LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 4550/88 del r.g. aa.cc. proposto da  Balestra  Anna,  nata  a  Triora
 (Imperia)  il  26  agosto  1924,  elettivamente  domiciliata in Roma,
 presso  lo  studio  legale  Graziadei  in  via  V.  Veneto   n.   96,
 rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti  Anna  Bonsignorio, Franco De
 Grossi, Enrico Zaffarani e Nicola Troilo, giusta delega in  calce  al
 ricorso, ricorrente, contro il comune di Triora, intimato;
    Avverso  la sentenza n. 24 del pretore di Taggia dep. il 18 maggio
 1987;
    Udita nella pubblica udienza, tenutasi il giorno 14 dicembre 1989,
 la relazione della causa, svolta dal cons. rel. dott. Beneforti;
    Udito  il  p.m.,  nella  persona  del  dott.  Elio  Amatucci, avv.
 generale presso la Corte  suprema  di  cassazione,  che  ha  concluso
 chiedendo  l'invio degli atti alla Corte costituzionale per questione
 di legittimita' costituzionale dell'art.  46,  settimo  comma,  della
 legge regione Liguria n. 6/1983.
    Con  decreto notificato il 24 maggio 1986 il sindaco del comune di
 Triora dichiaro'  Anna  Balestra  decaduta  dall'assegnazione  di  un
 alloggio  di  edilizia  residenziale pubblica, sito in quell'abitato,
 poiche', disponendo di altro alloggio idoneo, essa  aveva  perduto  i
 requisiti  prescritti  per  l'assegnazione (artt. 33 e 46 della legge
 della regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6, recante norme  relative
 a "Procedure, organi e competenze in materia di edilizia residenziale
 e norme  per  il  controllo  degli  istituti  autonomi  per  le  case
 popolari").        Con atto in data del 12 giugno 1986, Anna Balestra
 propose ricorso al pretore di Taggia ai sensi dell'art. 11 del d.P.R.
 30  dicembre  1972,  n. 1035, dettante "Norme per l'assegnazione e la
 revoca nonche' per la determinazione e la  revisione  dei  canoni  di
 locazione  degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, adducendo
 i seguenti motivi:
      1)  con  l'accettazione, da parte sua, della proposta d'acquisto
 dell'alloggio in proprieta', doveva ritenersi  gia'  perfezionato  il
 trasferimento  della  proprieta'  e  cessato, percio', nella pubblica
 amministrazione quel potere di autotutela  che  faceva  degradare  il
 diritto soggettivo alla assegnazione in semplice interesse legittimo;
      2)  l'altro  appartamento  non  era  idoneo  a soddisfare le sue
 particolari esigenze familiari.
    Il pretore, pronunciando nella contumacia del comune, con sentenza
 in  data  del  18  maggio  1987,  si   e'   dichiarato   carente   di
 giurisdizione,  rilevando  che  della  domanda,  siccome  diretta  ad
 ottenere la tutela di un semplice interesse legittimo, puo' conoscere
 soltanto il giudice amministrativo.
    In particolare, ha disatteso la tesi preliminare della ricorrente,
 secondo cui doveva ritenersi gia'  a  lei  trasferita  la  proprieta'
 dell'immobile  e cessato, percio', ogni potere di autotutela da parte
 della  pubblica  amministrazione,  osservando,  al   riguardo,   che,
 viceversa,  erano  intervenute fra le parti soltanto una richiesta di
 determinazione del prezzo di riscatto e la  successiva  comunicazione
 di  esso  da  parte  dell'Istituto,  atto, questo, da solo inidoneo a
 produrre l'asserito effetto traslativo.
    Rigettata,  cosi',  la domanda diretta a fare accertare l'avvenuto
 trasferimento di proprieta', il Pretore ha, poi, ritenuto  che,  fino
 all'effettiva   stipulazione   del  contratto  di  trasferimento,  la
 pubblica amministrazione poteva legittimamente esercitare  il  potere
 di  autotutela  mediante  provvedimenti  autoritativi  di  decadenza,
 annullamento e revoca dell'assegnazione ai sensi degli artt. 11, 16 e
 17  del  citato  d.P.R.  30 dicembre 1972, n. 1035, incidendo essi su
 posizioni  di  semplice  interesse   legittimo,   come   connotazione
 essenziale  alla  permanenza  del rapporto pubblicistico.     In tale
 contesto normativo, la disposizione dell'art. 11, tredicesimo  comma,
 del  d.P.R.  n. 1035/1972 che prevede il ricorso al Pretore contro il
 decreto dichiarativo della decadenza dall'assegnazione a causa  della
 mancata  occupazione dell'alloggio nel termine prescritto, secondo il
 giudice a quo, costituisce eccezione alla giurisdizione  generale  di
 legittimita'  del giudice amministrativo e non puo', pertanto, essere
 applicata estensivamente alle  diverse  ipotesi  dell'annullamento  e
 della revoca dell'assegnazione, non previste dalla norma.
