ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 440, terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 25 maggio 1990 dal Tribunale di Agrigento nel processo penale a carico di Tuttolomondo Pasquale, iscritta al n. 561 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso; Ritenuto che il Tribunale di Agrigento, decidendo sulla richiesta di giudizio abbreviato avanzata dall'imputato "all'odierno dibattimento, richiesta gia' dallo stesso proposta in sede di udienza preliminare e non accolta dal g.i.p., nonostante il consenso del p.m.", dopo aver "esaminato il fascicolo del p.m.", ha, con ordinanza del 25 maggio 1990, sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' dell'art. 440, terzo comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la possibilita' per l'imputato di riproporre la richiesta del giudizio abbreviato sino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di 1 grado ed il potere per il Giudice del Dibattimento, a fronte di tale riproposizione, di accoglierla ove riconosca la definibilita' del processo allo stato degli atti gia' in sede di udienza preliminare e conseguentemente errato il rigetto della stessa richiesta pronunziato dal g.i.p., in quella sede"; e che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato che il petitum perseguito dal giudice a quo appare congegnato in modo tale da non potersi ritenere soluzione costituzionalmente obbligata derivante dalla richiesta caducazione dell'art. 440, terzo comma, del codice di procedura penale nella parte relativa alla mancata previsione ad esso addebitata, essendo prospettabili scelte diverse da quella indicata dall'ordinanza di rimessione, come la stessa implicitamente riconosce con il suo riferirsi all'inoppugnabilita' del provvedimento reiettivo della richiesta di giudizio abbreviato, nonostante il consenso del pubblico ministero; che, di conseguenza, la questione deve dirsi manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;