ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 4 della
 legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del  sistema  radiotelevisivo
 pubblico  e privato), promossi con ricorsi delle Province autonome di
 Bolzano e di Trento, notificati l'8  settembre  1990,  depositati  in
 Cancelleria  il  12 e 19 settembre successivi ed iscritti ai nn. 61 e
 62 del registro ricorsi 1990;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  dicembre  1990  il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  gli  avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia
 di Bolzano e  Umberto  Pototschnig  per  la  Provincia  di  Trento  e
 l'Avvocato   dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato  l'8  settembre  1990  (R. ric. n.
 61/1990) la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 3 (in particolare del comma
 19) e 4 della legge 6 agosto 1990, n. 223,  "Disciplina  del  sistema
 radiotelevisivo  pubblico e privato", in riferimento agli artt. 8, n.
 3, 4, 5, 6, 10, 17 e 22; 14, primo  comma;  16,  primo  comma,  dello
 Statuto  speciale Trentino-Aldo Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670)
 e relative norme di attuazione (in particolare del  d.P.R.  22  marzo
 1974,  n.  381,  "Norme  di  attuazione dello Statuto speciale per la
 Regione Trentino-Alto  Adige  in  materia  di  urbanistica  ed  opere
 pubbliche",  e  del  d.P.R.  1›  novembre  1973,  n.  690,  "Norme di
 attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto  Adige
 concernente  tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico
 e popolare"), ed all'art. 42, terzo comma, della Costituzione.
    La legge 6 agosto 1990, n. 223, che reca la disciplina del sistema
 radiotelevisivo pubblico  e  privato,  premesso  (art.  1:  "Principi
 generali")  che "la diffusione di programmi radiofonici o televisivi"
 "ha carattere di preminente interesse generale" e che il  pluralismo,
 l'obiettivita', l'apertura alle diverse opinioni, tendenze politiche,
 sociali, culturali e religiose, nel rispetto  delle  liberta'  e  dei
 diritti   garantiti   dalla   Costituzione,  rappresentano  princi'pi
 fondamentali del sistema radiotelevisivo, dopo aver  stabilito  (art.
 2) che la diffusione "e' effettuata dalla societa' concessionaria del
 servizio pubblico radiotelevisivo", ma "puo' inoltre essere  affidata
 mediante  concessione"  a soggetti diversi, all'art. 3 dispone che la
 pianificazione delle radiofrequenze sia effettuata mediante il  piano
 nazionale  di  ripartizione  -  che  indica  le  bande  di  frequenza
 utilizzabili dai vari servizi di  telecomunicazioni,  e'  predisposto
 dal Ministro delle poste e telecomunicazioni ed approvato con d.P.R.,
 all'esito del procedimento  previsto,  e  su  proposta  del  Ministro
 medesimo  previa  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri -, ed il
 piano nazionale di assegnazione che, nel rispetto  delle  indicazioni
 del piano di ripartizione, determina - una volta raccolti, sulla base
 di uno schema di piano, il parere, ed eventuali proposte  di  ipotesi
 diverse di bacini di utenza, di regioni e province autonome - le aree
 di servizio degli impianti, e per  ciascuna  area  la  localizzazione
 possibilmente comune degli impianti, nonche' la frequenza assegnata a
 ciascuno di essi.
    Espone  la  Provincia  di  Bolzano che l'art. 3, e segnatamente il
 comma 19, della legge n. 223 del  1990,  nell'imporre  alle  province
 autonome  di  adeguare  i  propri piani territoriali di coordinamento
 ovvero di adottarne di specifici per conformarsi alle  localizzazioni
 degli  impianti,  con rispettive aree di servizio, previste dal piano
 di assegnazione, prevedendo, in difetto, la nomina di  commissari  ad
 acta  su  proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri da parte
 del Ministro delle poste e telecomunicazioni, costringe esse province
 a conformare la propria programmazione urbanistica al piano nazionale
 di assegnazione, privandole  di  ogni  potere  decisionale,  di  ogni
 potesta'  di  controllo  e di autorizzazione preventiva, e quindi, in
 sostanza, di  ogni  potere  di  valutazione  in  materia  urbanistica
 nonche', in particolare, in ordine alla pianificazione del territorio
 e la tutela del paesaggio.
    Le  norme  denunciate  violano,  quindi,  le attribuzioni primarie
 della Provincia previste dallo Statuto all'art. 8, n. 5  (urbanistica
 e  piani  regolatori),  n.  6 (tutela del paesaggio) e dalle relative
 norme di attuazione (d.P.R. 22  marzo  1974,  n.  381,  e  d.P.R.  1›
 novembre 1973, n. 690), nonche' le attribuzioni previste dall'art. 8,
 n. 3 (tutela del patrimonio storico), n. 4 (tutela di usi  e  costumi
 locali),   n.  8  (tutela  delle  minime  unita'  culturali),  n.  17
 (viabilita' e lavori pubblici  di  interesse  provinciale)  e  n.  22
 (espropriazione  di  interesse  provinciale),  con  relative norme di
 attuazione; esse violano  altresi'  l'art.  16,  primo  comma,  dello
 Statuto,  che  attribuisce  alla Provincia le potesta' amministrative
 nelle materie in cui essa ha competenza legislativa.
    Di  particolare  gravita',  ad  avviso  della  Provincia,  sono la
 mancata previsione  della  possibilita'  di  apportare  o  concordare
 modifiche o integrazioni al piano di assegnazione, per contemperare i
 diversi interessi pubblici in gioco; la  mancata  previsione  di  una
 valutazione  autonoma  da  parte  delle  Province di Trento e Bolzano
 nonche' di possibili intese fra  le  due  province  ed  i  competenti
 organi statali.
