IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1776/1989 e 1763/1990 proposti da: per il ricorso n. 1776/1989: Granelli Guerini Adriana, Barbaini Laura, Ghezzi Mario, Bonomelli Marco Maria, Sommariva Lucia, Bianchi Crema Marisa, Molinari Alessandra, Corneo Sartori Annamaria, Bossi Gianfranco, Salvaggio Cesare, Sami Mariagiovanna, Levi Luisa, Ranieri Zoraide, Marro Vismara Lelia, Dal Santo Carlo, Baronio Lucchelli Maria, Laurenza Alberto, Tonelli Geminiano, Garanzini Antonio, Poletti Clotilde, Mandelli Maria, Paradiso Adriana, Immobiliare Plantus, Mingrino Concetta, Riedel Carlo, Bennici Giuliano Antonio, Menegazzi Roveda Giulia, Meda Maria Rosa, Costantini Formento Nelide, Tessera Francesco, Castelfranco Lia, Scoccimarro Antonio, Pobor Giovanni, Marioni Franco, Vismara Davide, Campi Daniela, Borghesi Mario, Gatti Pierlugi, Scaini Marco Alessandro, Furia Marzi Liliana, Serrazanetti Daniele, Sola Carlo, Giovanni Manara, Capalbo Paolo, Perretti Cristina, Fugazzola Ernesta, Peroni Mattioli Luisa, Salvini Anna, Penati Giuseppe, Faggioli Elena, Corti Antonio, Egro Maria, Ferraro Rita Luisa, Eisner Carl, Campagna Peretti Maria Luisa, Dompi Franca, Lombardia Elsi, Societa' Montecchio, Guenci Giorgio, Longhi Franco, Massari Donata, De Florio Chiara, Sisto Maria Grazia, Spadoni Elisabetta, Bellesini Federica, Bianchi Iolanda, Grandori Anna, Alpeggiani Annamaria, Gargiulo Ulderica Maria, Biagi Enrico, Scortecci Vieri, Immobiliare Salce S.r.l., Rossana Colucci e Vitali Norina; per il ricorso n. 1763/1990: Granelli Guerini Adriana, Ghezzi Mario, Bianchi Crema Marisa, Sommariva Lucia, Laurenza Alberto e Bonomelli Marcomaria; tutti rappresentati e difesi dall'avv. Cesare Ribolzi e dal dott. proc. Ettore Ribolzi ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Milano, piazza S. Ambrogio n. 10, contro la regione Lombardia, in persona del presidente in carica non costituita (limitatamente al ric. n. 1776/1989), contro il comune di Milano, in persona del sindaco in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Marchese, Giovanni Sindaco e dal dott. proc. Erminio Amelio ed elettivamente domiciliato presso gli stessi in Milano, via della Guastalla n. 8, e nei confronti della Societa' immobiliare Alfeo S.r.l., in persona del legale rappresentante, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Sala, ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Milano, via Hoepli n. 3, con l'intervento: dell'Associazione lombardia albergatori (A.L.A.), in persona del presidente, rappresentata dall'avv. Guido Salvadori del Prato, presso lo stesso elettivamente domiciliata, in Milano, via Manara n. 15; di Mediolanum Hotel S.r.l., Hotel Adam S.n.c., Hotel Gamma S.n.c., Hotel Gritti S.n.c., Hotel Atlantic della Sea S.n.c., Hotel delle Nazioni S.r.l., Hotel Augustus della Siam S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati e difesi dagli avvocati Floriana e Gianfranco Maris, presso quest'ultimo elettivamente domiciliati in Milano, via Dei Giardini n. 10, per l'annullamento (ric. n. 1776/1989): 1) della deliberazione della giunta regionale 14 febbraio 1989, n. 4/39554, nella parte in cui approva il progetto per la realizzazione di un albergo in Milano, via dei Pellegrini; 2) della conseguente eventuale concessione edilizia, esplicitamente o silenziosamente rilasciata, ai sensi dell'art. 6, punto 2, della legge regionale n. 39/1988; 3) di tutti gli atti connessi, ivi inclusi il parere comunale di cui a deliberazione consiliare n. 118/1988 e la delibera della giunta regionale 4 novembre 1988, n. 37381; nonche' per l'annullamento (ric. n. 1763/1990): del provvedimento comunale (tacito od esplicito) di rilascio di concessione edilizia per la parte di lavori non ultimati del futuro albergo Adler Pellegrini e di tutti gli atti connessi, in particolare la nota dell'assessore all'edilizia privata del comune di Milano sul procedimento per il rilascio delle concessioni edilizie di cui all'art. 6, punto 4, della legge regionale n. 39/1988; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Milano e della controinteressata Societa' immobiliare Alfeo r.l. e gli interventi ad adiuvandum proposti dall'Associazione lombarda albergatori e da Mediolanum Hotel S.r.l. ed altri; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza dell'11 luglio 1990 il relatore Roberta Vigotti; Uditi, altresi', l'avv. Ribolzi per i ricorrenti; gli avv. Surano e Amelio per il comune di Milano; l'avv. Sala per l'Immobiliare Alfeo; gli avvocati Maris per la Soc. Mediolanum Hotel ed altri; l'avv. Salvadori Del Prato per la Soc. Ala; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso notificato il 22 maggio 1989 Granelli Guerini Adriana ed altri (come specificati in epigrafe), proprietari ed abitanti di unita' residenziali site negli edifici di via dei Pellegrini, via Madre Cabrini, via Gubbio e via Cassolo, in Milano, impugnavano gli atti in epigrafe indicati, esponendo che le suddette unita' immobiliari godono attualmente di un'ampia possibilita' di veduta, luce ed aria sull'area di circa mq 4.600, prospicente via dei Pellegrini, angolo via Gubbio, nella quale e' situato uno stabilimento industriale non piu' funzionante. Trattasi di area qualificata dal vigente p.r.g. "zona omogenea B1", destinata a "zona funzionale I - industriale e artigianale", con una edificabilita' in caso di demolizione degli edifici esistenti e loro ricostruzione di circa mq 4.200 di superficie lorda di pavimento, da destinare per il 50% ad attivita' produttive, per il 30% a funzioni compatibili e per il rimanente 20% ad uffici tecnici integrati. Con deliberazione 14 febbraio 1989, n. 4/39554 la regione Lombardia, in attuazione della legge regionale n. 39/1988, ha approvato, tra gli altri, un progetto per un nuovo insediamento alberghiero, con una superficie lorda di pavimento di mq 6.619, con una volumetria reale di quasi mc 23.000, per un'altezza di m 24 ed un numero totale di 268 posti letto, il tutto servito dalle due sole e anguste vie Pellegrini e Gubbio. In relazione alla prospettata perdita di luce, aria e veduta ed allo irreversibile deterioramento che si verificherebbe nella qualita' urbanistica della zona, i ricorrenti impugnano gli atti specificati, ritenendoli viziati per i seguenti motivi: 1) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', contraddittorieta', mancata