ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 14 giugno 1974, n. 303 (Trattamento di previdenza, di quiescenza e di assistenza contro le malattie del personale delle istituzioni sanitarie dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, della Croce rossa italiana e dell'Istituto superiore di odontoiatria, costituite in enti ospedalieri), promosso con ordinanza emessa il 30 giugno 1990 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Maria Luisa Calabrese e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 556 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti gli atti di costituzione di Maria Luisa Calabrese e dell'I.N.A.D.E.L., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'11 dicembre 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Uditi l'avvocato Salvatore Cabibbo per Maria Luisa Calabrese e l'avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Il Pretore di Torino - nel corso di un giudizio promosso da una dipendente di una U.S.L., avente ad oggetto la misura dell'indennita' premio di fine servizio - ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 3 della legge 14 giugno 1974, n. 303. Nell'ordinanza di rimessione si espone che l'attrice del giudizio a quo, gia' dipendente dell'I.N.A.I.L., era transitata al servizio di una U.S.L. ed aveva optato - come gli consentiva l'art. 3 della legge n. 303 del 1974 - per il trattamento di fine servizio previsto per i dipendenti dell'I.N.A.I.L. anziche' per il trattamento erogato dall'I.N.A.D.E.L., che avrebbe potuto scegliere nella sua qualita' di dipendente di una U.S.L. Essendo divenuto quest'ultimo trattamento, a seguito della sentenza n. 236 del 1986 della Corte costituzionale, piu' favorevole di quello prescelto (e gia' percepito), l'attrice aveva chiesto la riliquidazione dell'indennita' di fine servizio, sulla base del trattamento piu' favorevole, previa declaratoria d'inefficacia dell'opzione a suo tempo effettuata in quanto viziata da errore di diritto. In subordine chiedeva la remissione degli atti alla Corte costituzionale, deducendo l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge n. 303 del 1974. Il giudice a quo, dopo avere rilevato la mancanza delle condizioni per annullare la dichiarazione di opzione sotto il profilo dell'errore di diritto ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge n. 303 del 1974, deducendone la irrazionalita', nella parte in cui "consente che il lavoratore possa effettuare l'opzione per il sistema di calcolo dell'indennita' premio di servizio piu' sfavorevole e non consente al lavoratore di chiedere ex post la riliquidazione dell'anzidetto trattamento, ove il sistema di calcolo gia' oggetto di opzione abbia dato luogo, anche in relazione al consolidamento di un certo indirizzo di interpretazione giuridica, ad un risultato meno favorevole". 2. - Dinanzi a questa Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata e riservandosi di illustrare con successiva memoria le proprie ragioni. Si e' costituita pure la parte privata, chiedendo che la norma impugnata sia dichiarata illegittima, nella parte in cui non consente di chiedere la riliquidazione del trattamento di fine rapporto, nel caso in cui il trattamento prescelto, in concreto, si sia rivelato meno favorevole. L'Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali (I.N.A.D.E.L.), costituitosi anch'esso in giudizio, ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata. Con memoria depositata il 19 novembre 1990 la parte privata ha dedotto che la norma impugnata va interpretata nel senso che al dipendente spetta il trattamento di maggior favore, tra quello che gli sarebbe spettato presso l'ente di provenienza e quello spettantegli presso l'ente nel quale e' transitato. Ove questa Corte non aderisca a tale interpretazione, ha chiesto che la norma impugnata sia dichiarata illegittima nei sensi indicati nell'ordinanza di rimessione. L'Avvocatura generale dello Stato, in data 27 novembre 1990, ha a sua volta depositato una memoria per il Presidente del Consiglio dei ministri, insistendo nelle proprie richieste e sostenendo, in particolare, che con l'ordinanza di rimessione si chiede una pronuncia additiva inammissibile. Considerato in diritto 1. - Pregiudizialmente deve dichiararsi la irricevibilita' dell'atto di costituzione dell'Istituto nazionale assistenza enti locali (I.N.A.D.E.L.), depositato dopo la scadenza del termine perentorio previsto dagli artt. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. 2. - Il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 14 giugno 1974, n. 303, nella parte in cui: a) consente al personale delle istituzioni sanitarie dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gl'infortuni sul lavoro, della Croce rossa italiana e dell'Istituto superiore di odontoiatria, costituite in enti ospedalieri (e poi incorporate nelle Unita' sanitarie locali), "di effettuare l'opzione per il sistema di calcolo dell'indennita' premio di servizio piu' sfavorevole"; b) "non consente al lavoratore di chiedere ex post la riliquidazione dell'anzidetto trattamento, ove il sistema di calcolo gia' oggetto di opzione abbia dato luogo, anche in relazione al consolidamento di un certo indirizzo di interpretazione giuridica, ad un risultato meno favorevole". Secondo quanto esposto nell'ordinanza di rimessione la normativa contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, mettendo capo a un risultato "decisamente irrazionale". 3. - La questione, come ha eccepito l'Avvocatura generale dello Stato, e' inammissibile. Infatti, con l'ordinanza di rimessione, nel prospettare la censura di costituzionalita', non si deduce un tertium comparationis rispetto al quale la disposizione impugnata sia discriminatoria, ponendo in essere un'irragionevole differenza di trattamento; si chiede, invece, un intervento additivo, di contenuto complesso, diretto a modificare la struttura della norma - cosi' come interpretata dal giudice a quo, - ricomprendendovi una specifica e dettagliata disciplina di situazioni in essa non contemplate. In tal modo si chiede alla Corte un intervento volto a determinare profili normativi, con la determinazione di fattispecie rimesse a valutazioni riservate alla discrezionalita' del legislatore, con la conseguente inammissibilita' della questione sollevata.