    Oggetto  della  censura  della  Provincia  di  Bolzano e' altresi'
 l'art. 4 della legge n. 223 del 1990, che al comma primo dispone  che
 il  rilascio  della  concessione  ai  concessionari  privati  o  alla
 concessionaria  pubblica  "equivale  a  dichiarazione   di   pubblica
 utilita'  indifferibilita'  e  urgenza  per  le  opere connesse a da'
 titolo  per  richiedere  alle  autorita'  competenti  le   necessarie
 concessioni  ed  autorizzazioni  per  la installazione degli impianti
 nelle   localita'   indicate   dal   piano   di    assegnazione    e,
 conseguentemente,   nei   piani   territoriali   di   coordinamento",
 disciplinando poi minuziosamente - ad avviso della ricorrente - tutti
 gli  aspetti  relativi  alle attivita' urbanistiche ed espropriative,
 affidando le relative competenze ai comuni, che diventano  cosi'  una
 sorta  di  longa  manus della Presidenza del Consiglio e del Ministro
 delle poste e telecomunicazioni.
    Anche  le  norme  contenute  nell'art.  4,  osserva la ricorrente,
 spogliano  la  Provincia  di  ogni  possibilita'  di  giudizio  e  di
 valutazione  in ordine all'installazione degli impianti e al rilascio
 della concessione edilizia, che diviene cosi'  un  atto  vincolato  e
 dovuto,  con conseguente violazione delle attribuzioni primarie della
 Provincia stabilite dallo Statuto all'art. 8,  n.  5  (urbanistica  e
 piani  regolatori),  n.  6  (tutela  del paesaggio), n. 3 (tutela del
 patrimonio  storico,  artistico  e  popolare),  n.  10  (edilizia  ed
 attivita'  di  enti  a  carattere  extraprovinciale  esercitate nelle
 province con finanziamenti pubblici) e n. 4 (usi e costumi, attivita'
 artistiche,   culturali  ed  educative  locali  "anche  con  i  mezzi
 radiotelevisivi").
    Tale  ultima  attribuzione  statutaria  mal  si  concilierebbe, in
 particolare, con la estromissione  della  Provincia  da  ogni  intesa
 sulla  localizzazione degli impianti, sulle attivita' urbanistiche di
 pianificazione    territoriale    e    sulle    attivita'    inerenti
 all'espropriazione ed assegnazione dei terreni.
    L'art.  4 della legge n. 223 del 1990, poi, introduce il principio
 del silenzio assenso sulla domanda di  concessione  edilizia,  mentre
 nell'ordinamento  urbanistico  provinciale,  attuato  in  forza della
 competenza primaria di cui all'art. 8, nn. 5 e 6 dello Statuto,  vige
 il  principio  opposto  del silenzio rifiuto (art. 24, settimo comma,
 del d.P.G.P. 23 giugno 1970, n. 20).
    Numerose  altre  censure  della Provincia si appuntano sull'art. 4
 della legge n. 223 del 1990; esso si porrebbe infatti in contrasto:
      con  l'art.  8, n. 5 dello Statuto, che riserva alla Provincia i
 servizi di  interesse  sovracomunale,  laddove  le  norme  denunciate
 prevedono  che  le aree necessarie agli impianti siano espropriate in
 favore dei comuni ed ascritte al loro patrimonio indisponibile;
      con  l'art.  8, n. 22, dello Statuto, che attribuisce competenza
 esclusiva alle  province  autonome  in  tema  di  espropriazione  per
 pubblica  utilita'  in  "tutte le materie di competenza provinciale",
 mentre il citato art. 4 prevede al secondo comma che il comune dovra'
 rilasciare   la   concessione   edilizia   ai   concessionari   della
 radiodiffusione anche nelle more della procedura di esproprio  e  che
 esso  dovra'  contestualmente  concedere ai richiedenti il diritto di
 superficie  sulle  aree  acquisite   o   espropriate,   seguendo   la
 particolare procedura prevista dall'art. 4;
      con l'art. 42 della Costituzione, nella parte in cui prevede che
 l'espropriazione puo' avvenire solo per motivi di interesse generale:
 appare   infatti  dubbio  che  le  "televisioni  private"  perseguano
 prevalentemente "motivi  di  interesse  pubblico";  ad  avviso  della
 ricorrente,  il  carattere di "servizio pubblico" che ad esse avrebbe
 attribuito il legislatore ordinario non puo' sovvertire il  principio
 costituzionale.
    Gli artt. 3 e 4 della legge n. 223 del 1990, infine, si porrebbero
 in  contrasto  con  l'art.  14  dello  Statuto,  che   prevede   come
 obbligatorio il parere della provincia per le concessioni "in materia
 di comunicazioni e trasporti riguardanti linee  che  attraversano  il
 territorio  provinciale":  su  tutte  indistintamente  le  iniziative
 previste dalle  norme  censurate,  e  non  solo  su  alcune,  sarebbe
 obbligatorio il parere della provincia.
    2.  -  Con  ricorso  notificato  l'8  settembre  1990  (R. ric. n.
 62/1990) ha sollevato questioni  la  Provincia  autonoma  di  Trento.
 Oggetto dell'impugnazione sono gli artt. 3, commi 14, 15, 16 e 19; 4,
 secondo comma, della legge n. 223 del 1990, mentre  vengono  invocati
 come  parametro  costituzionale  gli artt. 8, nn. 5 e 6; 9, n. 10; 16
 dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige,  anche  in  relazione
 all'art. 21 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 e all'art. 81 del d.P.R.
 24 luglio 1977, n. 616.
    Dopo  avere  esposto  il  contenuto  degli articoli denunciati, la
 Provincia  di  Trento,  ribadita  la  competenza  primaria  ad   essa
 attribuita  dallo  Statuto  in materia di urbanistica e di tutela del
 paesaggio, osserva come la legge n. 223 del 1990  ha  ricondotto  una
 serie  di  competenze  in  tali materie alla titolarita' dello Stato,
 declassando regioni  e  province  autonome  ad  organismi  consultivi
 ovvero  coinvolgendole  come  uffici  dipendenti  del  Ministro delle
 poste, traendo a pretesto la circostanza che nella legge in  esame  i
 profili  urbanistici  sono  accessori  rispetto  alla  disciplina del
 sistema radiotelevisivo, materia a se', di esclusiva competenza dello
 Stato.
