IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    All'odierna  pubblica udienza, la difesa ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 195 del d.P.R. 29  marzo  1973,
 n. 156 e dell'art. 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223, in relazione
 all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui la norma  denunciata
 assoggetta  a medesima sanzione penale l'installazione di impianti di
 telecomunicazione abusivi senza  distinguere  l'ipotesi  in  cui  gli
 stessi  siano  soggetti a concessione da quella - meno grave - in cui
 siano soggetti  a  mera  autorizzazione;  il  p.m.  si  e'  associato
 all'eccezione.
                             O S S E R V A
    La questione e' rilevante e non manifestamente infondata.
    Trattasi    nella    specie    di    installazione   di   impianto
 ricetrasmittente di debole potenza tipo portatile  (c.d.  trabiccolo)
 in  relazione  al quale la Corte costituzionale, con sentenza n. 1030
 del  27  ottobre  -  15  novembre  1988  ha  affermato   non   essere
 costituzionalmente    legittimo   l'originario   regime   concessorio
 (previsto dagli artt.  183,  195  e  334  del  d.P.R.  n.  156/1973),
 sufficiente essendo la semplice autorizzazione.
    A  tale  conclusione la Corte costituzionale e' pervenuta partendo
 dalla considerazione della modesta portata e potenza degli apparecchi
 in  questione  nonche'  "della  limitazione  del  loro  uso  a  scopi
 socialmente utili, o comunque meritevoli  di  considerazione",  tanto
 che  il legislatore tendenzialmente "mira a favorire l'utilizzazione"
 di essi.
    Per  gli  apparecchi  di debole potenza, la discrezionalita' della
 p.a. sulla scelta se rilasciare o meno  il  provvedimento  abilitante
 "e'   fortemente   limitata"   e   "la   disciplina   positiva...  e'
 significativamente  differenziata  rispetto  a  quello  degli   altri
 strumenti di comunicazione a mezzo di onde radioelettriche".
    Ne  consegue  che  ben  piu'  grave  e'  il  comportamento  di chi
 abusivamente installi o eserciti un impianto radioelettrico  soggetto
 a  concessione rispetto a quello di chi senza autorizzazione installi
 un apparecchio portatile di debole potenza. Non solo, nel primo  caso
 vi  e'  una  maggiore rilevanza sociale ed economica del fenomeno, ma
 ricorre pure una piu' profonda violazione della  sfera  di  attivita'
 riservata alla p.a. dal momento che l'impianto soggetto a concessione
 rientra in una materia "riservata in esclusiva allo Stato"  che  puo'
 concenderla  ad  altri soggetti solo in conformita' alle norme di cui
 agli artt. 183 e seg. del  d.P.R.  n.  156/1973  citato.  La  diversa
 gravita'  dei  due  diversi  tipi  di  abuso  - esercizio di impianto
 radioelettrico soggetto a concessione ovvero  esercizio  di  impianto
 portatile   di  debole  potenza  soggetto  a  mera  autorizzazione  -
 giustificherebbe un diverso trattamento sanzionatorio in  virtu'  del
 principio  di uguaglianza e di quello di ragionevolezza del contenuto
 degli atti legislativi (art. 3 della Costituzione).
    Del  tutto  irragionevolmente,  viceversa,  e  in  violazione  del
 principio di uguaglianza, l'art. 193, del d.P.R. n. 156/1973  citato,
 sottopone  a  identica  sanzione i due diversi tipi di abuso. Da cio'
 deriva la rilevanza e la non manifesta infondatezza della  questione,
 sicche'  il  procedimento  penale  deve  essere  sospeso  e  gli atti
 trasmessi alla Corte costituzionale affinche' si pronunci su di essa.
 Alla  stessa  censura  soggiace  anche l'art. 30 della legge 6 agosto
 1990, n. 223, che disciplina il sistema  radiotelevisivo  pubblico  e
 privato.  La  norma,  infatti,  pur  modificando l'art. 195 del testo
 unico citato, ha continuato a sottoporre alla medesima pena (ora  del
 solo   arresto  da  3  a  6  mesi)  l'installazione  di  un  impianto
 radioelettrico sia sottoposto a regime concessorio che  sottoposto  a
 regime autorizzatorio.