IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi nn. 1776/1989 e
 1763/1990 proposti da:
      per  il ricorso n. 1776/1989: Granelli Guerini Adriana, Barbaini
 Laura, Ghezzi Mario, Bonomelli Marco Maria, Sommariva Lucia,  Bianchi
 Crema  Marisa,  Molinari  Alessandra, Corneo Sartori Annamaria, Bossi
 Gianfranco, Salvaggio Cesare, Sami Mariagiovanna, Levi Luisa, Ranieri
 Zoraide,  Marro  Vismara  Lelia,  Dal  Santo Carlo, Baronio Lucchelli
 Maria,  Laurenza  Alberto,  Tonelli  Geminiano,  Garanzini   Antonio,
 Poletti  Clotilde,  Mandelli  Maria,  Paradiso  Adriana,  Immobiliare
 Plantus, Mingrino Concetta, Riedel Carlo, Bennici  Giuliano  Antonio,
 Menegazzi Roveda Giulia, Meda Maria Rosa, Costantini Formento Nelide,
 Tessera  Francesco,  Castelfranco  Lia,  Scoccimarro  Antonio,  Pobor
 Giovanni,  Marioni  Franco,  Vismara  Davide, Campi Daniela, Borghesi
 Mario, Gatti Pierlugi, Scaini Marco Alessandro, Furia Marzi  Liliana,
 Serrazanetti  Daniele,  Sola  Carlo,  Giovanni Manara, Capalbo Paolo,
 Perretti Cristina, Fugazzola Ernesta, Peroni Mattioli Luisa,  Salvini
 Anna,  Penati  Giuseppe,  Faggioli  Elena, Corti Antonio, Egro Maria,
 Ferraro Rita Luisa, Eisner Carl, Campagna Peretti Maria Luisa,  Dompi
 Franca,  Lombardia  Elsi, Societa' Montecchio, Guenci Giorgio, Longhi
 Franco, Massari Donata, De Florio Chiara, Sisto Maria Grazia, Spadoni
 Elisabetta,  Bellesini  Federica,  Bianchi  Iolanda,  Grandori  Anna,
 Alpeggiani  Annamaria,  Gargiulo  Ulderica   Maria,   Biagi   Enrico,
 Scortecci  Vieri,  Immobiliare Salce S.r.l., Rossana Colucci e Vitali
 Norina;
      per  il  ricorso  n. 1763/1990: Granelli Guerini Adriana, Ghezzi
 Mario, Bianchi Crema Marisa,  Sommariva  Lucia,  Laurenza  Alberto  e
 Bonomelli  Marcomaria;  tutti rappresentati e difesi dall'avv. Cesare
 Ribolzi  e  dal  dott.   proc.  Ettore   Ribolzi   ed   elettivamente
 domiciliati  presso  il  loro studio in Milano, piazza S. Ambrogio n.
 10, contro la regione Lombardia, in persona del presidente in  carica
 non costituita (limitatamente al ric. n. 1776/1989), contro il comune
 di  Milano,  in  persona  del  sindaco  in  carica,  costituitosi  in
 giudizio,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati Pietro Marchese,
 Giovanni Sindaco e dal dott. proc. Erminio  Amelio  ed  elettivamente
 domiciliato  presso gli stessi in Milano, via della Guastalla n. 8, e
 nei confronti della Societa' immobiliare Alfeo S.r.l., in persona del
 legale  rappresentante,  costituitasi  in  giudizio,  rappresentata e
 difesa dall'avv. Giuseppe Sala, ed elettivamente  domiciliata  presso
 lo stesso in Milano, via Hoepli n. 3, con l'intervento:
      dell'Associazione lombardia albergatori (A.L.A.), in persona del
 presidente, rappresentata dall'avv. Guido Salvadori del Prato, presso
 lo stesso elettivamente domiciliata, in Milano, via Manara n. 15;
      di  Mediolanum  Hotel  S.r.l.,  Hotel  Adam  S.n.c., Hotel Gamma
 S.n.c., Hotel Gritti S.n.c., Hotel Atlantic della Sea  S.n.c.,  Hotel
 delle  Nazioni  S.r.l.,  Hotel Augustus della Siam S.r.l., in persona
 dei rispettivi legali rappresentanti, rappresentati  e  difesi  dagli
 avvocati   Floriana   e   Gianfranco   Maris,   presso   quest'ultimo
 elettivamente domiciliati in Milano, via  Dei  Giardini  n.  10,  per
 l'annullamento (ric. n. 1776/1989):
      1)  della deliberazione della giunta regionale 14 febbraio 1989,
 n.  4/39554,  nella  parte  in  cui  approva  il  progetto   per   la
 realizzazione di un albergo in Milano, via dei Pellegrini;
      2)    della    conseguente   eventuale   concessione   edilizia,
 esplicitamente o silenziosamente rilasciata, ai  sensi  dell'art.  6,
 punto 2, della legge regionale n. 39/1988;
      3) di tutti gli atti connessi, ivi inclusi il parere comunale di
 cui a deliberazione consiliare n. 118/1988 e la delibera della giunta
 regionale 4 novembre 1988, n. 37381; nonche' per l'annullamento (ric.
 n. 1763/1990): del provvedimento comunale (tacito  od  esplicito)  di
 rilascio  di concessione edilizia per la parte di lavori non ultimati
 del futuro albergo Adler Pellegrini e di tutti gli atti connessi,  in
 particolare la nota dell'assessore all'edilizia privata del comune di
 Milano sul procedimento per il rilascio delle concessioni edilizie di
 cui all'art. 6, punto 4, della legge regionale n. 39/1988;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio del comune di Milano e
 della  controinteressata  Societa'  immobiliare  Alfeo  r.l.  e   gli
 interventi   ad   adiuvandum   proposti   dall'Associazione  lombarda
 albergatori e da Mediolanum Hotel S.r.l. ed altri;
    Viste  le  memorie  prodotte  dalle parti a sostegno delle proprie
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito,  alla  pubblica  udienza  dell'11  luglio  1990 il relatore
 Roberta Vigotti;
    Uditi,  altresi', l'avv. Ribolzi per i ricorrenti; gli avv. Surano
 e Amelio per il comune  di  Milano;  l'avv.  Sala  per  l'Immobiliare
 Alfeo;  gli  avvocati  Maris  per  la Soc. Mediolanum Hotel ed altri;
 l'avv. Salvadori Del Prato per la Soc. Ala;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  ricorso notificato il 22 maggio 1989 Granelli Guerini Adriana
 ed altri (come specificati in epigrafe), proprietari ed  abitanti  di
 unita'  residenziali  site  negli  edifici di via dei Pellegrini, via
 Madre Cabrini, via Gubbio e via Cassolo, in Milano,  impugnavano  gli
 atti   in   epigrafe  indicati,  esponendo  che  le  suddette  unita'
 immobiliari godono attualmente di un'ampia  possibilita'  di  veduta,
 luce  ed  aria  sull'area  di  circa  mq  4.600,  prospicente via dei
 Pellegrini,  angolo  via  Gubbio,  nella   quale   e'   situato   uno
 stabilimento  industriale  non  piu'  funzionante.  Trattasi  di area
 qualificata dal vigente p.r.g. "zona omogenea B1", destinata a  "zona
 funzionale  I - industriale e artigianale", con una edificabilita' in
 caso di demolizione degli edifici esistenti e loro  ricostruzione  di
 circa  mq 4.200 di superficie lorda di pavimento, da destinare per il
 50% ad attivita' produttive, per il 30% a funzioni compatibili e  per
 il  rimanente  20%  ad uffici tecnici integrati. Con deliberazione 14
 febbraio 1989, n. 4/39554 la regione Lombardia, in  attuazione  della
 legge  regionale n. 39/1988, ha approvato, tra gli altri, un progetto
 per un nuovo insediamento alberghiero, con una  superficie  lorda  di
 pavimento  di  mq 6.619, con una volumetria reale di quasi mc 23.000,
 per un'altezza di m 24 ed un numero totale di  268  posti  letto,  il
 tutto  servito  dalle  due sole e anguste vie Pellegrini e Gubbio. In
 relazione alla prospettata perdita di luce, aria  e  veduta  ed  allo
 irreversibile  deterioramento  che  si  verificherebbe nella qualita'
 urbanistica della zona, i ricorrenti impugnano gli atti  specificati,
 ritenendoli viziati per i seguenti motivi:
      1)  violazione  di  legge  ed eccesso di potere per illogicita',
 contraddittorieta',   mancata   predisposizione   dei   criteri    di
 valutazione, difetto dei presupposti e della motivazione.