    Ne'  l'impugnativa  del  provvedimento in questione puo' ritenersi
 soggetta  alla  cognizione  del  giudice   ordinario   solo   perche'
 l'applicata  norma  dell'art.  46  della  legge regionale 28 febbraio
 1983, n. 6, stabilisce, al settimo comma: "Tutti gli atti del  comune
 che  pronunciano  l'annullamento  o  la  decadenza  dell'assegnazione
 comportano la inefficacia  dell'atto  convenzionale  di  locazione  e
 costituiscono  titolo  esecutivo; ad essi si applicano gli ultimi tre
 commi dell'art. 11 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  30
 dicembre  1972,  n.  1035,  come  modificato  ai sensi della presente
 legge", estendendo, cosi', alle  ipotesi  di  annullamento  e  revoca
 dell'assegnazione  l'impugnativa,  che  la  legge  dello Stato invece
 riserva esclusivamente al decreto dichiarativo  della  decadenza  per
 mancata  occupazione ("contro il decreto del presidente dell'istituto
 autonomo per le case popolari l'interessato puo' proporre ricorso  al
 Pretore  del luogo nel cui mandamento e' situato l'alloggio, entro il
 termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione  del  decreto
 stessi") (tredicesimo comma).
    Una  siffatta  estensione, a giudizio del pretore, oltre ad essere
 contraddetta, in linea concettuale, dalla diversita' dei presupposti,
 e'  resa,  in ogni caso, inoperante dalla posizione subordinata della
 legge regionale che e' vincolata al rispetto  dei  principi  generali
 dell'ordinamento  statale,  cosicche',  nel  contrasto,  su  di  essa
 prevale la legge dello Stato avente carattere di "generalita'", quale
 deve  ritenersi il d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, che disciplina i
 mezzi  e  le  forme  di  tutela  contro  i  decreti   di   decadenza,
 annullamento  e  revoca  delle assegnazioni di alloggi nella edilizia
 residenziale pubblica.
    Poiche' la normativa statale limita la cognizione del pretore alla
 sola impugnativa delle pronunzie di decadenza, la legge regionale che
 travalica  i  limiti  delle proprie attribuzioni, secondo il pretore,
 deve essere disapplicata ed il giudice ordinario non  puo'  conoscere
 della  legittimita'  del provvedimento amministrativo emesso nel caso
 di specie.     A  seguito  di  tale  pronuncia,  l'assegnataria  Anna
 Balestra  ha  chiesto  il regolamento preventivo della giurisdizione,
 con ricorso articolato su due motivi, denunciando:
      1) la violazione e la mancata applicazione dell'art. 46, settimo
 comma, della legge della regione Liguria 28 febbraio 1983, n. 6, che,
 mediante  il  rinvio agli ultimi tre comma dell'art. 11 del d.P.R. 30
 dicembre 1973, n.  1035,  demanda  alla  cognizione  del  pretore  il
 ricorso  contro i decreti di annullamento e revoca delle assegnazioni
 di  alloggi  nell'edilizia  residenziale  pubblica,  sostenendo,   al
 riguardo,  che  dell'impugnativa,  siccome finalizzata alla tutela di
 una posizione di diritto  soggettivo,  e'  chiamato  a  conoscere  il
 giudice ordinario;
      2)  l'erronea e mancata applicazione o interpretazione dell'art.
 27 della legge 8 agosto 1977, n. 513,  come  integrato  dall'art.  52
 della  legge  5  agosto  1978, n. 457, in relazione all'art. 1326 del
 cod. civ.,  per  avere  il  pretore  escluso,  in  contrasto  con  le
 risultanze, che fosse gia' intervenuto il trasferimento di proprieta'
 dell'alloggio e che fosse, percio', cessato il potere autoritativo di
 annullamento e revoca da parte dell'autorita' comunale.
    L'intimato  comune di Triora non si e' costituito in giudizio.
 Il  pubblico  ministero  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  46,  settimo  comma,  della  legge regione
 Liguria 28 febbraio 1983, n. 6, perche'  disciplinante  materia  che,
 come quella dei ricorsi contro i decreti di decadenza, annullamento e
 revoca delle assegnazioni  di  alloggi,  e'  regolata  esclusivamente
 dalla   legge   statale   (artt.   108,  primo  comma,  e  117  della
 Costituzione).
    La  questione  di  costituzionalita',  osservano  le  s.u., non e'
 manifestamente infondata.
    Deve,  innanzi tutto, essere disatteso il principale assunto della
 sentenza pretorile secondo  cui  sulla  legge  regionale  esorbitante
 dall'ambito  delle  attribuzioni  legislative  riservate alla regione
 prevale automaticamente la legge dello Stato ed  il  giudice  puo'  e
 deve disapplicarla.
    Un assunto del genere implica, infatti, una possibilita' del tutto
 estranea all'ordinamento giuridico costituzionale,  quale  e'  quella
 che  il  giudice risolva, esso stesso, il contrasto, ovvero definisca
 il concorso, fra legge statale e legge  regionale,  con  il  semplice
 criterio  della  prevalenza  della  fonte primaria (la legge statale)
 sull'altra fonte primaria (la legge regionale) quando, viceversa,  il
 conflitto  o il concorso fra le due fonti del diritto puo' dare luogo
 soltanto a  questione  di  legittimita'  costituzionale,  su  cui  e'
 chiamata  a  pronunciarsi  la  Corte  costituzionale  (art. 134 della
 Costituzione).
    Ne',  osservano le s.u., la necessita' del giudizio incidentale di
 legittimita' costituzionale viene meno nel caso in cui risulti che la
 norma  del  citato art. 46, settimo comma, della legge regionale, pur
 estendendo espressamente il ricorso ai  casi  di  annullamento  e  di
 revoca  dell'assegnazione,  non immuti, nella sostanza, la disciplina
 statale dei rimedi giurisdizionali, e cio' sul rilievo che,  in  tema
 di  edilizia residenziale pubblica, l'art. 11, tredicesimo comma, del
 d.P.R.  30  dicembre  1972,  n.  1035,  nell'attribuire  al   giudice
 ordinario  la cognizione dei ricorsi contro i decreti che pronunziano
 la  decadenza  dall'assegnazione,  esprime  un   principio   generale
 applicabile  alle  analoghe  ipotesi  in cui si impugni un decreto di
 annullamento o revoca emesso ai sensi  degli  artt.  16  e  17  dello
 stesso  d.P.R.  (cfr.  in  tale  senso: s.u. 28 ottobre 1987 n. 7966;
 6346/1982 e 5695/1980).
    Come la Corte costituzionale ha avvertito, con la sentenza in data
 22 giugno 1988,  n.  767,  pronunciata  nei  giudizi  incidentali  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  14, primo comma, della legge
 della provincia di Bolzano 20 agosto 1972, n. 15, (legge  di  riforma
 dell'edilizia   abitativa)   nel   testo   risultante  da  successive
 modifiche, promossi con due ordinanze in  data  24  gennaio  1985  di
 questa  s.C.,  la coincidenza di contenuto fra la normativa statale e
 quella di altra fonte primaria  non  puo'  valere  come  elemento  di
 discriminazione  ai  fini del giudizio di costituzionalita', dato che
 l'intervento del legislatore non statale concreta in  ogni  caso  una
 novatio  della  fonte  di  produzione del precetto, con la forza ed i
 limiti che ne conseguono.
    L'omogeneita'  di  discipina  non  fa, infatti, venire meno ne' la
 derivazione della normativa da una fonte diversa  dalla  legge  dello
 Stato  e,  percio'  non  legittimata a provvedere, ne' la conseguente
 violazione dell'art. 108, primo comma, della  Costituzione  che,  nel
 disporre:   "Le   norme   sull'ordinamento   giudiziario  e  su  ogni
 magistratura sono stabilite con  legge"  abilita  soltanto  la  legge
 statale  a  disciplinare  in  modo  uniforme  per l'intero territorio
 nazionale i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti  e
 degli interessi legittimi (Corte costituzionale 12 maggio 1977, n. 72
 e 14 aprile 1976, n. 81).
    Alla stregua degli enunciati principi, deve, dunque, ritenersi che
 la questione di giurisdizione, come proposta con il presente ricorso,
 non  possa  essere  risolta indipendentemente dalla risoluzione della
 questione relativa alla  legittimita'  costituzionale  dell'art.  46,
 settimo  comma,  della citata legge regionale 28 febbraio 1983, n. 6,
 con cui si regola una materia riservata in via esclusiva  alla  legge
 dello Stato.
    L'esatta individuazione della fonte di produzione del precetto che
 prevede e regola i casi di ricorso  al  giudice  ordinario  contro  i
 decreti  di  decadenza,  annullamento  e  revoca  delle  assegnazioni
 costituisce,  infatti,  lo  strumento  necessario  al  riparto  della
 giurisdizione  fra  giudice ordinario e giudice amministrativo e, per
 quanto gia' rilevato, la questione di legittimita' costituzionale non
 risulta manifestamente infondata.     Della questione deve, pertanto,
 essere  investita  la  Corte  costituzionale,  mentre   puo'   essere
 utilmente  differito l'esame del secondo motivo di ricorso, fino alla
 definizione del giudizio incidentale di legittimita'.