    Tale  argomentazione  non puo', ad avviso della ricorrente, essere
 condivisa. Se e' vero, infatti che gia' in passato, sulla base  della
 precedente  legge  ed a seguito dell'art. 185 del t.u. 29 marzo 1973,
 n. 156, era stata confutata tale  tesi,  sottolineando  come,  quando
 un'iniziativa   privata   coinvolga   piu'   settori   di  intervento
 amministrativo, e' necessario che essa si sottoponga alla potesta' di
 ciascun organo competente per materia, il criterio allora applicato a
 maggior ragione deve trovare applicazione nella vigenza  della  nuova
 disciplina.
    La  legge  n. 223 del 1990, infatti, pone in particolare evidenza,
 nella  fase  della  localizzazione  degli  impianti,  gli   interessi
 pubblici  diversi coinvolti nella pianificazione delle radiofrequenze
 (cfr. art. 3, comma 8), imponendo che la suddivisione del  territorio
 in  bacini  di  utenza  tenga  conto,  tra l'altro, delle "condizioni
 urbanistiche della zona", lasciando intendere che le  scelte  che  si
 impongono hanno anche valore urbanistico.
    Cio'  premesso,  non  appare pero' adeguata la distribuzione delle
 competenze operate dalla stessa legge n. 223 del 1990.
    Essa infatti, osserva la ricorrente, non rispetta il procedimento,
 previsto dall'art. 21 del d.P.R. 24 marzo 1974, n. 381, recante norme
 di  attuazione  dello  Statuto  in  materia  di  urbanistica ed opere
 pubbliche,  che  consente  di  armonizzare  con  gli   interessi   di
 competenza  statale  i  piani  urbanistici  provinciali  ed  i  piani
 territoriali  di  coordinamento,  approvati  con  legge  provinciale,
 raccogliendo le osservazioni, a scopo di coordinamento, del Ministero
 dei  lavori   pubblici   cui   i   progetti   vanno   inviati   prima
 dell'approvazione.
    Le  norme denunciate, ed in particolare l'art. 3, commi 14, 15, 16
 e 17 appaiono poi in contrasto, deduce la ricorrente, con  l'art.  81
 del   d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  applicabile  alla  Regione
 Trentino-Alto Adige ed alle province autonome in forza  dell'art.  12
 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, che, per la localizzazione delle
 opere pubbliche di interesse  statale,  nell'ipotesi  di  difformita'
 dalle norme o dai piani urbanistici, prevede lo strumento dell'intesa
 con la regione interessata. La legge n. 223 del 1990  riserva  invece
 all'Amministrazione  statale  ogni  scelta sulla localizzazione degli
 impianti,  violando  cosi'  la  competenza  provinciale  in   materia
 urbanistica.
    Quest'ultima,  peraltro,  al  pari  della competenza in materia di
 tutela del paesaggio, anch'essa  primaria,  non  risulta  rispettata,
 sotto   un   ulteriore   profilo,  dalla  legge  in  esame  che,  nel
 procedimento per il piano di assegnazione delle  radiofrequenze,  non
 hanno  differenziato  la posizione delle regioni a statuto speciale e
 le province autonome da quella  della  altre  regioni.   A  proposito
 delle  interferenze  e degli intrecci tra la disciplina di materie di
 competenza statale e l'urbanistica od  altre  materie  di  competenza
 regionale, la ricorrente richiama la sent. n. 1031 del 1988 di questa
 Corte, che invita ad una  puntuale  verifica  dei  poteri  esercitati
 dallo  Stato  al  fine  di  evitare  che una estensione eccessiva dei
 confini di una data materia non realizzi una sostanziale compressione
 delle  attribuzioni  regionali.   Quanto  al potere sostitutivo dello
 Stato, previsto nella seconda parte del comma 19  dell'art.  3  della
 legge  n.  223  del  1990,  nel caso di inerzia delle regioni o delle
 province autonome, non risultano rispettate le rigorose  prescrizioni
 previste  dalla sent. n. 177 del 1988 di questa Corte, e segnatamente
 le modalita' per l'esercizio di  tale  potere  previste  dall'art.  2
 della  legge  22  luglio 1975, n. 382, poi sostanzialmente riprodotte
 nell'art. 2 della  l.  23  agosto  1988,  n.  400,  per  le  funzioni
 delegate,  prescrizioni  che  a  maggior  ragione  dovrebbero  essere
 vincolanti quando i tratti di funzioni proprie delle regioni.   3.  -
 Il    Presidente    del   Consiglio   dei   ministri,   rappresentato
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  che  si  era  costituita  in
 entrambi   i   giudizi,   riservandosi  di  dedurre,  in  prossimita'
 dell'udienza  ha  depositato  memorie  in  buona  parte  di  identico
 contenuto,  tanto  per  la  questione  sollevata  dalla  Provincia di
 Bolzano  (R.  ric.  n.  61/1990),  che  per  quella  sollevata  dalla
 Provincia di Trento (R. ric. n. 662 del 1990).  Dopo aver illustrato,
 per linee generali, la disciplina (artt. 3  e  4)  di  pianificazione
 delle   radiofrequenze   recata   dalla   legge   n.  223  del  1990,
 sottolineando come  la  realizzazione  del  valore  fondamentale  del
 pluralismo,  rispondente  ad  un interesse nazionale imperativo e non
 frazionabile, costituisce il presupposto di  attuazione  di  tutti  i
 principi   (enunciati   dall'art.   1)   che   dal   primo  rimangono
 condizionati, l'Avvocatura dello Stato  richiama,  in  proposito,  le
 sentenze  di  questa Corte che hanno affermato il valore centrale del
 pluralismo in un ordinamento democratico (n. 826 del 1988) - inerente
 ai  diritti  sanciti dall'art. 21 Cost., "pietra angolare dell'ordine
 democratico" (n. 84 del 1969) e "coessenziali al regime di  liberta'"
 garantito  dalla  Carta  fondamentale  (n. 11 del 1968), e condizione
 pleliminare (o presupposto insopprimibile) per l'attuazione  ad  ogni
 livello della forma propria dello Stato democratico (n. 348 del 1990)
 - al fine di  dare  ingresso  nell'emittenza  televisiva  al  maggior
 numero  di voci consentito dai mezzi tecnici, evitando il pericolo di
 emarginazioni connesse a processi di  concentrazione  delle  risorse.
 Le  ragioni  del pluralismo, osserva l'Avvocatura, congiunte a quelle
 del rispetto degli impegni internazionali che  non  possono  rimanere
 minacciate   da   decisioni   a  livello  locale,  in  un  quadro  di
 riconoscimento  del  diritto  di  iniziativa  privata,  postulano  la
 necessita'   di   una   razionale,  nonche'  efficace  ed  economica,
 utilizzazione delle risorse naturali (l'etere), garantendo al massimo
 numero  possibile  di  voci,  su scala nazionale ed in ambito locale,
 l'ingresso e la presenza nel sistema  dell'emittenza  radiotelevisiva
 senza   interferenze,   e   tenendo   conto   dell'incidenza  che  le
 caratteristiche geografiche delle varie  localita'  presentano  sulle
 condizioni  di  propagazione  delle  onde elettromagnetiche, evitando
 fenomeni di emarginazione tanto sul versante passivo del  diritto  di
 informazione  (diritto  ad  essere informati) che sul versante attivo
 (diritto ad informare).  L'Avvocatura  ricorda  poi,  richiamando  la
 giurisprudenza  della Corte sul punto, la necessita' che, nell'ambito
 del  regolamento  internazionale   delle   radiocomunicazioni   -   e
 l'elaborazione  del piano di assegnazione delle radiofrequenze assume
 particolare rilievo per le aree  geografiche  di  frontiera  come  il
 Trentino-Alto   Adige   -  sia  l'Autorita'  centrale  a  pianificare
 l'assegnazione  delle  frequenze,  di  cui  la  localizzazione  degli
 impianti,  cui  le radiofrequenze si riferiscono, costituisce momento
 fondamentale, strumentale all'effettivo governo dell'etere  sotto  un
 profilo   tecnico-strutturale.   A  proposito  del  quadro  normativo
 internazionale,  l'Avvocatura  fa  riferimento  alla  Convenzione  di
 Nairobi  del  6  novembre  1982, ratificata e resa esecutiva con l. 9
 maggio 1986, n. 149 (art. 33 n.  154 ed  art.  35  n.  158)  ed  alla
 Convenzione di Malaga-Torremolinos 25 ottobre 1973, ratificata e resa
 esecutiva con l. 7 ottobre 1977, n.  790.   Il  legislatore  statale,
 deduce  ancora  l'Avvocatura,  ha  inteso  garantire il perseguimento
 dell'interesse nazionale salvaguardando nel contempo il principio  di
 cooperazione, prevedendo un dettagliato procedimento consultivo sullo
 schema di piano di assegnazione delle  frequenze,  realizzando  cosi'
 una  forma di collaborazione proporzionata agli interessi regionali e
 provinciali coinvolti nell'esercizio del potere statale di disciplina
 dell'etere.    Nel   potere   di   individuare   le   aree  destinate
 all'installazione degli impianti, che possono peraltro accedere anche
 a   bacini   di   utenza  interregionali,  si  esprime  la  complessa
 valutazione dell'interesse nazionale, di valenza generale; in ipotesi
 siffatte  questa  Corte  ha  ritenuto  (sent.  n. 177 del 1986) che i
 limiti a tutela delle autonomie possono  essere  valutati  con  minor
 rigore,  come  ha  del pari affermato (sentt. nn. 177 e 217 del 1988;
 459 del 1989) che, ove sia necessario per la  soluzione  di  problemi
 propriamente  attinenti  al soddisfacimento dell'interesse nazionale,
 lo  Stato  possa  legittimamente  adottare   anche   una   disciplina
 legislativa  di  dettaglio  nell'ambito  di materie attribuite in via
 generale  alla  competenza  regionale  o  provinciale.   Alle  stesse
 finalita'  obbedisce la previsione dell'art. 4 della l.  223 del 1990
 di un intervento sostitutivo statale, nel caso di inerzia regionale o
 provinciale,  per  l'adeguamento  ovvero  per  l'adozione  dei  piani
 territoriali  di  coordinamento,   senza   dei   quali   risulterebbe
 compromesso il perseguimento degli interessi essenziali connessi alla
 pianificazione delle radiofrequenze.  Quanto ai rilievi  mossi  dalla
 sola  Provincia  di Bolzano, l'Avvocatura osserva:  a proposito della
 previsione, nell'art. 4 denunciato,  di  un  silenzio  assenso  sulla
 domanda  di  concessione  edilizia,  in  difformita' della regola del
 silenzio rifiuto vigente nell'ordinamento locale,  che  essa  non  e'
 illegittima   in   ragione   dell'eccezionalita'   della   disciplina
 legislativa nazionale; a proposito dell'art. 8  n.  22,  e  14  dello
 Statuto,  entrambi  richiamati  dalla  ricorrente,  che, in ordine al
 primo,  non  vengono  in  rilievo  espropriazioni  per  "materie   di
 competenza  provinciale",  e  che,  in  ordine  al secondo, l'endiadi
 "comunicazioni e trasporti" si riferisce chiaramente ai trasporti  di
 persone  e  di  cose  e  non  alle telecomunicazioni.  4. - Le difese
 svolte  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  nel  giudizio
 promosso  dalla  Provincia  autonoma  di  Bolzano (R. ric. n.  62 del
 1990)  sono,  come  detto,  in  buona  parte  di   identico   tenore.
 Specifiche  considerazioni  sono  svolte  in  ordine al procedimento,
 dettato dall'art. 21 del d.P.R. n. 381 del 1974, per l'armonizzazione
 della  pianificazione  locale con le esigenze di carattere nazionale.
 Il richiamo, osserva l'Avvocatura, non e' pertinente in quanto l'art.
 3  della  legge  n.  223  del  1990  denunciato  ha  come oggetto una
 pianificazione  nazionale  di  carattere  unitario,   che   viene   a
 costituire  un prius logico della pianificazione locale, in quanto la
 prima, realizzando interessi di valore costituzionale, si  pone  come
 presupposto della seconda.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale di alcune norme contenute nella  legge  6
 agosto  1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico
 e privato), e precisamente:
       a)  della  regolamentazione,  dettata con l'art. 3 della legge,
 del procedimento di formazione del piano  nazionale  di  assegnazione
 delle  radiofrequenze  per la radiodiffusione (sonora e televisiva) e
 della incidenza del piano (che determina anche le  aree  di  servizio
 degli  impianti  e  la  localizzazione  di  questi  ultimi) sui piani
 territoriali provinciali di  coordinamento  (art.  3,  diciannovesimo
 comma, della legge n. 223), regolamentazione ritenuta dalla Provincia
 lesiva di competenze primarie ad essa conferite da disposizioni dello
 Statuto per la Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n.
 670), quali l'art. 8, n. 5 (urbanistica e  piani  regolatori),  n.  6
 (tutela  del  paesaggio) e delle relative norme di attuazione (d.P.R.
 22 marzo 1974, n. 381 e d.P.R. 1› novembre 1973, n. 690), nonche'  di
 attribuzioni  ad  essa  Provincia parimenti conferite da disposizioni
 del detto Statuto, quali: l'art.  8,  n.  3  (tutela  del  patrimonio
 storico,   artistico  e  popolare),  n.  4  (usi  e  costumi  locali,
 istituzioni culturali aventi carattere provinciale, manifestazioni ed
 attivita'  artistiche,  culturali  ed  educative  locali,  e,  per la
 Provincia di Bolzano,  anche  con  i  mezzi  radiotelevisivi),  n.  8
 (ordinamento  delle  minime  unita'  culturali);  n. 17 (viabilita' e
 lavori  pubblici  di  interesse  provinciale),  l'art.   8,   n.   22
 (espropriazioni  per  pubblica  utilita'  per  tutte  le  materie  di
 interesse provinciale) e relative norme  di  attuazione;  l'art.  16,
 primo  comma (in materia di potesta' amministrative della Provincia);
 e quindi in violazione delle disposizioni anzidette;
       b)  della  regolamentazione,  dettata con l'art. 4 della stessa
 legge  n.  223  del  1990,  della  concessione  edilizia  sulle  aree
 espropriate  ai fini degli impianti radiotelevisivi e del trattamento
 giuridico  delle  aree  stesse,   regolamentazione   ritenuta   dalla
 Provincia  lesiva  delle  competenze e attribuzioni ad essa conferite
 dall'art. 8, nn. 3, 4,  5,  6,  dello  Statuto  sulle  materie  sopra
 indicate  (per  quanto concerne il n. 5 la riserva alla Provincia dei
 servizi di interesse sovracomunale) e ancora dall'art. 8, n.  10  (in
 materia   di   edilizia   e   di   attivita'   di  enti  a  carattere
 extra-provinciale  esercitate  nelle   province   con   finanziamenti
 pubblici)  e  dall'art.  8,  n. 22, dello Statuto stesso; e quindi in
 violazione  delle  disposizioni  anzidette,  nonche'   di   normative
 regionali  adottate  in base alle cennate competenze (come quella che
 accoglie il principio del silenzio-rifiuto in materia di  concessioni
 edilizie),  e  altresi'  dell'art.  42 della Costituzione, secondo il
 quale l'espropriazione per pubblica  utilita'  puo'  essere  disposta
 soltanto  per motivi di interesse generale (tali non sarebbero quelli
 sottesi all'espropriazione a  favore  dei  concessionari  privati  di
 radiodiffusione di programmi radiofonici e televisivi);
       c)  di  entrambe  le  dette  regolamentazioni, regolamentazioni
 ritenute dalla Provincia lesive della attribuzione ad essa  conferita
 dall'art.    14,    primo    comma,    dello   Statuto,   concernente
 l'obbligatorieta'  del  parere  della   Provincia   stessa   per   le
 concessioni in materia di comunicazioni e trasporti riguardanti linee
 che attraversano il territorio provinciale.
    Anche   la   Provincia   di   Trento  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale:
      delle  normative  suindicate  (artt. 3 e 4 della stessa legge n.
 223 del  1990),  normative  ritenute  dalla  Provincia  lesive  delle
 competenze  primarie  ad essa conferite dallo Statuto speciale per la
 Regione Trentino-Alto Adige in tema di urbanistica e  di  tutela  del
 paesaggio,  di  espropriazione  per  pubblica  utilita'  per tutte le
 materie  di  competenza  provinciale  (nonche'  di  altre  competenze
 provinciali attinenti alla protezione della natura, alla tutela dagli
 inquinamenti,   alla   protezione   igienico-sanitaria)    e    cosi'
 perturbatrici   dell'ordine  costituzionale  delle  competenze,  come
 ulteriormente precisato: dall'art. 21 del d.P.R. 22  marzo  1974,  n.
 381,  recante  norme  di attuazione del detto Statuto (che prevede un
 particolare  sistema  per  il  coordinamento  fra  i  vigenti   piani
 urbanistici provinciali e gli interessi statali, mediante l'invio dei
 progetti di piano urbanistico provinciale e di piano territoriale  di
 coordinamento - da approvare poi con legge provinciale - al Ministero
 dei lavori pubblici per le sue osservazioni); dall'art. 81 del d.P.R.
 24  luglio 1977, n. 616 (che stabilisce, con norma da ritenere estesa
 alla Provincia dall'art. 12 del d.P.R. 19 novembre 1987, n.  526,  un
 particolare  procedimento  per la realizzazione delle opere pubbliche
 di interesse statale, la cui localizzazione o il  cui  tracciato  sia
 difforme   dalle  prescrizioni  urbanistiche  ed  edilizie,  mediante
 l'intesa fra Stato  e  regioni  interessate);  dall'esigenza  di  una
 differenziazione fra autonomia ordinaria e autonomia speciale, almeno
 per  le  competenze  primarie  come  quelle  appunto  in  materia  di
 urbanistica  e di tutela del paesaggio; dalle esigenze espresse dalla
 dottrina  e  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte  in   tema   di
 limitazione  dei poteri sostitutivi dello Stato rispetto alle regioni
 e alle province autonome e della efficacia  delle  leggi  statali  di
 dettaglio.
    Trattandosi  di questioni identiche e comunque connesse, i giudizi
 cosi' promossi vanno riuniti per la definizione con unica sentenza.
    2.  -  Il  nucleo essenziale delle censure qui esaminate sta nella
 denunciata  compressione  di  competenze  esclusive  delle   province
 autonome   derivante   dalla   prevista  elaborazione  del  piano  di
 assegnazione   delle   radiofrequenze   -   piano    implicante    la
 determinazione, sulla base di bacini di utenza (coincidenti di regola
 con il territorio regionale  o  provinciale,  ma  definiti  tenendosi
 conto   fra   l'altro  delle  condizioni  geografiche,  urbanistiche,
 socio-economiche e culturali della zona) delle aree di servizio degli
 impianti  radiotelevisivi  e  quindi  della  localizzazione  di  tali
 impianti, e destinato a  incidere  in  modo  vincolante  sul  governo
 provinciale  del  territorio mediante l'imposto adeguamento dei piani
 territoriali di coordinamento preesistenti o la imposta  adozione  di
 appositi   piani,   nonche'   mediante  l'imposto  adeguamento  degli
 strumenti urbanistici  comunali,  ed  ancora  mediante  una  speciale
 regolamentazione delle espropriazioni dei suoli prescelti, del regime
 di  essi  e  delle  concessioni  edilizie  -  senza   una   effettiva
 partecipazione di esse Province, quanto meno per quel che concerne la
 localizzazione degli impianti.
    Che questo sia il nucleo essenziale e' dimostrato da cio' che, pur
 avendo  toccato  con  le  proprie  censure  anche  distintamente   le
 disposizioni concernenti le varie incidenze del piano sopra indicate,
 le ricorrenti hanno insistito primariamente sulla cennata mancanza di
 partecipazione, propugnando la tesi che essa avrebbe dovuto attuarsi,
 almeno per quanto concerne la localizzazione degli impianti - che  e'
 l'implicazione piu' rilevante della pianificazione delle frequenze in
 ordine al governo del territorio - mediante  lo  strumento  giuridico
 dell'intesa.
    E d'altra parte dalla valutazione complessiva delle censure appare
 evidente che queste presuppongono la stretta interdipendenza  fra  il
 piano  di  assegnazione delle frequenze e le denunciate violazioni di
 ambiti funzionali delle Province.
    La  questione  cosi'  delineata  puo' dunque considerarsi (quella)
 centrale ai fini del presente giudizio.
    3. - La questione come sopra definita centrale e' fondata.
    Il  piano  nazionale  di  assegnazione delle radiofrequenze per la
 radiodiffusione, diretto a  distribuire  le  radiofrequenze  fra  gli
 impianti,  e'  formato  (nel rispetto delle indicazioni contenute nel
 piano  nazionale  di   ripartizione,   diretto   a   distribuire   le
 radiofrequenze    fra    i   vari   servizi   di   telecomunicazione)
 determinandosi le aree di servizio degli impianti  in  modo  tale  da
 consentire,  per  ciascuna  area,  la  ricezione  senza  disturbi del
 maggior numero possibile di programmi  di  radiodiffusione  sonora  e
 televisiva  (settimo  comma dell'art. 3 della legge n. 223 del 1990).
 Viene cosi' suddiviso il territorio nazionale in  bacini  di  utenza,
 risultanti  dalla  aggregazione di una pluralita' di aree di servizio
 (corrispondenti, di regola, quelli per la radiodiffusione  televisiva
 al  territorio  regionale,  e quelli per la radiodiffusione sonora al
 territorio provinciale, ma), definiti  tenendosi  conto  dell'entita'
 della  popolazione  servita,  della  distribuzione  della popolazione
 residente, delle condizioni geografiche, urbanistiche,  economiche  e
 culturali  della  zona, secondo il criterio finalistico di consentire
 (cosi' come in ordine alle aree di servizio), per la  radiodiffusione
 televisiva  la coesistenza del maggior numero possibile di impianti e
 una  adeguata  pluralita'  di  emittenti  e  di  reti,  e,   per   la
 radiodiffusione   sonora,   la  coesistenza  del  maggior  numero  di
 emittenti e di reti, specificamente nelle zone con maggiore  densita'
 di  popolazione  (ottavo  comma dell'art. 3). Nell'ambito di ciascuna
 area di servizio il piano determina la localizzazione degli  impianti
 (settimo comma dell'art. 3).
    Il  procedimento  di  formazione del piano - oggetto delle censure
 provinciali - si articola attraverso due fasi. La prima comprende  la
 predisposizione,   ad   opera   del  Ministro  delle  poste  e  delle
 comunicazioni, dello schema di piano e la sottoposizione di  esso  al
 parere  delle  regioni  e  delle  province autonome, le quali possono
 avanzare proposte di ipotesi diverse  di  bacini  in  relazione  alle
 proprie   caratteristiche  naturali,  socio-economiche  e  culturali,
 nonche', di intesa fra loro, proporre bacini  di  utenza  confinanti,
 purche'  cio'  avvenga  entro  sessanta  giorni dalla ricezione dello
 schema di piano, decorsi inutilmente i quali, il  parere  si  intende
 dato  in  senso  favorevole  (quattordicesimo  e  quindicesimo  comma
 dell'art. 3). Nella seconda fase lo stesso Ministro,  acquisiti  come
 sopra  i  pareri  delle  regioni e delle province autonome, redige un
 nuovo schema di piano che  e'  sottoposto  al  parere  del  Consiglio
 superiore    tecnico   delle   poste,   delle   telecomunicazioni   e
 dell'automazione (parere che anche esso  si  intende  reso  in  senso
 favorevole se non sia dato altrimenti entro sessanta giorni) e quindi
 approvato  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,   previa
 deliberazione  del Consiglio dei Ministri (sedicesimo comma dell'art.
 3).
    E'  evidente  che  una  simile  disciplina e' pervasa da una forte
 caratterizzazione  unitaria,  connessa  all'attuazione   del   valore
 costituzionale  di una pubblica informazione la piu' estesa possibile
 e la piu' aperta al pluralismo  delle  fonti  nell'intero  territorio
 nazionale,  attuazione  considerata  quale  contenuto di un interesse
 stringente e impellente, in  quanto  essa  condiziona  l'effettivita'
 dello stesso principio democratico.
    L'unitarieta'  qui risponde non soltanto alla esigenza - collegata
 al principio di eguaglianza - che un valore primario come  quello  in
 discorso  sia attuato secondo criteri uniformi nell'intero territorio
 nazionale, ma anche a  quella  che  sia  assicurato  lo  sfruttamento
 ottimale,  e  a  tale  scopo  coordinato,  dell'etere  (e cosi' delle
 radiofrequenze) secondo criteri  tecnici  idonei  in  relazione  allo
 scopo  ora  indicato  e  agli  impegni  internazionali  e  comunitari
 concernenti l'utilizzazione delle  radiofrequenze  in  modo  tale  da
 evitare  abusi  e  interferenze  (legge 7 ottobre 1977, n. 790, sulla
 ratifica  ed   esecuzione   della   convenzione   internazionale   di
 Malaga-Torremolinos del 25 ottobre 1973; legge 9 maggio 1986, n. 149,
 sulla ratifica ed  esecuzione  della  convenzione  internazionale  di
 Nairobi  del  6  novembre 1982; Direttiva C.E.E. n. 552 del 3 ottobre
 1989): il tutto con la speditezza resa necessaria dalla stringenza  e
 impellenza del fine.
    Cio' spiega: l'affidamento della intera operazione alla competenza
 dell'autorita' centrale, secondo la scelta della  legge  in  se'  non
 contestata;  la  preminenza dei criteri tecnici enunciati o impliciti
 nella postulazione della massima intensita' numerica e della  massima
 efficienza   funzionale   degli  impianti;  la  spinta  acceleratoria
 impressa al procedimento.
    Nella   esposta   costruzione   normativa   la  valutazione  delle
 caratteristiche del territorio e quindi delle esigenze dell'autonomia
 non e' del tutto obliterata. Alle regioni e alle province autonome e'
 stato infatti attribuito il potere di rendere pareri  e  di  avanzare
 proposte  in  tema  di  bacini di utenza, anche se la valutazione dei
 pareri  e  delle  proposte  e'  rimessa,  nell'ulteriore  corso   del
 procedimento,  al  Ministro,  il  quale,  se  dovra' tenerne conto in
 quanto   essi   riflettano   esigenze   connesse   alle   "condizioni
 geografiche,  urbanistiche,  economiche  e culturali della zona", non
 potra' non avere decisivo riguardo alla  definizione  dei  bacini  di
 utenza  secondo  criteri  tecnici,  che  consentano  lo  sfruttamento
 ottimale e corretto delle radiofrequenze.
    Ma proprio qui la disciplina si presta alle censure delle Province
 ricorrenti, svelando  la  inadeguatezza  della  considerazione  delle
 autonomie  (in  particolare  di  quelle  speciali, cui il governo del
 territorio e la tutela del paesaggio sono affidati in via  esclusiva,
 al  pari  di  altre  attribuzioni  previste dall'art. 8 dello Statuto
 della Regione Trentino-Alto Adige), la' dove  cioe'  non  attribuisce
 una  partecipazione di maggior peso alle dette autonomie speciali per
 quel che concerne la localizzazione degli impianti. Cio'  tanto  piu'
 che tale localizzazione, determinata nell'ambito di ciascun bacino di
 utenza, per un verso e' suscettiva  di  incidere  piu'  direttamente,
 quasi  materialmente  e  comunque  piu'  gravemente,  sugli interessi
 locali   attinenti   alle   condizioni   geografiche,   urbanistiche,
 economiche e culturali del territorio; per altro verso non e', almeno
 nella normalita' dei  casi,  suscettiva  di  simile  incidenza  sulle
 valutazioni  tecniche  che  devono presiedere alla determinazione dei
 bacini di utenza.
    Ond'e' che, se le dette autonomie possono far sentire la loro voce
 sotto forma di pareri e di proposte persino in ordine  ai  bacini  di
 utenza, esse risultano ingiustificatamente compresse se alle medesime
 non sia riconosciuto un potere di  maggiore  intensita'  e  forza  in
 ordine  alla localizzazione degli impianti, dichiarandosi illegittima
 la  normativa  qui  esaminata  in  quanto  non   prevede,   su   tale
 localizzazione, l'intesa fra Stato e province.
    Al  riguardo  non  puo' trascurarsi di considerare che si e' molto
 discusso, nei lavori preparatori che hanno condotto  all'approvazione
 della  presente  legge,  della necessita' di prevedere l'intesa delle
 regioni in ordine  alla  cennata  localizzazione,  ipotizzandosi  che
 questa    potesse   ledere   gravemente   interessi   urbanistici   e
 paesaggistici.
    Si  intende  che, di fronte ai preminenti interessi alla sollecita
 approvazione e realizzazione del piano ed allo sfruttamento  ottimale
 delle  radiofrequenze,  l'intesa  non  puo'  esser concepita in senso
 "forte", e cioe' nel senso che il mancato raggiungimento di essa  sia
 di  ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento, e quindi
 al soddisfacimento degli interessi anzidetti. Ne'  d'altra  parte  la
 garanzia  delle  autonomie esige l'inserzione nel procedimento stesso
 di strumenti quali quelli previsti dall'art. 21 del d.P.R. n. 381 del
 1974  (armonizzazione fra interessi dell'autonomia espressi nei piani
 territoriali e interessi statali,  che,  per  essere  necessariamente
 preventiva e per avere come termine il Ministero dei lavori pubblici,
 non sarebbe qui praticabile) o dall'art. 81 del  d.P.R.  n.  616  del
 1977  (che  sarebbe  incompatibile  con la preminenza degli interessi
 suindicati).
    E'  pertanto  sufficiente  che, fermo restando, in caso di mancato
 raggiungimento dell'intesa, l'ulteriore corso del procedimento  quale
 previsto  dalla  legge  -  anche  per  quel  che concerne i tempi ivi
 stabiliti -, la fase  attinente  al  contatto  con  le  autonomie  si
 articoli,   per   quel   che   concerne   lo  specifico  punto  della
 localizzazione degli impianti, attraverso una trattativa che  superi,
 per  la  sua  flessibilita'  e  bilateralita', il rigido schema della
 sequenza non coordinata di atti unilaterali (invio  dello  schema  di
 piano da parte del Ministro, parere o equipollente silenzioso, ovvero
 proposta da parte delle Province), e  cosi'  si  presti  a  una  piu'
 agevole  espressione  delle  esigenze  dell'autonomia  e  a  una piu'
 informata e sensibile valutazione di esse da parte del Ministro.
    4.  -  Quanto alle altre questioni concernenti la compressione che
 si assume esercitata sulle  competenze  delle  Province  mediante  le
 incidenze  del procedimento di formazione del piano di assegnazione e
 del piano gia' formato, e'  da  osservare  che  dalle  ragioni  sopra
 esposte  circa  il  preminente  interesse  all'attuazione  del valore
 primario dell'informazione radiotelevisiva, e quindi  alla  sollecita
 realizzazione   del   piano   di  assegnazione  che  a  tal  fine  e'
 preordinato, e' in ogni caso giustificata  (tanto  piu'  in  presenza
 della  pronuncia  che  questa  Corte  rende  sulla costituzionalmente
 necessaria partecipazione delle Province autonome al procedimento  di
 formazione  relativamente  alla  localizzazione  degli  impianti)  la
 normativa oggetto di censura.
    Cio'   vale,   e  anzi  particolarmente,  per  quel  che  riguarda
 l'imposizione alle Regioni e alle Province autonome  dell'obbligo  di
 adeguare   i   piani  territoriali  o  di  adottare  specifici  piani
 territoriali  per  conformarsi  alle   indicazioni   del   piano   di
 assegnazione  concernenti la localizzazione degli impianti (salvo, in
 caso di  inadempimento,  l'esercizio  da  parte  del  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  dei  poteri  sostitutivi  di  cui  si dira'
 appresso)  e  per  quel  che   riguarda   l'imposizione   ai   comuni
 dell'obbligo  conseguenziale di adeguare gli strumenti urbanistici ai
 piani territoriali di coordinamento adeguati  o  specificamente  come
 sopra  adottati  (salva,  in  caso di inadempimento, l'equivalenza ex
 lege delle indicazioni ivi contenute a variante degli strumenti senza
 bisogno  di  autorizzazione  regionale  o provinciale): art. 3, comma
 diciannovesimo, della legge n. 223 del 1990.
    Ma   vale   anche   per   la   speciale   regolamentazione   delle
 espropriazioni delle aree, del regime dei suoli in esse  compresi,  e
 delle  concessioni  edilizie  preordinati  alla  installazione  degli
 impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva (acquisizione  da
 parte  dei  comuni,  una  volta  ricevuta  la  domanda di concessione
 edilizia dai concessionari privati o  dalla  concessionaria  pubblica
 del  servizio  radiotelevisivo,  mediante  occupazione  d'urgenza  ed
 espropriazione, ai sensi della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865  e
 successive   modificazioni,   dell'area   indicata   dal   piano   di
 assegnazione  e  dal  piano   territoriale   di   coordinamento   per
 l'installazione  degli  impianti,  anche  se gia' di proprieta' degli
 stessi richiedenti; assunzione dell'area nel patrimonio indisponibile
 dei   comuni;  rilascio  della  concessione  edilizia,  da  intendere
 rilasciata se essi non deliberino entro novanta giorni dalla  domanda
 secondo  lo  schema del cosiddetto silenzio-assenso, anche nelle more
 della procedura di esproprio; concessione contestuale ai  richiedenti
 di  un  diritto  di  superficie sulle aree acquisite o espropriate ai
 fini dell'installazione degli impianti,  correlato  alla  concessione
 per   radiodiffusione   sonora   o   televisiva  o  per  servizio  di
 telecomunicazione: art. 4, commi secondo e successivi della legge  n.
 223  del  1990).  Regolamentazione  la cui efficacia cogente (al pari
 della  sua   puntualita')   trova,   ovviamente,   oltre   alla   sua
 giustificazione,  i  suoi limiti nel rapporto di strumentalita' delle
 previsioni che ne sono il contenuto rispetto all'attuazione del piano
 di assegnazione.
    Le  relative  questioni  sono  dunque  non fondate, tranne, almeno
 parzialmente, quella riguardante  le  garanzie  volute  dal  rispetto
 delle  autonomie  costituzionalmente garantite, particolarmente delle
 autonomie qui considerate,  nell'esercizio  nei  loro  confronti  dei
 poteri sostitutivi statali.
    Tali  poteri  sono  conferiti, come si e' accennato, al Presidente
 del Consiglio dei ministri per il caso  di  inadempimento,  da  parte
 delle  province  autonome,  dell'obbligo di adeguamento della propria
 pianificazione territoriale, ma senza  stabilirsi  che  cio'  avvenga
 mediante preavviso.
    Ora,  pur  in  concorso  del  preminente  interesse alla sollecita
 realizzazione del  piano  di  assegnazione,  il  principio  di  leale
 cooperazione  nei  rapporti  fra  Stato  e  autonomie  esige che alle
 Province autonome, in considerazione della loro  competenza  primaria
 in  tema  di  governo  del  territorio,  sia dato preavviso in ordine
 all'esercizio dei poteri sostitutivi suindicati, e che tale preavviso
 sia  congruo,  fermo  restando peraltro che la congruita' va valutata
 tenendosi conto dell'indicato  preminente  interesse  alla  sollecita
 realizzazione   del   piano   di  assegnazione,  cui  si  inspira  la
 regolamentazione dei tempi stabilita dalla legge.
    In  questi limiti la questione concernente i poteri sostitutivi in
 argomento, formulata espressamente dalla Provincia di Trento,  ma  da
 ritenere  implicitamente  posta  anche dalla Provincia di Bolzano, e'
 fondata,  con  la  conseguenza  che   va   dichiarata   la   parziale
 illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  diciannovesimo  comma,
 della legge n. 223 del 1990.
    5.  - Va dichiarata inammissibile la specifica censura mossa dalla
 Provincia di Bolzano contro l'art.  4,  secondo  comma,  della  legge
 impugnata  per  violazione dell'art. 42 della Costituzione, questione
 della quale e' sufficiente dire che l'impugnazione in via  principale
 delle  leggi  nazionali e' data alle regioni e alle Province autonome
 solo   per   far   valere   la   lesione   di   proprie    competenze
 costituzionalmente  garantite  (art.  2,  primo  comma, legge cost. 9
 febbraio 1948, n. 1).