    L'art.  4.2  della  legge  regionale  n.  39/1988  elenca  quattro
 caratteristiche, in presenza di almeno due  delle  quali  i  progetti
 sono  ammissibili.  Nel  caso  di  specie, il progetto della societa'
 immobiliare Alfeo e' stato ritenuto insistente  su  aree  interne  al
 perimetro  del  centro  edificato  (lett.  a), art. 4.2) e presentare
 caratteristiche tali  da  configurare  un  miglioramento  urbanistico
 (lett. c)). Per quest'ultimo aspetto non sussiste alcuna motivazione,
 essendosi  la  giunta  regionale  limitata,  per  tutti  i  casi   di
 approvazione,  a  ripetere la formula della legge, mentre nei casi di
 rigetto   ha   semplicemente   ritenuto    non    sussistere    dette
 caratteristiche.
    E'  quindi  del  tutto impossibile ricostruire l'iter logico della
 decisione assunta, e se la legge regionale fosse da interpretare  nel
 senso  che  la  valutazione  del miglioramento urbanistico e' rimessa
 nell'arbitro della p.a., la stessa confliggerebbe con gli artt.  3  e
 97 della Costituzione.
    Va,  invece, ritenuto che la valutazione debba essere sostenuta da
 motivazione logica;  la  delibera  regionale  e'  dunque  illegittima
 perche'   e'   mancato   il   momento   iniziale  di  una  preventiva
 determinazione dei criteri valutativi  dei  progetti.  Il  comune  ha
 dedicato  al  problema gli allegati 8 e 9 della propria deliberazione
 di giunta 3 agosto 1982, stabilendo molteplici criteri di valutazione
 per   vari  aspetti,  mentre  per  la  compatibilita'  ambientale  ed
 urbanistica si e' limitato a semplici indicazioni procedurali.
    In  ogni  caso,  il  provvedimento  e',  sul  punto, assolutamente
 immotivato, ne' la scheda redatta dal settore urbanistico del  comune
 nel settembre 1988 e' immune da genericita' ed arbitrio;
      2)  violazione  di  legge  ed eccesso di potere per illogicita',
 difetto dei presupposti e della motivazione.
    L'inserimento  del  nuovo  albergo  costituirebbe  in  realta' una
 incontrovertibile dequalificazione urbanistica della zona. Il  p.r.g.
 consente  un'eventuale ricostruzione solo per una s.l.p. di mq 4.200,
 laddove il progetto risulta di mq 6.619. La volumetria consentita  e'
 di  mc  13.860,  mentre  il  progetto ne prevede circa 23.000 con ben
 sette piani fuori terra oltre a 20.000 circa nel sottosuolo. Il nuovo
 albergo  deroga  a  tutte  le  garanzie  della  vigente normativa, in
 particolare del  regolamento  edilizio  (artt.  31.2,  31.3,  31.5.1,
 31.12,   33.3.1,  33.3.3,  35.1.12,  35.1.1.3,  35.1.2),  per  quanto
 riguarda la proiezione delle fronti, delle semifronti, la  superficie
 filtrante,  la distanza dal confine della proprieta', la rete viaria,
 i rapporti tra fronti, spazi pubblici e di terzi. Inoltre, e'  venuta
 meno  la  direttiva  prioritaria  per le aree industriali dismesse e,
 stante le difficolta' derivanti dalle notevoli dimensioni dello scavo
 e  dalla  circostanza che la costruzione occuperebbe tutta l'area, il
 cui  accesso  e'  possibile  solo  attraverso  le  due  anguste   vie
 esistenti,  i  disagi  per  gli  abitanti della zona saranno lunghi e
 insostenibili;
      3) violazione di legge.
    La  legge  regionale  4 luglio 1988, n. 39, emanata al fine di far
 fronte alle esigenze di ricettivita' derivanti dallo svolgimento  dei
 campionati  mondiali di calcio, articola una procedura di eccezionale
 urgenza, caratterizzata da termini procedimentali brevissimi.
    La  regione ha invece approvato i progetti con enorme ritardo, per
 cui la concessione edilizia dovra'  essere  rilasciata  entro  il  30
 aprile 1989: e' comunque certo che, data l'imponente mole dei lavori,
 l'albergo in discorso  non  potra'  essere  ultimato  entro  la  data
 prevista del 30 aprile 1990.
    La   realizzazione  dello  stesso  avrebbe  dunque  dovuto  essere
 assentita attraverso le procedure normali per l'edilizia alberghiera,
 non   essendo  l'albergo  in  nessun  modo  destinato  alle  esigenze
 ricettive dei campionati mondiali;
      4)  violazione  di  legge  ed eccesso di potere per illogicita',
 difetto dei presupposti e della motivazione.
    Illegittimamente  la giunta regionale, con delibera n. 37381 del 4
 novembre 1988 ha rimandato - in quanto dimissionaria - ogni decisione
 alle  determinazioni  della nuova eligenda giunta, poiche' il termine
 del 4 novembre 1988 era perentorio e inderogabile, come si evince dal
 testo  della  legge  regionale  n.  39/1988  (la  cui interpretazione
 contraria contrasterebbe con gli artt. 3 e 97 della Costituzione);
      5)  violazione  di  legge  ed eccesso di potere per illogicita',
 difetto dei presupposti e della motivazione.
    Il progetto approvato e' carente per quanto riguarda gli standards
 urbanistici a livello comunale (in particolare per spazi  pubblici  a
 parco  gioco e sport, che dovrebbero risultare pari a mq 3.058, e per
 parcheggi ad uso pubblico, prescritti nella misura di 3 mq/ab.);
      6)  violazione  di  legge  ed eccesso di potere per illogicita',
 contraddittorieta', difetto dei presupposti e della  motivazione.  In
 subordine, incostituzionalita' per violazione degli artt. 3, 97 e 117
 della Costituzione.
    Il  progetto  comporta la modifica della destinazione urbanistica,
 non consentita dall'art. 3 della  legge  regionale  n.  39/1988,  che
 legittima  eventuali deroghe del r.e. e delle n.t.a., mentre nel caso
 siamo in presenza di una vera e propria variante di p.r.g.
    Ove  l'art.  5  citato andasse interpretato nel senso che consente
 ogni  deviazione  dalla   normativa   urbanistica   locale,   sarebbe
 incostituzionaleper    violazione    delle    norme,    cosi'    come
 incostituzionale appare l'art. 5.2, secondo cui la mera  approvazione
 dell'elenco   dei  progetti  edilizi  avrebbe  valore  automatico  di
 dichiarazione di pubblica utilita', senza necessita'  di  inserimento
 dell'opera nel p.p.a.;
      7) violazione di legge.
    Secondo  l'art.  17,  sesto  comma,  della  legge n. 765/1967, nei
 comuni dotati di p.r.g. eventuali costruzioni  eccedenti  i  3  mc/mq
 devono essere contemplate nei PP. o PL per l'intera area: il progetto
 de quo prevede una denista' volumetrica di 6,28 mc/mq;
      8)  eccesso di potere per illogicita', difetto dei presupposti e
 della motivazione.
