della vigente normativa la
 indennita' integrativa speciale non e' computabile agli  effetti  del
 trattamento   di  quiescenza,  di  previdenza  e  dell'indennita'  di
 licenziamento (art. 1 della legge n.  324/1959;  artt.  3  e  38  del
 d.P.R. n. 1032/1973).
    I  ricorsi  della  stregua  della  indicata  normativa  dovrebbero
 pertanto essere respinti perche'  infondati.  Tale  soluzione  appare
 peraltro insoddisfacente a questo tribunale.
    La normativa su citata e' stata infatti piu' volte denunziata alla
 Corte costituzionale per  contrasto  con  gli  artt.  3  e  36  della
 Costituzione.
    La  Corte  costituzionale  si  e'  al  riguardo pronunciata con la
 sentenza n. 220 del  1988  che  ha  dichiarato  l'infondatezza  della
 questione  proposta e con successive ordinanze di inammissibilita', e
 poi di manifesta inammissibilita' (ordinanze nn.  641,  869,  1070  e
 1072  del  1988  e, da ultimo, ordinanza n. 419 del 6/18 luglio 1989)
 pur riconoscendo l'esigenza di un intervento del legislatore volto  a
 procedere   all'omogeneizzazione   dei   trattamenti   di  quiescenza
 nell'ambito del pubblico impiego, sia pure con la gradualita'  dovuta
 al rispetto delle esigenze finanziarie.
    Questo   collegio,   in   relazione   al   perdurare  dell'inerzia
 legislativa in materia, che probabilmente - come spesso  avvenuto  in
 passato  -  solo una pronuncia di illegittimita' costituzionale delle
 disposizioni in argomento potra'  rimuovere,  ritiene  necessario  un
 ulteriore  esame della questione da parte della Corte costituzionale.
    In  particolare  tale  considerazione  e'  suffragata da altre due
 recenti sentenze della Corte in materia,  operanti  nel  senso  della
 gia'  indicata  omogeneizzazione  dei  trattamenti  di quiescenza nel
 pubblico impiego.
    La  prima  e'  la sentenza 30 giugno 1988, n. 763, con la quale la
 Corte costituzionale, dopo aver rilevato che "tra le varie indennita'
 di  fine  rapporto  possono bensi' sussistere differenze di dettaglio
 inerenti alla peculiarita' propria di  ciascuna,  ma  nella  sostanza
 esse sono analoghe e omogenee per finalita' da realizzare, sicche' la
 loro  disciplina  sostanziale  e   fondamentale   non   puo'   essere
 differente"  e  che  "proprio per la omogeneita' delle due indennita'
 (premio di servizio e buonuscita)...  non  trova  alcuna  adeguata  e
 razionale  giustificazione  la  sostanziale disparita' di trattamento
 degli iscritti all'I.N.A.D.E.L. rispetto ai dipendenti  statali",  ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  di  quelle disposizioni
 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove nome in materia previdenziale
 per   il   personle  degli  enti  locali)  che  prevedevano,  per  il
 conseguimento dell'indennita' di premio di servizio, condizioni  piu'
 restrittive   rispetto   a   quelle   dettate  per  il  conseguimento
 dell'indennita' di buonuscita.
    La  seconda e' la sentenza 14 luglio 1988, n. 821, con la quale la
 Corte costituzionale, dopo aver evidenziato che  "le  due  indennita'
 (premio  di  servizio  e  buonuscita)  risultano  ormai completamente
 equiparate" e che "pertanto non trovano  piu'  razionale  e  adeguata
 giustificazione  le  norme  che  le  assoggettavano  ad un differente
 trattamento, tanto piu' che questa Corte piu' volte  aveva  segnalato
 al   legislatore  la  necessita'  di  dettare  una  disciplina  della
 indennita' di fine servizio erogata agli impiegati di enti pubblici e
 ai   loro   superstiti  uniforme  rispetto  a  quella  propria  della
 indennita'  di  buonuscita  erogata  ai   dipendenti   statali",   ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  di  quelle disposizioni
 della legge n. 152/1968 che per i collaterali  dei  dipendenti  degli
 enti  locali  subordinano  il  diritto all'erogazione dell'indennita'
 premio di servizio a condizioni piu' restrittive  rispetto  a  quelle
 previste  per il conseguimento dell'indennita' di buonuscita da parte
 dei collaterali dei dipendenti dello Stato.
    In  relazione  a quanto sopra, tenuto conto che ormai l'indennita'
 integrativa speciale ha natura squisitamente  retributiva  avendo  la
 funzione  di  mantenere  inalterato  nel  tempo il valore reale dello
 stipendio; che tale natura retributiva e' stata confermata  anche  da
 interventi  legislativi  in  materia  (e in particolare dalla riforma
 fiscale di cui alla legge 9 ottobre 1971, n. 825,  e  del  d.P.R.  29
 settembre 1973, n. 597); che le modifiche strutturali intervenute nel
 tempo l'hanno del tutto assimilata  alla  indennita'  di  contingenza
 corrisposta  ai  lavoratori  privati della cui natura retributiva non
 v'e' alcun dubbio; che l'indennita' di  contingenza  fa  parte  degli
 elementi  presi in riferimento per il calcolo dell'indennita' di fine
 rapporto per i lavoratori dipendenti privati (legge n. 297/1982); che
 l'indennita'  di contingenza (o le analoghe voci previste dalle varie
 disposizioni   normative)   viene   egualmente   computata   per   la
 liquidazione  del  trattamento  di  fine  rapporto  ormai  di tutti i
 dipendenti pubblici non statali (da ultimo anche  la  Banca  d'Italia
 nel  corso del 1989 ha modificato in tal senso il proprio regolamento
 per il trattamento di quiescenza); che pertanto - considerato il peso
 di  tale  voce  nel  complessivo  trattamento economico del personale
 dipendente  -  la  discriminazione  a  carico  dei  soli   lavoratori
 dipendenti  statali  appare particolarmente iniqua e abbisognevole di
 un intervento della  Corte  costituzionale,  cio'  stante,  apparendo
 rilevante e non manifestamente infondata, via rimessa all'esame della
 Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
 n.  87, la questione sulla legittimita' degli artt. 3 e 38 del d.P.R.
 29 dicembre 1973,  n.  1032,  nonche'  dell'art.  1  della  legge  n.
 324/1959 per il contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione.