IL PRETORE Sulla questione di legittimita' costituzionale prospettata dalla difesa e dal p.m.; Rilevato che prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (instaurato a seguito di emissione di decreto di citazione a giudizio ex art. 555 del c.p.p.) l'imputato Albertin Gianni formulava richiesta di giudizio abbreviato; che il p.m. faceva rilevare la tardivita' della richiesta, in quanto il termine previsto dall'art. 560, primo comma, del c.p.p. deve senz'altro considerarsi "perentorio e comunque a pena di decadenza"; che la difesa eccepiva la legittimita' costituzionale dell'art. 560, primo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, argomentando, come da nota scritta acquisita agli atti, sulla "irragionevole" ristrettezza del termine di 15 giorni dalla notifica del decreto di citazione, concesso all'imputato per avanzare richiesta di giudizio abbreviato nell'ambito del procedimento pretorile e sulla ben diversa normativa prevista innanzi al tribunale ove e' consentito formulare tale richiesta "fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p."; che il p.m., aderendo alla prospettazione della difesa, eccepiva anch'egli identica questione di legittimita' costituzionale, come da verbale, argomentando in particolare sulla irragionevolezza del differente trattamento normativo riservato nel procedimento pretorile ai termini utili per proporre richiesta di applicazione di pena e per avanzare invece richiesta di giudizio abbreviato; e sottolineando i riflessi pregiudizievoli per l'imputato sul piano sostanziale conseguenti a tale situazione, ritenuta ingiustificatamente discriminatoria; Riconosciuto che il termine di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. deve ritenersi stabilito a pena di inammissibilita' del rito (inammissibilita' autonomamente rilevabile dal giudice a prescindere da un eventuale consenso o discuso del p.m.), in quanto, pur in presenza del disposto di cui all'art. 173 del c.p.p., un'interpretazione sistematica della normativa, tenendo conto in particolare di quanto invece stabilito dall'art. 563, quarto comma, del c.p.p., conduce certamente ad una tale conclusione; O S S E R V A La disciplina normativa del giudizio abbreviato innanzi al tribunale costituisce diretta attuazione della direttiva n. 53 della legge delega per l'emanazione del nuovo c.p.p., direttiva che a'ncora il rito abbreviato all'udienza preliminare (su cui cfr. la direttiva 52). Per quanto concerne il procedimento pretorile la direttiva 103 imponeva l'esclusione dell'udienza preliminare; "ritenere - come puo' leggersi nella relazione al progetto preliminare del c.p.p. - che il legislatore delegante nell'escludere nel processo di pretura l'udienza preliminare abbia voluto eliminare questi meccanismi semplificati porterebbe a conclusioni illogiche e contrastanti con i criteri di massima semplificazione della direttiva 103. Si sarebbe costretti ad escludere, proprio nel processo pretorile, i meccanismi abbreviati e piu' celeri...": ed infatti, nonostante l'assenza dell'udienza preliminare, il giudizio abbreviato e' stato comunque introdotto nel procedimento innanzi al pretore. Dunque: una valutazione, sia pur in sede di delibazione, sulla conformita' costituzionale del termine perentorio previsto dall'art. 560, primo comma, del c.p.p. per l'adozione del rito abbreviato nell'ambito del processo pretorile, andra' effettuata secondo due distinti quadri di riferimento (come peraltro prospettato da p.m. e difesa): rito abbreviato "tipico" previsto davanti al tribunale, per verificare se la trasposizione di tale rito davanti al pretore, pur in assenza dell'udienza preliminare, possa dirsi conforme a quei canoni di "ragionevolezza" e di "coerenza dell'ordinamento giuridico" cristallizzati nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione (cfr, sul punto, da ultimo Corte costituzionale n. 445/1990); applicazione della pena su richiesta, per verificare se nel procedimento pretorile vi sia una tale analogia tra questo rito e il giudizio abbreviato da rendere ingiustificata e irragionevole la divergenza di trattamento normativo tra i due riti conseguente ai diversi termini finali utili previsti per effettuare la corrispondente opzione processuale. L'art. 439 del c.p.p. prevede che la richiesta di giudizio abbreviato possa essere presentata: a) "almeno 5 giorni prima della data fissata per l'udienza" (primo comma); b) "anche nel corso dell'udienza preliminare fino a che siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p." (secondo comma). Dunque, secondo lo schema "tipico" e "normale" dell'udienza preliminare (art. 421 del c.p.p.) la richiesta di giudizio abbreviato potra' essere presentata dopo l'esposizione da parte del p.m. sui risultati delle indagini preliminari e sugli elementi di prova raccolti, e dopo l'interrogatorio al quale l'imputato abbia richiesto di essere sottoposto, dopo, quindi, che si e' consentita all'imputato e alla difesa una valutazione sulla solidita' della tesi accusatoria, anche attraverso un volontario e diretto "contributo" dello stesso imputato. E nel caso di cui all'art. 422 del c.p.p. la richiesta di giudizio abbreviato potra' essere presentata anche al termine di ulteriori acquisizioni probatorie (produzioni documentali, audizione testi, consulenti...). Si noti, ancora, come ai sensi dell'art. 440, terzo comma, del c.p.p. la richiesta puo' essere presentata piu' volte nel corso dell'udienza preliminare, (e sempre sino al momento conclusivo della formulazione delle conclusioni) senza che cio' trovi ostacolo nel dissenso in precedenza espresso dal p.m. Tutto cio' si pone certamente in coerenza con le esigenze di incentivazione del ricorso al rito alternativo secondo quello schema di deflazione del dibattimento che ha determinato proprio l'introduzione dei c.d. riti alternativi, e con quelle di garantire all'imputato e al p.m. la possibilita' di effettuare una scelta consapevole ("La previsione del giudizio abbreviato disposto nel corso dell'udienza preliminare e' stata dettata dall'esigenza di ampliare il piu' possibile la possibilita' di instaurare tale procedimento... Il meccanismo escogitato finisce, cosi', con l'essere rispettoso non solo della formulazione della delega, ma altresi' della corretta formazione del consenso delle parti al giudizio abbreviato..." puo' cosi' leggersi nella relazione al progetto preliminare del c.p.p.). Non vi e' dubbio che quegli aspetti del giudizio abbreviato, come ora descritto, strettamente interconnessi con lo svolgimento e la struttura dell'udienza preliminare, non possono pretendersi presenti nell'ambito del giudizio pretorile ove, come si e' accennato, un'espressa direttiva escludeva, appunto, l'udienza preliminare; ma, sembra, permane la necessita' di verificare se le esigenze sott'intese a tali aspetti siano "esse" davvero inscindibili "comunque" dalla struttura fondamentale del giudizio abbreviato (come si e' conservata anche nel giudizio pretorile), e se le stesse possano dirsi ugualmente soddisfatte. La previsione per la richiesta di giudizio abbreviato di un "unico" termine perentorio di 15 giorni dalla notifica all'imputato del decreto di citazione non pare potersi dire discenda direttamente ed ineluttabilmente dalla mancanza dell'udienza preliminare. Puo' ritenersi tale scelta normativa "ragionevole" rispetto ai principi e alle ragioni che hanno portato all'introduzione nell'ordinamento processual-penale del giudizio abbreviato? (ragioni di deflazionare, attraverso meccanismi incentivanti, la fase dibattimentale; nella relazione al prog. prelim. - libro VI - puo' leggersi come si sia cercato di "incrementare il piu' possibile" il ricorso ai riti differenziati, e come vi sia il "diffuso convincimento" "che ad essi e' affidata in gran parte la possibilita' di funzionamento del rito ordinario". Puo' ritenersi "ragionevole" rispetto all'esigenza specifica del procedimento pretorile imposta dalla direttiva 103, secondo cui, come efficacemente espresso nella relazione al prog. prelim. - libro VIII - "... la massima semplificazione del processo pretorile deve essere perseguita attraverso la scelta di fondo di potenziare al massimo gli sbocchi diversi dal dibattimento trasformando la relativa fase da situazione ordinaria... in evenienza eccezionale o, quantomeno, residuale"? Puo' ritenersi "ragionevole" rispetto all'esigenza di consentire una scelta consapevole, e cioe' sorretta dalla possibilita' di effettuare una corretta valutazione del materiale probatorio "agli atti" e degli eventuali elementi probatori ulteriori che "agli atti non sono" (e di eventualmente integrare il materiale probatorio)? Non sembra possa rispondersi in senso affermativo. Per accedere al rito abbreviato nel procedimento pretorile, come si e' piu' volte detto, e' stabilito un unico termine a pena di inammissibilita': entro 15 giorni dalla notifica all'imputato del decreto di citazione, questi deve determinarsi ad avanzare la richiesta: premesso come nel procedimento pretorile sovente il decreto di citazione costituisca la prima notizia all'imputato dell'esistenza di un procedimento penale a suo carico (e su tale dato va misurata la concreta rilevanza della possibilita' di richiedere il giudizio abbreviato anche prima della citazione a giudizio), l'imputato entro tale termine deve (come particolarmente sottolineato dalla difesa): attivarsi nel contattare e nell'ottenere un colloquio con il proprio difensore; acquisire gli atti contenuti nel fascicolo del p.m. ed effettuare, unitamente al difensore, una valutazione degli stessi; consentire al difensore il riscontro di eventuali elementi di prova a discarico (acquisizioni documentali, contattare testi, chiedere l'eventuale allegazione al fascicolo del p.m. di ulteriori elementi...); decidere quindi se presentare o meno la richiesta di giudizio abbreviato (accendendo ad un eventuale consenso anticipato del p.m.) con la necessaria consapevolezza in ordine ai benefici sostanziali possibili all'esito e alla "particolarita'" procedurale per cui la decisione viene presa "allo stato degli atti". Pare evidente come il termine di 15 giorni di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. appaia, in concreto, troppo esiguo ed "incongruo", e conseguentemente inidoneo a garantire un'agevole attivazione del rito differenziato. Ancora: proprio l'esigenza di massima incentivazione del rito abbreviato, come si e' accennato, aveva condotto il legislatore a prevedere che innanzi al tribunale la corrispondente richiesta potesse essere presentata "fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 del c.p.p.", e anche piu' volte nel corso dell'udienza preliminare. Ebbene sembra potersi ritenere non manifestamente infondato il dubbio sulla "ragionevolezza" e "coerenza" di una disciplina normativa - quella stabilita per far ricorso al giudizio abbreviato davanti al pretore - che dovrebbe essere ancor piu' improntata alla incentivazione dei riti alternativi secondo il criterio della "massima semplificazione", e che invece nell'abbandonare necessariamente quei meccanismi correlati all'udienza preliminare (che ruolo primario svolgevano proprio per quella incentivazione) lascia quale unico congegno di approdo al giudizio abbreviato quello contrassegnato dal termine ultimo di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p., termine che finisce per rappresentare un ostacolo per l'adozione del rito semplificato e conseguentemente motivo di "inflazione" del dibattimento; pare cosi' che il dubbio sulla legittimita' costituzionale della norma ora citata si ponga anche in punto di conformita' della stessa con la direttiva 103 della legge delega, e quindi con gli artt. 76 e 77 della Costituzione. E appare non manifestamente infondato anche il dubbio sulla legittimita' costituzionale del termine previsto dall'art. 560, primo comma, del c.p.p. nei riguardi dell'art. 24, secondo comma, del c.p.p., non sembrando, come si e' visto, congruo tale termine in rapporto tanto alla complessita' del'onere cui l'imputato deve assolvere per salvaguardare un proprio diritto (e nel caso di specie, basta appena rilevarlo, si tratta di una scelta sul rito con effetti certo non lievi sul merito) quanto alla funzione assegnata all'istituto nel sistema processuale (sulla necessita' di una tale duplice valutazione nella verifica della conformita' di un termine processuale all'art. 24, secondo comma, della Costituzione cfr. ad es. Corte costituzionale nn. 56/1979, 31/1977 e 138/1975; si ricordi che lo spirare del termine di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. compromette irreparabilmente - salvi i casi eccezionali di cui all'art. 175 del c.p.p. - la possibilita' per l'imputato di poter fruire della riduzione di 1/3 sulla pena eventualmente comminata, indipendentemente dal concreto atteggiarsi della situazione probatoria, come il p.m. ha avuto cura di far rilevare). Fin da ora sembrerebbe potersi affermare che il massimo di incentivazione del giudizio abbreviato nel procedimento pretorile, ove una tale scelta non puo' essere necessariamente proceduta da un'esposizione del p.m., in contraddittorio con la difesa, sui risultati delle indagini, o da un interrogatorio dell'imputato, puo' essere raggiunta, soddisfacendo alle esigenze di consentire una effettuazione consapevole della scelta, attraverso l'espansione della possibilita' di richiedere il giudizio abbreviato fino al termine massimo compatibile con la funzione e la struttura del rito, e cioe' fino al momento della dichiarazione di apertura del dibattimento. Una tale conclusione pare essere avvalorata da un confronto con la disciplina normativa del procedimento per l'applicazione di pena su richiesta. Date le innegabili analogie e le innegabili differenze tra i due istituti, occorre, dopo una complessiva valutazione di tali analogie e differenze nello specifico ambito del procedimento pretorile, verificare, ovviamente in sede di mera delibazione, se l'aspetto previsto per il solo procedimento ex art. 444 di poter effettuare la corrispondente richiesta oltre che entro 15 giorni dalla notifica del decreto di citazione, anche fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, trovi "razionale collocazione" tra le differenze. La mancanza nel procedimento pretorile dell'udienza preliminare, udienza sulla quale si innesta il giudizio abbreviato "tipico" ed il doppio termine previsto per avanzare la relativa richiesta, sembra poter costituire elemento per ravvisare una piu' forte analogia tra i due riti alternativi. Ancora: sottolineato come si e' autorevolmente ravvisato proprio nella "diversita' degli strumenti di approdo" (Corte costituzionale: n. 66/1990) un elemento specifico di differenziazione tra i due procedimenti nella loro struttura tipica, di cui al libro VI del c.p.p., si pensi come nel procedimento pretorile: sia la richiesta ex art. 444 del c.p.p. che quella di giudizio abbreviato possono essere avanzate comunque in ogni momento delle indagini preliminari, e l'ottenuto consenso del p.m., a cui le stesse sono dirette, innesca automaticamente un identico meccanismo di fissazione di un'apposita udienza (artt. 560 e 562 del c.p.p.) (a differenza di quanto accade davanti al tribunale); procedura del tutto, identica sara' seguita ove il giudice ritenga non sussistenti le condizioni per la definizione del procedimento (563, terzo comma, del c.p.p.); sia per la richiesta di applicazione di pena che per quella di giudizio abbreviato e' previsto il medesimo termine di giorni 15 dalla notifica del decreto di citazione, per la definizione del procedimento innanzi al giudice per le indagini preliminari, secondo un identico modulo di attuazione (art. 557 del c.p.p.), e con la medesima possibilita' per il p.m. di esprimere consenso anticipato (art. 556 del c.p.p.). Dunque pare davvero potersi affermare come nel procedimento pretorile i due riti alternativi presentino una "forte analogia", maggiore comunque di quella riscontrabile nei modelli "tipici" delineati negli artt. 438 e 448 del c.p.p., analogia che riguarda, in particolare, proprio gli strumenti e le modalita' di approdo a tali riti. Significativa differenza (ed unica per quanto concerne le modalita' di attivazione dei due riti) resta quella per cui la richiesta di applicazione di pena puo' essere avanzata oltreche' fino al termine di 15 giorni dalla notifica del decreto di citazione (con definizione anticipata del procedimento innanzi al g.i.p.), anche oltre detto termine, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento (con conseguente definizione del giudizio davanti al pretore del dibattimento, art. 563, quarto comma, del c.p.p.), mentre la richiesta di giudizio abbreviato resta definitivamente preclusa se non effettuata, appunto, entro il termine perentorio ed "unico" di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. Ed e' proprio una tale disparita' di trattamento a potersi porre in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione. Non possono non ricordarsi, pur nella consapevolezza della specificita' di ciascun caso, le sentenze nn. 66 e 183 del 1990 della Corte costituzionale, in cui, riscontrata una "forte analogia" tra i due istituti nell'ambito rispettivamente della normativa transitoria e del giudizio direttissimo, e riscontrato quindi che la lamentata disparita' di tratamento si configurava come "ingiustificata" e quindi in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, si rilevava la "necessita' di estendere le soluzioni piu' favorevoli all'imputato proprie dell'applicazione di pena su richiesta..." (Corte costituzionale n. 183/1990). Sembra cosi' potersi affermare, stante un'analogia tra il giudizio abbreviato e la richiesta di applicazione di pena particolarmente "intensa" nel procedimento pretorile, che la significativa e profonda divergenza di trattamento normativo concretantesi nella diversa articolazione dei termini utili per innescare i rispettivi riti alternativi, si ponga in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione; emergendo cosi' l'esigenza di estendere anche al giudizio abbreviato la soluzione, piu' favorevole all'imputato (e piu' "incentivante" per l'adozione del rito), di consentire l'accesso a tale procedimento anche successivamente al termine di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p., e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, conformemente a quanto disposto (anche in ordine alla competenza) dall'art. 563, quarto comma, del c.p.p.; soluzione certamente compatibile con la struttura e la funzione assegnata al giudizio abbreviato (significativa sul punto la ordinanza n. 320/1990 della Corte costituzinale). Inoltre: non puo' non riconoscersi come la richiesta di giudizio abbreviato, implicando e presupponendo "necessariamente" una valutazione dello "stato degli atti", della efficacia probante degli elementi raccolti dal p.m., della solidita' della tesi accusatoria, della idoneita' di eventuali elementi di prova ulteriori ad incidere, in un senso o nell'altro, sulla stessa, si presenta come operazione concettualmente complessa ed articolata, e tale da esigere le condizioni minime per l'espletamento delle valutazioni indicate; ed infatti, lo si e' gia' detto, il modello "tipico" di giudizio abbreviato risulta strutturato secondo un modulo procedimentale tale da garantire e anzi sollecitare tutte quelle valutazioni (e le eventuali integrazioni probatorie conseguenti) che vanno a fondare la richiesta di accedere al rito in questione. E cosi' il gia' rilevato dubbio sulla "ragionevolezza" e "coerenza" della scelta normativa di prevedere l'unico termine perentorio di cui all'art. 560, primo comma, del c.p.p. per proporre richiesta di giudizio abbreviato, (scelta che finisce per essere di ostacolo per l'adozione del rito alternativo e per la previa formazione di una richiesta "consapevole", incidendo conseguentemente, e vale la pena sottolinearlo, sulla stessa possibilita' di un migliore trattamento sanzionatorio), risulta ulteriormente avvalorato dal confronto con la normativa prevista, sempre nell'ambito pretorile, per l'adozione del procedimento di cui all'art. 444 del c.p.p. (E' pur vero che il termine finale per la richiesta di applicazione di pena e' espressamente stabilito dalla direttiva 45 della legge delega, ma e' altrettanto vero che la stessa legge delega - direttiva 53 - ancorava saldamente il giudizio abbreviato allo svolgimento dell'udienza preliminare, prevedendo invece soltanto l'assenza di quest'ultima nel procedimento pretorile - direttiva 103). In punto di rilevanza poco deve aggiungersi a quanto si e' detto in premessa in ordine alla interpretazione, seguita tanto dalla difesa che dal p.m., secondo cui il termine previsto dall'art. 560, primo comma, del c.p.p. deve considerarsi perentorio, e comunque previsto a pena di inammissibilita' del rito, non consentendo di ritenere applicabile al giudizio abbreviato quanto espressamente previsto dal quarto comma dell'art. 563 del c.p.p. Il p.m., infatti, alla richiesta di giudizio abbreviato avanzata dall'imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, faceva rilevare la tardivita' della stessa ai sensi dell'art. 560 del c.p.p., norma di cui contemporaneamente veniva eccepita, tanto dalla difesa che dal p.m., l'incostituzionalita'; e proprio in applicazione di tale norma, e dell'unico termine perentorio in essa previsto, questo pretore dovrebbe, indipendentemente da un consenso o dissenso del p.m., dichiarare inammissibile la richiesta dell'imputato di giudizio abbreviato, (precludendogli cosi' in via definitiva la possibilita' di ottenere la prevista riduzione di 1/3 sulla pena eventualmente da comminare).