    E'  da  presumersi che la concessione edilizia sia sopravvenuta in
 data 30 aprile 1989 per silenzio assenso, secondo  l'art.  6.2  della
 legge  regionale  n.  39/1988.   Non  risulta  peraltro  acquisito il
 formale impegno a mantenere  l'uso  alberghiero  per  un  determinato
 numero  di  anni (punto 9, all. 8, alla delibera g.m. 3 agosto 1988),
 condizione essenziale per la validita' della  concessione;  e'  stata
 omessa  la  verifica  della conformita' dell'atto di frazionamento 19
 novembre 1987 a favore della soc. Alfeo con  la  norma  dell'art.  18
 della  legge n. 47/1989; non e' noto se risulti l'autorizzazione alla
 demolizione  degli  edifici  esistenti;  non  risulta   un   adeguato
 controllo  da  parte  del  consiglio  di  zona;  9)  altri  motivi di
 incostituzionalita'.   La   costruzione   dei   nuovi   alberghi   e'
 consentita,  dalla legge regionale n. 39/1988, senza il pagamento dei
 contributi edificatori, e cio' contrasta  con  l'art.  9,  lett.  f),
 della  legge  n.  10/1977,  da considerarsi principio fondamentale ai
 sensi dell'art. 117 della Costituzione. Risultano dunque violati  gli
 artt.  3  e  117 della Costituzione.  In secondo luogo, la competenza
 regionale si sovrappone al potere  che  istituzionalmente  spetta  al
 sindaco in materia edilizia con conseguente violazione degli artt. 3,
 97 e 128 della Costituzione da parte degli artt. 51, lettere b) e  e)
 e  6.1 della predetta legge regionale.  I ricorrenti concludevano per
 l'annullamento   degli    atti    impugnati,    previa    sospensione
 dell'efficacia.   L'istanza cautelare e' stata respinta con ordinanza
 4 luglio 1989, n. 514, confermata in  appello.  Nel  procedimento  si
 sono  costituiti  sia  il comune che la controinteressata soc. Alfeo,
 chiedendo la  reiezione  del  ricorso,  e  sono  interventui  l'Hotel
 Mediolanum  S.r.l.   ed  altri  e l'A.L.A., a sostegno delle tesi dei
 ricorrenti (con atti notificati nell'imminenza dell'udienza odierna).
 Chiamato all'udienza del 4 luglio 1989, il ricorso e' stato sospeso e
 rinviato in attesa della definizione della questione di  legittimita'
 costituzionale  sollevata d'ufficio nel procedimento avente ad oggeto
 il  ricorso  n.  2893/1988;  la   questione   e'   stata   dichiarata
 inammissibile  con  ordinanza n. 350/1990 dalla Corte costituzionale,
 che ha ordinato la restituzione  degli  atti  a  questo  t.a.r.   Nel
 frattempo,  con  ricorso  notificato  il  25  maggio  1990, parte dei
 ricorrenti nel primo gravame ha impugnato il  provvedimento  comunale
 tacito  od esplicito di rilascio di concessione edilizia per la parte
 non ultimata del futuro albergo Adler Pellegrini, e  tutti  gli  atti
 connessi.   Ricordato  che  l'art. 6 punto 3 della legge regionale n.
 39/1988 prevede che nella  concessione  edilizia  sia  tassativamente
 inserita  la previsione del termine di ultimazione dei lavori entro e
 non oltre il 30  aprile  1990,  mentre  i  successivi  punti  4  e  5
 consentono  che, per il caso in cui, eccezionalmente, qualche albergo
 non sia, a tale data, ultimato, il  concessionario  presenti  istanza
 per nuova concessione edilizia per la parte non ultimata, essendo, in
 questo caso, la concessione subordinata al pagamento  del  contributo
 ordinario,  i  ricorrenti  espongono  che  alla fine dell'aprile 1990
 l'albergo Adler Pellegrini non era stato neppure iniziato,  e  che  a
 tale  data  i  lavori  di  fondazione  sono proseguiti, dal che si e'
 dedotta l'esistenza di una nuova concessione edilizia.  Si  e'  cosi'
 appreso  che  l'assessore  all'edilizia  privata del comune di Milano
 avrebbe  inviato,  nel  mese  di  marzo,  a  tutti  gli  alberghi  in
 costruzione  una circolare, nella quale specificava che, per la parte
 non ultimata alla data menzionata, la nuova concessione sarebbe stata
 rilasciata  per  silenzio-assenso  dopo  trenta  giorni dalla data di
 presentazione della domanda. E' da presumersi che tale procedura  sia
 stata  seguita  nel  caso  in esame, per cui i ricorrenti lamentano i
 seguenti vizi di legittimita':  1) violazione di legge ed eccesso  di
 potere  per  illogicita',  sviamento, difetto dei presupposti e della
 motivazione.    L'istituto    della    concessione    edilizia    per
 silenzio-assenso  e'  eccezionale  ed  anomalo  e deve percio' essere
 previsto specificamente ed esclusivamente dalla legge.  I  poteri  di
 concessione  tacita  di  cui alla legge regionale n.  39/1988 si sono
 esauriti con la prima applicazione della legge, tanto e' vero che  il
 punto  4  dell'art. 6 obbliga il concessionario che non ha ultimato i
 lavori a richiedere una nuova concessione.  L'assessore  all'edilizia
 privata  non  poteva  quindi  introdurre con circolare un sistema che
 solo la legge puo' prevedere, anche perche' i contributi  dovuti  non
 possono  essere determinati in modo tacito; 2) violazione di legge ed
 eccesso di potere per illogicita', sviamento, difetto dei presupposti
 e  della  motivazione.  La legge n. 39/1988 concedeva la possibilita'
 di  deroga  alla   conformita'   edilizia   e/o   urbanistica   nella
 approvazione  dei  progetti,  in vista della necessita' di apprestare
 per il 30  aprile  1990  alberghi  funzionanti.   In  presenza  della
 anomala  situazione  verificatasi,  che  vede  alberghi  a  tale data
 neppure concretamente iniziati,  tale  possibilita'  di  deroga  deve
 intendersi  venuta  meno, tant'e' vero che la nuova concessione segue
 il  regime  ordinario.  Conseguentemente,  la  concessione  impugnata
 presenta  vistose  violazioni  del  vigente  regime  urbanistico,  in
 particolare per quanto  riguarda  la  destinazione  di  p.r.g.  ed  i
 connessi  indici  di edificabilita', e numerose norme del regolamento
 edilizio.  Pertanto, tutto l'edificio alberghiero sara' in  contrasto
 con   il   p.r.g.   ed   il   r.e.   I  ricorrenti  concludevano  per
 l'annullamento degli atti impugnati, previa sospensione degli stessi.
 Si  sono  costituiti  il  comune  di  Milano  e  la  societa'  Alfeo,
 insistendo per la reiezione del ricorso; hanno  sostenuto  invece  le
 ragioni  del ricorrente gli intervenienti A.L.A., Mediolanum Hotel ed
 altri, analogamente a quanto fatto nel primo ricorso.  Con  ordinanza
 n.  460  del  6  giugno  1990,  questo  t.a.r.  accoglieva  l'istanza
 cautelare.   Chiamati  entrambi  all'udienza   odierna,   i   ricorsi
 passavano in decisione.
                             D I R I T T O
    I)   E'  opportuno,  preliminarmente,  disporre  la  riunione  dei
 ricorsi, connessi soggettivamente ed oggettivamente.