predisposizione dei criteri di valutazione, difetto dei presupposti e della motivazione. L'art. 4.2 della legge regionale n. 39/1988 elenca quattro caratteristiche, in presenza di almeno due delle quali i progetti sono ammissibili. Nel caso di specie, il progetto della societa' immobiliare Alfeo e' stato ritenuto insistente su aree interne al perimetro del centro edificato (lett. a), art. 4.2) e presentare caratteristiche tali da configurare un miglioramento urbanistico (lett. c)). Per quest'ultimo aspetto non sussiste alcuna motivazione, essendosi la giunta regionale limitata, per tutti i casi di approvazione, a ripetere la formula della legge, mentre nei casi di rigetto ha semplicemente ritenuto non sussistere dette caratteristiche. E' quindi del tutto impossibile ricostruire l'iter logico della decisione assunta, e se la legge regionale fosse da interpretare nel senso che la valutazione del miglioramento urbanistico e' rimessa nell'arbitro della p.a., la stessa confliggerebbe con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Va, invece, ritenuto che la valutazione debba essere sostenuta da motivazione logica; la delibera regionale e' dunque illegittima perche' e' mancato il momento iniziale di una preventiva determinazione dei criteri valutativi dei progetti. Il comune ha dedicato al problema gli allegati 8 e 9 della propria deliberazione di giunta 3 agosto 1982, stabilendo molteplici criteri di valutazione per vari aspetti, mentre per la compatibilita' ambientale ed urbanistica si e' limitato a semplici indicazioni procedurali. In ogni caso, il provvedimento e', sul punto, assolutamente immotivato, ne' la scheda redatta dal settore urbanistico del comune nel settembre 1988 e' immune da genericita' ed arbitrio; 2) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', difetto dei presupposti e della motivazione. L'inserimento del nuovo albergo costituirebbe in realta' una incontrovertibile dequalificazione urbanistica della zona. Il p.r.g. consente un'eventuale ricostruzione solo per una s.l.p. di mq 4.200, laddove il progetto risulta di mq 6.619. La volumetria consentita e' di mc 13.860, mentre il progetto ne prevede circa 23.000 con ben sette piani fuori terra oltre a 20.000 circa nel sottosuolo. Il nuovo albergo deroga a tutte le garanzie della vigente normativa, in particolare del regolamento edilizio (artt. 31.2, 31.3, 31.5.1, 31.12, 33.3.1, 33.3.3, 35.1.12, 35.1.1.3, 35.1.2), per quanto riguarda la proiezione delle fronti, delle semifronti, la superficie filtrante, la distanza dal confine della proprieta', la rete viaria, i rapporti tra fronti, spazi pubblici e di terzi. Inoltre, e' venuta meno la direttiva prioritaria per le aree industriali dismesse e, stante le difficolta' derivanti dalle notevoli dimensioni dello scavo e dalla circostanza che la costruzione occuperebbe tutta l'area, il cui accesso e' possibile solo attraverso le due anguste vie esistenti, i disagi per gli abitanti della zona saranno lunghi e insostenibili; 3) violazione di legge. La legge regionale 4 luglio 1988, n. 39, emanata al fine di far fronte alle esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio, articola una procedura di eccezionale urgenza, caratterizzata da termini procedimentali brevissimi. La regione ha invece approvato i progetti con enorme ritardo, per cui la concessione edilizia dovra' essere rilasciata entro il 30 aprile 1989: e' comunque certo che, data l'imponente mole dei lavori, l'albergo in discorso non potra' essere ultimato entro la data prevista del 30 aprile 1990. La realizzazione dello stesso avrebbe dunque dovuto essere assentita attraverso le procedure normali per l'edilizia alberghiera, non essendo l'albergo in nessun modo destinato alle esigenze ricettive dei campionati mondiali; 4) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', difetto dei presupposti e della motivazione. Illegittimamente la giunta regionale, con delibera n. 37381 del 4 novembre 1988 ha rimandato - in quanto dimissionaria - ogni decisione alle determinazioni della nuova eligenda giunta, poiche' il termine del 4 novembre 1988 era perentorio e inderogabile, come si evince dal testo della legge regionale n. 39/1988 (la cui interpretazione contraria contrasterebbe con gli artt. 3 e 97 della Costituzione); 5) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', difetto dei presupposti e della motivazione. Il progetto approvato e' carente per quanto riguarda gli standards urbanistici a livello comunale (in particolare per spazi pubblici a parco gioco e sport, che dovrebbero risultare pari a mq 3.058, e per parcheggi ad uso pubblico, prescritti nella misura di 3 mq/ab.); 6) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', contraddittorieta', difetto dei presupposti e della motivazione. In subordine, incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 97 e 117 della Costituzione. Il progetto comporta la modifica della destinazione urbanistica, non consentita dall'art. 3 della legge regionale n. 39/1988, che legittima eventuali deroghe del r.e. e delle n.t.a., mentre nel caso siamo in presenza di una vera e propria variante di p.r.g. Ove l'art. 5 citato andasse interpretato nel senso che consente ogni deviazione dalla normativa urbanistica locale, sarebbe incostituzionaleper violazione delle norme, cosi' come incostituzionale appare l'art. 5.2, secondo cui la mera approvazione dell'elenco dei progetti edilizi avrebbe valore automatico di dichiarazione di pubblica utilita', senza necessita' di inserimento dell'opera nel p.p.a.; 7) violazione di legge. Secondo l'art. 17, sesto comma, della legge n. 765/1967, nei comuni dotati di p.r.g. eventuali costruzioni eccedenti i 3 mc/mq devono essere contemplate nei PP. o PL per l'intera area: il progetto de quo prevede una denista' volumetrica di 6,28 mc/mq; 8) eccesso di potere per illogicita', difetto dei presupposti e della motivazione. E' da presumersi che la concessione edilizia sia sopravvenuta in data 30 aprile 1989 per silenzio assenso, secondo l'art. 6.2 della legge regionale n. 39/1988. Non risulta peraltro acquisito il formale impegno a mantenere l'uso alberghiero per un determinato numero di anni (punto 9, all. 8, alla delibera g.m. 3 agosto 1988), condizione essenziale per la validita' della concessione; e' stata omessa la verifica della conformita' dell'atto di frazionamento 19 novembre 1987 a favore della soc. Alfeo con la norma dell'art. 18 della legge n. 47/1989; non e' noto se risulti l'autorizzazione alla demolizione degli edifici esistenti; non risulta un adeguato controllo da parte del consiglio di zona; 9) altri motivi di incostituzionalita'. La costruzione dei nuovi alberghi e' consentita, dalla legge regionale n. 39/1988, senza il pagamento dei contributi edificatori, e cio' contrasta con l'art. 9, lett. f), della legge n. 10/1977, da considerarsi principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Risultano dunque violati gli artt. 3 e 117 della Costituzione. In secondo luogo, la competenza regionale si sovrappone al potere che istituzionalmente spetta al sindaco in materia edilizia con conseguente violazione degli artt. 3, 97 e 128 della Costituzione da parte degli artt. 51, lettere b) e e) e 6.1 della predetta legge regionale. I ricorrenti concludevano per l'annullamento degli atti impugnati, previa sospensione dell'efficacia. L'istanza cautelare e' stata respinta con ordinanza 4 luglio 1989, n. 514, confermata in appello. Nel procedimento si sono costituiti sia il comune che la controinteressata soc. Alfeo, chiedendo la reiezione del ricorso, e sono interventui l'Hotel Mediolanum S.r.l. ed altri e l'A.L.A., a sostegno delle tesi dei ricorrenti (con atti notificati nell'imminenza dell'udienza odierna). Chiamato all'udienza del 4 luglio 1989, il ricorso e' stato sospeso e rinviato in attesa della definizione della questione di legittimita' costituzionale sollevata d'ufficio nel procedimento avente ad oggeto il ricorso n. 2893/1988; la questione e' stata dichiarata inammissibile con ordinanza n. 350/1990 dalla Corte costituzionale, che ha ordinato la restituzione degli atti a questo t.a.r. Nel frattempo, con ricorso notificato il 25 maggio 1990, parte dei ricorrenti nel primo gravame ha impugnato il provvedimento comunale tacito od esplicito di rilascio di concessione edilizia per la parte non ultimata del futuro albergo Adler Pellegrini, e tutti gli atti connessi. Ricordato che l'art. 6 punto 3 della legge regionale n. 39/1988 prevede che nella concessione edilizia sia tassativamente inserita la previsione del termine di ultimazione dei lavori entro e non oltre il 30 aprile 1990, mentre i successivi punti 4 e 5 consentono che, per il caso in cui, eccezionalmente, qualche albergo non sia, a tale data, ultimato, il concessionario presenti istanza per nuova concessione edilizia per la parte non ultimata, essendo, in questo caso, la concessione subordinata al pagamento del contributo ordinario, i ricorrenti espongono che alla fine dell'aprile 1990 l'albergo Adler Pellegrini non era stato neppure iniziato, e che a tale data i lavori di fondazione sono proseguiti, dal che si e' dedotta l'esistenza di una nuova concessione edilizia. Si e' cosi' appreso che l'assessore all'edilizia privata del comune di Milano avrebbe inviato, nel mese di marzo, a tutti gli alberghi in costruzione una circolare, nella quale specificava che, per la parte non ultimata alla data menzionata, la nuova concessione sarebbe stata rilasciata per silenzio-assenso dopo trenta giorni dalla data di presentazione della domanda. E' da presumersi che tale procedura sia stata seguita nel caso in esame, per cui i ricorrenti lamentano i seguenti vizi di legittimita': 1) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', sviamento, difetto dei presupposti e della motivazione. L'istituto della concessione edilizia per silenzio-assenso e' eccezionale ed anomalo e deve percio' essere previsto specificamente ed esclusivamente dalla legge. I poteri di concessione tacita di cui alla legge regionale n. 39/1988 si sono esauriti con la prima applicazione della legge, tanto e' vero che il punto 4 dell'art. 6 obbliga il concessionario che non ha ultimato i lavori a richiedere una nuova concessione. L'assessore all'edilizia privata non poteva quindi introdurre con circolare un sistema che solo la legge puo' prevedere, anche perche' i contributi dovuti non possono essere determinati in modo tacito; 2) violazione di legge ed eccesso di potere per illogicita', sviamento, difetto dei presupposti e della motivazione. La legge n. 39/1988 concedeva la possibilita' di deroga alla conformita' edilizia e/o urbanistica nella approvazione dei progetti, in vista della necessita' di apprestare per il 30 aprile 1990 alberghi funzionanti. In presenza della anomala situazione verificatasi, che vede alberghi a tale data neppure concretamente iniziati, tale possibilita' di deroga deve intendersi venuta meno, tant'e' vero che la nuova concessione segue il regime ordinario. Conseguentemente, la concessione impugnata presenta vistose violazioni del vigente regime urbanistico, in particolare per quanto riguarda la destinazione di p.r.g. ed i connessi indici di edificabilita', e numerose norme del regolamento edilizio. Pertanto, tutto l'edificio alberghiero sara' in contrasto con il p.r.g. ed il r.e. I ricorrenti concludevano per l'annullamento degli atti impugnati, previa sospensione degli stessi. Si sono costituiti il comune di Milano e la societa' Alfeo, insistendo per la reiezione del ricorso; hanno sostenuto invece le ragioni del ricorrente gli intervenienti A.L.A., Mediolanum Hotel ed altri, analogamente a quanto fatto nel primo ricorso. Con ordinanza n. 460 del 6 giugno 1990, questo t.a.r. accoglieva l'istanza cautelare. Chiamati entrambi all'udienza odierna, i ricorsi passavano in decisione. D I R I T T O I) E' opportuno, preliminarmente, disporre la riunione dei ricorsi, connessi soggettivamente ed oggettivamente. II) Con il primo di essi sono impugnati il provvedimento con il quale la giunta regionale ha approvato, secondo la procedura delineata dalla legge regionale n. 39 del 1988, il progetto per la realizzazione dell'Hotel Adler Pellegrini; la conseguente, tacita, concessione edilizia; il parere espresso in merito dal Comune di Milano e la deliberazione con la quale, in precedenza, la giunta regionale, dimissionaria, aveva rimandato ogni decisione in merito all'attuazione dell'art. 5 della legge citata. Oggetto del secondo ricorso sono invece la nota dell'assessore all'edilizia privata del comune di Milano circa la procedura da seguire per la parte degli alberghi non ultimata dalla data del 30 aprile 1990 e la concessione rilasciata per silenzio-assenso per l'ultimazione dell'albergo in discorso. Precisamente dalla circostanza che, alla data indicata, la concessione edilizia oggetto del primo ricorso avrebbe esaurito la propria operativita', la difesa della societa' controinteressata argomenta l'avvenuta cessazione della materia del contendere di quel gravame. La tesi non puo' essere condivisa. La concessione edilizia che, nella lettera della legge regionale n. 39/1988 - art. 6, punti 4 e 5 - puo' essere richiesta per l'ultimazione delle opera a far data dal 1 maggio 1990, non puo' essere considerata provvedimento autonomo, avente oggetto e contenuto avulso dal precedente assentimento edilizio: al contrario, nella eccezionale procedura delineata dalla legge, la funzione autorizzatoria del manufatto orientato al particolare scopo considerato, deve essere riportata all'atto complesso concessione agevolata-concessione successiva (dalla prima differenziantesi per l'onerosita'). Se cosi' non fosse, ne deriverebbe la conseguenza, evidentemente assurda, della sopravvenuta abusivita' della parte costruita avvalendosi delle numerose deroghe alla normale disciplina edilizia ed urbanistica, deroghe consentite dalla legge regionale e costituenti il paradigma per l'assenso della speciale concessione. Ne deriva che, una volta spirato il termine del 30 aprile 1990, non tutta l'assentibilita' dell'opera potra' e dovra' costituire oggetto della nuova concessione, ma unicamente la quantificazione del contributo per spese di urbanizzazione e costo di costruzione (se per tutta la struttura o per la parte da realizzare e' cosa che qui non rileva). Nel caso di specie, l'assenso alla edificazione dell'albergo Adler va riportato alla concessione (tacita) ex art. 6, punto 2, legge regionale citata e - senza soluzione di continuita' - alla concessione (tacita) ex art. 6, punti 4 e 5 della medesima legge. Se tale procedura, ed in particolare il rilascio mediante silenzio concludente (secondo le disposizioni di cui alla nota assessoria e oggetto del secondo ricorso) abbia concretamente rispettato la legalita' e' questione che attiene al merito dei ricorsi: ma e' certo che essi - nell'ottica ritenuta - conservano entrambi la propria materia che, insieme, costituisce l'indagine sulla - complessa - concessione edilizia. III) Cosi' ritenutane la permanenza, l'oggetto dei ricorsi va esaminato alla luce dell'iter procedimentale delineato dalla legge regionale n. 39/1988: ma, in questa prospettiva, il collegio non puo' che ribadire i propri dubbi circa la costituzionalita' di tale legge, dubbi che gia' hanno determinato la rimessione della questione, sollevata con ordinanza n. 376 del 26 settembre 1989 alla Corte costituzionale. La rilevanza della questione medesima e' di tutta evidenza per quanto riguarda l'oggetto del primo ricorso, che si incentra sull'approvazione del progetto presentato dalla soc. Alfeo ai sensi della legge regionale citata; e lo e' anche per quanto riguarda il secondo gravame, poiche' l'indagine sul punto nodale dello stesso (e cioe' se, essendo per massima parte ancora da realizzare la struttura alberghiera, potesse o meno considerarsi applicabile l'art. 6, punti 4 e 5, della medesima legge, nonche' la portata, derogatoria o comune, della nuova concessione) non puo' essere condotta che alla stregua della lettera e della ratio della speciale normativa regionale. Va cosi' ribadito che, a giudizio del collegio, puo' dubitarsi della compatibilita' di tale normativa regionale con i precetti costituzionali in tema di garanzie delle autonomie locali (artt. 4, 114, 117, primo comma, e 128 della Costituzione) e con il criterio della necessaria ragionevolezza delle scelte del legislatore, criterio della cui immanenza nel sistema fondamentale l'art. 97, primo comma, e', insieme, espressione e sintomo. L'infrazione, del resto, del precetto di cui all'art. 128 della costituzione ha condotto la Corte costituzionale a dichiarare l'illegittimita' della legge della regione Piemonte riapprovata il 5 ottobre 1989, avente un impianto analogo a quello qui in discorso e parimenti recante norme a sostegno della ricettivita' turistica in occasione dei mondiali di calcio (sentenza n. 157 del 19 marzo-4 aprile 1990). Per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione, valgono le osservazioni che seguono: 1) la legge della regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39. Allo scopo di "far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990" e di promuovere l'incremento della ricettivita' turistica "ad uso alberghiero nel comune di Milano e ad uso extralberghiero anche nei comuni confinanti", la legge in esame prevede il seguente procedimento (per sommi capi): I) presentazione al comune competente per territorio e alla Regione di progetti finalizzati alla realizzazione di nuove strutture, al recupero e all'ampliamento di strutture esistenti. Tali progetti, tra l'altro, devono contenere la "precisazione del richiedente se l'opera sia compatibile o meno con le norme urbanistiche ed edilizie vigenti nel comune interessato" e relazione tecnica con indicazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria esistenti e/o progettate; II) espressione, entro trenta giorni, da parte del comune, di parere "vincolante, se espresso", e trasmissione alla giunta regionale; III) valutazione, da parte della giunta regionale, dell'ammissibilita' dei progetti edilizi sulla base di un requisito - quantitativo - essenziale e della presenza di almeno due tra determinate caratteristiche, attinenti all'ubicazione, alla presenza di standards urbanistici, alla qualita' urbanistica dell'area, alla valorizzazione di beni ambientali e monumentali, all'adozione di nuove tecnologie; IV) approvazione dei progetti edilizi, da parte della giunta regionale, con provvedimento motivato circa l'intervenuto parere del comune; l'eventuale assenso pur in carenza di parere comunale; la concessione di deroga, in caso di non conformita' edilizia e/o urbanistica del progetto, riconoscendosi all'intervento il carattere di opera di interesse generale ed anche in assenza di espressa previsione del r.e. o delle n.a. del p.r.g. l'approvazione ha valore di dichiarazione di p.u. e l'attuazione non richiede il previo inserimento p.p.a.; V) apposizione del vincolo di destinazione alberghiera sugli edifici realizzati; VI) obbligo del sindaco di rilascio della concessione edilizia per i progetti approvati dalla giunta regionale; formazione di silenzio-assenso; 2) puo' intanto discutersi della natura della funzione legislativa cosi' esercitata dalla regione. la specialita' dell'evento, e la circostanza che lo stesso sia stato oggetto di specifica normazione da parte dello Stato, potrebbe fondatamente far propendere per una collocazione nella potesta' legislativa attuativa. Se cosi' fosse, l'infrazione all'art. 117, secondo comma, della Costituzione deriverebbe direttamente dalla circostanza che la legislazione statale in materia (legge n. 556/1988 e d.-l. 12 giugno 1989) non demanda alle regioni l'emanazione di norme di attuazione. Fondati dubbi di incostituzionalita', comunque, sussistono anche se si riconosce valenza urbanistica o turistica alla legge in esame, e quindi la si colloca nell'ambito della potesta' legislativa concorrente, ex art. 117, primo comma, della Costituzione; Com'e' noto, nell'esercizio del potere normativo per le materie ivi indicate, la regione incontra il limite dei "principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato"; Un primo profilo di indagine riguarda percio' l'individuazione di tali principi nell'ambito della legislazione statale nei settori: 2.1) urbanistica (ed edilizia) e 2.2) turismo ed industriale alberghiera, nonche' la successiva verifica del rispetto degli stessi da parte della legge in esame; 3) poiche' peraltro l'azione normativa regionale non puo' non incidere sul contesto normativo nel quale operano gli enti locali la cui autonomia e' costituzionalmente garantita - e ne condiziona l'attivita', occorrera' indagarne la compatibilita' anche gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione; 4) infine, non manifestamente infondati possono essere ritenuti profoli di incostituzionalita' derivanti dalla irraginevolezza della disciplina regionale in esame, rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma, della Costituzione (cfr. Corte costituzionale n. 1/1989), sia con riferimento alla logicita' intrinseca del procedimento delineato, sia con riferimento alla congruenza dello stesso rispetto al fine della norma (accelerare ed incrementare la ricettivita' turistica in vista dello svolgimento dei mondiali di calcio) sia, infine, alla serieta' e necessita' del contenuto (Corte costituzionale n. 230/1989). (Va da se' che gli aspetti enucleati confluiscono, sotto diversi profili, gli uni negli altri); Ed allora, in analisi: 2.1.) le potesta' regionali in materia urbanistica. L'art. 117, primo comma, della Costituzione, inserisce tra le materie proprie della regione l'urbanistica, e non l'edilizia. Tuttavia, dati i confini piuttosto sfumati tra le due materie, e poiche' lo stesso legislatore delegato - a cominciare dal d.P.R. n. 8/1972 - ha mostrato di ritenerne la contiguita', si puo' convenire che, come recita il d.P.R. n. 616/1977, la materia riguardi "l'assetto e l'utilizzazione del territorio" nei suoi vari aspetti. Per attenersi a quello piu' propriamente edilizio, spettano alla Regione, secondo l'art. 1 del d.P.R. n. 8/1972, tra le altre, la funzione relativa al "nulla osta al rilascio di licenze edilizie in deroga alle norme dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi, ivi comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere" (di cui all'art. 16 della legge n. 765/1967), "la sospensione e demolizione di opere difformi dal piano regolatore oppure comunque non rispondenti alle prescrizioni del piano medesimo" (lettere l) e m)); altre competenze riguardano il potere di annullamento di deliberazioni e provvedimenti comunali autorizzanti opere non conformi a prescrizioni dei suddetti strumenti urbanistici (art. 27 della legge n. 1150/1942); la sospensione, su richiesta del sindaco, di lavori la cui realizzazione renderebbe piu' onerosa o comprometterebbe l'attuazione del p.r.g. o del programma di fabbricazione non ancora approvati (art. 4 della legge n. 291/1971); la determinazione delle sanzioni per l'omesso o ritardato pagamento del contributo di concessione; lo stabilire le variazioni essenziali del progetto approvato, e quali aree del territorio debbono essere assoggettate a particolare controllo periodico (artt. 3, 8 e 23 della legge n. 47/1985). Tra le piu' rilevanti funzioni attinenti propriamente all'urbanistica, si possono ricordare l'approvazione dei piani territoriali di coordinamento, previsti dall'art. 5 della legge n. 1150/1942 e successive modificazioni e integrazioni; la determinazione della estensione e l'approvazione del piano intercomunale previsto dall'art. 12 della medesima legge n. 1150/1942; l'approvazione del p.r.g.; l'approvazione del p.e.e.p. di cui alla legge n. 167/1972 modificata dalla legge n. 865/1971; l'approvazione del piano per gli insediamenti produttivi (art. 27 della legge n. 865/1971), la programmazione urbanistica attraverso il programma pluriennale di attuazione (art 13 della legge n. 10/1977), lo stabilire criteri e modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti territoriali determinati, delle destinazioni d'uso degli immobili; la disciplina della formazione, adozione e approvazione delle varianti allo strumento urbanistico generale finalizzate al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi (artt. 25 e 29 della legge n. 47/1985). trattasi dunque di funzioni - e di connesse potesta' legislative che concernono la programmazione dell'organico assetto territoriale (quella piu' propriamente urbanistica), ovvero il controllo e l'integrazione dell'attivita' propria dell'ente locale (quella piu' propriamente edilizia), restando sempre e comunque fermo - anche per espressa previsione delle leggi-quadro intervenute in materia: si veda l'art. 17, lett. d), della legge n. 281/1970 - "il rispetto delle esigenze dell'autonomia e del decentramento ai sensi degli artt. 5 e 128 della Costituzione". La recente legge di riforma delle autonomie locali (n. 142/1990) ribadisce, all'art. 9, come principio dell'ordinamento, che spettano al comune "le funzioni... dell'assetto ed utilizzazione del territorio" nell'ambito di queste esigenze e funzioni non puo' non essere collocato il principio, secondo il quale all'ordinato assetto del proprio territorio e' preposto il comune al cui organo monocratico, in prima battuta, spetta assicurarne la rispondenza alla programmazione urbanistica. La stessa legge n. 47/1985, con norma dichiarata di principio rispetto alla legislazione regionale (artt. 1 e 4), ribadisce tale competenza, del resto tradizionale e costante in tutta la legislazione pregressa. Si puo' quindi, sul punto, ritenere che, nell'ambito della ripartizione delle competenze che comunque sul territorio trovano espressione, alla regione competa un potere programmatorio e di indirizzo ed inoltre un potere di controllo (in senso lato) e di supporto all'attivita' del comune; al quale invece pertiene, in via prioritaria, sovrintendere allo sviluppo edilizio del proprio territorio. Una legge regionale che contravvenisse a tale ripartizione, confliggerebbe percio' con l'art. 117, primo comma, della Costituzione poiche' esulerebbe dall'ambito dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato: confligerebbe contro la precisa legge statale che tali funzioni ha trasferito (e che ha ribadito la salvezza per le autnomie locali); confliggerebbe anzi contro il concetto stesso di "trasferimento", poiche', riguardando questo funzioni gia' avocate allo Stato, e' evidente che in nussun modo ed in nessun senso potrebbe coinvolgere attribuzioni viceversa proprie dell'ente locale; confliggerebbe infine contro gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione almeno tutte le volte in cui l'infrazione operata non sia da ritenersi ragionevole rispetto alle finalita' generali perseguite (Corte costituzionale, n. 1010/1988: sul punto si veda sub 4); 2.2) le potesta' regionali in materia turistico-alberghiera. Trasferite con d.P.R. n. 6/1972, le funzioni amministrative in oggetto riguardando, tra l'altro, "la programmazione, lo sviluppo e l'incentivazione del turismo regionale". I principi fondamentali sono stabiliti dalla legge n. 217/1983; l'art. 8 prevede che spetta alle regioni sottoporre, con specifiche leggi, a vincolo di destinazione le strutture ricettive; che i comuni provvedono ad individuare aree destinate ad attivita' turistiche e ricettive e a determinare la disciplina e utilizzazione di tali aree tenendo conto dei piani di sviluppo predisposti dalle regioni, adeguando, entro un anno dalla entrata in vigore delle leggi regionali, i propri strumenti urbanistici mediante l'individuazione delle aree destinate ad insediamenti turistici produttivi, che a tal fine sono vincolate; che, con apposite leggi, le regioni stabiliscano i modi per la rimozione del vincolo di destinazione, le sanzioni per i casi di inadempienza e i necessari raccordi con le norme e i piani urbanistici. E' previsto il contributo finanziario dello Stato alle regioni ai fini dello sviluppo delle attivita' turistiche: per gli investimenti destinati alla creazione di nuove strutture ricettive e di nuovi servizi, le opere devono essere incluse nei programmi regionali di sviluppo di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 616/1977 (art. 13). La legge n. 217/1983, si e' detto, contiene i profili ai quali la normativa regionale deve prestare ossequio: una legge regionale che provvedesse in difformita' violerebbe l'art. 117 in maniera diretta e automatica. Dalla legge n. 217/1983 si evince, inoltre, la conferma della signoria comunale sul proprio territorio: quello che la regione e' chiamata ad assolvere e' un compito legislativo e riguardante l'attivita' imprenditoriale, non la dislocazione diretta sul territorio, se non in termini di programmazione di massima; la norma regionale che da tale criterio si discostasse violerebbe dunque anche gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione, a meno che altra normativa di principio potesse ritenersi speciale - in relazione all'evento "Mondiali" - rispetto a quella teste' richiamata; 2.2.1) la legislazione statale in occasione dei "mondiali di calcio". Venendo a quest'ultimo punto, non pare che la legislazione statale emanata nell'occasione richiamata abbia apportato deroghe al sistema delineato, ponendo cosi' principi speciali e diversi per la legislazione regionale. Il d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito nella legge 30 dicembre 1988, n. 556, prevede che, in vista dell'avvenimento, sia autorizzata una spesa straordinaria per la realizzazione, sviluppo ed ammodernamento di "strutture turistiche e ricettive", secondo progetti da approvarsi da parte del Ministero del turismo e dello spettacolo, previa verifica - se a base regionale - della conformita' alle finalita' dei programmi di sviluppo regionale (tale verifica e' di competenza delle regioni interessate). Sulla base dell'approvazione ministeriale, vengono determinate le somme spettanti a ciascuna regione per il finanziamento dei progetti approvati. Il progetto deve comunque essere compatibile "con i vincoli ambientali, paesaggistici, artistici e storici e con gli strumenti urbanistici"; in mancanza, occorre "la deliberazione del consiglio comunale adottata ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1, nel caso di opere pubbliche o di interesse generale" (art. 1, quarto comma, lett. d) nel testo modificato dalla legge di conversione). La legge poi prevede che le opere occorrenti per l'attuazione dei progetti siano assistite dalla dichiarazione di pubblica utilita' indifferibilita' ed urgenza, e che i beni cosi' realizzati rimangono di proprieta' pubblica per dieci anni, ovvero, se trattasi di interventi su beni ed opere gia' esistenti, siano sottoposti a vincolo di destinazione e d'uso; alla data predetta il concessionario e' tenuto a riscattare la proprieta' del bene o ad estinguere i vincoli, versando un corrispettivo definito nell'atto di concessione (che spetta alla regione stipulare con gli interessati per la realizzazione dei progetti approvati). La ripartizione del fondo previsto e' oggetto del d.-l. 12 giugno 1989 che lo suddivide tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Come si vede, la pur speciale disciplina statale non si discosta dai principi fondamentali sopra delineati: competenza del comune sul proprio territorio; intervento finanziario e di supporto da parte della regione. L'esigenza di provvedere adeguatamente in ordine all'avvenimento straordinario non postula dunque necessariamente alcuna infrazione all'assetto istituzionale delle competenze. Irragionevole, pertanto, sul punto, sarebbe una legge regionale che una tale necessita' assumesse a predicato. In ogni caso, essa sarebbe anche e comunque violativa dei principi fondamentali delle leggi nazionali, che rimangono quelli gia' visti. Inoltre, con riferimento diretto alla legge regionale in esame, si pone anche un problema di successione di legge nel tempo, poiche' detta legge e' del 4 luglio 1988, precedente quindi sia alla legge n. 556/1988 che al decreto con essa convertito; 3) conclusioni: sul punto 2.1. Si ritiene non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della legge regionale in oggetto per violazione degli artt. 5, 117, primo comma, 114 e 128 della Costituzione, sotto i profili evidenziati al punto 2.1. Detta legge ha infatti in sostanza paralizzato il potere istituzionalmente spettante al comune (per principio fondamentale della legislazione statale) sul proprio territorio. Il cosiddetto "parere vincolante" di cui all'art. 3, punto 2, puo', infatti, essere paralizzato dal rilascio, da parte della regione, della concessione in deroga, anche se non prevista dallo strumento urbanistico o dal regolamento edilizio comunale (art. 5, lett. c)), laddove il provvedimento ordinario di deroga presuppone l'iniziativa comunale e l'ammissibilita' della stessa in base a norme regolamentari locali: art. 41-quarter della legge n. 1150/1942 come modificato dalla legge n. 765/1967. L'approvazione definitiva dei progetti edilizi (art. 5, n. 1) spetta alla giunta regionale, ed il sindaco (art. 6) e' praticamente tenuto ad una mera ratifica della stessa, essendo la concessione edilizia, in tal caso, atto dovuto. L'apprezzamento del fabbisogno di standards urbanistici, e la qualita' urbanistica dell'intervenuto (art. 4, secondo comma, lettere b e c)) spetta la via diretta ed esclusiva alla regione. La funzione comunale viene coartata non solo nel senso che la regione puo' consentire interventi non ammissibili in base alle norme urbanistiche del comune, ma anche nel senso che puo' impedire l'edificazione viceversa consentita in base alle stesse norme ed in forza del conseguente parere favorevole comunale: si consideri il caso di un intervenuto assentito dal comune, ma che non assommi due caratteristiche tra quelle elencate dall'art. 4, punto 2. L'espropriazione di funzioni comunali e' ancora piu' evidente nel caso di mancata espressione del parere ex art. 3, punto 2: e' allora la giunta regionale chiamata ad esprimersi direttamente sull'ammissibilita' edilizia del progetto (art. 5, lett. b)) (e non occorre spendere parole in ordine alla profonda diversita' di questa fattispecie rispetto ai casi di silenzio-assenso previsti dalla legislazione urbanistica: legge n. 94/1982, nei quali alla qualificazione dell'atteggiamento comunale non corrisponde alcun trasferimento della funzione). Ne' tali infrazioni possono, come detto, ritenersi giustificate dall'esigenza straordinaria (secondo l'insegnamento di Corte costituzionale n. 1010/1988): ad escluderlo, valgono le considerazioni svolte sub 2.2.1. Sul punto 2.2. Non paiono rispettati i principi posti con la legge quadro n. 217/1983, che prevede limiti ben definiti per la normativa regionale, in ogni caso non estesi fino alla dislocazione territoriale degli alberghi sul territorio, come invece e' previsto dagli artt. 5 e 6 della legge regionale in esame. Inoltre, qualora si considerasse anche la normativa statale speciale attratta nell'ambito della materia "turismo ed industria alberghiera", non e' dubbio che la legge 30 dicembre 1988, n. 556, pone anch'essa principi fondamentali, nel senso che alla regione non spettano se non compiti erogativi di finanziamento statale e di stipula delle previste convenzioni. Il contrasto tra detti principi sopravvenuti e la norma regionale non e' tuttavia tale da poter essere apprezzato dal giudice in termini di prevalenza dei primi sulla seconda, in modo da poter essere risolto con i normali canoni ermeneutici della successione delle leggi sul tempo (cfr. Cass., sezione terza penale, 25 maggio 1982, n. 1968). Al contrario, la risoluzione di tale contrasto postula l'apprezzamento non di singole norme, ma quello, possibile solo da parte del giudice delle leggi, della conformita' dell'intera legge regionale al parametro costituzionale. Anche in questo senso, e per gli aspetti tratteggiati ai punti 2.2 e 2.2.1, sussisterebbe, dunque, violazione degli artt. 117, primo comma, 5, 114 e 128 della Costituzione; 4) il profilo della irragionevolezza della legge. Come ha messo in rilievo la Corte costituzionale (da ultimo, nella sentenza 3 novembre 1988, n. 1010) il concreto atteggiarsi delle modalita' di partecipazione degli enti locali territoriali al procedimento relativo all'esercizio di funzioni proprie (nella specie, alla formazione dei piani urbanistici), pur rientrando nella discrezionalita' del legislatore, ben puo' essere sindacato dalla Corte medesima sotto il profilo della sua ragionevolezza. Il criterio della "ragionevolezza" della legge (quale parametro sotteso a tutta la normazione costituzionale), trova espressione codificata in numerosi articoli della Carta fondamentale, ed in particolare, per quanto qui interessa, nell'art. 97 della Costituzione. Assicurare il buon andamento e l'efficienza dell'amministrazione, non altro vuol dire infatti che predisporre procedure logiche, lineari e congrue rispetto allo scopo: in una parola ragionevoli. A sua volta, il predicato della ragionevolezza si rinfrange in diversi caratteri: e' ragionevole una disciplina che delinea un procedimento intrinsecamente logico nelle vari sue fasi; che ha un contenuto serio e necessario (Corte costituzionale n. 230/1989); che configura una procedura coerente con le proprie finalita' generali (Corte costituzionale, n. 1010/1988). Sotto nessuno dei tre evidenziati aspetti la legge regionale in esame appare ragionevole: 4.1) quanto alla logicita' intrinseca del procedimento delineato, e' sufficiente ad escluderla la considerazione che viene imposto un doppio esame del progetto edilizio i cui esiti possono paralizzarsi a vicenda: nonostante sia espressamente definito "vincolante, se espresso", il parere del comune puo' essere vanificato dalla giunta regionale sulla base di un giudizio di non ammissibilita', ovvero in forza della concessione di deroga (straordinaria). Tale iter procedimentale - oltre ad essere viziato sotto i profili gia' evidenziati - stravolge anche i piu' elementari criteri di logica, secondo i quali il giudizio di ammissibilita' deve procedere, e non gia' seguire la valutazione di merito e questa, se definita vincolante, non puo' essere poi semplicemente derogata. La riprova dell'illogicita' del procedimento e' offerta - anche dalla sua ridondanza e dalla superfluita' delle sue fasi, poiche' e' evidentemente inutile un parere comunale che intervenga in una fase del procedimento tale da poter essere posto in non cale, sia se positivo (attraverso il giudizio di non ammissibilita'), sia se negativo (attraverso la deroga di iniziativa regionale). A cio' aggiungasi la completa irrilevanza della concessione edilizia, che ciononostante l'art. 6 dichiara atto dovuto da parte del sindaco per i progetti approvati dalla regione, ed anzi atto a formazione tipica (mediante il silenzio). A quest'ultimo proposito, non si vede proprio cosa il Sindaco possa "comunicare", essendo ormai il progetto approvato da parte della regione e costituendo percio' oggetto di "obbligatoria" concessione. Ecco quindi un ulteriore, inutile passaggio, che reitera un esame gia' compiuto in sede di presentazione del progetto edilizio ex art. 3: e se il comune ha gia' espresso il proprio parere in merito (ovviamente, alla luce delle norme edilizie ed urbanistiche alla cui attuazione e tutela e' preposto), non altro resta da esaminare o da decidere, ne' in ordine alla data di ultimazione dei lavori (gia' legislativamente fissata entro il 30 aprile 1990), ne' in ordine al pagamento di oneri, che non sono dovuti. Nel caso di specie, la rilevata irragionevolezza della legge emerge sotto un ulteriore profilo, con riguardo all'individuazione del contenuto della concessione edilizia attraverso la quale, ai sensi dell'art. 6, punti 4 e 5, e' possibile assentire la prosecuzione dell'attivita' edilizia. E' evidente, infatti, che attraverso il nuovo provvedimento si consente la prosecuzione di un'opera edilizia che, venuto a cadere il riferimento temporale, e, quindi, la presupposta finalita' speciale, potrebbe e dovrebbe essere considerata contrastante con i consueti canoni regolamentari: ma la norma non specifica ne' l'ambito dell'autorizzabile, ne' la sorte dell'eventualmente-non piu' assentibile, ne' a quali parametri vada ancorata la discrezionalita' amministrativa; 4.2) il contenuto della legge in esame non appare necessario, soprattutto tenuto conto della sopravvenuta, diversa normativa statale in materia (d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito nella legge 30 dicembre 1988, n. 556). Ma anche alla luce della legislazione qual era al momento dell'emanazione della normativa regionale, la stessa appare del tutto superflua. In effetti, la legge regionale della lombardia 19 maggio 1988, n. 196, gia' qualifica gli alberghi come strutture di interesse generale: per la costruzione degli stessi, dunque, e' comunque possibile il ricorso all'istituto della concessione edilizia in deroga, che l'art. 41-quater della legge n. 1150/1942, come mod. dall'art. 16 legge n. 765/1967 ammette per gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico", previo nulla osta regionale (art. 3 della legge n. 1357/1955). Nell'ordinamento, pertanto, era gia' vigente la normativa urbanistica di maggiore favore per l'edificazione di alberghi (normativa rispettosa, come si e' gia' notato, del riparto costituzionale delle competenze): non necessaria, se non nel senso dello stravolgimento di tale assetto costituzionale e' dunque la normativa regionale in esame. Tale conclusione si avvalora alla luce della possibilita', consentita dall'art. 1 quarto comma, lett. d), della legge n. 556/1988, di utilizzare la procedura ex art. 1, quarto comma, della legge n. 1/1978 per la realizzazione delle strutture finalizzate ai "mondiali". Anche con riferimento al settore turistico-alberghiero, il sistema conosceva gia' - attraverso le particolari competenze e funzioni regionali e comunali di cui alla legge n. 217/1983 - gli strumenti atti ad agevolare l'insediamento di strutture ricettive, mediante gli appositi piani di sviluppo e l'adeguamento agli stessi degli strumenti urbanistici: attraverso il sisterma cosi' delineato era logicamente attuabile l'incentivazione particolare, mentre la normativa regionale in esame di tale sistema e' totalmente stravolgente e, dunque, non utile (in altre parole: irragionevole); 4.3.) la finalita' della legge regionale n. 39 e' quella di "promuovere" - e quindi anche accelerare - l'incremento della ricettivita' turistica" "al fine di far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990". Al tal fine, lungi dal semplificare le procedure consuete riguardanti il settore edilizio-alberghiero, che gia' prevedono strumenti adeguati (concessioni in deroga, dichiarazione di interesse generale dell'opera), eventualmente snellendo fasi procedimentali, la legge ha operato in senso opposto, mediante la superfetazione del procedimento e la proliferazione di fasi non necessarie (esame di ammissibilita', anche, evidentemente, in presenza di un parere comunale favorevole, che gia' di per se' sarebbe presupposto sufficiente per il rilascio di ordinaria concessione edilizia; doppia fase comunale, in sede di esame del progetto ed in sede di rilascio di concessione; vaglio di conformita' urbanistica da parte del comune e da parte della regione, chiamata a pronuciarsi - di propria iniziativa, e non su richiesta del comune - sulla concessione in deroga). Tale frammentazione di funzioni appesantisce e complica la procedura, senza essere correlata ad alcun paticolare fine della legge; ed anzi, rispetto all'esigenze della promozione della ricettivita' turistica, risultando addirittura contraddittoria e, dunque - ancora una volta - irragionevole. In conclusione, a giudizio di questo t.a.r., la legge della regione Lombardia n. 39/1988 presenta profili di dubbia costituzionalita' alla stregua degli artt. 5, 114, 117, primo comma, e 128 della Costituzione, nonche' del criterio di ragionevolezza con riferimento all'art. 97, primo comma, della Costituzione. La risoluzione della questione e' altresi' prodromica all'esame del ricorso.