    II)  Con  il  primo di essi sono impugnati il provvedimento con il
 quale  la  giunta  regionale  ha  approvato,  secondo  la   procedura
 delineata  dalla  legge  regionale n. 39 del 1988, il progetto per la
 realizzazione dell'Hotel Adler Pellegrini;  la  conseguente,  tacita,
 concessione  edilizia;  il  parere  espresso  in merito dal Comune di
 Milano e la deliberazione con la  quale,  in  precedenza,  la  giunta
 regionale,  dimissionaria,  aveva  rimandato ogni decisione in merito
 all'attuazione dell'art. 5 della legge citata.
    Oggetto  del  secondo  ricorso  sono invece la nota dell'assessore
 all'edilizia privata del comune  di  Milano  circa  la  procedura  da
 seguire  per  la  parte degli alberghi non ultimata dalla data del 30
 aprile 1990 e la  concessione  rilasciata  per  silenzio-assenso  per
 l'ultimazione dell'albergo in discorso.
    Precisamente   dalla  circostanza  che,  alla  data  indicata,  la
 concessione edilizia oggetto del primo ricorso  avrebbe  esaurito  la
 propria  operativita',  la  difesa  della  societa' controinteressata
 argomenta l'avvenuta cessazione della materia del contendere di  quel
 gravame.
    La tesi non puo' essere condivisa.
    La  concessione  edilizia che, nella lettera della legge regionale
 n. 39/1988 - art. 6,  punti  4  e  5  -  puo'  essere  richiesta  per
 l'ultimazione  delle  opera  a  far data dal 1› maggio 1990, non puo'
 essere considerata provvedimento autonomo, avente oggetto e contenuto
 avulso  dal  precedente  assentimento  edilizio:  al contrario, nella
 eccezionale   procedura   delineata   dalla   legge,   la    funzione
 autorizzatoria   del   manufatto   orientato   al  particolare  scopo
 considerato, deve essere  riportata  all'atto  complesso  concessione
 agevolata-concessione  successiva  (dalla  prima differenziantesi per
 l'onerosita'). Se cosi' non fosse,  ne  deriverebbe  la  conseguenza,
 evidentemente  assurda,  della  sopravvenuta  abusivita'  della parte
 costruita avvalendosi delle numerose deroghe alla normale  disciplina
 edilizia  ed  urbanistica, deroghe consentite dalla legge regionale e
 costituenti il paradigma per l'assenso della speciale concessione. Ne
 deriva  che,  una  volta  spirato  il termine del 30 aprile 1990, non
 tutta l'assentibilita' dell'opera potra' e dovra' costituire  oggetto
 della   nuova  concessione,  ma  unicamente  la  quantificazione  del
 contributo per spese di urbanizzazione e costo di costruzione (se per
 tutta  la  struttura o per la parte da realizzare e' cosa che qui non
 rileva). Nel caso di specie, l'assenso alla edificazione dell'albergo
 Adler  va  riportato  alla  concessione  (tacita) ex art. 6, punto 2,
 legge regionale citata e - senza  soluzione  di  continuita'  -  alla
 concessione (tacita) ex art. 6, punti 4 e 5 della medesima legge.
    Se tale procedura, ed in particolare il rilascio mediante silenzio
 concludente (secondo le disposizioni di cui alla  nota  assessoria  e
 oggetto  del  secondo  ricorso)  abbia  concretamente  rispettato  la
 legalita' e' questione che attiene al merito dei ricorsi: ma e' certo
 che  essi  -  nell'ottica  ritenuta  - conservano entrambi la propria
 materia che, insieme, costituisce  l'indagine  sulla  -  complessa  -
 concessione edilizia.
    III)  Cosi'  ritenutane  la  permanenza,  l'oggetto dei ricorsi va
 esaminato alla luce dell'iter procedimentale  delineato  dalla  legge
 regionale n. 39/1988: ma, in questa prospettiva, il collegio non puo'
 che ribadire i propri dubbi circa la costituzionalita' di tale legge,
 dubbi  che  gia'  hanno  determinato  la  rimessione della questione,
 sollevata con ordinanza n. 376  del  26  settembre  1989  alla  Corte
 costituzionale.
    La  rilevanza  della  questione  medesima e' di tutta evidenza per
 quanto  riguarda  l'oggetto  del  primo  ricorso,  che  si   incentra
 sull'approvazione  del  progetto presentato dalla soc. Alfeo ai sensi
 della legge regionale citata; e lo e' anche per  quanto  riguarda  il
 secondo  gravame, poiche' l'indagine sul punto nodale dello stesso (e
 cioe' se, essendo per massima parte ancora da realizzare la struttura
 alberghiera,  potesse o meno considerarsi applicabile l'art. 6, punti
 4 e 5, della  medesima  legge,  nonche'  la  portata,  derogatoria  o
 comune,  della  nuova  concessione) non puo' essere condotta che alla
 stregua  della  lettera  e  della  ratio  della  speciale   normativa
 regionale.
    Va  cosi'  ribadito  che,  a giudizio del collegio, puo' dubitarsi
 della compatibilita' di  tale  normativa  regionale  con  i  precetti
 costituzionali  in  tema di garanzie delle autonomie locali (artt. 4,
 114, 117, primo comma, e 128 della Costituzione) e  con  il  criterio
 della   necessaria   ragionevolezza  delle  scelte  del  legislatore,
 criterio della cui immanenza  nel  sistema  fondamentale  l'art.  97,
 primo comma, e', insieme, espressione e sintomo.
    L'infrazione,  del  resto,  del precetto di cui all'art. 128 della
 costituzione  ha  condotto  la  Corte  costituzionale  a   dichiarare
 l'illegittimita'  della legge della regione Piemonte riapprovata il 5
 ottobre 1989, avente un impianto analogo a quello qui in  discorso  e
 parimenti  recante  norme  a sostegno della ricettivita' turistica in
 occasione dei mondiali di calcio (sentenza  n.  157  del  19  marzo-4
 aprile 1990).
    Per quanto riguarda la non manifesta infondatezza della questione,
 valgono le osservazioni che seguono:
      1) la legge della regione Lombardia 4 luglio 1988, n. 39.
    Allo  scopo  di  "far fronte ad esigenze di ricettivita' derivanti
 dallo svolgimento dei campionati mondiali di calcio nell'anno 1990" e
 di  promuovere  l'incremento  della  ricettivita'  turistica  "ad uso
 alberghiero nel comune di Milano e ad uso extralberghiero  anche  nei
 comuni   confinanti",   la   legge   in  esame  prevede  il  seguente
 procedimento (per sommi capi):
      I)  presentazione  al  comune  competente  per territorio e alla
 Regione  di  progetti  finalizzati  alla   realizzazione   di   nuove
 strutture, al recupero e all'ampliamento di strutture esistenti. Tali
 progetti,  tra  l'altro,  devono  contenere  la   "precisazione   del
 richiedente   se   l'opera  sia  compatibile  o  meno  con  le  norme
 urbanistiche ed edilizie vigenti nel comune interessato" e  relazione
 tecnica  con  indicazione  delle  opere  di urbanizzazione primaria e
 secondaria esistenti e/o progettate;
      II)  espressione,  entro  trenta giorni, da parte del comune, di
 parere  "vincolante,  se  espresso",  e  trasmissione   alla   giunta
 regionale;
      III)    valutazione,    da   parte   della   giunta   regionale,
 dell'ammissibilita' dei progetti edilizi sulla base di un requisito -
 quantitativo  -  essenziale  e  della  presenza  di  almeno  due  tra
 determinate caratteristiche, attinenti all'ubicazione, alla  presenza
 di  standards  urbanistici, alla qualita' urbanistica dell'area, alla
 valorizzazione di beni  ambientali  e  monumentali,  all'adozione  di
 nuove tecnologie;
      IV)  approvazione  dei  progetti  edilizi, da parte della giunta
 regionale, con provvedimento motivato circa l'intervenuto parere  del
 comune;  l'eventuale  assenso  pur  in carenza di parere comunale; la
 concessione di deroga,  in  caso  di  non  conformita'  edilizia  e/o
 urbanistica  del progetto, riconoscendosi all'intervento il carattere
 di opera di interesse  generale  ed  anche  in  assenza  di  espressa
 previsione  del r.e. o delle n.a. del p.r.g. l'approvazione ha valore
 di dichiarazione di  p.u.  e  l'attuazione  non  richiede  il  previo
 inserimento p.p.a.;
      V)  apposizione  del  vincolo  di destinazione alberghiera sugli
 edifici realizzati;
      VI)  obbligo  del sindaco di rilascio della concessione edilizia
 per i  progetti  approvati  dalla  giunta  regionale;  formazione  di
 silenzio-assenso;
      2)   puo'   intanto   discutersi  della  natura  della  funzione
 legislativa  cosi'   esercitata   dalla   regione.   la   specialita'
 dell'evento,  e  la  circostanza  che  lo stesso sia stato oggetto di
 specifica normazione da parte dello Stato, potrebbe fondatamente  far
 propendere per una collocazione nella potesta' legislativa attuativa.
 Se cosi' fosse,  l'infrazione  all'art.  117,  secondo  comma,  della
 Costituzione   deriverebbe  direttamente  dalla  circostanza  che  la
 legislazione statale in materia (legge n. 556/1988 e d.-l. 12  giugno
 1989)  non  demanda alle regioni l'emanazione di norme di attuazione.
 Fondati dubbi di incostituzionalita', comunque, sussistono  anche  se
 si  riconosce  valenza urbanistica o turistica alla legge in esame, e
 quindi  la  si  colloca  nell'ambito   della   potesta'   legislativa
 concorrente,  ex  art.  117,  primo comma, della Costituzione; Com'e'
 noto,  nell'esercizio  del  potere  normativo  per  le  materie   ivi
 indicate,  la  regione  incontra il limite dei "principi fondamentali
 stabiliti dalle leggi dello Stato";  Un  primo  profilo  di  indagine
 riguarda  percio' l'individuazione di tali principi nell'ambito della
 legislazione statale nei settori:  2.1) urbanistica (ed  edilizia)  e
 2.2)  turismo  ed  industriale  alberghiera,  nonche'  la  successiva
 verifica del rispetto degli stessi da parte della legge in esame;  3)
 poiche'  peraltro  l'azione normativa regionale non puo' non incidere
 sul contesto normativo nel quale  operano  gli  enti  locali  la  cui
 autonomia   e'   costituzionalmente   garantita  -  e  ne  condiziona
 l'attivita', occorrera' indagarne la compatibilita' anche  gli  artt.
 5,  114  e  128  della  Costituzione;  4)  infine, non manifestamente
 infondati possono  essere  ritenuti  profoli  di  incostituzionalita'
 derivanti  dalla irraginevolezza della disciplina regionale in esame,
 rispetto  al  fine  indicato  dall'art.   97,  primo   comma,   della
 Costituzione   (cfr.   Corte  costituzionale  n.   1/1989),  sia  con
 riferimento alla logicita' intrinseca del procedimento delineato, sia
 con  riferimento  alla congruenza dello stesso rispetto al fine della
 norma (accelerare ed incrementare la ricettivita' turistica in  vista
 dello  svolgimento dei mondiali di calcio) sia, infine, alla serieta'
 e necessita' del contenuto (Corte costituzionale n. 230/1989). (Va da
 se'  che  gli  aspetti enucleati confluiscono, sotto diversi profili,
 gli uni negli altri); Ed  allora,  in  analisi:   2.1.)  le  potesta'
 regionali  in  materia  urbanistica.   L'art. 117, primo comma, della
 Costituzione,  inserisce  tra  le  materie  proprie   della   regione
 l'urbanistica,  e non l'edilizia.  Tuttavia, dati i confini piuttosto
 sfumati tra le due materie, e poiche' lo stesso legislatore  delegato
 -  a  cominciare  dal d.P.R. n.  8/1972 - ha mostrato di ritenerne la
 contiguita',  si  puo'  convenire  che,  come  recita  il  d.P.R.  n.
 616/1977,  la  materia  riguardi  "l'assetto  e  l'utilizzazione  del
 territorio" nei suoi vari  aspetti.   Per  attenersi  a  quello  piu'
 propriamente  edilizio,  spettano  alla Regione, secondo l'art. 1 del
 d.P.R. n. 8/1972, tra le altre, la funzione relativa al  "nulla  osta
 al  rilascio  di  licenze  edilizie  in  deroga  alle norme dei piani
 regolatori e dei regolamenti edilizi, ivi comprese  le  deroghe  alle
 altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni
 alberghiere" (di cui all'art.   16  della  legge  n.  765/1967),  "la
 sospensione  e  demolizione  di  opere  difformi dal piano regolatore
 oppure comunque non rispondenti alle prescrizioni del piano medesimo"
 (lettere   l)  e  m));  altre  competenze  riguardano  il  potere  di
 annullamento di deliberazioni e provvedimenti  comunali  autorizzanti
 opere  non conformi a prescrizioni dei suddetti strumenti urbanistici
 (art. 27 della legge n. 1150/1942); la sospensione, su richiesta  del
 sindaco,  di  lavori  la  cui realizzazione renderebbe piu' onerosa o
 comprometterebbe  l'attuazione  del  p.r.g.  o   del   programma   di
 fabbricazione  non ancora approvati (art. 4 della legge n. 291/1971);
 la determinazione delle sanzioni per l'omesso o  ritardato  pagamento
 del  contributo di concessione; lo stabilire le variazioni essenziali
 del progetto approvato, e quali aree del  territorio  debbono  essere
 assoggettate a particolare controllo periodico (artt. 3, 8 e 23 della
 legge  n.  47/1985).   Tra  le  piu'  rilevanti  funzioni   attinenti
 propriamente all'urbanistica, si possono ricordare l'approvazione dei
 piani territoriali di coordinamento, previsti dall'art. 5 della legge
 n.    1150/1942   e   successive  modificazioni  e  integrazioni;  la
 determinazione  della   estensione   e   l'approvazione   del   piano
 intercomunale   previsto   dall'art.   12  della  medesima  legge  n.
 1150/1942; l'approvazione del p.r.g.; l'approvazione del p.e.e.p.  di
 cui  alla  legge  n.  167/1972  modificata  dalla  legge n. 865/1971;
 l'approvazione del piano per gli  insediamenti  produttivi  (art.  27
 della legge n. 865/1971), la programmazione urbanistica attraverso il
 programma pluriennale di attuazione (art 13 della legge n.  10/1977),
 lo  stabilire  criteri  e  modalita' cui dovranno attenersi i comuni,
 all'atto  della  predisposizione  di   strumenti   urbanistici,   per
 l'eventuale  regolamentazione,  in  ambiti  territoriali determinati,
 delle  destinazioni  d'uso  degli  immobili;  la   disciplina   della
 formazione,  adozione  e  approvazione  delle varianti allo strumento
 urbanistico  generale  finalizzate  al  recupero  urbanistico   degli
 insediamenti  abusivi  (artt.  25  e  29  della  legge  n.  47/1985).
 trattasi dunque di funzioni - e di connesse potesta' legislative  che
 concernono   la  programmazione  dell'organico  assetto  territoriale
 (quella  piu'  propriamente  urbanistica),  ovvero  il  controllo   e
 l'integrazione  dell'attivita'  propria dell'ente locale (quella piu'
 propriamente edilizia), restando sempre e comunque fermo - anche  per
 espressa  previsione  delle  leggi-quadro  intervenute in materia: si
 veda l'art. 17, lett. d), della legge  n.  281/1970  -  "il  rispetto
 delle  esigenze  dell'autonomia  e  del  decentramento ai sensi degli
 artt. 5 e 128 della Costituzione". La recente legge di riforma  delle
 autonomie  locali (n. 142/1990) ribadisce, all'art. 9, come principio
 dell'ordinamento, che spettano al comune "le funzioni... dell'assetto
 ed  utilizzazione  del  territorio"  nell'ambito di queste esigenze e
 funzioni non puo' non essere collocato il principio, secondo il quale
 all'ordinato  assetto del proprio territorio e' preposto il comune al
 cui organo monocratico,  in  prima  battuta,  spetta  assicurarne  la
 rispondenza  alla  programmazione  urbanistica.  La  stessa  legge n.
 47/1985, con norma dichiarata di principio rispetto alla legislazione
 regionale  (artt.  1  e  4),  ribadisce  tale  competenza,  del resto
 tradizionale e costante in tutta la legislazione pregressa.  Si  puo'
 quindi, sul punto, ritenere che, nell'ambito della ripartizione delle
 competenze che comunque  sul  territorio  trovano  espressione,  alla
 regione competa un potere programmatorio e di indirizzo ed inoltre un
 potere di controllo (in senso lato) e di supporto  all'attivita'  del
 comune;  al  quale invece pertiene, in via prioritaria, sovrintendere
 allo sviluppo edilizio del proprio territorio.  Una  legge  regionale
 che  contravvenisse  a  tale ripartizione, confliggerebbe percio' con
 l'art.  117,  primo  comma,  della  Costituzione  poiche'  esulerebbe
 dall'ambito  dei  principi  fondamentali  stabiliti dalle leggi dello
 Stato:  confligerebbe  contro  la  precisa  legge  statale  che  tali
 funzioni ha trasferito (e che ha ribadito la salvezza per le autnomie
 locali);  confliggerebbe  anzi   contro   il   concetto   stesso   di
 "trasferimento",  poiche',  riguardando  questo funzioni gia' avocate
 allo Stato, e' evidente  che  in  nussun  modo  ed  in  nessun  senso
 potrebbe coinvolgere attribuzioni viceversa proprie dell'ente locale;
 confliggerebbe  infine  contro  gli  artt.  5,  114   e   128   della
 Costituzione  almeno  tutte  le volte in cui l'infrazione operata non
 sia  da  ritenersi  ragionevole  rispetto  alle  finalita'   generali
 perseguite (Corte costituzionale, n. 1010/1988: sul punto si veda sub
 4); 2.2) le  potesta'  regionali  in  materia  turistico-alberghiera.
 Trasferite  con  d.P.R.  n.  6/1972,  le  funzioni  amministrative in
 oggetto riguardando, tra l'altro, "la programmazione, lo  sviluppo  e
 l'incentivazione  del  turismo  regionale".   I principi fondamentali
 sono stabiliti dalla legge n. 217/1983; l'art. 8 prevede  che  spetta
 alle   regioni   sottoporre,  con  specifiche  leggi,  a  vincolo  di
 destinazione le strutture  ricettive;  che  i  comuni  provvedono  ad
 individuare  aree  destinate  ad attivita' turistiche e ricettive e a
 determinare la disciplina e utilizzazione di tali aree tenendo  conto
 dei  piani di sviluppo predisposti dalle regioni, adeguando, entro un
 anno  dalla  entrata  in  vigore  delle  leggi  regionali,  i  propri
 strumenti  urbanistici mediante l'individuazione delle aree destinate
 ad insediamenti turistici produttivi, che a tal fine sono  vincolate;
 che,  con  apposite  leggi,  le  regioni  stabiliscano  i modi per la
 rimozione del vincolo di destinazione, le  sanzioni  per  i  casi  di
 inadempienza   e  i  necessari  raccordi  con  le  norme  e  i  piani
 urbanistici.  E' previsto il contributo finanziario dello Stato  alle
 regioni  ai  fini  dello sviluppo delle attivita' turistiche: per gli
 investimenti destinati alla creazione di nuove strutture ricettive  e
 di  nuovi  servizi,  le  opere  devono  essere  incluse nei programmi
 regionali di sviluppo di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 616/1977 (art.
 13).   La legge n. 217/1983, si e' detto, contiene i profili ai quali
 la normativa regionale deve prestare ossequio:  una  legge  regionale
 che  provvedesse  in  difformita'  violerebbe  l'art.  117 in maniera
 diretta e automatica.  Dalla legge n. 217/1983 si evince, inoltre, la
 conferma  della  signoria comunale sul proprio territorio: quello che
 la regione e' chiamata ad  assolvere  e'  un  compito  legislativo  e
 riguardante  l'attivita' imprenditoriale, non la dislocazione diretta
 sul territorio, se non in termini di programmazione  di  massima;  la
 norma regionale che da tale criterio si discostasse violerebbe dunque
 anche gli artt. 5, 114 e 128 della Costituzione,  a  meno  che  altra
 normativa  di  principio  potesse  ritenersi  speciale - in relazione
 all'evento "Mondiali" - rispetto a quella teste'  richiamata;  2.2.1)
 la  legislazione  statale  in  occasione  dei  "mondiali  di calcio".
 Venendo a quest'ultimo punto, non pare che  la  legislazione  statale
 emanata  nell'occasione richiamata abbia apportato deroghe al sistema
 delineato,  ponendo  cosi'  principi  speciali  e  diversi   per   la
 legislazione regionale.  Il d.-l. 4 novembre 1988, n. 465, convertito
 nella  legge  30  dicembre  1988,  n.  556,  prevede  che,  in  vista
 dell'avvenimento,  sia  autorizzata  una  spesa  straordinaria per la
 realizzazione, sviluppo ed ammodernamento di "strutture turistiche  e
 ricettive", secondo progetti da approvarsi da parte del Ministero del
 turismo e dello spettacolo, previa verifica - se a base  regionale  -
 della  conformita' alle finalita' dei programmi di sviluppo regionale
 (tale verifica e' di competenza  delle  regioni  interessate).  Sulla
 base  dell'approvazione  ministeriale,  vengono  determinate le somme
 spettanti a  ciascuna  regione  per  il  finanziamento  dei  progetti
 approvati.   Il  progetto  deve  comunque  essere  compatibile "con i
 vincoli ambientali, paesaggistici, artistici  e  storici  e  con  gli
 strumenti  urbanistici";  in  mancanza, occorre "la deliberazione del
 consiglio comunale adottata ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della
 legge  3  gennaio  1978,  n.  1,  nel  caso  di  opere pubbliche o di
 interesse generale"  (art.  1,  quarto  comma,  lett.  d)  nel  testo
 modificato  dalla legge di conversione).  La legge poi prevede che le
 opere occorrenti per l'attuazione dei progetti siano assistite  dalla
 dichiarazione di pubblica utilita' indifferibilita' ed urgenza, e che
 i beni cosi' realizzati rimangono di proprieta'  pubblica  per  dieci
 anni,  ovvero,  se  trattasi  di  interventi  su  beni  ed opere gia'
 esistenti, siano sottoposti a vincolo di destinazione e  d'uso;  alla
 data  predetta il concessionario e' tenuto a riscattare la proprieta'
 del bene  o  ad  estinguere  i  vincoli,  versando  un  corrispettivo
 definito  nell'atto di concessione (che spetta alla regione stipulare
 con gli interessati per la realizzazione dei progetti approvati).  La
 ripartizione  del  fondo previsto e' oggetto del d.-l. 12 giugno 1989
 che lo suddivide tra le regioni e le province autonome  di  Trento  e
 Bolzano.   Come  si  vede,  la pur speciale disciplina statale non si
 discosta dai principi fondamentali sopra  delineati:  competenza  del
 comune  sul  proprio territorio; intervento finanziario e di supporto
 da parte della regione.  L'esigenza di  provvedere  adeguatamente  in
 ordine    all'avvenimento    straordinario    non    postula   dunque
 necessariamente alcuna  infrazione  all'assetto  istituzionale  delle
 competenze.   Irragionevole,  pertanto,  sul punto, sarebbe una legge
 regionale che una tale necessita' assumesse  a  predicato.   In  ogni
 caso,   essa   sarebbe   anche  e  comunque  violativa  dei  principi
 fondamentali delle leggi nazionali, che rimangono quelli gia'  visti.
 Inoltre,  con  riferimento  diretto alla legge regionale in esame, si
 pone anche un problema di successione di  legge  nel  tempo,  poiche'
 detta legge e' del 4 luglio 1988, precedente quindi sia alla legge n.
 556/1988 che al decreto con  essa  convertito;  3)  conclusioni:  sul
 punto  2.1.   Si ritiene non manifestamente infondata la questione di
 illegittimita' costituzionale della legge regionale  in  oggetto  per
 violazione  degli  artt.  5,  117,  primo  comma,  114  e  128  della
 Costituzione, sotto i profili evidenziati al punto 2.1.  Detta  legge
 ha  infatti  in  sostanza  paralizzato  il  potere  istituzionalmente
 spettante al comune (per principio  fondamentale  della  legislazione
 statale)  sul  proprio territorio.  Il cosiddetto "parere vincolante"
 di cui all'art. 3, punto 2, puo',  infatti,  essere  paralizzato  dal
 rilascio,  da parte della regione, della concessione in deroga, anche
 se  non  prevista  dallo  strumento  urbanistico  o  dal  regolamento
 edilizio  comunale  (art.  5,  lett.  c)),  laddove  il provvedimento
 ordinario   di   deroga   presuppone    l'iniziativa    comunale    e
 l'ammissibilita'  della  stessa in base a norme regolamentari locali:
 art. 41-quarter della legge n. 1150/1942 come modificato dalla  legge
 n. 765/1967.  L'approvazione definitiva dei progetti edilizi (art. 5,
 n. 1) spetta alla  giunta  regionale,  ed  il  sindaco  (art.  6)  e'
 praticamente  tenuto  ad  una  mera ratifica della stessa, essendo la
 concessione edilizia, in tal caso, atto dovuto.  L'apprezzamento  del
 fabbisogno  di  standards  urbanistici,  e  la  qualita'  urbanistica
 dell'intervenuto (art. 4, secondo comma, lettere b e  c))  spetta  la
 via  diretta  ed  esclusiva alla regione.  La funzione comunale viene
 coartata non solo nel senso che la regione puo' consentire interventi
 non  ammissibili in base alle norme urbanistiche del comune, ma anche
 nel senso che puo' impedire l'edificazione  viceversa  consentita  in
 base  alle stesse norme ed in forza del conseguente parere favorevole
 comunale: si consideri  il  caso  di  un  intervenuto  assentito  dal
 comune,  ma  che  non assommi due caratteristiche tra quelle elencate
 dall'art. 4, punto  2.   L'espropriazione  di  funzioni  comunali  e'
 ancora  piu'  evidente  nel caso di mancata espressione del parere ex
 art. 3, punto 2: e' allora la giunta regionale chiamata ad esprimersi
 direttamente sull'ammissibilita' edilizia del progetto (art. 5, lett.
 b)) (e non occorre spendere parole in ordine alla profonda diversita'
 di  questa  fattispecie rispetto ai casi di silenzio-assenso previsti
 dalla legislazione urbanistica: legge  n.  94/1982,  nei  quali  alla
 qualificazione  dell'atteggiamento  comunale  non  corrisponde  alcun
 trasferimento della funzione).  Ne'  tali  infrazioni  possono,  come
 detto,  ritenersi  giustificate  dall'esigenza straordinaria (secondo
 l'insegnamento di Corte costituzionale n. 1010/1988): ad  escluderlo,
 valgono  le  considerazioni  svolte  sub  2.2.1.   Sul punto 2.2. Non
 paiono rispettati i principi posti con la legge quadro  n.  217/1983,
 che  prevede  limiti ben definiti per la normativa regionale, in ogni
 caso non estesi fino alla dislocazione  territoriale  degli  alberghi
 sul territorio, come invece e' previsto dagli artt. 5 e 6 della legge
 regionale in  esame.   Inoltre,  qualora  si  considerasse  anche  la
 normativa   statale   speciale  attratta  nell'ambito  della  materia
 "turismo ed industria alberghiera", non e' dubbio  che  la  legge  30
 dicembre  1988,  n.  556,  pone  anch'essa principi fondamentali, nel
 senso che alla regione non  spettano  se  non  compiti  erogativi  di
 finanziamento  statale  e  di stipula delle previste convenzioni.  Il
 contrasto tra detti principi sopravvenuti e la norma regionale non e'
 tuttavia  tale  da  poter essere apprezzato dal giudice in termini di
 prevalenza dei primi sulla seconda, in modo da poter  essere  risolto
 con  i  normali  canoni ermeneutici della successione delle leggi sul
 tempo (cfr. Cass., sezione terza penale, 25 maggio 1982, n. 1968). Al
 contrario,  la  risoluzione di tale contrasto postula l'apprezzamento
 non di singole norme, ma quello, possibile solo da parte del  giudice
 delle   leggi,  della  conformita'  dell'intera  legge  regionale  al
 parametro costituzionale.  Anche in questo senso, e per  gli  aspetti
 tratteggiati  ai punti 2.2 e 2.2.1, sussisterebbe, dunque, violazione
 degli artt. 117, primo comma, 5, 114 e 128 della Costituzione; 4)  il
 profilo della irragionevolezza della legge.  Come ha messo in rilievo
 la Corte costituzionale (da ultimo, nella sentenza 3  novembre  1988,
 n.  1010)  il  concreto atteggiarsi delle modalita' di partecipazione
 degli enti locali territoriali al procedimento relativo all'esercizio
 di   funzioni  proprie  (nella  specie,  alla  formazione  dei  piani
 urbanistici), pur rientrando nella discrezionalita' del  legislatore,
 ben puo' essere sindacato dalla Corte medesima sotto il profilo della
 sua ragionevolezza.  Il criterio della "ragionevolezza"  della  legge
 (quale parametro sotteso a tutta la normazione costituzionale), trova
 espressione codificata in numerosi articoli della Carta fondamentale,
 ed  in  particolare,  per  quanto  qui  interessa, nell'art. 97 della
 Costituzione.   Assicurare   il   buon   andamento   e   l'efficienza
 dell'amministrazione,  non  altro  vuol  dire infatti che predisporre
 procedure logiche, lineari e congrue  rispetto  allo  scopo:  in  una
 parola  ragionevoli.   A sua volta, il predicato della ragionevolezza
 si rinfrange in diversi caratteri: e' ragionevole una disciplina  che
 delinea  un  procedimento intrinsecamente logico nelle vari sue fasi;
 che ha un contenuto  serio  e  necessario  (Corte  costituzionale  n.
 230/1989);  che  configura  una  procedura  coerente  con  le proprie
 finalita'  generali  (Corte  costituzionale,  n.  1010/1988).   Sotto
 nessuno  dei  tre  evidenziati  aspetti  la  legge regionale in esame
 appare  ragionevole:   4.1)  quanto  alla  logicita'  intrinseca  del
 procedimento    delineato,    e'   sufficiente   ad   escluderla   la
 considerazione  che  viene  imposto  un  doppio  esame  del  progetto
 edilizio  i  cui esiti possono paralizzarsi a vicenda: nonostante sia
 espressamente definito  "vincolante,  se  espresso",  il  parere  del
 comune puo' essere vanificato dalla giunta regionale sulla base di un
 giudizio di non ammissibilita', ovvero in forza della concessione  di
 deroga  (straordinaria).   Tale iter procedimentale - oltre ad essere
 viziato sotto i profili gia' evidenziati -  stravolge  anche  i  piu'
 elementari  criteri  di  logica,  secondo  i  quali  il  giudizio  di
 ammissibilita' deve procedere, e non gia' seguire la  valutazione  di
 merito  e  questa,  se  definita  vincolante,  non  puo'  essere  poi
 semplicemente derogata.  La riprova dell'illogicita' del procedimento
 e'  offerta  -  anche dalla sua ridondanza e dalla superfluita' delle
 sue fasi, poiche' e' evidentemente inutile  un  parere  comunale  che
 intervenga in una fase del procedimento tale da poter essere posto in
 non  cale,  sia  se  positivo  (attraverso   il   giudizio   di   non
 ammissibilita'),  sia se negativo (attraverso la deroga di iniziativa
 regionale).   A  cio'  aggiungasi  la  completa   irrilevanza   della
 concessione edilizia, che ciononostante l'art. 6 dichiara atto dovuto
 da parte del sindaco per i progetti approvati dalla regione, ed  anzi
 atto  a  formazione  tipica  (mediante  il silenzio).  A quest'ultimo
 proposito, non si vede proprio cosa il  Sindaco  possa  "comunicare",
 essendo  ormai  il  progetto  approvato  da  parte  della  regione  e
 costituendo  percio'  oggetto  di  "obbligatoria"  concessione.  Ecco
 quindi  un  ulteriore,  inutile  passaggio, che reitera un esame gia'
 compiuto in sede di presentazione del progetto edilizio ex art. 3:  e
 se   il   comune  ha  gia'  espresso  il  proprio  parere  in  merito
 (ovviamente, alla luce delle norme edilizie ed urbanistiche alla  cui
 attuazione  e  tutela e' preposto), non altro resta da esaminare o da
 decidere, ne' in ordine alla data di  ultimazione  dei  lavori  (gia'
 legislativamente  fissata  entro il 30 aprile 1990), ne' in ordine al
 pagamento di oneri, che non sono dovuti.   Nel  caso  di  specie,  la
 rilevata  irragionevolezza  della  legge  emerge  sotto  un ulteriore
 profilo,  con  riguardo  all'individuazione   del   contenuto   della
 concessione edilizia attraverso la quale, ai sensi dell'art. 6, punti
 4  e  5,  e'  possibile  assentire  la  prosecuzione   dell'attivita'
 edilizia. E' evidente, infatti, che attraverso il nuovo provvedimento
 si consente la prosecuzione di un'opera edilizia che, venuto a cadere
 il   riferimento  temporale,  e,  quindi,  la  presupposta  finalita'
 speciale, potrebbe e dovrebbe essere considerata contrastante  con  i
 consueti canoni regolamentari: ma la norma non specifica ne' l'ambito
 dell'autorizzabile,  ne'   la   sorte   dell'eventualmente-non   piu'
 assentibile,  ne' a quali parametri vada ancorata la discrezionalita'
 amministrativa; 4.2) il contenuto della legge  in  esame  non  appare
 necessario,  soprattutto  tenuto  conto  della  sopravvenuta, diversa
 normativa  statale  in  materia  (d.-l.  4  novembre  1988,  n.  465,
 convertito nella legge 30 dicembre 1988, n. 556).  Ma anche alla luce
 della  legislazione  qual  era  al  momento   dell'emanazione   della
 normativa  regionale,  la  stessa  appare  del  tutto  superflua.  In
 effetti, la legge regionale della lombardia 19 maggio 1988, n.   196,
 gia' qualifica gli alberghi come strutture di interesse generale: per
 la costruzione degli stessi, dunque, e' comunque possibile il ricorso
 all'istituto   della  concessione  edilizia  in  deroga,  che  l'art.
 41-quater della legge n. 1150/1942, come mod.  dall'art. 16 legge  n.
 765/1967 ammette per gli "edifici ed impianti pubblici o di interesse
 pubblico", previo nulla  osta  regionale  (art.   3  della  legge  n.
 1357/1955).    Nell'ordinamento,   pertanto,   era  gia'  vigente  la
 normativa  urbanistica  di  maggiore  favore  per  l'edificazione  di
 alberghi  (normativa  rispettosa, come si e' gia' notato, del riparto
 costituzionale delle competenze): non necessaria, se  non  nel  senso
 dello  stravolgimento  di  tale  assetto  costituzionale e' dunque la
 normativa regionale in esame. Tale conclusione si avvalora alla  luce
 della  possibilita',  consentita  dall'art. 1 quarto comma, lett. d),
 della legge n. 556/1988, di utilizzare la procedura ex art. 1, quarto
 comma,  della  legge  n.  1/1978 per la realizzazione delle strutture
 finalizzate  ai  "mondiali".   Anche  con  riferimento   al   settore
 turistico-alberghiero,  il  sistema  conosceva  gia'  - attraverso le
 particolari competenze e funzioni regionali e comunali  di  cui  alla
 legge n. 217/1983 - gli strumenti atti ad agevolare l'insediamento di
 strutture ricettive,  mediante  gli  appositi  piani  di  sviluppo  e
 l'adeguamento  agli stessi degli strumenti urbanistici: attraverso il
 sisterma cosi' delineato era logicamente  attuabile  l'incentivazione
 particolare,  mentre  la normativa regionale in esame di tale sistema
 e' totalmente stravolgente e, dunque, non  utile  (in  altre  parole:
 irragionevole);  4.3.)  la  finalita'  della legge regionale n. 39 e'
 quella di "promuovere" - e quindi  anche  accelerare  -  l'incremento
 della  ricettivita'  turistica" "al fine di far fronte ad esigenze di
 ricettivita' derivanti dallo svolgimento dei campionati  mondiali  di
 calcio  nell'anno  1990".   Al  tal  fine,  lungi dal semplificare le
 procedure consuete riguardanti il settore  edilizio-alberghiero,  che
 gia'   prevedono   strumenti   adeguati   (concessioni   in   deroga,
 dichiarazione  di  interesse  generale   dell'opera),   eventualmente
 snellendo  fasi procedimentali, la legge ha operato in senso opposto,
 mediante la superfetazione del procedimento e  la  proliferazione  di
 fasi  non  necessarie (esame di ammissibilita', anche, evidentemente,
 in presenza di un parere comunale favorevole, che  gia'  di  per  se'
 sarebbe   presupposto   sufficiente  per  il  rilascio  di  ordinaria
 concessione edilizia; doppia fase comunale,  in  sede  di  esame  del
 progetto ed in sede di rilascio di concessione; vaglio di conformita'
 urbanistica da parte del comune e da parte della regione, chiamata  a
 pronuciarsi  - di propria iniziativa, e non su richiesta del comune -
 sulla  concessione  in  deroga).   Tale  frammentazione  di  funzioni
 appesantisce e complica la procedura, senza essere correlata ad alcun
 paticolare fine della legge; ed  anzi,  rispetto  all'esigenze  della
 promozione   della  ricettivita'  turistica,  risultando  addirittura
 contraddittoria e, dunque - ancora una  volta  -  irragionevole.   In
 conclusione,  a  giudizio  di  questo  t.a.r., la legge della regione
 Lombardia n. 39/1988 presenta  profili  di  dubbia  costituzionalita'
 alla  stregua  degli  artt.  5,  114,  117,  primo comma, e 128 della
 Costituzione, nonche' del criterio di ragionevolezza con  riferimento
 all'art.  97,  primo  comma, della Costituzione. La risoluzione della
 questione e' altresi' prodromica all'esame del ricorso.